Roberta Moretti, «Il sacro, la conoscenza e la morte. Le molte latitudini di Ioan Petru Culianu»

Segnaliamo la recente pubblicazione della corposa monografia di Roberta Moretti dedicata a Il sacro, la conoscenza e la morte. Le molte latitudini di Ioan Petru Culianu (Iaşi 1950 – Chicago 1991), Il Cerchio, Rimini 2019, pp. 275.

Un «cadavere squisito»

Chicago 1991, 1:00 PM o poco più. Nei corridoi affollati della Divinity School, prestigiosa Università americana per lo studio delle religioni, riecheggia un suono corto, sordo, agghiacciante. Qualcuno sospetta provenga dai bagni. I primi ad accorrervi sono colpiti dallo spettacolo raccapricciante di un corpo senza vita, riverso sul pavimento in una pozza di sangue. Il cadavere, che presenta al cranio una ferita da arma da fuoco di piccolo calibro, è tutt’altro che anonimo. Esso, anzi, è «squisito» [1]. Appartiene a Ioan Petru Culianu, brillante intellettuale di origini romene, nonché stimato professore della stessa Università.
Il lettore, all’oscuro della cronaca, potrebbe immaginare si tratti della trama di uno di quei racconti enigmatici firmati dallo stesso professore, come Sul linguaggio della creazione, in cui una scatola misteriosa miete le vite dei suoi possessori, o del suo romanzo The Emerald Game, ambientato nella Firenze del 1494, dove un crimine è compiuto seguendo le sequenze astrologiche legate alla Primavera del Botticelli.
Ebbene, delle volte la realtà sorprende quanto o più dell’immaginazione. Forse perché, come aveva intuito il promettente studioso, entrambe sono intessute della stessa stoffa.
Per quanto risulti indelicato, riesce difficile restituire la personalità e il pensiero di Culianu senza partire dal suo tragico epilogo. Ciò perché quanto accaduto al giovane ricercatore ha finito per influire non solo sulla sua dimensione pratica – un uomo stroncato alla sua acme, promesso sposo di una giovane arabista americana – ma anche su quella teoretica. L’omicidio, infatti, ha messo a tacere la mente scintillante di un pensatore che tante e nuove sfide stava lanciando alla comunità scientifica, lasciando in eredità all’interprete le poche tracce di una mappa che fa sperare in tesori rari.
Dall’ultimo drammatico atto parte la stessa Roberta Moretti nel suo recente Il sacro, la conoscenza e la morte. Le molte latitudini di Ioan Petru Culianu (Iaşi 1950 – Chicago 1991). La monografia si pone a sugello di un lungo periodo di studi sulla vita e l’opera dello storico delle religioni romeno. Il suo incontro con l’autore avviene durante gli anni della formazione universitaria, quando si laurea in Estetica sotto la supervisione della Prof.ssa Grazia Marchianò con una tesi dal titolo Le molte latitudini di Ioan Petru Culianu 1950-1991 (a.a. 1998-99). A questa seguono diversi articoli sulla produzione scientifica dello studioso – Culianu e l’approccio cognitivo nella storia delle religioni (2015), Magic as a Science of Imagination in the Work of Ioan P. Culianu 1950-1991 (2017) – e narrativa – Ioan P. Culianu e il valore conoscitivo dell’immaginazione letteraria (2010) – maturati durante importanti periodi di studio all’estero. Dopo la laurea, infatti, Moretti prosegue le sue ricerche dapprima come Senior Fellow presso il Center for the Study of World Religions (CSWR) della Harvard Divinity School (USA) e, successivamente, in Romania presso l’Università AL. I Cuza di Iaşi, città natale di Culianu.
All’autrice si deve, inoltre, la traduzione dall’inglese degli ultimi racconti di Culianu – Il rotolo diafano e gli ultimi racconti (Elliot 2010) – un’iniziativa rilevante che ha contribuito ad ampliare il catalogo in lingua italiana dei libri dello scrittore. Nello Stivale, infatti, non si dispone ancora della sua opera completa.  
A quest’ultimo proposito, se si pongono a sistema i casi editoriali dell’Italia e della Romania, si registrano curve ad andamento contrario: all’impennarsi dell’una, decresce vorticosamente l’altra. Nel primo caso, infatti, l’interesse per i lavori dello studioso – tradotti e pubblicati nel corso degli anni ’80 – sembra raffreddarsi con la sua morte; mentre in Romania, dove fino alla caduta di Ceauşescu (1989) vige una severa censura intellettuale, si dispone oggi dell’opera completa dello studioso grazie ad un sapiente progetto editoriale avviato dalla sorella Tereza Culianu-Petrescu presso la prestigiosa casa editrice romena Polirom.
Che in Italia, ancora oggi, le ricerche di Culianu non riscuotano particolare successo, lo dimostra un ulteriore dato. Il libro di Moretti, nel suo tentativo di ricostruzione unitaria dell’opera del pensatore, vanta un solo antecedente: l’elegante monografia di E. Zolla, Ioan Petru Culianu 1950-1991 (Tallone 1994).
Ciò nonostante, il lettore italiano dispone di due ulteriori ausili per approfondire le vicende biografiche, e in parte intellettuali, dello storico romeno. Il primo è il corposo lavoro di T. Anton, Eros, Magia e l’omicidio del professor Culianu (Settimo Sigillo 2007), tradotto da M. De Martino; il secondo, più suggestivo ma meno attendibile sul versante storico-filologico, è la biografia romanzata di C. Gatti, Il presagio. Un thriller esoterico (Rizzoli 1996).

