In dialogo con Michela Panichi, vincitrice del Premio Campiello Giovani 2020

Michela Panichi vince il Campiello Giovani nel 2020 con il racconto Meduse, una storia di legami famigliari e crescita. Finalista al premio Velletri Libris 2021 con Cassandra, rielaborazione moderna della vicenda della figlia di Priamo, è attualmente impegnata nella stesura di un romanzo.
Nata nel 2000 a Napoli da madre napoletana e padre genovese, ha frequentato la facoltà di Lettere moderne all’Università Federico II, per poi continuare all’Alma Mater studiorum con una magistrale in Italianistica. Fin da bambina, ha sempre amato leggere e inventare storie, viaggiare in treno, il colore giallo e i gatti. Oltre alla Campania, è molto legata alla Toscana e alla Liguria (terre d’origine della famiglia paterna).
Meduse è un racconto sulla gelosia e la magia dei legami famigliari, che resistono a tutto. Al centro, madre di due figli e cameriera di un bar sul mare, una donna d’estate resta incinta di un turista. Dei significati più profondi della sua storia abbiamo parlato con l’autrice, Michela Panichi.


Il suo racconto narra di due fratelli, agli antipodi tuttavia legati da un laccio sentimentale inscindibile, quello della famiglia. Perché i legami famigliari sono sempre così passionali, in grado, al contempo, di allontanare e attirare, congiungere e dividere, annientare e generare?

Non essendo una psicologa, posso rispondere a questa domanda solo in termini narrativi. Robert McKee sostiene che i veri personaggi possiedono un conflitto che si sviluppa su tre livelli – interiore, famigliare, sociale. Più piccola e chiusa è l’ambientazione, più i problemi all’interno saranno grandi e la deflagrazione potente. Questo lo possiamo notare nelle opere che hanno come teatro abitazioni, o addirittura camere: il dramma famigliare ha il suo indiscusso fascino. Probabilmente è apprezzato perché è ripetibile e universale, specchio di situazioni banali ma fortissime.
Ho scelto una storia di gelosia e crescita perché sapevo che molti lettori si sarebbero rivisti in Tommaso. La paura di essere messo da parte, di essere diverso, così come la confusione dello sviluppo lasciano nel mio protagonista un segno indelebile. Nel suo racconto di formazione i legami famigliari sono ciò che lo porta a crescere. In particolare, una grande svolta per Tommaso è la rivalutazione del personaggio della madre: da oggetto, che è sottoposto alla volontà e ai desideri del figlio, a soggetto pensante, che si innamora e vive una relazione sentimentale. Tommaso si accorge che la madre possiede una sessualità e che la vita dei genitori non si limita nella cura esclusiva dei figli.


Meduse racconta, sì, del complesso rapporto fra due fratelli di età diversa ma anche della scoperta, sconcertante, che la madre di ambedue sia incinta. Gli inciampi dell’esistenza, le incursioni della sorte possono avere un fine didascalico?

Le storie si costruiscono sempre in tre atti, chiamiamoli per semplificazione inizio, sviluppo e fine. Il passaggio tra il primo e il secondo atto è possibile soltanto tramite un ostacolo: dunque, nella vita del protagonista deve avvenire qualcosa che la modifichi. Nel caso di Tommaso ciò che mette in moto la sua vicenda narrativa è che sua madre stia frequentando un turista tedesco. All’inizio il ragazzino non dà importanza all’informazione che gli fornisce suo fratello maggiore. È solo quando anche per lui inizia il periodo dello sviluppo che la situazione gli diventa chiara: sua madre è incinta e ha deciso di non dirglielo.
La scoperta della imminente maternità della madre rappresenta una possibilità di crescita per Tommaso. È il momento in cui il ragazzo si accorge che la madre possiede una sessualità e che la vita dei genitori non si limita nella cura esclusiva dei figli. E nelle pochissime righe finali che chiudono il testo il conflitto si dirada e rimane in Tommaso solo una grande serenità, perché è ormai consapevole di essere diventato grande.


Il suo racconto gratta il fondo della sfera affettiva; vaglia meticolosamente i sentimenti, emozione, ossessione, attrazione, passione, per poi scaraventarli, di nuovo, sul fondo, senza sterili edulcorazioni. Quale idea ha voluto che emergesse dei rapporti umani?

Quello che trovo molto interessante da trasporre in letteratura è l’ambivalenza dei sentimenti. I protagonisti delle opere che amiamo di più sono quasi sempre dei mediocri, ovvero stanno nel mezzo, non hanno particolari pregi tranne la loro ordinarietà. Il lettore, in questo modo, si rivede nei personaggi. Tommaso è un ragazzino banale, con impulsi ed emozioni tipiche della sua età: crede di essere al centro del mondo famigliare. Alla base del racconto c’è la rappresentazione di una famiglia molto unita, nonostante le relazioni a volte conflittuali: l’amore non smette mai di esistere. Dopo il conflitto, raffigurato nel racconto, i tre personaggi raggiungono un livello di accettazione reciproca più profondo, proprio perché consapevole.


I protagonisti della sua narrazione esistono in quadri della quotidianità che si scopre sotto i loro occhi mediante circostanze comuni che divengono le porte per una sensibilità, a volte, al limite della sopportazione. Perché ha deciso di esplorare il banale, reale, vero quotidiano anziché l’esuberante straordinario?

