«Dikotomika. Scarpe rosse per non dimenticare». Dialogo con Valeria Frontone

Segnaliamo Dikotomika. Scarpe rosse per non dimenticare, un volume collettivo a cura di Valeria Frontone e con la prefazione di Daniele Nicolella, pubblicato nel 2021 da Guida Editori. Allo stesso tempo, Dikotomika è la prima esperienza di duplice stampo per la compositrice, paroliera e pittrice partenopea Valeria Frontone, dove la musica e la scrittura si fondono e arricchiscono l’una il significato dell’altra.
Undici racconti per undici autori, partoriti dall'ispirazione che suscita la musica e in cui le donne sono protagoniste. Donne che ridono, che scherzano, che sognano, che mettono a nudo una parte di sé, ma più di tutto donne che soffrono, donne vittime di un virus antico quasi quanto l'umanità, che è quello della violenza perpetrata dagli uomini. E ognuna di loro ha il suo modo per metabolizzare e combattere quella violenza: con il pianto, con l'indifferenza, con la rabbia, con la speranza, con la faccia tosta di chi sa avere la propria rivalsa, con un tenue sorriso che si trasforma in una tagliente e ironica invettiva. Finali dolceamari, vittorie e sconfitte, le gioie e i dolori, l'amore e l'odio. È da questi contrasti che nasce una dicotomia.
Fra coloro che hanno prestato il loro ingegno all’attuazione del progetto figurano Anna Trapani, pittrice di fama internazionale, Michela Panichi, vincitrice del Premio Campiello Giovani, Domenico Ciruzzi, Presidente della Fondazione Premio Napoli, Amalia de Simone, giornalista videoreporter per Corriere.it e RAI, e altri ancora che, seppur diversi tra loro, hanno creato storie che sanno di vero e ci fanno riflettere.


Undici racconti per undici autori: un caleidoscopio di universi dissimili quanto a esperienza esistenziale. Quale tratto li accomuna?

Dal punto di vista letterario nulla o quasi, ma il pensiero di tutti gli autori e autrici è comune nell’aborrire la violenza e in particolare quella sulle donne.


Lei ha dichiarato: «Il creare un testo ispirato puramente a un titolo di una canzone è una moltiplicazione. Ispirare tramite l’ascolto, moltiplicare i pensieri e le persone. Una moltiplicazione di idee». È stata una casualità o un momento ineludibile che Dikotomika assumesse una piega letteraria da una fonte musicale?

La casualità ha avuto il suo ruolo, io ho l’abitudine di raccontare del mio lavoro in produzione agli amici e questo ha sollecitato la voglia di scrivere di alcuni. Quando ho scoperto che dalle chiacchiere erano nati dei racconti (nel frattempo Dicotomica CD era già pronto e stampato) ho capito che accogliere altre voci nel progetto era più che giusto, era d’obbligo. Così ho invitato altri amici a scrivere per far parte del volume, dando sempre e solo come spunto il titolo della canzone e il tema generale, ovvero «scarpe rosse per non dimenticare». La moltiplicazione è stata completa e ha aperto ancora altri dibattiti che spero possano continuare, perché è solo accettando l’esistenza del problema che si può tentare di risolverlo. Da direttrice di coro conosco bene il valore della coralità e la sua potenza.


La violenza sulle donne è il tema scandagliato nel libro. Colui che è capace d’esprimersi non ha necessità di appellarsi alla violenza: vige una cesura netta tra linguaggio e violenza?

Che la questione sia culturale è sicuro, ma essere capaci di esprimersi verbalmente o artisticamente non significa essere scevri dal compiere atti di violenza. Troppo spesso, ahimè, la cultura del maschile permea e forgia false appartenenze, tramutandosi in violenza psicologica e discriminazioni di genere. Il limite di quello che è corretto o non violento è labile e poco visibile, per nulla netto, molto spesso anche alle stesse donne.


Questo è un libro che gratta il fondo della sfera affettiva; vaglia meticolosamente i sentimenti, emozione, ossessione, attrazione, passione, per poi scaraventarli, di nuovo, sul fondo, senza sterili edulcorazioni. Quale idea ha voluto che emergesse dei rapporti umani?

La mia personale idea dei rapporti umani è ovviamente dicotomica, ma è appunto la mia. Ho voluto invece far raccontare agli altri la propria idea, quella reale in tutte le sue sfaccettature, e ho trovato un idem sentire che mi ha stupita. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è trovato di fronte alla potenza delle emozioni, spesso disarmanti, e ha dovuto fare i conti tra desiderio e paura, ha dovuto misurare al millimetro l’ago della bilancia per poi decidere se viverle o fuggire, oppure, come spesso accade alle donne, rinunciare alle proprie ambizioni per amare ed essere amata.


E ancora: contraddizioni, dubbi, entusiasmi per storie in cui vittime e carnefici non rispondono a schemi stereotipati e i ruoli possono capovolgersi.
In quale misura musica e letteratura possono assolvere a una funzione catartica?

Come pratica individualistica sicuramente ambedue contengono tutti gli elementi che conducono alla catarsi, a qualsiasi livello culturale essi siano veicolati. Il mio lavoro però non ha questo scopo, anzi al contrario è una palese provocazione mirata a scuotere le coscienze di chi la violenza l’aborre ma resta a guardare mentre viene consumata. Mira a fare muro in difesa di quelle donne che, ancora isolate e intimorite, non trovano accoglienza nel loro dolore fisico e psichico. La purificazione come concetto sociale è successiva, è ciò che avviene dopo aver preso coscienza di sé stessi.


