Gioielli e pietre preziose: in mostra a Bucarest la collezione del Museo Nazionale di Arte

Lo scorso 28 giugno, presso il Museo Nazionale di Arte della Romania a Bucarest è stata inaugurata la mostra «Metamorfosi. Cammei, gemme e gioielli della collezione del Museo Nazionale di Arte della Romania» [Metamorfoze. Camee, geme și bijuterii din colecția Muzeului Național de Artă al României], curata da Carmen Tănăsoiu, che resterà aperta fino al 30 settembre.
Questa esposizione temporanea offre l’occasione per ammirare un ricco corpus di opere, in gran parte inedite, finora conservato nei depositi e raramente esposto: sono infatti riunite ed esposte circa 120 opere rappresentative della cospicua collezione conservata presso la sezione di Arte Medievale Romena e la sezione di Arti Decorative dello stesso museo, seconda per ampiezza solamente a quella dell’Accademia Romena. La collezione è principalmente costituita da anelli, ma anche bracciali e orecchini, decorati con gemme intagliate, cammei e pietre preziose di diverse epoche. Altri gioielli simili sono invece esposti in permanenza nelle sale del Museo e – per non alterare l’assetto espositivo delle sale – si è preferito lasciarli nella loro abituale collocazione. Il nucleo centrale da cui ha avuto origine questa collezione – per la maggior parte anelli con gemme e cammei – proviene dalla Collezione del colonnello Dimitrie Papazoglu (1811-1892), archeologo per vocazione, cartografo, collezionista, figura di rilievo dell’élite intellettuale della Romania dell’Ottocento e padre fondatore della moderna museologia romena.

Come evidente dal titolo dell’esposizione, l’idea sottesa a questo progetto si inscrive nella lunga tradizione del tema delle metamorfosi, qui declinato secondo tre accezioni. La prima, più evidente, si lega all’immaginario rinascimentale delle trasformazioni della materia: grazie all’intervento creatore dell’artista, le pietre e le rocce subiscono una trasformazione metamorfica dal proprio stato grezzo a gioiello, venendo modificate non solo nell’aspetto, ma anche nella funzione e nel significato. La seconda metamorfosi avviene invece nel tempo: a partire soprattutto dalla seconda metà del Settecento, il rinnovato gusto per l’Antichità fa sì che pietre antiche e cammei vengano spesso riadattati in montature moderne, trasferendo la loro aura – derivata dalla loro antichità – sul nuovo gioiello e quindi sul nuovo proprietario, nel momento in cui questi lo possiede, lo custodisce e, soprattutto, lo indossa. La terza trasformazione si lega invece specificatamente a una delle tipologie degli oggetti in mostra, i sigilli, i quali mostrano la propria natura figurale tramite l’opposizione binaria positivo-negativo, concavo-convesso, grazie alla quale un’immagine realizzata tramite l’eliminazione della materia si rivela a rilievo una volta impresso il sigillo sulla ceralacca. Il tema dello specchio è declinato secondo molteplici rimandi anche per quanto riguarda il modo in cui tali oggetti sono esposti – con un piccolo specchio che ne permette di leggere l’iscrizione, ad esempio – ma anche, più in generale, per la sede espositiva in sine, la Sala degli Specchi, nel piano interrato dell’ala sinistra del Museo.

La mostra si sviluppa infatti attraverso tre sale, negli spazi del Palazzo Reale che originariamente ospitavano la piscina – il Museo è infatti ospitato in un edificio che fino al 1944 era il luogo di rappresentanza della famiglia reale, reso tuttavia inabitabile dai bombardamenti del 24 agosto, e passato al demanio statale dopo l’abdicazione del re Mihai e la proclamazione della Repubblica nel 1948.
La prima sala, il cui compito è introdurre il visitatore al tema della trasformazione e lavorazione delle pietre, ospita – disposti in due vetrine – una campionatura degli strumenti del gemmologo: si tratta di un corredo di strumenti dell’inizio del Novecento, messo a disposizione in occasione della mostra dal Centro Gemmologico Romeno di Timișoara, che ha collaborato al progetto. Nelle stesse vetrine sono anche esposti due interessanti documenti: si tratta di due licenze per l’esercizio della professione di gioielliere, rilasciate nel 1847 e redatte in lingua romena con caratteri cirillici.
Nella seconda sala è invece intessuto un dialogo ricco di spunti fra gli oggetti preziosi disposti in tre vetrine e una serie di ritratti che le affiancano, nei quali i ritrattati – esponenti della nobiltà locale – indossano oggetti simili a quelli esposti, permettendo di vedere che importanza avessero questi gioielli nella costruzione dell’immagine delle élite del XIX secolo.
Ai lati della terza sala, la maggiore nelle dimensioni, sono invece disposte grandi vetrine che riuniscono alcuni oggetti accumunati nella tematica o genere: cammei antichi con scene di caccia, cammei con divinità bicefale (classiche e indiane), gioielli con diamanti… Una vetrina ospita gioielli a tematica o con funzione religiosa: qui è esposta anche una pregiata croce arcivescovile dei primi del Settecento, decorata su entrambi i lati con pietre preziose e scene realizzate in smalto dipinto – da un lato una Crocifissione, dall’altro un santo cavaliere colto nell’atto di uccidere la personificazione del demonio.
Due pregevoli stipi tardo settecenteschi in legno nero, smalti dipinti e elementi in bronzo dorato – forse di provenienza francese – sono esposti nelle vetrine in fondo alla sala: uno, di piccole dimensioni, è interamente decorato con scene mitologiche, l’altro di dimensioni quasi monumentali presenta invece delle figure femminili intervallate da medaglioni con scene mitologiche, mentre alcune figurine a tutto tondo in bronzo dorato sono ospitate nelle nicchie sui lati.
Alcuni degli oggetti più preziosi o spettacolari beneficiano di una loro esibizione in solitaria o a coppie, in sfere di cristallo disposte su due file al centro della sala, attorno alle quali lo spettatore può spostarsi, ottenendo così una visione ravvicinata e a tutto tondo dell’oggetto – potendone apprezzare, in tal modo, sia le pietre che la montatura e le iscrizioni.

Questa mostra si lega al un progetto a lungo termine mirato a valorizzare l’ampio patrimonio del Museo Nazionale di Arte, che – ad oggi – è stato solo in parte esposto e, per la sua inaccessibilità, è stato finora oggetto di una limitata attenzione da parte degli studiosi. La collezione di gemme e gioielli ha, ad esempio, potuto beneficiare, in occasione della mostra Metamorfoze, di una serie di perizie svolte da un gemmologo della casa d’aste Artmark che hanno chiarito – per ognuno dei gioielli esposti – il tipo, la qualità e l’antichità delle pietre. Seguirà la pubblicazione di un catalogo.
Fra gli oggetti più inusuali e preziosi presenti nella mostra ci sono un anello con un cammeo di pietra lavica che effigia una figura maschile colta di profilo – si tratta forse di Francesco Petrarca, «poeta laureato» –, un anello con un granato almandino, un talismano ottomano di agata dello Yemen a forma di cuore.
L’oggetto forse più rappresentativo – e che per questo motivo è stato scelto come simbolo della mostra – è un anello realizzato presso un atelier austro-ungarico e databile al 1870-1880: su una montatura estremamente preziosa in oro bianco, giallo e rosso, ornata da pietre preziose fra cui diamanti rosa e smeraldi naturali, è montato un cammeo che rappresenta l’imperatore romano Marco Aurelio.


Anita Paolicchi
(luglio-agosto 2018, anno VIII)