Chiese romene in Italia, più vicine ai nostri immigrati. Parla P. Vasile Barbolovici

Il 16 marzo si è tenuta a Padova la presentazione del libro Catene e terrore dell’Arcivescovo Ioan Ploscaru. Con P. Vasile Alexandru Barbolovici, decano del Triveneto e organizzatore dell'evento, ci siamo soffermati sul significato della forte e toccante testimonianza di Mons. Ploscaru, nonché sulla situazione attuale della Chiesa Greco-Cattolica romena e della sua presenza in Italia.

Padre Barbolovici, iniziamo con una domanda legata al contesto culturale italiano: quanto risultano familiari i termini «greco-cattolico» e «romano-cattolico» in Italia?

Il termine «greco-cattolico» risulta quasi sempre sconosciuto alla comunità italiana cristiano- cattolica; il fenomeno dell’immigrazione si è infatti sviluppato soltanto in tempi recenti e solo dal 2002 sono state costituite le prime comunità-parrocchie greco-cattoliche romene. Infatti, nei primi anni dopo il 1991, quando ero uno studente, mi è capitato spesso di entrare in contatto con uomini di chiesa, preti, frati e suore, ai quali mi presentavo sia come romeno sia come prete, e mi definivano un uniate, che è il termine usato nei libri di teologia cattolica per indicarci. Sono convinto che, grazie alla presenza greco-cattolica romena e ucraina, quest’ultima anch’essa molto diffusa, la realtà cristiana romano-cattolica italiana stia iniziando a prendere maggiore consapevolezza della nostra comunità in tutti i settori della vita sociale e religiosa italiana.

Sul piano teologico e pastorale, quale è il profilo specifico della Chiesa greco-cattolica, e in che cosa si distingue essenzialmente dalla Chiesa romano-cattolica da una parte e dalla Chiesa ortodossa romena dall'altra?

Il profilo teologico e pastorale della Chiesa greco-cattolica è simile a quello della Chiesa romano-cattolica, in quanto ci troviamo in totale comunione (e ciò è dimostrato dal fatto che un cristiano greco-cattolico che partecipa alla Santa Messa può ricevere l’eucaristia), abbiamo alla base la stessa teologia e la stessa cura pastorale, così come la stessa importanza attribuita alla Parola di Dio e lo stesso programma per il catechismo a livello di gruppi, a partire dalla preparazione per il battesimo fino alla prima comunione, la confessione e il matrimonio. Inoltre, conferiamo la stessa attenzione alla dimensione caritativa e all’assistenza sociale, la «caritas», come dice la parola stessa, alla cura dei malati e degli emarginati. Se dobbiamo identificare una differenza tra greco-cattolici e romano-cattolici, questa potrebbe consistere nella diversità con la quale vengono celebrati la Santa Messa e i Sacramenti, che per noi  seguono il rito bizantino. Con la Chiesa Ortodossa abbiamo in comune lo stesso rito, ovvero quello bizantino, ma non siamo in totale comunione e ciò è dimostrato dal fatto che non si possono celebrare insieme la Santa Messa e i Sacramenti. In Romania, inoltre, dall'8-9 luglio 2008, in seguito a un decreto del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena, non è più consentito celebrare in modo congiunto alcun tipo di rito di benedizione [ierurgie] e celebrazioni non sacramentali (ad esempio funerali). 

Veniamo al tema dell'evento da lei organizzato a Padova: come descriverebbe la personalità di Mons. Ioan Ploscaru?

Con rammarico, devo confessare di non aver mai conosciuto di persona, ma soltanto attraverso i suoi scritti, Mons. Ioan Ploscaru, in particolare grazie al libro Lanţuri şi teroare: è la profonda testimonianza di un'autentica vita cristiana vissuta in prima persona da un fedele gerarca di Cristo e della sua Chiesa. Il volume, pubblicato in italiano con il titolo Catene e terrore da una delle più importanti case editrici religiose, le Dehoniane di Bologna, rappresenta una garanzia per il lettore religioso italiano. La traduzione e la revisione del testo sono state un vero lavoro da titani. A questo proposito, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al progetto: il Prof. Giuseppe Munarini di Padova, la Sig.ra Mariana Ghergu e il Prof. Marco Dalla Torre di Milano, grazie ai quali è stato possibile far conoscere la vita religiosa cattolica, e non solo, nella Romania del periodo comunista. Dunque, è possibile anche solo dai suoi scritti, delineare l’immagine e la grande personalità dell’arcivescovo Ioan Ploscaru.

Quale è l’eredità che Mons. Ploscaru lascia ai contemporanei?

L’eredità più grande lasciata al cristianesimo è la stessa che ci ha lasciato Gesù Cristo, ovvero il rispetto dei valori e la loro testimonianza attraverso buone azioni, sia a livello personale che a livello di comunità o gruppo cristiano. Sono perciò convinto che anche l’arcivescovo Ioan Ploscaru abbia lasciato alla contemporaneità questa stessa testimonianza, vivendo in prima persona questi valori fondamentali della vita di un cristiano.

