«Salazar e la rivoluzione in Portogallo»: Eliade critico (e autocritico) della democrazia

Il volume Salazar e la rivoluzione in Portogallo (a cura di Horia Corneliu Cicortaş, Edizioni Bietti, Milano, 2013, 314 pp.) propone al pubblico italiano, nell’accurata traduzione di Horia Corneliu Cicortaş, un’interessante opera di Mircea Eliade, attraverso la quale l’autore presenta un quadro della storia portoghese in un’ottica di chiara impostazione conservatrice. Scritto durante gli anni della Seconda guerra mondiale, il volume ci mostra un Eliade critico verso la democrazia e il sistema dei partiti, che non nasconde la propria ammirazione nei confronti di António de Oliveira Salazar. L’economista e politico portoghese, che avrebbe dominato la vita del paese iberico per oltre trent’anni viene qui proposto come modello morale, sorta di salvatore della provvidenza per un Portogallo divorato dalle lotte partitiche e da una profonda crisi spirituale. L’instaurazione della Repubblica nell’ottobre del 1910 non pone infatti fine al disordine politico e alla violenza che hanno caratterizzato la storia portoghese nel corso di gran parte dell’Ottocento.


Dispute personalistiche, scontri tra clericali e anticlericali, influenze straniere, conflitti sindacali e riforme promesse e mai realizzate, favoriscono infatti una serie di colpi di stato e una generale instabilità politica che porta ad avere ben quarantacinque governi nel solo periodo 1910-1926. La dittatura del generale Carmona nel 1926 lascia il paese nel mezzo di una devastante crisi economica. In questo scenario fa la sua comparsa un personaggio complesso come Salazar, il quale assumendo l’incarico di ministro delle Finanze nel 1928, grazie ai pieni poteri che gli vengono concessi, diviene di fatto la vera guida del paese, riuscendo prima a riportare il bilancio in pareggio e poi addirittura in attivo. Si tratta di risultati che molto impressionano il giovane Eliade. L’arrivo sulla scena politica della figura di Salazar apre, secondo l’Autore, una nuova fase storica di rinnovamento morale prima ancora che politico, che non a caso si riassume nella formula dello Estado Novo. Proprio questa attenzione alla morale e al rinnovamento spirituale del popolo portoghese affascina lo scrittore romeno, che dall’inizio del 1941 si trova a Lisbona come addetto stampa presso la Legazione romena. Il giovane intellettuale vicino alla destra romena, e che diventerà in seguito uno tra i più importanti storici delle religioni, esprime chiaramente in Salazar e la rivoluzione in Portogallo la sua fiducia in un «conservatorismo rigeneratore» contro la «corruzione del liberalismo» e la decadenza della democrazia partitica.

Nel Diario portoghese, testimonianza intensa e drammatica di un periodo cruciale della vita di Eliade, questi afferma di aver scritto Salazar e la rivoluzione in Portogallo fra il novembre del 1941 e il maggio del 1942; un tempo relativamente breve quindi, nel quale l’Autore, con grande impegno realizza un’opera atipica nell’ambito della sua produzione letteraria, che si concentra sulla figura di un personaggio politico, un giovane Salazar appunto, che nella visione eliadiana, più che abile politico ci appare quasi come un filosofo in odore di santità. Il libro ci rivela quindi un Eliade meno conosciuto e propone al lettore un incontro con la storia Europea del Novecento, in particolare quella del Portogallo, per la quale l’Autore manifesta un interesse speciale, soprattutto in considerazione della latinità che lega la Romania e il paese lusitano, e dove lo sfondo socio-culturale e politico diventano fattori essenziali per il processo di formazione di una specifica identità. Accanto alla grande storia costruita su personaggi di rilievo e intorno ad avvenimenti epocali, emerge poi nel corso della lettura anche un’altra storia «dal basso», che offre inedite letture attraverso una infinità di dettagli di quel passato collettivo che si nutre anche di episodi, «minori» ma spesso decisivi.


«Un libro di storia politica scritto da un uomo che non si occupa di storia né di politica»

Come viene evidenziato nella prefazione del volume, «questo libro di storia politica è stato scritto da un uomo che non si occupa né di storia, propriamente detta, né di politica», tuttavia, anche se al suo interno i riferimenti diretti alla Romania sono praticamente assenti, Eliade conferma attraverso il suo interesse per l’esperienza portoghese la possibilità di trasformarla in un modello di riferimento per una rinascita spirituale che coinvolga anche gli altri paesi europei. Il volume si compone di quindici capitoli e si concentra, nella fase iniziale, sulla storia del Portogallo moderno per addentrarsi progressivamente nella problematica che più sta a cuore allo scrittore, ovvero quella «rivoluzione spirituale», che attraverso «il compimento stabile della rivoluzione spirituale tradottasi nello Stato Nuovo salazariano», il filosofo Eliade sente di aver finalmente trovato in Portogallo.

