Le lettere di Cioran a Marin Mincu (1987-1989)

Il nulla. Lettere a Marin Mincu (1987-1989), curato e tradotto da Giovanni Rotiroti, postfazione di Mircea Ţuglea e appendice di Antonio Di Gennaro, è una raccolta di lettere che Cioran inviò a Mincu negli anni compresi tra il primo settembre del 1987 e il quattro luglio del 1989. Nell’introduzione di Giovanni Rotiroti è contenuto anche il frammento di una lettera scritta in romeno da Marin Mincu, datata 10 marzo 1988, con cui rompe il patto secondo il quale il loro epistolario doveva svolgersi unicamente in lingua francese o italiana.

L’oggetto di queste missive riguarda tre punti fondamentali: il primo verte sulla figura di Costantin Noica, allora appena scomparso. Mincu intendeva diffondere in Italia la conoscenza dell’opera straordinaria del maggiore filosofo sistematico del Novecento romeno, per questo motivo chiede a Cioran di scrivere qualcosa in merito alla sua produzione letteraria, nonostante fra i due si fossero interposti numerosi malintesi, come li definisce Cioran, «più o meno filosofici». Mincu insiste sulla necessità di questo compito, quale gesto di «dignità culturale» nei confronti di un uomo come Noica che ha rappresentato un esempio per un’intera generazione intellettuale. Il risultato di questa insistenza sarà il Breve ritratto di Dinu Noica, scritto da Cioran, nel quale egli descrive la personalità del filosofo e la loro amicizia. Nelle parole di Cioran, Noica è un uomo seducente per le sue contraddizioni e la sua raffinata capacità di essere attento al dettaglio: «Queste contraddizioni avevano un loro fascino e facevano di lui un aguzzino delicato, attraente e inclassificabile».

Il secondo punto riguarda un’ulteriore richiesta di Mincu; egli desidera che Cioran partecipi al volume collettivo, Eminescu e il Romanticismo europeo, in occasione del Centenario della morte del grande poeta romeno. Ancora una volta Mincu riesce nel suo intento, ottenendo La preghiera di un Daco, un breve testo che reca la firma di Emil Cioran. In questo contributo alla memoria di Eminescu, Cioran descrive quanto remissivo e accomodante sia il popolo romeno, incapace di qualsiasi rivoluzione, e intravede ne La preghiera di Eminescu «l’espressione esasperata, estrema, del nulla valacco, di una maledizione senza precedenti, che colpisce un angolo del mondo sabotato dagli dèi».

Terzo ed ultimo punto, riguarda la pubblicazione in Italia delle opere romene di Cioran, il quale scarta, sin da subito, dal novero dei suoi libri La Trasfigurazione della Romania. Cioran non vuole far conoscere questo libro perché, afferma egli stesso: «Sono troppo stanco di me stesso e di tutto per rituffarmi nelle mie vecchie stravaganze di più di mezzo secolo e per denunciarle o giustificarle davanti ai miei contemporanei». Qui entra in discussione il presunto «antisemitismo» di Cioran; in questo libro egli accusa gli ebrei di essere la causa principale d’impedimento al consolidamento della nazione romena, anche se allo stesso tempo ammette di provare nei loro confronti ammirazione e talvolta invidia, in particolare per la poesia moldava e il chassidismo. Pertanto, rinnegando buona parte delle dichiarazioni di questo libro, Cioran propone a Mincu la traduzione in italiano di altri testi, quali: Al culmine della disperazione, Il libro delle lusinghe e Il crepuscolo dei pensieri. Dalle lettere veniamo a sapere che il primo di questi verrà scelto e pubblicato presso Adelphi solo nel 1998.

Il nulla. Lettere a Marin Mincu contiene anche un’interessante postfazione di Mircea Ţuglea, il cui titolo è preso in prestito da un’autodefinizione di Cioran che ritroviamo nelle lettere, in cui egli si definisce «Post-illusionista». A partire da questo «Post-illusionismo», Ţuglea analizza alcuni aspetti dell’opera di Cioran, in particolare, si sofferma sulla lingua e sulle difficoltà di conciliare i meccanismi linguistici romeni con quelli francesi, all’interno della sua scrittura.

Il volume termina con un un’appendice, altrettanto interessante, di Antonio Di Gennaro, il quale esamina la scrittura di Cioran da un punto di vista filosofico e psicologico a partire dalla poesia di Shelley e di Eminescu, su uno sfondo religioso. Qui, dice Cioran, la preghiera, come la poesia, diviene l’appiglio a cui aggrapparsi quando la «fine» pulsa nelle vene, espandendosi nell’animo come un «vuoto di senso». Di Gennaro conclude la sua appendice, affermando: «poesia e preghiera costituiscono, all’interno della metafisica cioraniana, un necessario strumento di comunicazione […] al fine di alleviare/tollerare il sentimento di profonda solitudine che attanaglia/soffoca il soggetto».

Il volume Il nulla. Lettere a Marin Mincu (1987-1989), apparso recentemente presso la casa editrice Mimesis, nella collana «Minima Volti», rappresenta, per molti versi, un lavoro dignitoso per il suo valore documentario, che rende omaggio a figure storiche della letteratura romena che hanno segnato, in maniera incisiva, intere generazioni di studiosi del Novecento, non solo in Romania, ma anche in ambito europeo.



Irma Carannante
(n. 3, marzo 2014, anno IV)