La maggior parte dei personaggi della letteratura sono persone comuni. Lo straordinario può funzionare solo a patto di rimanere comunque, parzialmente, banale: ad esempio, i film legati a grandi catastrofi naturali alla fine vanno a indagare coppie o famiglie e i loro sentimenti. La tragedia delle Torri Gemelle in Molto forte incredibilmente vicino è solo il pretesto per indagare la quotidianità di un bambino e dare inizio al suo viaggio di formazione. Non riusciamo a simpatizzare con personaggi del tutto diversi da noi. Esplorare il quotidiano rimane la forma di letteratura più onesta verso sé stessa ed è sinceramente ciò che io preferisco. Per un personaggio ordinario si aprono miliardi di scenari possibili, quando un ostacolo gli impedisce di proseguire la vita secondo la sua norma: un trasferimento, la perdita di un lavoro, un figlio possono rappresentare grandi svolte e quindi non c’è bisogno di eventi straordinari.


Si ritiene che il presente sia la somma algebrica di ciò che abbiamo vissuto, o non vissuto, con ciò che si vorrebbe ancora vivere o far vivere. La donna-madre pratica, a tratti, l’esercizio del ricordo e, vivendo il presente, riesce a colmare lo iato tra ciò che è stato e ciò che è. È dal trascorso che si dispiega il futuro?

Il personaggio contiene già in sé il suo dramma, il suo conflitto interiore. A renderlo esteriore sono però soltanto le esperienze che vive e il suo modo di porsi. Il suo reale carattere si svela nel momento in cui deve prendere una decisione. All’input che gli viene offerto dalla gravidanza della madre, Tommaso reagisce nel peggior modo possibile: pensa che sia una sorta di dispetto rivolto unicamente a lui (come la pasta e cavolo che vede cucinare alla madre). Non riesce a concepire un mutamento del proprio nucleo famigliare. Se Tommaso non fosse stato disposto a cambiare e non avesse provato sincero affetto per suo fratello e sua madre, la storia sarebbe finita lì. Invece i conflitti del protagonista hanno sbocco positivo, perché in lui già ce ne erano le premesse. Tramite l’accettazione della sorellina in arrivo, Tommaso supera il rapporto conflittuale con il fratello e la paura di risultare sempre inadeguato.


Le sue pagine conservano un’impostazione laica, tuttavia il focus attentivo è puntato sulla spiritualità, vettore di un’umanità positiva. Cosa l’ha indotta a valicare i confini del pudore che protegge, solitamente, l’animo umano, nella fattispecie muliebre?

Quando si racconta in prima persona si accetta che i sentimenti e i percorsi degli altri personaggi rimangano oscuri, che loro siano oggetti della voce narrante. Per questo, volutamente, ho tralasciato il subplot della gravidanza. Per quanto potesse essere interessante narrarla, in una situazione così complessa come quella di Meduse (due figli adolescenti, un padre assente), non è questa la mia storia. E quindi la madre di Tommaso è quasi muta, proferisce battute solo in qualche scena e sono pochissime. Il protagonista non capisce sua madre e il suo desiderio di maternità: all’inizio è proprio lontano dall’empatia e dall’immedesimazione, mentre nella conclusione, dopo la scena in ospedale, finalmente accetta la sua scelta e la condivide.


Il suo scritto tange il romanzo di formazione; in che misura diverge dal genere codificato? Penso all’incipit nella fattispecie.

L’assunto su cui si basa ogni racconto è che ci sia un equilibrio iniziale e uno finale, e che essi divergano. Può esserci una maturazione positiva o negativa, ma, nel caso in cui il personaggio si ancori alle sue certezze e si rifiuti di cambiare, l’unica conclusione possibile è quella dell’autodistruzione. Meduse è un racconto di formazione classico: gli eventi si dispiegano ordinati in un tempo di poco più di un anno, per Tommaso c’è un vero sviluppo e dei momenti epifanici di comprensione. A essere indagato è anche il suo rapporto con la sessualità femminile (un po’ come in Agostino di Moravia).


Allo stesso tempo, però, c’è una circolarità evidente tra l’inizio e la fine. Insomma, le meduse del titolo aprono e chiudono il testo, ma il loro valore cambia. All’inizio, sono immagine di un’adolescenza non voluta e non compresa, e come Tommaso sono sballottate verso la spiaggia senza possibilità di scelta. Alla fine, con la riconciliazione tra il protagonista e la sua crescita, perdono il loro valore negativo e diventano solo una descrizione rasserenante. Quali sono i suoi progetti da un trampolino quale la vittoria al Premio Campiello?

Sembrerà banale ma il primo progetto è continuare a scrivere. Dopo il Campiello ho provato a partecipare ad altri premi, risultando tra i finalisti del premio Velletri Libris (giuria prestigiosa, che vanta come presidente Dacia Maraini) con un racconto breve sulla figura di Cassandra. In realtà l’obiettivo è riuscire a concludere un romanzo che ho iniziato poco dopo la vittoria, ambientato come Meduse a Ischia, però negli anni 2000. Tratta dell’estate di formazione di una ragazzina di tredici anni. Ho ancora tanto da imparare, me ne accorgo ogni qualvolta rileggo Story di McKee o le opere letterarie dei miei autori preferiti. Quindi lo scopo è migliorare, leggere, studiare, in un continuo arricchimento. Mi sto aprendo alla letteratura italiana contemporanea, che di recente ha partorito romanzi molto interessanti (la produzione di Michele Mari, i racconti e il romanzo di Giulio Mozzi). Intanto lavoro per il mio esordio.






A cura di Giusy Capone e Afrodita Cionchin
(n. 112, dicembre 2021, anno XI)