Due fisici di fronte al mistero cosmico dantesco

Sto leggendo un libro meraviglioso: La realtà non è come ci appare - La struttura elementare delle cose di Carlo Rovelli. Il volume è apparso di recente in romeno presso la casa editrice Humanitas, nell’eccellente collana di scienza diretta da Vlad Zografi e nella cristallina traduzione di Vlad Russo. L’autore già lo conoscevo dalla precedente uscita in romeno, nella stessa collana, delle Sette brevi lezioni di fisica, cui, il 19 maggio 2017, avevamo dedicato una Serata Italiana alla libreria Humanitas di Bucarest, destinata soprattutto agli studenti liceali e realizzata con la collaborazione di alcuni licei e con la partecipazione di una ricercatrice CERN e di una giornalista scientifica. Carlo Rovelli – i nostri «venticinque lettori» italiani lo sapranno di sicuro – è uno dei massimi scienziati di fisica teorica a livello mondiale, uno dei fondatori della teoria della gravità quantistica a loop. Ma la sua straordinaria cultura filosofica e umanistica e la sua visione democratica della scienza e della società l’hanno spinto a un certo punto a dedicare una parte del suo tempo a spiegare le miracolose scoperte fisiche recenti all’immensa massa dei nonprofessionisti. Sono nati così i due volumi appena menzionati e altri cinque, nonché le sue affascinanti conferenze dedicate al grande pubblico.  In essi le rivoluzionarie scoperte scientifiche moderne sono spiegate in un linguaggio semplice, limpido, preciso e simpatetico. Guardandole anche nei loro risvolti filosofici ed etici, l’autore collega inaspettatamente e opportunamente il pensiero contemporaneo a dimenticate radici lontane. Rovelli fa parte di quella élite di pensatori convinti, come Galilei e gli illuministi, che la scienza deve essere di tutti, perché la sua missione non consiste solo in conoscere e spiegare la natura ma anche in elevare la specie umana.

Già dal titolo il volume di cui parlo mi ha riecheggiato quello di Patapievici sul mondo di Dante (Ochii Beatricei. Cum arăta cu adevărat lumea lui Dante, Humanitas, 2004, pubblicato poi in varie altre edizioni rivedute e ampliate): due titoli che partono dalle stesse domande: come è fatto il mondo? È il mondo in realtà così come ci appare? E la somiglianza veniva anche dal fatto che nel libro di Patapievici avevo trovato la stessa scrittura semplice, limpida, precisa e simpatetica, la stessa scioltezza nel percorrere campi e tempi della cultura distanti fra di essi, lo stesso effetto su di me, quello di togliermi un velo dagli occhi e di regalarmi la gioia di una rivelazione. Horia Roman Patapievici, romeno, di formazione fisico, diventato poi un insigne scrittore, saggista, filosofo e storico delle idee ma anche un acuto analista del mondo contemporaneo, si è occupato ripetutamente e con passione di Dante. Il suaccennato libro lo conoscevo bene perché alla sua prima lettura me ne ero innamorata e avevo subito deciso che dovevo farlo conoscere alla gioventù italiana che studia Dante a scuola e che lo trova forse obsoleto. E mi è andata bene perché il libro è stato veramente pubblicato in Italia (Horia Roman Patapievici, Gli occhi di Beatrice. Com’era davvero il mondo di Dante? Bruno Mondadori, Milano 2006 – recensito nella nostra rivista nel n.1/2011 da Geo Vasile) e ha veramente girato per alcuni licei. In questo libro incantevole Patapievici racconta la propria scoperta – a distanza di alcuni decenni e all’insputa della prima scoperta, fatta nel 1979 dal matematico americano Mark Peterson – della reale configurazione dell’universo dantesco. La ricerca di Patapievici partiva da un’insoddisfazione: le varie illustrazioni del cosmo dantesco (che al cosmo greco aggiunge quello cristiano) realizzate nel tempo non erano congruenti con la sostanza filosofica e teologica della Divina Commedia e con la fede di Dante. E allora Patapievici (come Peterson) si rivolge direttamente al testo; lo legge con un’attenzione da scienziato, registrando le visualizzazioni di tutte le volte che i protagonisti si girano, invertendo il senso dei loro passi e dei loro sguardi. E scopre – e ce lo dimostra con esemplificazioni chiarissime – che l’universo descritto da Dante era un’ipersfera, cioè una sfera che ha una dimensione in più rispetto alle tre dimensioni percepibili dagli umani e, pur essendo una sfera, non ha margini (nella fisica moderna una 3-sfera).  In altre parole Dante percorre un universo che ha la stessa forma che sarà proposta al problema dei margini dell’universo e che sarà definita matematicamente solo nel 1917 da Einstein.

Ora, la scoperta, per me entusiasmante, nel libro di Rovelli, è stata che pure questo grande fisico, riepilogando la storia dei vari passi che l’umanità ha compiuto dall’antichità a oggi nella comprensione dell’universo, si imbatte anche lui – sapendo di Peterson ma non sapendo di Patapievici – nella geniale intuizione di Dante. La cosa meravigliosa, che mi ha spinto a scrivere questo breve articolo, è l’attonimento comune dei due, Rovelli e Patapievici, che, da un comune approccio scientifico (rigore analitico e libertà di pensiero), arrivano a estasiarsi di fronte alla geniale intuizione poetica di Dante. Alla stupita domanda di entrambi di come sia stato possibile che Dante intuisse quello che gli scienziati avrebbero scoperto sei secoli dopo, loro ci offrono due risposte complementari: quella di Rovelli è che Dante scrive «molto prima che Newton ci convincesse che lo spazio infinito del cosmo è quello piatto della geometria euclidea», ossia che per tali intuizioni occorre che la mente umana sia libera dalle remore che la scienza stessa pone in varie età; quella di Patapievici fa leva sull’onestà di Dante: uomo del Medioevo, esso doveva riconciliare l’immagine scientifica del mondo, pagana e materialista, recuperata dai greci,  con la certezza assoluta nella Rivelazione, nei cui vincoli, benché non del tutto capiti, credeva fermamente. Ma al di là delle loro spiegazioni, la grande bellezza degli approcci di questi due fisici è la loro capacità di commuoversi di fronte alla formidabile intuizione di Dante e allo splendore poetico del mondo dantesco e di trasmetterceli con tutta la loro emozione. Leggeteli!








Smaranda Bratu Elian
(n. 9, settembre 2020, anno X)