A Padova, la mostra «Modigliani Picasso e le Voci della modernità dal museo LaM»

Il Museo Zabarella si trova dentro una torre medievale che fu poi residenza ottocentesca nel centro della città di Padova. Da trent’anni ormai questo posto, che è in sé un’opera d’arte, ci ha abituati alle mostre più significative del panorama del Nord-Est italiano. Grazie al restauro dell’edificio e alla Fondazione Bano, che ha ricevuto in cambio in comodato d’uso un’ala adiacente al palazzo, Padova ha guadagnato una vera vetrina della vita culturale e specialmente uno spazio della storia dell’arte. Qui si organizzano quasi ogni anno mostre che hanno fatto di Padova una tappa fondamentale per gli amanti dell’arte moderna e la città è diventata, grazie anche a questo spazio, ancora più bella.
L’attuale mostra presente all’interno delle prestigiose sale di Palazzo Zabarella è ospitata dal 16 ottobre 2025 fino al 25 gennaio dell’anno prossimo e rappresenta un’eccezionale collezione d’arte proveniente da uno dei più importanti musei del Nord Europa e della Francia, precisamente da Lille. La mostra rappresenta un seguito di una vera politica di collaborazione avviata dalla Fondazione Bano negli ultimi anni con importanti istituzioni museali di fama internazionale. LaM, ovvero Lille Métropole Musée d'art moderne, d'art contemporain et d'art brut, ci offre l’opportunità di ammirare 65 opere di 30 artisti d’avanguardia presenti nella mostra.
Tra i numerosi capolavori spiccano cinque dipinti di Pablo Picasso e sei di Amedeo Modigliani, ma la cosa che fa impressione è il fatto che questa Wunderkammer era la collezione di un rispettabile signore dell’alta borghesia nonché un noto collezionista, Roger Dutilleul (1872-1956). Il signor Dutilleul aveva studiato legge, ha coperto diverse cariche nei consigli amministrativi, ma la sua fortuna proveniva dalle pensioni lasciate dai genitori. Collezionerà arte già dal 1904 fino alla morte. Un gallerista famoso, Daniel-Henri Kahnweiler, lo descrive come «uomo profondamente amabile e stimabile … nella tradizione dei grandi amanti dell’arte». Ha vissuto a Parigi con il fratello Bernard che era un collezionista di stampe e scapolo come lui. Nei primi anni ’50 Willy Maywald fotografò il loro appartamento a Rue de Monceau, davanti alla galleria di Daniel-Henri Kahnweiler. Le foto che lo ritraggono e che ci accolgono già dal foyer di Palazzo Zabarella sono state scattate proprio nella sua dimora, un signore anziano, dai candidi baffi arricciati in su come dettava la moda all’inizio secolo, che ci fissa amabilmente impugnando un bastone elegantissimo e che è letteralmente circondato da quadri cosparsi dovunque, testimonianza di un vero accumulatore d’arte.
Lasciò, oltre alle opere d’arte, anche un pensiero che reputo originale e che serve alle nuove generazioni per approcciarsi all’arte: «La cosa più importante è che il dipinto ti guardi. Non spetta all’amatore guardarlo – soprattutto con idee e sentimenti preconcetti – deve accontentarsi di vederlo, di incrociare il suo sguardo, per così dire, per intuire il pensiero dell’artista o, meglio ancora, la sua profonda, intima emozione. Due esseri viventi che comunicano come meglio possono!»
Questo pensiero non può non portarci col pensiero alle Corrispondenze di Charles Baudelaire e ai suoi famosi I fiori del male:

La Natura è un tempio. Le sue colonne viventi
pronunciano talvolta parole incomprensibili.
L'uomo l'attraversa fra foreste di simboli
che osservano il suo incedere con sguardi familiari.
Come le lunghe eco, che lontano si fondono
in una tenebrosa e profonda unità
immensa come la notte e come il chiarore,
i profumi si accordano con i colori e i suoni.
Ci sono profumi freschi come carni di bimbi,
dolci come degli oboi, verdi come pascoli,
– e altri, corrotti, ricchi e trionfanti,
che hanno l'espansione delle cose infinite,
come l'ambra, l'incenso, il benzoino e il muschio,
che cantano i fervori dello spirito e dei sensi.