Struttura dell’opera

La monografia in esame si compone di tre parti. Nella prima si ricostruisce il percorso biografico e intellettuale dello studioso. Di esso si individuano tre fasi principali: 1) Nella Romania di Ceauşescu (1950-1972) si delinea la formazione di Culianu, dai primi stimoli culturali maturati in famiglia (il ramo genealogico paterno annovera eminenti professori di fisica e matematica), al crescente interesse per il lavoro dello storico delle religioni romeno Mircea Eliade, quindi la laurea presso l’Università di Bucarest con una tesi su Marsilio Ficino 1433-1499 e il Platonismo nel Rinascimento; 2) L’impatto con l’Occidente europeo (1972-1986). Questi anni coincidono perlopiù con il periodo olandese di Culianu che lo vede professore presso l’Università di Groningen. A questa fase risalgono, inoltre, l’amicizia con Eliade, il conseguimento del prestigioso Doctorat D’Etat alla Sorbona, nonché la pubblicazione di importanti opere sul Rinascimento e la Gnosi; 3) Alla Divinity School di Chicago (1986-1991). Gli ultimi anni di Culianu si svolgono soprattutto oltreoceano, dove viene assunto dalla prestigiosa Università di Chicago in qualità di visiting Professor nell’ambito della storia delle religioni. Qui, lo studioso assiste Eliade (fondatore del dipartimento di Storia delle Religioni della prestigiosa Università americana) nei suoi ultimi giorni di vita, avvia nuove e interessanti ricerche sul rapporto tra religione e scienza e fonda la rivista Incognita; 4) Gli ultimi anni e l’Italia. Il rapporto di Culianu con l’Italia merita per l’autrice un capitolo a parte. Secondo la ricostruzione fornitaci, lo studioso romeno non recide mai i legami con la Penisola e vi torna spesso, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita. Ciò nonostante, il confronto con essa non è sempre florido. Trasferitosi nel 1973 grazie ad una borsa di studio, Culianu si laurea per la seconda volta presso l’Università Cattolica di Milano con il Prof. Ugo Bianchi che, impressionato dalle doti del giovane, decide di iniziarlo al complesso studio dei miti gnostici. Tuttavia, quella stessa Italia che lo vede stimato da colleghi e professori, diviene per il giovane ricercatore teatro di dolorose esperienze, come la permanenza nei campi profughi di Trieste e Latina e il tentato suicidio.
Nella seconda parte dell’opera si delinea il percorso intellettuale dell’autore. Tre, principalmente, sono i temi analizzati: i miti gnostici (cap. 2); la magia (capp. 3, 4 e 5); lo statuto della storia e della cultura alla luce delle nuove acquisizioni provenienti dalle scienze positive (cap. 6).
Allo studio dei miti gnostici Culianu dedica tredici lunghi anni della propria vita, esaminando una quantità sorprendente di testimonianze e ponendo sempre nuove poste in gioco sul piano epistemologico. L’autrice ne ricostruisce gli sviluppi a partire dalle ultime acquisizioni metodologiche dello studioso. Così, dall’elaborazione della categoria dei dualismi occidentali, nata mettendo in relazione la struttura dualistica dei miti gnostici con quella bicamerale dei due emisferi del cervello, si risale ai primi studi a carattere storico-religioso. Lo storico romeno, infatti, passa dall’adozione di una metodologia propriamente storico-religiosa e filologica, consistente nel lavoro di catalogazione dei miti e nella ricerca delle loro origini geografico-culturali, alla scoperta dell’esistenza di un dispositivo umano, a-storico e universale (in quanto proprio alla mente), che porta a concepire, attraverso un numero potenzialmente infinito di combinazioni, questo tipo di narrazioni.
