«Poeti romeni al bivio: continuità e rottura». Antologia di Geo Vasile

Il libro Poeti romeni al bivio: continuità e rottura (Craiova, Fundaţia Scrisul Românesc, 2012) si rivolge soprattutto al lettore del terzo millennio, ed è per questo che ci siamo proposti di presentare sotto questo titolo un repertorio di poesia maggiormente moderna e postmoderna, cioè ulteriore ai nostri protomoderni, romantici e tradizionalisti tipo Vasile Alecsandri, Mihai Eminescu, Alexandru Macedonski, George Coşbuc, Octavian Goga, e anche ad alcuni grandi interbellici che si sono negati senza volerlo, per il proprio linguaggio e universo, ad un’apertura europeista. Della moltitudine dei poeti rappresentativi della nostra modernità (facciamo solo i nomi di Ion Barbu, Vasile Voiculescu, Geo Dumitrescu, Şt. Augustin Doinaş, Radu Stanca, Miron Radu Paraschivescu ecc.), ci siamo soffermati al quartetto George Bacovia (un simbolista crepuscolare-esistenzialista), Ion Vinea (un promotore dell’avanguardia e al tempo stesso modernissimo esploratore elegiaco della nostra psiche), Lucian Blaga (il rappresentante di spicco della poesia orfica, metafisica, espressionista) e Gellu Naum (classico del surrealismo romeno ed europeo), che secondo noi hanno delineato le direzioni fondamentali di sviluppo della poesia ulteriore, a partire dagli anni settanta fino ai nostri tempi. Loro sono, secondo noi, i quattro modelli intorno ai quali gira una moltitudine di discepoli – epigoni, nel senso di essere nati dopo i modelli e pronti a far prova di aver assimilato la grande stagione poetica interbellica. Tra di loro ritroveremo gli autori di una seconda rivoluzione del linguaggio poetico (malgrado l’inflessibile censura ideologica del regime comunista) tipo Nichita Stănescu, Virgil Mazilescu, Cezar Ivănescu, Marin Sorescu; accanto a questi imposero il loro stile Ştefan Augustin Doinaş, Petre Stoica, Ion Caraion, Cezar Baltag, Miron Kiropol, Mihai Ursachi, tutti demolitori della corrente partitica che inneggiava al proletariato e ai suoi leader, alla lotta di classe, al realismo socialista ecc. Una prova di continuità, quindi, ma anche una rottura nel senso di originalità dovuta ad una vera e propria vocazione e al talento (immaginario, visione sul mondo, prosodia ecc.).

Perfettamente sintonizzata a quella europea, la poesia romena postmoderna affascina il lettore per il suo stile colloquiale, ironico, ludico e soprattutto anticonformista, sconcertante (Marin Sorescu, Şerban Foarţă, Adrian Popescu, Dorin Tudoran, Ioan Flora, Ioana Dinulescu, Paul Vinicius, Ioan S. Pop., Marian Drăghici, Magda Cârneci, Simona Popescu, Elena Vlădăreanu ecc.). Il brillante anti-eroe lirico (Marin Sorescu), faceto e grave, penetrante, impietoso, e al tempo stesso burlesco, preferisce strappare le maschere: sotto una solenne, festosa apparenza, ci sono le nostre vanità, debolezze, le malinconiche frustrazioni. Di solito dopo l’inganno cui ci affidiamo corpo e anima, viene il disastro. Le maschere del poeta sono molteplici: buffone del re, re dei buffoni, aulico, ceremonioso e allo stesso tempo istrione, dissidente, rivoltoso e blasfema (Mariana Marin, Mircea Cărtărescu, Marta Petreu, Angela Marinescu ecc.). Non mancano i crepuscolari e gli elegiaci (della scuola di George Bacovia e Nichita Stănescu) oppure quelli che vaneggiano nella biblioteca universale nel senso goetheano-borgesiano (Mircea Ivănescu, Ruxandra Niculescu, Daniel Corbu, Maria Calciu, Ion Mureşan ecc.), deliranti nella loro cogitazione-sogno (Maria Calciu), pronti a professare l’umiltà della flora spontanea ma anche l’araldica del cigno (Mihai Ursachi). Si muovono ostinatamente tra eros e morte (Cezar Ivănescu), componendo uno sfondo musicale che sprigiona dagli stessi interstizi testuali e semantici delle poesie. I loro universi di sublime supplizio combaciano con la più raffinata naturalezza. C’è anche l’ambizione di creare sogni alla luce del giorno (Virgil Mazilescu), d’istituire una realtà analoga al sogno. Si ha simultaneamente il sentimento mirabile e quello tragico della vita. Ci lasciamo accattivare dall’elegia pura di Gellu Dorian, ma anche dai tentativi di ricerca di una nuova autenticità.