Si può dire che Roger Dutilleul era un uomo del suo tempo e che la cultura francese della seconda metà dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento era ben sedimentata nell’anima di questo meraviglioso cultore d’arte, confortato dal sentimento che un’opera suscita in colui che la guarda una ragione di vita e una sua ars pittorica, se possiamo definirla in questo modo.
La collezione è passata al nipote, Jean Masurel (1908-1991) e alla moglie Geneviève (1922- 2003) che a loro volta hanno donato tutto alla comunità della città di Lille che ha inaugurato il museo, contenitore della preziosa raccolta, nel 1983, facendo di Lille un punto importante nella storia dell’arte moderna e contemporanea. Jean Masurel era figlio della sorella minore di Roger Dutilleul e del commerciante di lana, Jean-Paul Masurel. Era cresciuto nel nord della Francia, non era uno studente brillante e la famiglia lo mandò a vivere a Parigi con lo zio e prepararsi negli anni ’20 a sostenere l’esame di maturità, il baccalaureato. Lo zio avrà un’importanza fondamentale nella formazione del gusto del nipote. Jean Masurel prediligerà i cubisti, Picasso in primis, Georges Braque, Modigliani e Bernard Buffet, con uno sguardo attento alla produzione artistica della Francia settentrionale e alla pittura astratta. Lavorerà nell’azienda di famiglia, vivrà in una villa a Mouvaux dove, insieme alla moglie, organizzerà una «Fiera dei divertimenti» e in questo modo dà peso al primario e un po’ dimenticato significato del dilettante, cioè al dilettarsi con e in mezzo all’arte. È un mecenate, aiuta artisti locali come Artur van Hecke, assunto come giardiniere della sua villa, o di un intero gruppo, «GroupedeRoubaix» (Eugène Leroy, Jean Roulland). Eredita la collezione dallo zio della quale sarà il vero custode. Jean Masurel era un amante della natura e scelse l’aria metropolitana di Lille, il Musée d’art moderne de Villeneuve d’Ascq, dove nel 1983 la collezione venne aperta al pubblico. A sua volta il museo apre nel 1999 alla donazione di art brut dell’associazione L’Aracine, creata da Madeleine Lommel, Claire Teller e Michel Nedjar che hanno donato 3.500 opere di art brut raccolte nel tempo e che ben si addicono allo spazio e al giardino del museo completando di fatto con l’arte contemporanea la collezione d’arte moderna già esistente.
Le vocazioni si tramandano e uno spiritus loci bonario padroneggia dall’alto un luogo, due destini di due uomini, zio e nipote, una comunità che accoglie il loro lascito e fa di esso un metodo di educazione alla bellezza. Jean Masurel aveva scelto Lille perché lui stesso era un commerciante di lana, che la fa da padrona in quella parte del Nord della Francia, ma anche perché il museo gode del giardino, essenziale per l’esposizione en plein air delle sculture che la collezione contiene.

La mostra è a cura di Jeanne-Bathilde Lacourt ed è articolata in sei sezioni tematiche che offrono un approfondimento dell’avanguardia cubista da Picasso a Georges Braque per continuare con le meravigliose e coloratissime opere di Fernard Léger, rappresentato da ben sei opere. Non mancano nella collezione nomi come Joan Miró, Youla Chapoval, André Lanskoy, Alexander Calder e Bernard Buffet, e così si completa la storia dell’arte europea del XX e XXI secolo. Possiamo ammirare artisti autodidatti noti come naïf, quali Gertrude O’Brady e Camille Bombois, opere realizzate sotto l’influenza spiritualista di Auguste Lesage e Victor Simon. Ma la novità in assoluto è rappresentata dalle creazioni di art brut poco conosciuta in Italia e adesso finalmente fatta conoscere, artisti che hanno scelto percorsi alternativi dell’espressione artistica e di cui risentono una profonda spiritualità.

