A Venezia, la mostra «Corpi moderni. La costruzione del corpo nella Venezia del Rinascimento»

Le Gallerie dell’Accademia di Venezia ospitano dal 4 aprile al 27 luglio 2025 la grande mostra Corpi moderni. La costruzione del corpo nella Venezia del Rinascimento. Leonardo, Michelangelo, Dürer, Giorgione. La mostra è promossa e organizzata dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia e da Marsilio Arte, con il contributo della Regione del Veneto e il sostegno dell'Associazione dei Comitati Privati Internazionali per la Salvaguardia di Venezia, tramite la quale hanno contribuito: Scuola Piccola Zattere, Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, Venetian Heritage, Save Venice, Comitato Austriaco Venedig LebtAssociazione Amici dei Musei e Monumenti Veneziani. In occasione dell’esposizione è stato pubblicato il catalogo da Marsilio Arte, curato da Giulio Manieri Elia, Guido Beltramini e Francesca Borgo. Corpi moderni dimostra una Venezia del Rinascimento tra arte, scienza e cultura, esplora il modo in cui, per la prima volta, il corpo è stato concepito quale campo della ricerca scientifica, ma anche oggetto di desiderio e modo dell’espressione del sé. Il Rinascimento segna un punto di svolta in cui il corpo non è più solo una realtà biologica, ma una costruzione culturale, un oggetto studiato dall’anatomia e dall’arte in una Venezia meno oppressiva e più lontana dall’Inquisizione.
Perché è così importante nella mostra dell’Accademia? Innanzitutto la presenza del disegno emblematico dell’umanesimo, quello che tutti noi abbiamo visto in un manuale scolastico o inciso sulle monete da un euro – l’Uomo vitruviano di Leonardo, disegno che fa parte del patrimonio delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e che, dopo la chiusura della mostra, andrà in camera oscura per 15 anni per poter essere preservato dall’esposizione dei raggi solari. Con altre parole ci vorrà quasi un’altra generazione per poter rivedere «dal vivo» il famoso disegno di Leonardo Da Vinci. Il disegno ha per titolo Studio proporzionale di corpo maschile ed è del 1498, realizzato in punta d’argento, penna e inchiostro, inchiostro diluito su carta, dalle dimensioni contenute – 345 x 246 mm, conservato a Venezia, alle Gallerie dell'Accademia, con il numero d’ inventario 228r.
Nella mostra sono esposti anche altri disegni preziosissimi come la Sibila libica di Michelangelo. Gli intenditori dell’arte michelangiolesca sanno che il Maestro non ha lasciato tanti disegni perché sembra che avesse la mania dell’opera finita e distruggeva lui stesso le tappe, cioè i disegni. I pochi disegni superstiti arrivati fino a noi si trovano soprattutto in tre posti: all’estero nel Metropolitan Museum of Art, nella Collezione Windsor della Corona inglese e in Italia nella Casa Buonarroti a Firenze. Sono veri capolavori del disegno strappati allo scultore, nascosti o derubati dalla cerchia di Michelangelo. Nella mostra è presente proprio il capolavoro conservato negli Stati Uniti d’America, Studi per la Sibilla libica, del 1510-11 circa, in pietra rossa e tocchi di gessetto bianco su carta, 289 x 214 mm, conservato con il numero d’inventario 24.197.2.
Si aggiunge il primo autoritratto nudo della storia dell’arte, quello di Albrecht Dürer e il disegno della dissezione del corpo di una donna, opera di Leonardo del 1507-1509. Tutto è incentrato sul corpo umano che diventa il punto della ricerca e dell’interesse culturale e scientifico nell’Umanesimo per l’appunto e del Rinascimento che ne consegue.
