Alessio Arena: «Ho sempre inteso il mio lavoro come un servizio al nostro patrimonio culturale»

Alessio Arena, nato a Palermo nel 1996, è scrittore e studioso di spettacolo. Nel 2018 si è laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Palermo. Nel 2020 ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze storiche presso l’Università «La Sapienza» di Roma.
Dal 2021 è Visiting Professor di Discipline dello spettacolo presso l’Università Nazionale di Rosario. Ha insegnato presso l’Università di San Paolo (Brasile), l’Universidad Nacional del Litoral (Argentina), la Civica Scuola di Cinema «Luchino Visconti» di Milano e l’Universidad Autónoma de Entre Ríos (Argentina). 
Ha pubblicato, fino ad oggi, nove libri, tra cui cinque raccolte di poesie, due saggi e un testo teatrale. Alcune sue opere sono state tradotte in inglese, spagnolo e arabo. Ha ricevuto numerosi di premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale tra cui nel 2016 il I Premio Internazionale «Salvatore Quasimodo», nel 2018 il Premio «Virgilio Giordano» e il Premio «Italia Giovane» a Roma, nel 2019 il Premio Internazionale della World Poetry Conference in India. Nel 2020 ha ricevuto inoltre il Premio «Costa Normanna» della Fondazione Maison France-Italie e nel 2021 il Premio Internazionale Solunto.


Lei è poeta, autore teatrale, saggista e docente in ambito universitario di discipline dello spettacolo. Quanto coraggio occorre per saltare dal trampolino e aprirsi a una vita piena in cui far emergere con forza il proprio talento?

Il coraggio è sicuramente importante, ma ritengo che sia fondamentale un certo spirito di servizio. Credo che a ognuno di noi siano date non una, ma numerose occasioni per offrire il proprio contributo nell’ambito in cui si può essere più utili. Ho sempre inteso il mio lavoro, in ogni ambito, come il tentativo di offrire un servizio, nei limiti delle mie competenze, al nostro patrimonio culturale, sia come autore, sia come studioso, ricercatore e divulgatore.


In un tempo politico, sociale ed economico che grida l’impellente bisogno di tessere un dialogo con sé stessi, la conflittualità interiore può essere lenita dall’Arte, intesa nelle sue accezioni?

Certamente sì, ma l’Arte ci offre qualcosa di più di una consolazione. Se sostenuta da un’idea forte e consapevole, dalla ricerca e dalla consapevolezza di non dover cercare in essa risposte, ma domande per i grandi e piccoli quesiti del nostro tempo, l’Arte può essere lo strumento irrinunciabile di una rivoluzione gentile che faccia di ogni conflitto, interiore e sociale, un’occasione per costruire strutture, sovrastrutture, vere e proprie cattedrali incentrate sul dialogo e sulla certezza di dover agire, nei piccoli e nei grandi contesti, unicamente per costruire, mai per distruggere: aggiungere il proprio tassello al vasto mosaico della Storia.


Taluni reputano che la Letteratura non prescinda dal tempo per interpretare semplicemente lo spirito della Storia universale e che, ciononostante, essa sia congiunta alla finalità delle mode e a qualsivoglia ambito del gusto. Quali direzioni, mete o deviazioni vede attualmente caratterizzare il panorama letterario italiano e internazionale? Quali potrebbero essere il ruolo e la funzione della scrittura nel frangente storico che stiamo vivendo?

La letteratura oggi come ieri ci offre la possibilità di guardarci, anche solo un momento, dall’esterno, come se ci trovassimo di fronte a uno specchio. In tal modo, possiamo valutarci, metterci in discussione, oppure confermarci. In ogni caso, la letteratura è un’occasione unica per acquisire consapevolezza di sé, della propria traccia, del ruolo che ricopriamo e che potremmo ricoprire nel nostro angolo di mondo.


Oggi, in tantissimi scrivono romanzi e altrettanto numerosi sono i cosiddetti Premi letterari. In qual misura la produzione letteraria è pilotata dall’assecondare gusti e obiettivi di giurie al soldo del mercato?


