Quando l’antropologia incontra l’arte. Intervista a Francesco Marano

Francesco Marano è antropologo, artista e film-maker. Professore Associato all’Università della Basilicata, si occupa principalmente di antropologia visuale, di teorie e metodi dell’etnografia, di rapporti fra arte e antropologia, di storie di vita e auto-etnografie. È autore di saggi, volumi e documentari etnografici premiati in festival internazionali, tra cui Camera etnografica. Storie e teorie di antropologia visuale (MIlano, Franco Angeli, 2007), Il film etnografico in Italia (Bari, Edizioni di Pagina), L'etnografo come artista. Intrecci fra antropologia e arte (Roma, CISU). Dirige la rivista «Visual Ethnography» e cura il sito web Visualanthropology.net.
Francesco Marano è legato alla città di Timişoara, dove ha presentato la mostra Casa e trasloco / Home and resettlement (curatore Maria Orosan-Telea), nell’ambito della terza edizione del Diplomatic Art 2017. Lo abbiamo intervistato
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Professor Marano, qual è la relazione tra antropologia e arte contemporanea, in prospettiva storica?

L’arte contemporanea e l’antropologia si sono incontrate all’inizio del secolo scorso, quando artisti come Picasso, Braque, Léger e altri si ispirarono agli artefatti tribali per creare le loro opere. In quel caso l’arte contemporanea e l’antropologia condivisero l’interesse per le società etnologiche, per l’esotismo, non i metodi. Ma a partire dagli anni Settanta alcuni artisti, stimolati dall’immagine dell’antropologia che i musei etnografici comunicavano, cominciarono a utilizzare l’archiviazione, la classificazione e la catalogazione come tecniche per la produzione di opere d’arte. Penso in particolare all’arte antropologica italiana e ad artisti come Antonio Paradiso, Claudio Costa e Mario Cresci che focalizzarono il loro lavoro sulle culture tradizionali che in quel periodo stavano scomparendo a causa dell’industrializzazione, del consumismo e della nascente globalizzazione.
In tempi più recenti l’antropologia, che fino a quel momento aveva diffuso un’immagine di sé solo attraverso il museo etnologico, ha ispirato gli artisti per il suo metodo principale, quello dell’osservazione partecipante. Negli anni Novanta i temi della partecipazione e della relazione, che sia l’antropologia che l’arte contemporanea avevano cominciato a praticare da un paio di decenni sono diventati una zona di scambio e di sovrapposizione fra le due pratiche.
Sul versante dell’antropologia, con il riconoscimento del ruolo della soggettività dell’antropologo nell’interpretazione e con l’accettazione di altri metodi di rappresentazione oltre la scrittura (il film etnografico e l’etnofotografia), alcuni antropologi hanno cominciato a utilizzare i linguaggi dell’arte per produrre rappresentazioni etnografiche nelle quali i mondi sensoriali delle culture e la relazione fra l’antropologo e i nativi riuscivano ad essere espressi in modi più densi e suggestivi capaci di comunicare anche ad un pubblico di non-antropologi. Sul versante dell’arte contemporanea, invece, l’interesse per la partecipazione, la relazione e il desiderio di utilizzare l’arte per modificare i contesti sociali, hanno condotto gli artisti a diventare un po’ etnografi e osservatori partecipanti.

L'arte per lei non è solo oggetto di studio ma anche pratica personale. Cosa ispira i suoi progetti artistici e quando un’idea ha la potenzialità di diventare un’opera d’arte?

Non progetto soltanto con la mente. Anche se ho un’idea, questa cambia continuamente mentre lavoro ad un disegno o a un video. Sento il mio corpo come un canale attraversato da esperienze, idee, oggetti, immagini, sogni. La maggior parte delle immagini oggi le riceviamo dalla televisione, da internet. Anche queste mi attraversano. Mi sento come un canale di trasformazione. Le cose entrano dentro di me e poi escono trasformate nell’opera. Sicuramente esse allo stesso tempo mi modificano. Ma non saprei dire come. Nel caso della mostra etno-artistica Per Salsa Ricevuta, che ho esposto a Matera, Plovdiv e Timişoara, essa è cominciata con una ricerca antropologica sui significati della pratica di spedire pacchi di cibo da parte dei genitori ai figli studenti fuorisede. Una mostra non è come un libro, devi usare immagini, parole e suoni per evocare emozioni e sensazioni. I miei disegni inclusi nella mostra sono una interpretazione dei sentimenti che provano coloro che ricevono il pacco. Essi sono ispirati agli ex-voto, quelle tavolette dipinte che i devoti offrono al santo per ringraziarlo del miracolo ricevuto in occasione di un evento pericoloso per la loro vita.

Qual è il suo legame con Timişoara e in generale il Banato, quali luoghi di ispirazione per lei?

Timişoara e il Banato sono stati una scoperta importante per me. Tutto l’itinerario da Timişoara al Danubio è spettacolare. Sono stato molto affascinato dai paesaggi. Ci sono luoghi ricchi di storia e di natura. L’isolamento che molte zone soffrono dovrebbe essere visto come una risorsa per il turismo, piuttosto che come un elemento negativo. Credo che associazioni come PrinBanat stiano facendo un importante lavoro per rivalutare la regione. Come artista, non mi piace restare passivamente affascinato dalla natura. Quando questo accade, mi chiedo perché accade, da quali stereotipi visivi rischio di farmi invadere inconsapevolmente. Perciò devo fare un lavoro di sublimazione, di riduzione della natura a cultura, a storia. Ho cercato le tracce di racconti nascosti, perché le vite delle persone hanno segnato l’ambiente. Da qualche parte le tracce ci sono. A Carani il vecchio cimitero dove erano seppelliti gli italiani che hanno abitato lì è ora sotto un campo di girasoli. Nel video Water Tracks, si vede il campo di girasoli lontano, e poi la videocamera è lì tra questi girasoli che sembrano avere testa, braccia e gambe. In un’altra opera ispirata al viaggio compiuto durante la residenza con Sandro Bracchitta, si vede un uomo che guarda nell’acqua del Danubio e scorge sul fondo il relitto di una barca. Oppure immagina una barca per attraversare il fiume, ma non può farlo.

Che ruolo può avere la città di Timişoara nel paesaggio artistico-culturale romeno?

Timişoara è un luogo importante per la storia della Romania. La città sarà capitale europea della cultura nel 2021 e spero che gli organizzatori sappiamo cogliere l’occasione per creare le basi per fare della città un punto di riferimento europeo per l’arte e la cultura, in collaborazione con l’università, le associazioni culturali e gli artisti. Tutto dipende dalla capacità del comitato 2021 di saper coinvolgere le risorse locali e di creare occasioni di formazione per i giovani, senza limitarsi a spalmare il 2021 soltanto di eventi spettacolari. 



Teresa Iguain




On the Danube



Intervista realizzata da Andreea Foanene
(giugno 2018, anno VIII)