Il percorso è suddiviso in tre grandi tappe. La prima – Il corpo svelato: conoscere, approfondisce la scoperta del corpo umano come oggetto di studio scientifico e medico, che trova a Padova e Venezia due centri di rilevanza europea. A Padova, a Palazzo Bo c’è il Teatro anatomico, la più antica sala di dissezioni, vitali per lo studio della medicina. Oggi la facoltà di medicina patavina è tra le più rinomate, ma alla base ci fu quell’attenzione verso il corpo umano agli albori della disciplina, in pieno Rinascimento. Per difendersi dall’Inquisizione che vietava come è noto la dissezione del corpo umano, il tavolo era girevole per servire all’occorrenza e far comparire un corpo di un animale e il cadavere, che si trovava dall’altra parte, fatto scivolare nel canale che una volta attraversava la Riviera dei Romani dove c’è il ponte, per l’appunto, dell’età dell’Impero romano. Nella mostra veneziana, l’Uomo vitruviano di Leonardo è esposto per la prima volta accostato a un rilievo metrologico greco antico, facendoci riflettere sul concetto di «misura» e di «ideale», che ha origini antichissime.
La seconda sezione, Il corpo nudo: desiderare, analizza la rappresentazione del corpo come oggetto di sguardo e di desiderio. Da una parte, il corpo nudo femminile, raffigurato, secondo l’invenzione tipica del Rinascimento e che avrà fortuna fino ai giorni nostri, dalla Venere sdraiata e adagiata sul paesaggio. Dall’altra, il corpo maschile sofferente e sublime delle statue dei santi e degli eroi biblici, ritratti all’antica. Una licenziosa superficie curva specchiante che avvolge una delle statue fa da lente d’ingrandimento, nonché da oggetto intrigante per i bambini che entrano nella mostra, come nel mio caso che l’ho visitata in compagnia di un’amica e delle sue due figlie.
Qui sono presenti quadri famosi come La Tempesta di Giorgione e la sua misteriosa donna – Madonna che allatta sotto gli sguardi di un soldato e sotto un cielo attraversato dai fulmini intorno alle mura della città di Padova, come si intuisce dal simbolo del carro visibile su una delle porte. Il corpo che procura desiderio del piacere nonché gli eredi, il futuro. Corpo messo in scena da oggetti di ambito domestico: cassoni, deschi da parto, da splendidi ritratti di giovani donne. Il meraviglioso quadro di Tiziano Gli amanti dalla collezione reale inglese di Windsor mostra il gesto dell’uomo che accarezza il seno scoperto dell’amante. Da poco questo bellissimo gesto è stato interpretato come un atto che indica allo spettatore il legame di matrimonio tra i due protagonisti. Per i più raffinati collezionisti d’arte, i bibliofili, è presente nella mostra anche l’unica copia al mondo dei Sonetti lussuriosi di Pietro Aretino proveniente da una collezione privata. Si aggiunge una splendida cuffia da donna, unico esemplare di cappello femminile cinquecentesco in arrivo dal Metropolitan Museum of Art di New York. 
La terza e ultima sezione, Il corpo costruito: rappresentarsi, illustra il corpo come spazio di rappresentazione culturale. Vestiti, trattati di chirurgia, accessori di cosmesi e cura del corpo testimoniano la necessità dell’uomo e della donna rinascimentali di aderire ai modelli imposti dal tempo che si riflettono attraverso uno specifico inventario di simboli che indicavano il maschile e il femminile. Lo scrigno del XVI secolo funge da contenitore per make-up, col dentro il corredo di specchi e profumi, proveniente da una collezione privata.
Ma la mostra punta in avanti e indaga anche l’idea della riproduzione delle sembianze del corpo stesso, esponendo le armature e le protesi meccaniche utilizzate per la prima volta durante il Rinascimento per sostituire gli arti persi in guerra. Il corpo come stampo per le macchine. Il corpo come negativo di oggetti che sostituisco gli arti, il torace e che avevano funzioni da divisa militare protettiva – la corazza, da protesi nel caso che la guerra portasse con sé la sua parte.
