«L’utilità dell’inutile», finalmente rivelata ai romeni

Sono passati cinque anni da quando, nel 1° numero del quinto anno della nostra rivista, pubblicavo la lunga intervista a Nuccio Ordine sull’allora prossima pubblicazione in romeno del suo volume L’utilità dell’inutile. Manifesto. Il piccolo libro conosceva già allora un successo straordinario: numerose edizioni in Francia, in Italia e in Spagna e varie altre pubblicate o in corso di pubblicazione in dodici paesi, più di 110.000 copie vendute in Europa, per non contare gli articoli, le interviste, le presentazioni in tv, i commenti in rete ecc., un successo che è continuato e raddoppiato in questi ultimi anni. La pubblicazione in romeno dell’ormai celebre volumetto, avviata nel 2015, si è realizzata, per vari contrattempi editoriali, solo adesso. Questo ritardo, apparentemente una sfortuna per il destino del messaggio, potrebbe rivelarsi invece una fortuna, ed è ciò che tenterò di spiegare.

Come già riassumevo nel 2015, il piccolo libro si propone di convincerci che le discipline e le ricerche (soprattutto quelle umanistiche ma non solo), ritenute «inutili» nella logica mercantilistica della società odierna, sono invece indispensabili per il nutrimento dello spirito, per il miglioramento di noi stessi e per la crescita civile e culturale dell’umanità; perciò tale «inutile» dovrebbe essere una priorità della società in genere e in particolare della scuola e degli stati che la amministrano. Alla sua uscita, nel 2013, il tema – lo ha dimostrato il suo fulmineo successo – era scottante: il mondo globalizzato si dibatteva sulla scia di una crisi che aveva focalizzato l’interesse dei governanti e del pubblico sulle questioni economiche, cacciando nel dimenticatoio l’aspetto che ci distingue come specie, quello della conoscenza e della crescita personale tramite la conoscenza per la conoscenza. E questa dimenticanza spingeva le strategie per la formazione dei giovani, spingeva cioè la scuola e l’università, in una direzione sbagliata: verso una formazione prevalentemente utilitaristica ed efficiente solo nei suoi risultati materiali, appoggiata da una sempre più accentuata burocratizzazione dell’attività didattica. In parole povere, una formazione che ignorava l’essenza stessa dell’educazione, ossia la crescita intellettuale, il pensiero libero e creativo dei giovani. Citerei qui le parole dell’autore stesso di cinque anni fa: «Le scuole e le università educano all’utilitarismo e tendono a favorire il conformismo. Invece la scuola e l’università dovrebbero formare eretici: studenti in grado di contestare la conformità, di saper prendere le distanze da ogni forma di dogmatismo». In consonanza con tale urgenza, dopo una prima parte, costituita da citazioni, azzeccate e ben commentate, prese da vari classici – da Platone fino a Eugène Ionesco – che ribadivano la necessità dell’«inutile», ossia della conoscenza disinteressata, della conoscenza per la conoscenza, il libro proponeva, nella seconda parte, un’analisi partigiana di questo indirizzo della scuola odierna e in particolare dell’università. Perché Nuccio Ordine è un professore universitario e il male dell’educazione dei giovani gli sta a cuore. Ma prima di parlare della tanto sua attesa traduzione in romeno e del significato «vantaggioso» della sua tarda pubblicazione, ricordiamo ai nostri lettori chi è l’autore.

Nuccio Ordine è professore di letteratura italiana e di teoria letteraria presso l’Università della Calabria, visiting professor in università prestigiose di tutto il mondo, specialista di primo piano negli studi sul Rinascimento e sulla filosofia di Giordano Bruno, autore di saggi critici tradotti in tutto il mondo, direttore di alcune monumentali collane di classici pubblicate in Francia e in Italia. In Romania è conosciuto non solo come autore di due importanti volumi sul pensiero di Giordano Bruno, ma anche come co-direttore della collana bilingue di classici italiani «Biblioteca Italiana» della casa editrice Humanitas.

L’attesa edizione romena è apparsa di recente presso la piccola e raffinata casa editrice romena Spandugino, in una veste grafica eccezionale che reca in copertina un celebre quadro rinascimentale che coglie l’essenza stessa del libro, cioè il giusto equilibrio fra l’utile e l’inutile. Perché la militanza dell’autore per quella conoscenza che ci distingue dai «bruti» (per usare il termine dantesco del canto di Ulisse), il suo appello a ritornare continuamente ai classici perché sono essi che ce la insegnano, non pecca di ingenuità: l’autore sa bene che lo studio disinteressato, libero da scopi materiali immediati, raramente si fa a pancia vuota. Testimone ne è, in appendice al volume, il saggio di Abraham Flexner intitolato L’utilità della conoscenza inutile. Celebre pedagogo americano della prima metà del Novecento, Flexner è fra l’altro uno dei fondatori dell’Istituto di Studi Avanzati di Princeton, quell’istituto che, basato su un generoso finanziamento da parte degli specialisti dell’«utile», offre a un gruppo eccelso di menti illuminate la totale libertà di ricerca, senza chiedere loro nessun risultato pratico / utile. Dunque nel manifesto la critica dell’incuranza dell’«inutile» di cui dà prova l’insegnamento universitario attuale si abbina in un appello non tanto velato a una ripartizione dei finanziamenti pubblici più equa e più saggia, che assicuri anche la crescita spirituale e morale della società.  

A mo’ di conclusione voglio spiegare perché la tarda pubblicazione in romeno potrebbe rappresentare un vantaggio. I sette anni trascorsi dalla prima edizione del libro (pubblicato in francese nel 2013 presso Les Belles Lettres di Parigi) e soprattutto la recente e completamente nuova crisi mondiale prodotta dal coronavirus hanno portato a galla altri temi, giganteschi e urgenti: la salute, le pericolose trasformazioni ecologiche, i cambiamenti profondi e imprevedibili prodotti dall’informatizzazione e dall’ingegneria genetica ecc. In questo contesto, l’umanità è tentata di dimenticare il tema essenziale e perpetuo della formazione dell’uomo e delle generazioni che questi nuovi problemi dovranno affrontare. Ora il libro di Nuccio Ordine viene proprio per ricordarci, qui e ora, questa necessità, fondamentale e permanente, dell’umanità se vuole continuare a definirsi tale.    








Smaranda Bratu Elian
(n. 11, novembre 2020, anno X)