Lo sguardo femminile di Anite di Tegea. In dialogo con Ugo Pontiggia

Se si pensa che a rappresentare le donne, nella poesia greca classica, sia soltanto Saffo, ignorate l'esistenza di altre poetesse di valore. Una di queste, di tutte la più amabile, è Anite di Tegea, vissuta fra il quarto e il terzo secolo a.C. Ugo Pontiggia, che ne ha tradotto e commentato gli Epigrammi (La Finestra Editrice, 2018), scrive che «nel mondo ellenistico, Anite, poetessa dell'Arcadia, si distingue per la delicatezza e la profonda partecipazione emotiva» e parla della sua «attenzione ai deboli, nel momento dell'agonia e della morte».


Lei asserisce: «Nel mondo ellenistico, Anite, poetessa dell'Arcadia, si distingue per la delicatezza e la profonda partecipazione emotiva». Ebbene, può fornire una presentazione del suo mondo poetico?

Anite è una poetessa conosciuta soprattutto per alcuni epicedi, epigrammi dedicati alla morte di animali, in passato questa delicatezza è apparsa come la cifra stilistica di una poetessa capace di usare una lingua raffinata, in un mondo lezioso. Una lettura attenta porta a una maggiore e ben diversa considerazione per l’autrice che raccoglie i temi della forza e della violenza dell’Iliade e li converte in una lingua sapiente e dotata di grande empatia per i deboli, per gli uomini tutti, nei momenti della disperazione, non soccorsi dagli dei e che non possono sperare in una morte eroica.

I più ritengono che a rappresentare le donne, nella poesia greca classica, sia soltanto Saffo. Quali analogie e differenze è possibile scorgere?

La principale analogia che mi sembra emerga è l’amore così greco per la vita e per il sole che trova espressioni nelle descrizioni calorose e visive che accompagnano i vari soggetti delle poesie di Anite ma anche nel desiderio e capacità di sopportare la vita con uno slancio assoluto, che in Saffo compensa la vecchiaia o l’abbandono di una ragazza amata e in Anite compensa il dolore e sostiene la scelta suicidaria di alcune ragazze per evitare lo stupro da parte dei nemici. Una forte differenza dovuta in parte anche al genere e all’ambito letterario si evidenzia nel lutto, che in Anite si collega con la funzione propria delle donne dall’età più antica ai giorni nostri in Grecia, mentre Saffo dice che il lutto non si addice a chi serve le Muse.

La personalizzazione dell’epigramma è una delle maggiori innovazioni introdotte dalla poetessa: l'epitaffio passa dalla pietra alla letteratura trasformandosi in un genere soggettivo?

Credo che la soggettività dell’autrice possa avere come spiegazione l’evoluzione avvenuta nella letteratura greca, passata da un io collettivo in età arcaica alla scoperta dei sentimenti e delle passioni più profonde, interiorizzandole in un’età, quella ellenistica, che si è allontanata dal divino. Non dobbiamo dimenticare tuttavia che la presenza di Anite nei suoi epigrammi è leggera e serve a sottolineare l’empatia che va provata.

Piango la vergine Antibia. La brama di lei, pretendenti/ spinse alla casa di suo padre a frotte,/ per la nomea di beltà, di saggezza. La Parca funesta rotolò via, di tutti, le speranze. Tra le tematiche affrontate non manca l’attenzione per il mondo femminile, tipica, successivamente anche di Nosside di Locri. Come si evolve lo sguardo muliebre?

Credo che l’attenzione allo sguardo femminile sia centrale negli epigrammi di Anite e si distingua da altre poetesse come Nosside, dai temi più accesamente passionali. La lettura che propongo per Anite è quella di uno sguardo attento e intellettualmente profondo sul mondo, una riflessione che diventa empatia, alla luce della lettura del testo di riferimento per i greci: l’Iliade. Non vi si trova solo una vicinanza naturale del femminile al dolore, i Greci già pensavano che il piacere e la sofferenza del corpo fosse più femminile che maschile, ma una distanza dalla forza e dal fascino che essa produce, come nel primo epigramma: «Sta’ qui, lancia omicida,/ non stillare più il luttuoso sangue/ dei nemici all’artiglio di bronzo,/ ma lasciata nel marmoreo alto tempio d’Atena/ racconta il valore di Echecratide cretese». Già nell’imperativo iniziale, con cui si apre il testo, nel non uccidere più, rafforzato dalla staticità del participio «lasciata» si manifesta la distanza di Anite da Omero, e mentre celebra la forza omicida di un guerriero sottolinea e introduce un desiderio di pace.

L'epigrammista Antipatro di Tessalonica la inserì tra le nove muse terrene, definendola «Omero donna». Quali sono le specificità dei toni epici della sua poesia?

Il dialogo con Omero e con molta parte della letteratura è costante in questa poetessa che si scopre molto colta, la ripresa delle parole e degli stilemi da Omero ma anche da tutta la lirica e dai tragici avviene in un contesto di forte innovazione stilistico e in una risposta etica.

«È sacro a Cipride il luogo, poiché fu caro a lei sempre/ scorgere dalla riva il luccicante mare,/ per dar felice la rotta ai navigatori:/ dintorno trema l’onda alla vista della sua fulgente statua».Il dettaglio della descrizione di una statua che guarda il mare potrebbe far rientrare Anite nel novero delle «poetesse vaganti». Quali furono gli scopi degli spostamenti?

Non siamo sicuri della biografia di Anite, sembra abbia avuto come allievo Leonida di Taranto e sappiamo che a Tegea era molto onorata. La mancanza di dati certi sulla vita di molti poeti greci fece dire a Virginia Woolf: «Abbiamo la loro poesia e questo è tutto».

Anite sperimentò la fortunata commistione tra l'epigramma funebre e quello bucolico. Quali furono gli esiti di siffatta unione?

Il senso di questa unione è stato variamente interpretato o come descrizione lieve di luoghi belli e di temi dolorosi senza uno specifico carattere unitario se non quello stilistico, oppure come ho provato a fare in questo testo un elemento comune si trova nell’empatia per gli uomini, così leggendo l’epigramma 23 si trova: «A Pan dai capelli dritti e alle Ninfe del luogo/ questo dono sotto la cima del monte pose Teodoto,/ il pastore; perché, molto affaticato, dall’arida estate,/ lo calmarono offrendo con le mani/ acqua dolce come miele». In fondo consonante con la poesia per una madre di una ragazza scomparsa: «Al posto del letto che dona felicità nei sacri imenei,/ la madre pose su questa tomba di marmo/ una statua che aveva la tua forma e la tua bellezza,/ Tersi. Poteva parlare con te anche se morta».

Qual è la parola più adatta a delineare l'animo di Anite?

Empatia.






A cura di Giusy Capone
(n. 3, marzo 2021, anno XI)