Traendo le sue origini dal surrealismo onirico e oracolare di Gellu Naum e Virgil Mazilescu, indubbiamente Ion Mureşan ha un’eccessiva coscienza del proprio valore estetico e non si permette di pubblicare testi al di sotto di un certo livello raggiunto ad un dato momento. È creatore di un universo immaginario e discorsivo consono alla propria visione poetica, cioè uno stato di grazia naturale ironica e pietosa, crepuscolare e vaneggiante, abbinata alla biblioteca universale nel senso goetheano-borgesiano. Ne ottiene, infatti, un inconfondibile timbro colloquiale, un impatto epico-drammatico della parole del quotidiano, della strada e al tempo stesso un taglio neo-espressionista che conferisce alla sua dizione, apparentemente disconnessa, un’invidiabile accessibilità e originalità (ultimamente, per esempio, venne molto citato per il suo poema cult dedicato agli alcolisti o agli angeletti da bicchiere. Tradotto tra il 2001 e il 2007 in francese, tedesco e inglese (Le mouvement sans coeur de l’image, Paris; Zugang verboten, Vienna; Paharul/Glass/Au fond du verre, Baia Mare), Ion Mureşan si è guadagnato la stima della critica (Al. Cistelecan, Alex Goldiş), nonché dei suoi traduttori, D. Ţepeneag, Virgil Stanciu e di altri scrittori romeni (talvolta apologetica) grazie ai suoi primi due volumi di versi; questo non toglie il successo strepitoso del Libro Alcol, che fu considerato il libro dell’anno 2010 o addirittura «l’avvenimento lirico del decennio». Gli fu assegnato tre volte il premio dell’Unione degli Scrittori della Romania (1981, 1994, 2011). Nel 2005 fu invitato in Francia nell’ambito del programma «Les belles étrangères».

Anche se non condividiamo il bipolarismo – poesia maschile e poesia femminile – dobbiamo dire che il discorso lirico femminile autoctono si è ammodernato fino a poter gareggiare con i grandi nomi della poesia italiana e occidentale. Angela Marinescu, nel quadro della propria trasgressività allegorica e provocatoria, denuncia lo sterile manierismo nonché una sorta di accidia che sta minacciando la nostra poesia. Definendo la condizione dello scrittore, la poetessa-attrice Ioana Craciunescu parla di un «coro d’inetti con treppiedi e note nelle mani». La sola soluzione sarebbe, secondo Marta Petreu, l’adattamento selettivo all’entropia. Partendo dal proprio percorso biografico, le nostre poetesse decollano nell’onirico, nel fantastico, nei vari esorcismi del malessere, della morte, del cordoglio. Non mancano, naturalmente, i temi dell’innamoramento e della fede religiosa, che non escludono la ribellione, il sarcasmo, il distacco, la disinvoltura, il vitalismo. Soavità e mostruosità, barocco e neo-espressionismo vanno di pari passo nella poesia di Gabriela Creţan: c’è l’inquietudine dei metafisici inglesi e degli artisti spagnoli, nonché la tecnica dell’allucinazione. Ruxandra Niculescu, autrice di sillogismi lirici, nel suo immedesimarsi con la vita segreta dei libri, fa della sua poetica minimalista un modo di salvezza simile non solo ad un’illuminazione mitopoetica nel globale tramonto che ci travolge, ma anche ad una ripetitiva bekettiana fine di partita. Mariana Marin, sfortunatamente scomparsa ai soli 47 anni, non poteva concepire l’esistenza e l’amore in assenza della libertà individuale data a noi dall’Onnipotente Creatore. La sua poesia è un compendio d’infelicità e fragilità, sullo sfondo di varie crisi, del disgusto, della povertà, della paura, dell’insicurezza, e soprattutto della «feroce solitudine». Non ebbe la forza delle altre autrici più giovani, tipo Ruxandra Cesereanu, Eugenia Ţarălungă, Irina Nechit o Linda Maria Baros, di condividere e affrontare la «graziosa crudeltà del reale». 


«Il mestiere di vivere» del poeta il cui fine, secondo Rainer Maria Rilke, è di cogliere il miele del visibile per custodirlo nel grande alveare d’oro dell’invisibile, non sembra sia il più facile del mondo: egli ha il culto dell’espiazione e della parola, però solo dopo il barbaro rituale dell’immolazione, la parola si va purificando per diventare Testo. Ai loro libri e testi poetici, alla loro immolazione, abbiamo dedicato questo nostro volume. I loro nomi sono: George Bacovia, Ion Vinea, Lucian Blaga, Gellu Naum, Mircea Ivănescu, Nichita Stănescu, Marin Sorescu, Mihai Ursachi, Cezar Ivânescu, Virgil Mazilescu, Geo Vasile, Daniel Corbu, Gellu Dorian, Ion Mureşan, Nicolae Tzone, Angela Marinescu, Ruxandra Niculescu, Ioana Crăciunescu, Gabriela Creţan, Marta Petreu, Mariana Marin, Maria Calciu, Irina Nechit, Ruxandra Cesereanu, Eugenia Ţarălungă, Linda Maria Baros.


Geo Vasile
(n. 11, novembre 2012, anno II)