Anche il tema del magico è affrontato a partire dalla prospettiva dell’ultimo Culianu. Tra i progetti incompiuti dello storico cognitivo vi è quello di una enciclopedia della magia in più volumi sul modello della History of Magic di Thorndike (sebbene Culianu ne prenda le distanze sul piano metodologico). A partire da questo ambizioso lavoro, nonché dalle ultime intuizioni presentate nella rivista Incognita, si risale alle prime indagini sulla magia spirituale e l’apparato penumatico esposte in Eros e magia nel Rinascimento, ritenuta l’opera della maturità dello storico romeno.
L’ultimo capitolo della seconda sezione è dedicato alla ridefinizione del fenomeno storico, idea a cui Culianu lavora incessantemente prima della sua dipartita. Questo tema rappresenta forse la più grande provocazione lasciata in eredità dallo storico cognitivo. Stando alle sue ultime ricerche, infatti, gli eventi storici non sarebbero nient’altro che sistemi logici, sincronici e mentali. In altre parole, essi avrebbero la natura di dati che sono sottoposti a regole logiche, che hanno uno sviluppo tutt’altro che diacronico e che sono attivati dalla mente. Senza quest’ultima, quindi, non si riuscirebbero a pensare, ossia non esisterebbero, poiché, nella prospettiva dello studioso, la realtà dipenderebbe dallo stretto rapporto di interdipendenza tra Io e Mondo. Per l’ultimo Culianu, dunque, anche la storia è una questione mentale. Secondo questi, infatti, essa avrebbe luogo in una quarta dimensione – concetto introdotto da More e sviluppato da autori come Hinton, Abbot e Borges – dove passato e futuro sono riassorbiti in un eterno presente. Gli eventi storici, allora, risulterebbero diacronici solo in una dimensione immaginifica, ossia quando la mente – più precisamente la coscienza diurna o l’emisfero sinistro del cervello (razionale e individuale), per usare rispettivamente le espressioni di Eliade e della neuroscienza – se li rappresenta sotto tale forma. Ciò che si opporrebbe ad una corretta comprensione del fenomeno storico, allora, sarebbe un vizio di interpretazione. E per forzare il lettore a pensare secondo una prospettiva quadridimensionale, lo studioso ricorre alla narrativa, produzione umana più affine alla parte notturna o all’emisfero destro del cervello.
La terza parte dell’opera, infatti, è dedicata all’analisi della produzione narrativa di Culianu che, come sottolinea Moretti, rappresenta per lo studioso «un’attività costante e parallela a quella scientifica» (p. 141). Dopo aver documentato la filiazione di Culianu da Eliade anche sul piano della scrittura creativa (sebbene il primo si limiti a riprendere dal maestro solo la metodologia, presentando invece temi e forme espressive differenti) l’autrice ne esamina due racconti: Il pentimento tardivo di Horemheb e Sul linguaggio della creazione, mettendo in luce lo stretto legame esistente tra questi e la produzione scientifica dello studioso. Secondo Moretti, infatti, simili racconti assolverebbero la stessa funzione degli ottantuno cubi colorati progettati da Hinton per abituare la mente a pensare in chiave quadridimensionale.
Conclude la monografia un’appendice che riporta il testo inedito di una conferenza dal titolo La sacralità femminile, tenuta da Culianu nella Biblioteca Comunale di Arezzo (1989). In essa lo studioso cerca di rinvenire le origini sacrali di un celebre accessorio femminile: il tacco.

Analisi critica. «Una prima analisi sul pensiero dello studioso romeno»