Amedeo Modigliani occupa un posto d'onore all'interno della mostra, anche dal modo nel quale viene esposto, nella grande sala ovale che sta al centro del percorso ed è presente con le opere fondamentali come Moïse KislingRagazzo dai capelli rossiNudo seduto con camicia e Maternità. In questo modo, visti da vicino, i dipinti di Modigliani testimoniano la vera e prima vocazione del pittore, quella scultorea, dal modo in cui viene cosparsa la materia pittorica, a volte con tratti materici come una gettata di stucco, a volte con attenzioni incredibilmente realistiche, come la maniacale precisione con la quale dipinge le parti intime del suo meraviglioso nudo usato come immagine per il logo della mostra.
Amedeo Modigliani affermava che: «I personaggi di Cézanne come le statue antiche non hanno sguardo. I miei al contrario vedono; vedono anche quando io non dipingo le loro pupille» facendo presenti anche le sue «origini intellettuali», il grande maestro Paul Cézanne, ma soprattutto la scultura. Non possiamo non ricordare al pubblico, soprattutto quello romeno, ma non solo, che Amedeo Modigliani fu ospitato e aiutato da Costantin Brâncuşi quando arrivò all’inizio a Parigi nell’ormai famoso studio situato al numero 8 di Impasse Ronsin. Due esuli, due giganti, due nomi che hanno fatto grande l’arte. Nel mio passato romeno ho avuto il privilegio di lavorare con Iancu Brezianu, il grande biografo di Costantin Brâncuşi, e lui mi diceva che lo scultore romeno regalava al poverissimo Modigliani pure qualche ciocco di legno per esercitarsi nella scultura, che fu il suo primo grande amore nell’arte.
Il primo quadro di Amedeo Modigliani nella mostra padovana è il ritratto di Viking Eggeling del 1916, olio su tela, donazione Geneviève e Jean Masurel al LaM nel 1979. Un elegantissimo biondo dallo sguardo azzurro e dal naso prominente, con un impeccabile papillon e i capelli divisi a metà da una riga perfetta, visto di tre quarti su uno sfondo grigiastro che mi fa ricordare gli sfondi di Mario Sironi, che ci guarda anche senza le pupille e ci sorride con garbo.
Passiamo al prossimo, Ragazzo dai capelli rossi del 1919, olio su tela, antica collezione di Jean e Geneviève Masurel Dation, 1994 del Centre Pompidou, Parigi, prestato a lungo termine dal Musée National d’art moderne/Centre de création industrielle. Sulla sedia più comune di un mondo piccolo borghese sta un ragazzo dai capelli rossicci, dalle guance infuocate, con una giacca blu abbottonata a dovere fino al collo e grandi mani appoggiate sui pantaloni color marrone. Le mani sono un’espressione dell’imbarazzo. La destra chiusa a pugno, la sinistra grassottella e dipinta in maniera sommaria come un quadro naïf, è rappresentata senza renderla molto dettagliatamente.
Segue Lei, la nostra bella, Nudo seduto con camicia del 1917, sempre una donazione della famiglia Masurel del 1979 al LaM. Il quadro fa parte di una serie di nudi richiesti nel 1917 dal suo mercante Léopold Zborowski per la vendita e presentati nella prima personale di Modigliani alla galleria Berthe Weill nel dicembre del 1917. E poiché i quadri non rappresentano modelli idealizzati ma bensì donne in carne ed ossa, il pubblico si scandalizza, soprattutto alla vista dei peli pubici delle donne ritratte. La società borghese non poteva subire un tale affronto. La natura della formazione scultorea del pittore è ben visibile. Il colore è steso con l’aiuto del manico del pennello e le macchie di colore rappresentano proprio le scandalose ciocche «scolpite» nella vernice fresca. Il ritratto e tutt’altro che realistico, il volto è allungato come gli occhi a mandorla e ricorda così, ridotto all’essenziale, le maschere Fang e Baulé che Modigliani ha avuto modo di vedere nel museo Trocadéro. Lei è pudica nel suo gesto di coprirsi il corpo con la camicia bianca dell’artista e ricorda il gesto della Venere di Urbino di Tiziano.
Moïse Kisling del 1916 dell’antica collezione di Jean e Geneviève Masurel Dation, 1994 del Centre Pompidou, Parigi, prestato a lungo termine, era un artista polacco che si trovava a Parigi durante la Prima guerra mondiale, emigrato pure lui e uno degli amici più stretti dell’artista. Il modello indossa la giacca blu che era la divisa dei pittori, la sua figura è possente e resa ancor più massiccia dal taglio dell’inquadramento focalizzato sulla parte superiore di un corpo seduto sulla sedia, alla maniera di Cézanne. Sullo sfondo una finestra aperta, insolito secondo piano di Modigliani ma che ricorda i quadri di Henri Matisse. Il collo e il volto sono riprodotti nella loro geometria essenziale, come per ricordare di nuovo la prima formazione, quella scultorea, dell’artista. Il taglio dei capelli alla benedettina rinforza la geometria del ritratto e le mani sono posate aperte e ben salde sui pantaloni dell’amico.
Il Busto di giovane donna del 1908 della stessa donazione Masurel del 1979 rappresenta per l’appunto, una donna dal viso blu come quelli dei personaggi di Picasso e che ricorda il passato di Modigliani cultore dello spiritismo al quale fu iniziato a solo 15 anni, quando era ancora a Livorno e apprendeva la pittura nello studio di Guglielmo Micheli. La donna ci guarda con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo riverso in lontananza, come per avere una visione.
La Maternità del 1919, dell’antica collezione di Jean e Geneviève Masurel Dation, 1994 del Centre Pompidou, Parigi, prestato a lungo termine, ritrae l’ultima compagna di Amedeo Modigliani, Jeanne Hébuterne, con in braccio la figlia Jeanne. La bimba dai piedini di fattezze da bambola con i suoi vestiti intonati allo scialle della madre, dalle guance paffute e con un berrettino blu sulla nuca è posata come un trofeo sulle ginocchia della madre. L’interno è domestico, un letto con le sue candide lenzuola si trova a destra di una sedia che contiene questa commovente Maternità, così umana ma anche così vicina a un dipinto o una scultura religiosa della Maria in trono con il figlio. Una madre che protegge la sua adorata creatura, sullo sfondo una geometria sui toni dei colori della terra e dalle linee essenziali. Non c’è nulla da fare, Modigliani rimane uno scultore prestato alla pittura.