Le norme religiose, a cui sono poi seguite le leggi civili, hanno acuito le disparità e le differenze tra maschi e femmine. Qual è ad oggi lo status delle discriminazioni di genere in campo artistico, stante la sua personale esperienza?

Premetto che, per quanto possa apparire paradossale, in passato i conventi sono stati luoghi salvifici per le donne, lì hanno potuto studiare e comporre musica, sfuggendo a matrimoni con vecchi nobili combinati per denaro. Ma la piaga delle spose bambine in altre parti del mondo è ancora a tutt’oggi irrisolta. Per ciò che riguarda la mia personale esperienza già dall’avvio degli studi musicali è stato difficile, ho dovuto combattere per impugnare il lazzo perché per i vecchi (e giovani) maestri del Conservatorio una donna non aveva abbastanza polso per dirigere un’orchestra, ma ho resistito e l’ho avuta vinta. Il problema però è che oggi viviamo in una società dell’immagine, anche la musica se non accompagnata dal videoclip non è commercializzabile, e nel mondo dello spettacolo, per le donne, la stereotipata e seducente bellezza femminile è un prerequisito fondamentale. L’artista non viene ‘ascoltata’ ma ‘vista’. Il mio sogno è di realizzare un concerto al buio, così da costringere gli spettatori ad ascoltare prima di tutto. Forse è per questo che, nonostante il palco mi susciti sempre delle meravigliose emozioni, ho preferito assolvere al ruolo di «eminenza grigia» in veste di autrice e compositrice.


Si reputa che la intimate partner violence si riveli una strategia per «fare il genere» e per «fare le maschilità». La polisemia di accezioni (genere linguistico, biologico e sociale) che la lingua sviluppa dimostra quanto la dimensione linguistica emani riecheggiamenti nella maniera in cui si avverte la realtà, si erige l’identità e si calcificano i preconcetti. Reputa che i testi musicali o letterari, fruiti soprattutto dai giovanissimi, possano costituire l’anticamera di forme di violenza?

Io credo che il movimento femminista nella pratica dell’autocoscienza abbia tracciato e rimarcato le linee della differenza di genere, gli uomini adesso devono fare lo stesso per ricercate quella mascolinità libera da preconcetti e forme precostituite. Per i giovani ovviamente qualsiasi «invasione» mediatica tende a calcificare modelli e forme relazionali, dunque se i contenuti non sono scevri da discriminazioni e comportamenti fallocratici ciò formerà generazioni di uomini incompatibili con la nuova femminilità.


Dikotomika è accompagnato da un CD-Audio. Le storie narrate e «musicate» possiedono tutte una verve ironica quasi ossimorica. Come si concilia il dramma della violenza, della sopraffazione con il sorriso?

Sono felice di sentirla parlare di ossimoro, nel 2011 ho pubblicato un CD dal titolo Ossimora e questo suo riconoscimento per me significa che ho conservato uno stile personale nella costruzione dei testi. Per quanto riguarda la conciliazione tra dramma e ironia invece le rispondo che Luisa Muraro, nel suo libro L’ordine simbolico della madre, considera il ridere come elemento di apertura rispetto alla pienezza e alla necessità dura che copre l’orizzonte. Il riso fa riaprire i giochi quando la sofferenza ristagna. Combattere la violenza senza diventare violenti è cosa ardua, più semplicemente però, da figlia del ’68, dico: una risata vi seppellirà.






A cura di Giusy Capone e Afrodita Cionchin
(n. 12, dicembre 2021, anno XI)




Valeria Frontone
, musicista napoletana, violinista e direttrice di coro, ha studiato composizione e direzione d’orchestra presso il Conservatorio di Napoli San Pietro a Majella sotto la guida dei maestri: Carmine Pagliuca, Enrico Renna, Fabrizio Maria Carminati e Francesco Vizioli. Artista poliedrica diplomata all’istituto d’arte F. Palizzi di Napoli, svolge parallelamente alla principale attività di musicista anche quella di pittrice. In ambito classico ha svolto intensa attività concertistica sia come violinista in formazioni cameristiche, sia in qualità di direttrice d’orchestra e compositrice. Tra le orchestre che ha diretto si ricordano Nuova orchestra Scarlatti di Napoli, Orchestra dei Giovani Solisti Napoletani, Orchestra e Coro «Francesca Caccini». Tra le Composizioni eseguite si ricordano: Variazioni e contrasti su di un tema di Francesca Caccini per violino e pianoforte, Oratorio laico Eleonora Pimentel Fonseca per soli coro e orchestra. Dall’incontro, nel 2010, con la cantante Assia Fiorillo, è nato il gruppo «Crimini in blues», finalista tra l’altro al Lucca Jazz Donna del 2012, ed è anche stato lo slancio decisivo con cui, negli ultimi anni, si è dedicata alla musica jazz, scrivendo anche testi in italiano su standard jazz d’autore quali Coltrane, Shorter e pubblicati nel suo CD Metamusica. Dal 2014, le sue scelte di genere musicale si sono ampliate fino alle sperimentazioni di fusioni tra il pop e il rock come nel suo penultimo disco, Filigrana.