Vi sono analoghe testimonianze greco-cattoliche romene, tradotte in lingua italiana?

Per quello che mi è dato sapere, Catene e terrore è il primo libro di questo tipo pubblicato in Italia, ma vorrei far notare che abbiamo in cantiere anche la traduzione del libro del primo cardinale romeno, Iuliu Hossu, dal titolo Credinţa noastră este viaţa noastră. Questo libro, insieme a quello di Mons. Ioan Ploscaru, esprime il desiderio e la collaborazione di tutti i preti romeni greco-cattolici che svolgono il proprio ufficio in Italia, e che vorrei ringraziare per il sostegno che hanno sempre dato quando si è trattato di mettere in piedi un bel progetto oppure di diffondere informazioni su di noi in questo meraviglioso Paese.

Dopo il periodo di repressione vissuto durante il comunismo, come si presenta la Chiesa greco-cattolica nella Romania di oggi e quale è la sua diffusione nella società?

Personalmente ritengo che, dopo il buio periodo comunista in Romania e la riconquistata libertà della Chiesa greco-cattolica, dobbiamo accentuare la nostra attività pastorale, ritornando a ciò che era prima del triste 1948. In modo concreto, attraverso tutte le forme di catechismo, promosse dalle nostre parrocchie, estese a persone di ogni età, attraverso una forte e seria formazione del nostro clero presente e futuro, sia dal punto di vista spirituale che teologico, e questo già nei seminari e nelle facoltà. Allo stesso tempo, dobbiamo puntare anche sulla formazione di un laicato maturo, responsabile e credibile in tutti i settori della vita sociale, in particolare in quello culturale e filantropico. Ritengo che questi aspetti siano la base e costituiscano ciò che la Chiesa romena greco-cattolica ha trasmesso al popolo romeno sin dalla sua nascita, avvenuta dopo l’adesione a Roma del 1697-1700.

Nel 2012 è stato nominato il terzo cardinale romeno, Lucian Mureşan, dopo i grandi Iuliu Hossu e Alexandru Todea. Cosa significa questa nomina per la Chiesa Romena Unita?

Il fatto che l’anno scorso Benedetto XVI abbia nominato come terzo cardinale Sua Beatitudine Ioan Mureşan è stato un ulteriore riconoscimento, rispetto e testimonianza della fedeltà dei credenti e della gerarchia greco-cattolica della Romania nei confronti di Cristo e della sua Chiesa. Gli aspetti appena menzionati sono stati notati e apprezzati dal nostro arcivescovo maggiore, che attualmente guida la nostra Chiesa, Sua Beatitudine Lucian Mureşan.

In Italia i romeni sono, da anni, la minoranza etnica più significativa, con luoghi di culto dove le comunità locali si riuniscono, e ciò quasi sempre grazie alla generosità della Chiesa cattolica italiana, che non fa certo discriminazioni di tipo confessionale. Il 12 settembre 2011, inoltre, è stata ufficialmente riconosciuta la Chiesa ortodossa romena in Italia. Che responsabilità hanno queste chiese nei confronti degli immigranti romeni?

Il fatto che la Chiesa romano-cattolica italiana abbia messo a disposizione degli immigrati romeni greco-cattolici e ortodossi molti luoghi di culto è stato un esempio concreto di carità fraterna e cristiana nei confronti di queste persone che hanno deciso di crearsi qui in Italia un futuro migliore per se stessi e per i loro figli. Ma non dobbiamo dimenticare che la Chiesa è l’istituzione più credibile e che maggiormente si avvicina alle necessità dei nostri cittadini ed essendo noi i pastori di queste comunità, dobbiamo cercare di stare loro vicini in ogni aspetto della vita, non soltanto in quello religioso, pur essendo questo il più importante. Come prete greco-cattolico, sarebbe per me un enorme piacere se anche la Chiesa ortodossa in Romania facesse un simile gesto, che sarebbe un segno di rispetto reciproco e riconoscimento e sono convinto che porterebbe anche alla scomparsa di molti scontri tra le due Chiese nazionali romene in Transilvania.

Presto verrà eletto un nuovo Papa: quale profilo si auspica?

Ritengo che il profilo del nuovo Papa, che i cattolici di tutto il mondo stanno aspettando, debba essere il più vicino possibile alla figura del Grande Pastore, il nostro Signore Gesù Cristo. Per questo, credo che dobbiamo pregare Dio con convinzione e speranza. E dobbiamo ringraziare l’attuale Papa Benedetto XVI per il suo servizio e per la sua fedeltà a Gesù e alla sua Chiesa, continuando a pregare per lui.



Intervista realizzata da Afrodita Carmen Cionchin
Traduzione dal romeno di Elena Levarda
(n. 3, marzo 2013, anno III)