Woman, All Too Woman: 35 artiste dell’Europa centro-orientale espongono 120 opere a Timisoara

Con la sua presa mascolina e possente, il 15 agosto scorso il Museo dell’Arte Timișoara, ha aperto le porte all’attesa mostra Woman, All Too Woman. Nel suo ben calibrato e simmetrico interno, 120 opere di 35 straordinarie artiste saranno ospitate fino al prossimo 15 ottobre. Il pubblico può così ammirare un insieme di opere – pittura, scultura, fotografia, installazione, oggetto – delle più importanti artiste provenienti da vari paesi europei, soprattutto dall’Europa Centrale e dell’Est:: Marina Abramović, Aura Bălănescu, Josѐpha Blanchet, Elena Bobi Dumitrescu, Alina Cioară, Andra Ciocoiu, Dana Constantin, Suzana Fântânariu, Andreea Hereșanu, Emilia Jagica, Aurora Kiraly, Adriana Lucaciu, Andreea Medar, Liliana Mercioiu Popa, Jelena Micic, Doina Mihăilescu, Silvia Moldovan, Ada Muntean, Ana Maria Negara, Simona Nuţiu Gradoux, Carmen Nicolau, Marilena Preda Sânc, Florica Prevenda, Kristina Rațiu Demuth, Axenia Roşca, Linda Saskia Menczel, Eva Maria Schartmüller, Diana Serghiuţă, Alina Ondine Slimovschi, Oana Stoian, Nada Stojici, Minodora Tulcan, Agnes Varnai, Simona Vilău, Victoria Zidaru. Curatore è Andreea Foanene
Dal ruolo passivo di oggetto di rappresentazione e fonte d'ispirazione a quello attivo di artista capace di esprimere con originalità, alla luce della propria particolare sensibilità, la donna assume il ruolo di assoluta protagonista. Un ottimo inappuntabile lavoro sulla psiche femminile e sulle sue «ossessioni» nascoste, una mostra incurante di trasgredire i dettami del codice artistico ufficiale, tesa a superare le barriere dell’ignoranza, del conformismo e dell’omologazione, su cui lo sguardo comune si è sempre astenuto a soffermarsi.
Focalizzato l’itinerario di lettura della mostra – un po’ come sintonizzare i canali di una radio – con prudenza mista a sospetto di chi sta attento a non essere sorpreso o danneggiato, tutto improvvisamente diventa talmente nitido da divenire invadente. Tempo-spazio è la distanza tra l’intenzione e l’effetto. Si esplorano esperienze spazio-temporali e i limiti della percezione attraverso un'immagine «altra» del mondo, dove ti trovi obbligato a dire ‘sì’ o ‘no’! Una ricerca spasmodica verso tutto ciò che nella sua educazione repressiva aveva rappresentato un divieto, volubile e indomabile il profilo di donna relegato per secoli al margine sinistro, emerge dal buio non curante minimamente dello sguardo e del giudizio dello spettatore. Questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società.
È una mostra davvero totalizzante e coinvolgente, che immerge il visitatore nel contesto artistico come il mondo che si apre all’esplorazione dei fotografi. Ma come si può descrivere questo grande tutto ciò che di fantastico essa ha, senza menzogne? L’effetto è esattamente come quello quando pensiamo a tanti ricordi, tutti nello stesso istante. Personaggi che guardano al di fuori del quadro, che sanno di essere osservati ma i loro occhi sembrano persi altrove, colorati uccelli ignari dell’ambiente ostile al quale sono relegati, ceppi dall’aria tronfia, i Reticulum (non altrimenti intesi per la loro forma di palloncino appiattito) come il prestomaco dei ruminanti, una parietale processione di scarafaggi in posizione defilata, estorcono il bieco sguardo allo spettatore. Uomini molestati, voluttà, intraprendenza e impeto trovano manifestazione visibile nei corpi androgini, eletti a ricettacolo di un’indole impulsiva, vibrante e tormentata. Un’Arianna innestata nel corpo del Minotauro, una mummia che mostra una specie di laringe sullo stomaco, zone sessuali esposte o deliberatamente coperte in una nota erotica tutt’altro che implicita. La video installazione sembra segnare il momento d’incontro fortemente emotivo fra l’artista e il visitatore. Una forza di attrazione primitiva che nasce dal riconoscimento dove Pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili. 
C’è sempre una differenza tra quel che vogliamo si sappia di noi e quello che non possiamo evitare si sappia di noi: l’arte è un’interpretazione di quel che non conosci, ma di cui vuoi convincere gli altri. 
Non siamo una «periferia dell’Europa», questa grande mostra lo ha dimostrato. Connoisseur, e di grande spessore, la curatrice della mostra, Andreea Foanene, ha saputo qualificare lo spazio nella circostanza, consapevole di rivolgersi a un pubblico dotto. Vincente la sua strategia, offre al visitatore il corredo necessario per fargli «leggere in filigrana» i lavori di questa preziosa mostra che è un sublime distillato dello scibile femminile.


Enrico Cannata



Adriana Lucaciu, installazione in situ Dana Constantin e Minodora Tulcan

Dana Constantin e Minodora Tulcan Installazione dell'artista Jelena Micic

Installazione Florica Prevenda e oggetto Victoria Zidaru Josepha Blanchet, foto

Opera video di Josepha Blanchet Marina Abramovic, video e installazione

Oana Stoian Simona Nutiu Gradoux, installazione in situ

Suzana Fantanariu, installazione in situ Victoria Zidaru, installazione in situ


Foto: Dana Moica

(ottobre 2018, anno VIII)