Maria Grazia Calandrone: «Oggi la letteratura tiene più che mai saldo il morso sulla realtà»

Dove non mi hai portata. Mia madre, un caso di cronaca (Einaudi) di Maria Grazia Calandrone, di recente pubblicazione, è un libro intimo eppure pubblico, profondamente emozionante e insieme lucidissimo. Dopo Splendi come vita, in cui l’autrice esaminava l’enigmatico rapporto con la mamma adottiva, Dove non mi hai portata sonda un nodo ancora più profondo e multiforme. Indagando la storia dei genitori, Lucia e Giuseppe, grazie agli articoli di cronaca dell’epoca, Maria Grazia Calandrone fa emergere il ritratto di un’Italia stanca di guerra ma non di regole coercitive. Un Paese che ha spinto una donna forte e vitale a sentirsi smarrita e senza vie di fuga. Fino a pagare con la vita la sua scelta d’amore. Perché Lucia è fuggita da un marito violento che era stata costretta a sposare e che la umiliava ogni giorno, e ha tentato di costruirsi una nuova vita proprio insieme a Giuseppe. Per la legge dell’epoca, però, la donna si è macchiata di gravi reati: relazione adulterina e abbandono del tetto coniugale. Prima di scivolare nelle acque del Tevere in circostanze misteriose, la coppia lascia la bambina su un prato di Villa Borghese, confidando nel fatto che qualcuno si prenderà cura di lei. Più di cinquant’anni dopo quella bambina, a sua volta diventata madre, si mette in viaggio per ricostruire quello che è davvero successo ai suoi genitori.


1965. Una donna si è macchiata di gravi reati: relazione adulterina e abbandono del tetto coniugale. Lucia non riemergerà viva dalle acque del Tevere. 2022. Qual è il prezzo da pagare, oggi, per chi compie scelte d’amore?

Sono molto grata per questa domanda, perché il mio non vuole essere soltanto il racconto della vita di mia madre, ma desidero che la vita di Lucia venga assunta a emblema degli effetti del pregiudizio che ancora oggi ammala la nostra società. Pensiamo al caso eclatante di Saman, uccisa dal padre perché si era opposta a un matrimonio combinato, ma pensiamo anche ai pregiudizi striscianti che noi stessi, nessuno escluso, me compresa, inconsapevolmente ospitiamo. I reati dei quali venne accusata Lucia oggi non sono più tali, oggi esiste la possibilità di divorziare, ma molti progressi sono ancora da fare in direzione della libertà, soprattutto delle donne.


Dove non mi hai portata. Mia madre, un caso di cronaca ha, evidentemente, richiesto ricerche accurate e meticolose. Emerge un incedere da detective: enumerazione di oggetti abbandonati, tempo d’occorrenza d’un corpo per morire in acqua, funzionamento delle poste. Quale metodo si è imposta di adottare per trattenere le informazioni e, poi, renderle narrativa?

Anche nel caso di questo libro, ho proceduto per mesi nell’accumulo di dati, poi li ho lasciati sedimentare dentro di me, occupandomi di altro. Il processo di maturazione delle cose, ovvero la loro trasformazione in parola comunicabile e comunicante, avviene nel segreto. Quando i materiali sono maturi, si svolgono con una specie di enfasi logica, quasi senza intervento della mano biografica che scrive, quasi sotto dettatura.


Dopo Splendi come vita, in cui esaminava l’enigmatico rapporto con la mamma adottiva, Dove non mi hai portata sonda un nodo ancora più profondo e multiforme.  Perché i legami famigliari sono sempre così passionali, in grado, al contempo, di allontanare e attirare, congiungere e dividere, annientare e generare?

Credo che noi nasciamo quello che siamo. Credo però che i legami famigliari ci possano aiutare, oppure ostacolare, nel diventare quello che eravamo nascendo, proprio come fanno tutte le relazioni fondamentali, inclusa quella amorosa. Un tempo gli psicoanalisti ritenevano che per tutta la vita, nei nostri amati, continuassimo a cercare le figure genitoriali. Credo che in parte sia davvero così, ma non del tutto, perché la nostra esistenza è un continuo processo di emancipazione. Il modo e il tono delle relazioni primarie influenzano però a lungo tutta la nostra esistenza, per cui i legami famigliari restano pietra di paragone di avvicinamento e contrasto. Non a caso il mio primo libro di poesia, dedicato a mio padre adottivo, s’intitolava proprio Pietra di paragone, perché tutto quello che accade nella vita viene confrontato – per somiglianza o dissomiglianza – con quelle prime esperienze di relazione.