La monografia di Moretti ha più di un merito. Innanzitutto, pur presentandosi come «una prima analisi sul pensiero dello studioso romeno» (p. 15), risulta abbastanza esaustiva nella ricostruzione della biografia intellettuale, dei contenuti delle opere e del percorso speculativo dello storico di Iaşi. Essa, inoltre, si mostra agile alla lettura e fresca nelle analisi. In più di un luogo, infatti, l’autrice mette in risalto le implicazioni che le ricerche dello studioso hanno avuto, e possono ancora avere, sul contemporaneo. Per fare qualche esempio, si consideri l’accento posto da Moretti sulle differenze tra Gnosi e nichilismo post-moderno, nonché, sulla comunanza di intenti della magia e della tecnica. Va rilevata, inoltre, una costante attenzione da parte dell’autrice per la dimensione pratica delle arti sapienziali. In tal senso, si prendano in considerazione le pagine dedicate alla meditazione come forza trasformatrice dell’individuo nella Gnosi (p. 54) e nella magia spirituale (p. 100).
Nonostante ciò, si sente il bisogno di avanzare alcune osservazioni sui capitoli dedicati alla magia. A tal proposito, risulta illuminante la lettura di Iocari Serio, opera incompleta del giovane studioso, da poco disponibile in lingua italiana con una ricca postfazione firmata da H.-R. Patapievici (2017).
Sebbene l’autrice citi a più riprese Iocari Serio, sembra non considerare fino in fondo gli importanti guadagni che esso apporta ai fini di una rilettura del pensiero di Culianu. Moretti, infatti, pare interpretare il tema del magico a partire principalmente dalla chiave di lettura esposta in Eros e magia nel Rinascimento, operazione che, nonostante tutto, conduce con cura chirurgica e competenza straordinaria.  
È un dato di fatto che Eros e magia presenti in forma matura le ricerche sulla scienza magica condotte fino a quel momento dallo studioso. Tuttavia, è doveroso riconoscere che in esso Culianu adotta una metodologia nuova, assente in Iocari serio e che, per giunta, deciderà di abbandonare nei suoi lavori successivi. In altre parole, in Eros e magia lo studioso fa risalire la nascita della scienza moderna ad un mutamento storico, ossia alla castrazione dell’immaginario rinascimentale imposta dai fenomeni della Riforma protestante prima e della Controriforma dopo. Una simile prospettiva storico-evolutiva, come anticipato, è però ben presto sostituita dal modello cognitivo-dualistico (per cui le narrazioni sono spiegabili a partire dalla struttura bicamerale della mente) e, successivamente, dalla visione sincronica della storia.
Ebbene, dalla lettura di Iocari Serio emerge come una simile prospettiva metodologica, incentrata sui meccanismi della mente, sia già alla base delle prime speculazioni di Culianu in materia di magia. In quest’opera, infatti, l’autore pone interrogativi e fornisce risposte che si riaffacceranno nella sua produzione successiva.
A tal proposito, una domanda colpisce particolarmente per la sua prossimità al problema centrale della Critica della ragion pura di Kant, ossia scrostare la metafisica dalle scorie del dogmatismo per conferirle dignità di scienza. A tal fine, il filosofo tedesco, indagava le possibilità e i limiti della ragione. Traslando il problema dal campo dell’ontologia a quello della magia, il giovane studioso si chiede come debba essere articolato l’apparato cognitivo umano (ossia il soggetto trascendentale) affinché la magia non risulti una superstizione, ma possa essere ricompresa nell’ambito delle scienze. Come nota lo stesso Patapievici, in questa prima fase della sua produzione, Culianu ritiene che il cambiamento di paradigma storico che porta alla nascita della scienza cartesiano-newtoniana sia spiegabile alla luce della trasformazione delle possibilità del soggetto trascendentale. Quindi, dal momento che la costante dell’opera di Culianu sembra consistere nella spiegazione del mondo e della storia attraverso i processi mentali del soggetto conoscitore, Eros e magia nel Rinascimento finisce per risultare una tappa anomala, ma non per questo meno importante, nell’arco della più omogenea produzione scientifica dell’autore.           
In ultima istanza, si potrebbe rilevare l’assenza di un approfondimento delle opere di Culianu ancora inedite in Italia e disponibili in lingua romena. Un simile appunto, però, non è da considerarsi motivo di biasimo – Moretti dimostra di sapersi misurare in maniera encomiabile con più di una lingua straniera – quanto un invito agli studiosi e alle case editrici della Penisola a riacquistare curiosità per il lavoro di Culianu affinché, attraverso nuove traduzioni, il catalogo delle sue opere possa arricchirsi e, finalmente, completarsi.
Per il momento, questa ricca monografia rappresenta senza dubbio una rampa di lancio imprescindibile per chi voglia sorvolare, in un solo viaggio a bassa quota, le molte latitudini di Ioan Petru Culianu.


Stefano Daniele
(n. 9, settembre 2019, anno IX)


NOTA

[1] The Exquisite Corpse è il nome della rivista su cui sarà pubblicato Sul linguaggio della creazione, un enigmatico racconto di Culianu che, per certi versi, allude sorprendentemente all’omicidio del suo autore.