L’elemento che contraddistingue la mostra è la presenza dei grandi maestri del Novecento accanto a voci meno note ma altrettanto potenti della modernità. Le fotografie dei proprietari collezionisti, con una certa trasparenza e naturalezza nella quale è presentata la collezione sono davvero commoventi. La mostra si distingue dalle altre per la scelta di mostrare una collezione partendo dai collezionisti, dalle loro foto intime nello spazio privato e borghese delle loro abitazioni dove, come in un sogno proibito di ogni amateur d’arte, appesi al muro stavano quadri di Amedeo Modigliani e Pablo Picasso, di Miró e di Fernand Léger, art brut di Barnard Buffet accanto a divanetti di un Piccolo mondo antico, come avrebbe detto Antonio Fogazzaro, in un modo di vivere dove l’arte la faceva da padrona. Impressiona la generosità di questi due signori imparentati tra di loro, senza eredi, ma con un’eredità che coinvolge pure noi, semplici spettatori di un’arte che era per loro come una suppellettile deliziosa con cui riempivano le loro dimore.

 Finisco con un sentito e doveroso ringraziamento all’ente organizzatore della mostra, Artemide, e in special modo alla signora Stefania Bertelli che mi ha accreditata alla visita.
Per informazioni si può consultare il link del Palazzo Zabarella.

Liana Corina Tucu
(n. 12, dicembre 2025, anno XV)