Come afferma anche il direttore delle Gallerie dell’Accademia Giulio Manieri Elia nel catalogo edito da Marsilio Arte:
«l’esposizione affronta un tema di rilevante interesse: la svolta culturale, avvenuta in età di Rinascimento, che porta, attraverso uno sforzo di conoscenza e una crescita di consapevolezza, a una nuova considerazione del corpo – da qui il titolo –, che è poi quella che oggi ci appartiene. Inoltre, […] le Gallerie dell’Accademia sono il luogo deputato per un’esposizione dedicata a questo tema, in virtù del contributo fondamentale che Padova e Venezia hanno offerto a questo significativo passaggio culturale. La prima, nell’ambito della ricerca anatomica e scientifica, rappresentata da figure come Andrea Vesalio, e la seconda, nel campo della produzione editoriale e soprattutto della creazione artistica introducendo nuove iconografie che hanno esplorato le potenzialità espressive proprie alla seduzione del corpo, indagando strade di coinvolgimento emotivo del riguardante.»
Trasformare il corpo in figura umana fa interrogare gli artisti in primis e la società dopo, sul tema della bellezza.  La realtà del corpo disegnato da Dürer è scelta come una variazione sul tema. Spiega ancora Francesca Borgo:
«È però soprattutto dal corpo – quello vero, della vita, che si osserva empiricamente e si misura – che Dürer pensa di poter ricavare la formula perduta. La bellezza del corpo, scrive, va cercata nelle persone, tra la folla, nella moltitudine: «io ritengo che la corretta forma e bellezza siano comprese nell’insieme di tutte le persone […]. Chi è in grado di estrarre (herausziehen) questa essenza lo seguirò più di colui che vuole inventare una nuova misura, della quale gli uomini non hanno mai fatto parte». Nel cosiddetto excursus estetico, un lungo testo teorico redatto tra il 1512 e il 1515 e poi aggiunto alla fine del terzo dei Quattro libri sulle proporzioni umane, Dürer riformula la teoria delle proporzioni non come canone, ma come metodo di indagine, utile a rendere conto di tutte le immaginabili variazioni del corpo. Sulla base di dati empirici, il trattato offre agli artisti una serie di termini della differenza (magro/grasso, morbido/robusto, forte/debole, bianco/nero) che servono a replicare artificialmente, in immagine, la varietà che è propria del corpo nella vita.
Abbandonata l’illusione di un canone proporzionale unitario, Dürer prende coscienza del fatto che non esiste una bellezza assoluta, ma molteplici forme di bellezza relativa.»

Guido Beltramini chiude la sua indagine sul tema del corpo con queste parole:
«[…] è evidente che disegno anatomico e disegno architettonico porgono, al momento della loro codificazione, problemi affini di descrizione analitica della morfologia esterna e della corrispondenza fra interno ed esterno. La ricerca sviluppata da Piero e Leonardo è fatta propria da Bramante, che da quest’ultimo trae anche altri elementi per la propria attività di architetto, come l’uso della pietra rossa quale medium più duttile di penna e inchiostro per la progettazione d’architettura. Dal ‘laboratorio’ del cantiere di San Pietro impostato da Bramante emergono elementi cruciali per la definizione di un nuovo sistema di rappresentazione. In particolare Antonio da Sangallo, fra i pochi provenienti dalla pratica del cantiere anziché dalla bottega di un pittore, e quindi abituato a concepire il disegno come strumento di controllo della costruzione, sviluppa in modo sistematico il disegno secondo il ‘teorema dei tre modi’. Non è un caso se sarà Palladio, il quale condivide con Antonio la stessa formazione in cantiere, a trasferire in campo editoriale nuove modalità di rappresentazione, che ancora una volta ritrovano nella rappresentazione del corpo umano la propria origine.»
