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 |  | Roberto Mercadini, da youtuber a vincitore del Torneo letterario di «Robinson»
 
  È una  vera e propria rivelazione Roberto Mercadini: da youtuber, anzi da divulgatore  su YouTube, a vincitore del torneo letterario promosso da «Robinson» di «La Repubblica»  con il saggio Bomba atomica (Rizzoli). Sorprende non soltanto il suo  percorso, ma anche il modo in cui tiene alta l’attenzione del lettore mentre  scopre nuove prospettive su un argomento di cui tutti noi abbiamo una certa  conoscenza. Eppure, nel leggerlo, scopriamo che quello che sappiamo è lacunoso,  deprivato delle giuste domande, fondato su nozioni generali, cristallizzate, da  manuale. E, invece, la storia la creano gli esseri umani, le relazioni tra essi  e, inevitabile, è intrisa delle loro biografie, dei loro limiti, dei loro fortuiti  cambi di destino. Leggendo Bomba atomica di Mercadini ci si chiede: Enrico Fermi sarebbe stato  Enrico Fermi se suo fratello maggiore, un promettente scienziato, non fosse  morto prematuramente? Ma poi, perché gli Stati Uniti bombardano il Giappone  quando la fabbricazione della bomba atomica era nata per contrastare Hitler,  quindi la Germania? Di più: perché usarla se Hitler e i suoi scienziati non  sono riusciti a fabbricare una bomba atomica?
 La  questione più attuale, però, è una riflessione sottile, quasi inespressa.  Durante la Seconda guerra mondiale, la comunità internazionale degli scienziati  si spezza, non è più un blocco unico. Tale situazione si mantiene per decenni.  Forse, si è risciolta e rimescolata in un blocco sempre più unitario ai giorni  nostri, a causa della pandemia. Ma queste sono supposizioni, Mercadini racconta  la storia badando a tutto quello che sta nell’invisibile, al di fuori dei  manuali.
 Di come  nasce La bomba atomica e di tanto altro, ne abbiamo parlato con Roberto  Mercadini che in questi giorni è in tour per l’Italia con un interessante  monologo su Shakespeare.
 
 
 Raccontare  la bomba atomica da una nuova prospettiva non è semplice. Come nasce l’idea del  libro?
 
 L’idea è  nata due anni prima dell’uscita del libro e nasce come monologo. Sono un  appassionato di storia della filosofia e di scienza e quindi, quando mi fu  commissionato di realizzare un monologo, ho deciso di dedicare la mia  attenzione alla bomba atomica. Facendo ricerca, però, mi sono accorto che erano  tante le cose che non sapevo in merito all’argomento. Ignoravo i tradimenti,  gli amori, le vite private degli uomini che hanno contribuito alla grande  storia. Quando l’editor mi propose un testo, ho capito che la bomba atomica era  l’argomento che volevo trattare. Mi sono sentito come un cercatore d’oro,  ravanavo negli strati della storia in cerca di pepite.
 
 
 Bomba  atomica affianca un altro libro ugualmente sorprendente: Storia  perfetta dell’errore. Qui abbiamo due personaggi di finzione che, a causa  di una diagnosi, si trovano a confrontarsi sull’errore. O meglio, ci troviamo  di fronte a un’apologia dell’errore che ribalta completamente il suo paradigma.  L’errore non per forza è un male.
 
 Mi  piaceva addentrarmi nella forza straripante della vita che emerge quando la  mente esce dagli schemi. Infatti, un fatto negativo dà inizio a qualcosa di  molto bello. L’errore si dimostra essere un varco per raggiungere un punto  superiore.  In quest’ottica, la normalità  è solo un’illusione.
 
 
 Cosa ha  rappresentato per lei vincere il Torneo letterario di Robinson?
 
 Vincere  è come se si fosse rotto un diaframma tra me e i lettori ufficiali. Devo la mia  notorietà a YouTube, un pubblico attratto solitamente da altro, non dalle  lettere, e quando dico altro intendo dire l’immagine, la voce,  l’interpretazione. La performance, per così dire. Il lettore medio non mi  conosce. Con questa vittoria, ho raggiunto un altro pubblico e questo mi rende  molto felice, anche perché dal nostro incontro è nato qualcosa di bello. I  lettori hanno amato il mio libro.
 
 
 Ci sono  molti video suoi su YouTube in cui racconta cose note da un’altra prospettiva,  per così dire. Uno di questi tratta delle parole, dei modi di dire… Faccio un  esempio: si dice ‘essere testardo come un mulo’, in un’accezione negativa,  eppure, a scavare si scopre che a considerare un difetto la testardaggine del  mulo è solo una questione di prospettive…
 
 La  nostra è una lotta continua con il linguaggio. Da un lato, ci porta a  schematizzare la realtà e questo è un processo utile, ma poi siamo costretti ad  ammettere che questo processo innesca un circolo vizioso poiché i luoghi comuni  che nascono sono fuorvianti. Chi lavora con le parole ha l’obbligo di rendere  noto questo meccanismo. Bisogna «denormalizzare» la realtà per raggiungere  livelli più complessi.
 
 
  
 
 
 
 
 
        A cura di  Irina Turcanu(n. 3,  marzo 2022, anno XII)
 
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