L’Autore segue le vicende di Salazar a partire dagli anni dell’infanzia e della gioventù passata nel seminario e poi nel collegio di Viseu dove trascorre otto anni, dal 1900 al 1908, periodo decisivo per la storia moderna del Portogallo, quello «dell’agonia della monarchia […] una fase storica dominata dalla propaganda sfrenata di tutte le idee antitradizionali, dal repubblicanesimo e la massoneria all’insurrezione armata e l’invettiva antireligiosa». Segue la descrizione degli anni di Coimbra, come studente e in seguito in qualità di professore, poi l’esperienza del suo unico giorno in veste di deputato e la rinuncia al mandato, fino alla rivoluzione del maggio 1926, che apre la strada a una nuova dittatura militare, presieduta dal generale Carmona. Nel capitolo Salazar: il dittatore delle finanze viene presentata la prima nomina del professore di Coimbra a ministro delle Finanze, esperienza che dura però solamente una settimana. Nel 1928 Salazar torna nuovamente ministro e riesce nell’ardua impresa di riportare in attivo il bilancio portoghese, ma, come aggiunge Eliade, «un uomo come lui, che aveva dichiarato fin dal principio di sapere cosa voleva e dove dirigersi, non poteva fermarsi qui: la rivoluzione nazionale doveva proseguire sul terreno politico». Una rivoluzione spirituale basata su tradizione e storia, che per Salazar significa la possibilità di trasformare radicalmente le istituzioni sociali e politiche, senza pero ricorrere al coinvolgimento dei partiti, visto che Salazar intende «edificare la rivoluzione nazionale sulle stesse fondamenta da cui era partito quando era stato chiamato a salvare il bilancio del Paese: il primato della spiritualità cristiana, della tradizione latina e lusitana». Lo Stato salazarista diventa così una realtà in cui il professore di Coimbra manterrà la sua posizione di potere per trentacinque anni, sopprimendo i sindacati, la libertà di stampa e ogni altro tipo di opposizione politica, deportando dissidenti e cospiratori a Madeira e nelle altre isole atlantiche e mettendo al bando la massoneria.

La figura di Salazar assume un’importanza capitale per la storia del Portogallo e non solo, ed Eliade afferma di ritenere doveroso elaborare il suo lavoro per «fornire un contributo al momento storico che stiamo vivendo […] offrire alla nostra generazione così provata l’esempio di una possibile salvezza che può intervenire in modo inatteso – così com’è avvenuto in Portogallo – infine dare una spinta agli scambi reciproci, poiché grazie a questo libro su Salazar si stanno preparando alcuni libri [portoghesi] sulla Romania». Nonostante tale convinzione, negli anni a venire Eliade, cosciente di aver scritto un’opera discutibile, esprimerà una sorta di pentimento per questo libro, cominciando a criticare Salazar fin dal 1945 – e la data non è casuale.

Il volume comprende anche due pregevoli saggi firmati rispettivamente da Sorin Alexandrescu (Il Portogallo visto da Mircea Eliade) e Horia Corneliu Cicortaş (Lo specchio portoghese), in una specie di sintesi che discute, legando letteratura e storia, il destino umano e letterario eliadiano, fornendo anche utili osservazioni in merito all’evoluzione della società portoghese tra Otto e Novecento.

In conclusione, si tratta di un volume di grande interesse per quanti vogliano approfondire la figura di Mircea Eliade, la sua personalità e il suo percorso formativo. Al tempo stesso, il libro può avere un qualche interesse anche per gli storici ai quali offre uno spaccato del Portogallo attraverso le chiavi di lettura di un intellettuale che negli anni della Seconda guerra mondiale viveva appieno le travagliate vicende politiche e ideologiche cha attraversavano e straziavano l’Europa. L’Autore offre inoltre un valido contributo all’analisi del modello salazarista. Si tratta di un lavoro ambizioso, molto critico verso liberalismo e massoneria, certamente ben scritto e che unisce la letteratura alla storia, un lavoro da consigliare a chiunque voglia sapere di più sul percorso di António de Oliveira Salazar e del Portogallo purché, ovviamente, in possesso di quella conoscenza di base delle vicende trattate, che può rendere veramente proficua la lettura di quest’opera affatto particolare di Eliade.



Alessandro Vagnini
(n. 2, febbraio 2014, anno IV)

Foto: il premier Salazar insieme al generale Carmona, durante una sfilata.