Come visitatrice ho avuto l’occasione di scoprire come il corpo del Rinascimento era non solo un oggetto bello, da rappresentare, ma anche un luogo attraversato da questioni che dominavano le scienze. I corpi moderni sono il frutto della natura e implicitamente dell’umanità, della sessualità e della riproduzione, della bellezza e dell’invecchiamento che tormentano l’umanità d’allora fino ad oggi. Mi viene in mente un frammento da Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello, dove il corpo rappresenta anche l’identità, ma che è a sua volta una maschera. L’identità vista come un corpo che proietta sulla terra impietosa la sua ombra.
«Io mi vidi escluso per sempre dalla vita, senza possibilità di rientrarvi. Con quel lutto nel cuore, con quell’esperienza fatta, me ne sarei andato via, ora, da quella casa, a cui mi ero già abituato, in cui avevo trovato un po’ di requie, in cui mi ero fatto quasi il nido; e di nuovo per le strade, senza meta, senza scopo, nel vuoto. La paura di ricader nei lacci della vita, mi avrebbe fatto tenere più lontano che mai dagli uomini, solo, solo, affatto solo, diffidente, ombroso; e il supplizio di Tantalo si sarebbe rinnovato per me. Uscii di casa, come un matto. Mi ritrovai dopo un pezzo per la via Flaminia, vicino a Ponte Molle. Che ero andato a far lì? Mi guardai attorno; poi gli occhi mi s’affisarono su l’ombra del mio corpo, e rimasi un tratto a contemplarla; infine alzai un piede rabbiosamente su essa. Ma io no, io non potevo calpestarla, l’ombra mia. Chi era più ombra di noi due? Io o lei? Due ombre!»
Il tema del disegno del corpo umano come punto focale di una mostra non è nuovo. A Londra, a Buckingham Palace, dal 4 maggio al 7 ottobre 2012 fu organizzata la più grande mostra mai dedicata ai disegni anatomici di Leonardo da Vinci. La mostra fu possibile perché Leonardo «era di casa»; molti dei disegni che Leonardo dedicò allo studio dell’anatomia umana e animale furono acquisite lungo il tempo dalla Royal Collection del Castello di Windsor.
La mostra Corpi umani è un monito verso il presente nel ricordare che il corpo è stato osservato e disegnato nella sua anatomia più viscerale già dal Rinascimento e che persino alcuni dei grandi artisti del ventesimo secolo hanno perfino debuttato con un’opera sul tema. Mi viene in mente, primo tra tutti, Constantin Brâncuşi e il suo Ecorşeu - Jupuitul, «Lo Spellato» come lo chiamava Brâncuşi con quella qualità della parlata dell’Oltenia che mescola il realismo con un pizzico di humor. Lo scultore lavorò gomito a gomito con il dottor Dimitrie Gerota e partecipò alle dissezioni per studiare la muscolatura sotto la diretta osservazione del grande medico. La scultura è del 1902 e si trova oggi all’Accademia di Belle Arti di Bucarest. Alte tre copie furono distribuite soltanto a Iași, Cluj e Craiova.
In conclusione possiamo affermare che la mostra Corpi moderni costituisce un viaggio nel disegno del corpo della prima età moderna, scalfendo un altro pregiudizio che dava per scontata l’attenzione al corpo umano soltanto alla nostra contemporaneità. Alla luce delle riflessioni proposte dai curatori della mostra veneziana appare ancora più chiaro il significato del titolo. Il corpo visto come un qualcosa che ci ossessiona se pensiamo all-odierna cura maniacale del corpo, allo sforzo di cambiare le «imperfezioni» che derogano dallo standard attuale della bellezza, alla «fortuna» della chirurgia estetica. Un corpo che cambia in base agli standard della società che, a sua volta, viene influenzata dall’immagine che viene proposta dall’arte del momento.

Per informazioni approfondite contattate il link: www.gallerieaccademia.it 



Liana Corina Țucu

(n. 6, giugno 2025 anno XV)