Indagando la storia dei suoi genitori mediante gli articoli di cronaca dell’epoca, lei disegna un ritratto storico di una nazione bisognosa di regole coercitive. Giusto/sbagliato e permesso/vietato sono percezioni secondo cui regoliamo il concreto vivere quotidiano. Può farci cogliere l’evoluzione in chiave diacronica di siffatti concetti?

Credo che, con il passare del tempo, le regole sociali certamente si evolvono (cioè cambiano muovendo in direzione di una maggiore ampiezza e capacità di convivenza), ma credo pure che non dobbiamo mai dare per scontate le conquiste acquisite, credo che ogni tanto occorre fare il punto della situazione e valutare danni e progressi. In particolare, con la convivenza di diverse culture, tutto viene ripetutamente messo in discussione, forme esplosive entrano in contatto. Dunque, osserviamo il mondo con attenzione, lasciamoci sorprendere, ma non cogliere di sorpresa.


Il suo è un viaggio nella parte più oscura e indicibile dell’universo genitoriale. Recenti e dolorosi fatti di cronaca narrano di madri che uccidono, maltrattano, abbandonano all’inedia i propri figli. Perché le reazioni popolari sono soventemente semplicistiche?

Le reazioni popolari sono naturali, è molto arduo mettersi nei panni di una madre che maltratta o abbandona. Ci si appella al senso di responsabilità, se non direttamente a quell’amore genitoriale che dovrebbe essere talmente scontato che in Occidente lo abbiamo attribuito alle divinità: Maria madre amorosa, Dio padre. Detto tutto questo, i genitori sono esseri umani, coi loro limiti e, per quanto l’amore forzi quei limiti, ci sono situazioni e sentimenti insopportabili, come quelli nei quali venne a cadere Lucia. Intrappolata suo malgrado. Ci sono voluti molti anni per comprendere a fondo quanto dolore sia necessario, per portare al suicidio la madre di una neonata.


La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?

Mi pare che attualmente molta ottima letteratura sia scritta da donne. Il Nobel appena conferito a Ernaux ce lo conferma. Credo che noi scrittrici contemporanee godiamo i frutti delle lotte di altre prima di noi, quelle che, per esempio, stanno lottando in Iran anche per il futuro delle altre.


Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie, visioni del mondo, sensibilità politiche e filosofiche; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?

È una domanda davvero enorme. Rispondo in maniera semplice: la libertà. La libertà che è il lusso degli emarginati. Libertà di stile, di rovesciare il canone e introdurre nelle letterature contenuti fino a quel momento inediti.


Taluni reputano che la Letteratura non prescinda dal tempo per interpretare semplicemente lo spirito della Storia universale e che, ciononostante, essa sia congiunta alla finalità delle mode e a qualsivoglia ambito del gusto. Quali direzioni, mete o deviazioni vede attualmente caratterizzare il panorama letterario italiano e internazionale? Quali potrebbero essere il ruolo e la funzione della scrittura nel frangente storico che stiamo vivendo?

Come è sempre stato, credo che la scrittura serva ad aumentare la nostra possibilità di comprendere il mondo, per quelli che capiscono le cose con l’aiuto delle parole. Leggere quello che altri hanno scritto accresce il numero delle visioni di mondo alle quali abbiamo accesso, dunque aumenta necessariamente il nostro senso critico e la nostra possibilità di uscire fuori dalla camera a gas del nostro io. Fatta questa premessa generale, in questo momento mi pare che la letteratura tenga più che mai saldo il morso sulla realtà, abbia bisogno di nutrirsi di vita e di cronaca e credo che questo dica molto circa la nostalgia che abbiamo della così detta realtà.







A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone

(n. 11, novembre 2022, anno XII)