Oggi, in particolare, molta letteratura, anche di valore, è fondata sulla valutazione preventiva del gusto del pubblico. Credo che non possiamo e non dobbiamo ridurre le nostre valutazioni critiche a un criterio di gusto, ma imporci uno sforzo in più, sia come autori o editori sia soprattutto come lettori.


La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto ad innovazione e rispetto della tradizione.
Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?

La letteratura è sempre stata realizzata da grandi autrici. Oggi, come in passato, pilastri della nostra letteratura mondiale sono donne, basti pensare, tra i numerosi nomi che meritano di essere menzionati, a quelli di Anne Carson, Annie Ernaux, Svjatlana Aleksjevič, Anna Nerkagi, Chimamanda Ngozi Adichie e, nel contesto specificamente italiano, a quelli di Dacia Maraini, Helena Janeczek, Lia Levi e Viola Di Grado.


Francesco De Sanctis scrisse che la letteratura di una nazione costituisce una
«sintesi organica dell’anima e del pensiero d’un popolo». Posto che la letteratura sia uno specchio della rispettiva società in un tempo definito e che varia di opera in opera, quali potrebbero essere il ruolo e la funzione della scrittura nel frangente storico che stiamo vivendo?

Nel frangente storico che stiamo vivendo la letteratura è chiamata, più che mai, a costruire ponti e strade a contribuire ad abbattere i numerosi muri ancora in piedi e a prevenire che ne vengano edificati altri dai potenti di turno. È necessario rimuovere ogni barriera sia fisica sia concettuale, ideale, metaforica, tra i corpi e le idee, tra i luoghi e le discipline. Noi autori possiamo dare un importante contributo per ricordare al momento che «la geografia non è destino» e che la conoscenza non conosce pareti.


La contemporaneità non contempla esclusivamente le opposizioni oralità/scrittura e poesia/prosa ma anche la possibilità di scelta tra
e-book/on line e cartaceo, tra letteratura cartacea e digitale. Quanto lo sguardo della critica è condizionato dal profumo della carta stampata o, viceversa, dalla comodità del digitale?

Credo che la critica saggia e consapevole si concentri unicamente sul testo, a prescindere dunque dal suo supporto. Il digitale offre numerosi strumenti utili dei quali dobbiamo tenere conto e certamente fare uso per facilitare e incoraggiare la diffusione delle opere letterarie e il dibattito che può derivarne. La carta stampata ha sempre il suo valore impareggiabile. Ritengo che i due supporti non si escludano a vicenda, ma, al contrario, si integrino, si completino. Abbiamo bisogno di entrambi e possiamo farne tesoro.


La letteratura romena si fregia di una robusta altresì varia produzione. Essa è costantemente tradotta in lingua italiana la rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» ne registra le pubblicazioni nel database Scrittori romeni in italiano: 1900-2023.
In che misura pensa sia conosciuta in Italia anche tra i non addetti ai lavori?

Ritengo che la letteratura rumena non sia conosciuta quanto meriterebbe tra gli addetti ai lavori in Italia. Si potrebbe porre rimedio a questa lacuna proponendo corsi universitari e percorsi di ricerca ad hoc, magari, come punto di partenza, comparando i grandi autori di questa tradizione con quelli italiani che tutti incontrano, almeno una volta nella vita, nei programmi scolastici. A tal proposito, la scuola potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale: organizzando iniziative culturali per gli studenti, invitando gli autori a dialogare con questi ultimi e proponendo approfondimenti nell’ambito dei corsi di letteratura.


Herta Müller, Ioana Pârvulescu, Mircea Eliade, Filip Florian, Max Blecher, Mircea Cărtărescu, Nora Iuga, sono autori che, trascendendo il tempo e lo spazio, hanno narrato la burrascosa storia della Romania.
Ebbene, le sono noti e ci sono scrittori romeni che hanno attirato la sua attenzione?    

Ho avuto il privilegio di incontrare, nelle mie letture, l’opera di autori romeni di grande valore, in particolare, tra quelli che ha citato, ricordo con piacere Max Blecher e Nora Iuga. Devo un omaggio particolare a Mircea Eliade che trovai illuminante. I suoi testi sulla religione sono stati centrali nei miei studi universitari alla Sapienza, guidato dal prof. Sergio Botta, grande storico delle religioni.


A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 2, marzo 2023, anno XIII)