Lo zero che sconfigge il nulla. Un inno alla vita nel romanzo di Cristina Mărginean Cociș

Zero è l'unico numero reale né positivo né negativo, è il rischio che una malattia può generare, è la percezione che una donna può avere di se stessa la prima volta che si guarda in uno specchio dell’ospedale. Positivo è il confine di un romanzo e di ogni traccia dell’esistenza, come un inno alla vita, alla resistenza e al riscatto. Zero Positivo è la storia di una donna straordinaria, che si appella alla fede viva e naturale, trasmessa dalla famiglia, messa a dura prova durante la dittatura di Ceaușescu: fede in Dio e nel dono della vita, difeso con la potenza dei ricordi, abbracciata ad una coperta estranea di un reparto oncologico.

Si inquadra in questo orizzonte Zero Positivo, opera narrativa di Cristina Mărginean Cociș, insegnante, mediatrice culturale e linguistica stabilita da anni a Udine, moglie di un sacerdote cattolico di rito bizantino (Gaspari Editore, Udine 2016).

Una vita, molte vite

Nelle pagine di questo libro, romanzo e storia vissuta si intrecciano in modo intimamente solidale, richiamando trame essenziali della biografia dell’autrice. Cristina trascorre la sua infanzia nella Romania degli anni ‘80. Dal 1965 il dittatore Nicolae Ceaușescu aveva introdotto le «tesi di luglio» nelle quali, tra l’altro, veniva stabilito anche un indice dei libri e degli autori proibiti, una sorta di «piccola rivoluzione culturale» con la quale il dittatore contribuì a promuovere un vero e proprio culto della personalità. Dopo la caduta del regime, l’autrice studia a Timișoara, sua città natale, diventando maestra a 18 anni, successivamente ottiene una borsa di studio presso l’Università degli Studi di Udine. Nell’inverno del 1999, Cristina conosce l’uomo che sarebbe diventato presto suo marito e l’anno dopo si laurea all’Universitatea de Vest di Timișoara, presso la Facoltà di Storia e Lingua Inglese. Intanto il marito Ioan è ordinato sacerdote e inviato in missione proprio a Udine, dove l’autrice ritorna e, nel 2004, consegue una seconda laurea in Lingue e Letterature Straniere. Nel 2005 nasce la prima figlia, mentre Cristina lavora come mediatrice linguistica-culturale ed insegnante nella scuola primaria. Nel 2009, in attesa del secondo figlio e prossima al termine del dottorato, deve affrontare una prova «grave e fulminante», come la definisce lei stessa (si veda www.cristinamarginean.it), una prova che la costringe a lottare per la sopravvivenza. Nel 2013 la malattia è sconfitta. Cristina decide di consegnare alle pagine di un romanzo la sua esperienza. Nasce così Zero Positivo, che nello scorso maggio le vale l’assegnazione da parte dell'Istituto Culturale Romeno di un premio onorifico di eccellenza per le Arti e la Cultura.

Linfa grezza di eterno amore

Trame esistenziali che si intrecciano in un unico racconto, capace di farsi talvolta canto. Zero Positivo è anche la storia di una «bambina della foresta», che a suon di canti natalizi romeni, affronta un viaggio logorante nel Delta del Danubio, per vedere ancora una volta il padre, prigioniero in una cella d’isolamento. Nell’istante dell’incontro, seppur lontano, ci sono tre persone: il padre, Cristina adulta e Cristina «bambina della foresta». In questa relazione triadica avviene un passaggio di forza e purificazione, che servirà alla donna a ritrovare nel suo calvario personale il senso della malattia e di tutto quel dolore d’infanzia, non ancora affrontato. Zero Positivo è, realmente, la testimonianza di un essere umano in una circostanza tragica, nell’«attesa delle attese», dove l’autrice non è sola ma accompagnata dal piccolo Victor. Se la gravidanza lega per natura madre e figlio, la malattia e la chemioterapia siglano il loro patto d’amore per sempre. Cristina Mărginean Cociș insegna, con il suo romanzo, una pedagogia della fede, della fiducia nel Padre, nel tenero e risoluto esempio di suo padre. La Croce, simbolo di memoria e rinascita corporale e spirituale, accompagnerà la donna in tutte le sue vicissitudini: si terranno strette l’un l’altra in più occasioni. Cristina, nelle sue mani, avvertirà attraverso le fibre lignee la sintesi dell’amore di Dio. Un amore che si spezza nei pensieri e nelle parole di questa donna, alle soglie di una «fede ritrovata», quando i battiti del cuore del figlio Victor risuonano potenti nel silenzio sterile della sua camera. Forza sconvolgente della vita e di quell’amore – lo dice il Cantico dei Cantici – «forte come la morte».

 

Carolina Montuori
(luglio-agosto 2018, anno VIII)