«Il Nulla per tutti». Con Vincenzo Fiore sulle lettere di Cioran ai suoi contemporanei

In programma al Salone di Torino 2025, Il Nulla per tutti. Lettere ai contemporanei (Mimesis Edizione, 2024), a cura di Vincenzo Fiore. Grazie al presente volume, che raccoglie lettere inedite inviate dal pensatore di Sibiu ad autorevoli intellettuali (fra cui Samuel Beckett, Ernst Jünger, Gabriel Marcel, Carl Schmitt, Elie Wiesel, Marguerite Yourcenar, María Zambrano) o a destinatari meno noti (ma ugualmente importanti e decisivi nella sua fitta rete di contatti e di relazioni), è possibile chiarire e approfondire aspetti di natura biografica e professionale del sovversivo “barbaro dei Carpazi”. Quello che ritroviamo tra le righe di queste pagine, miracolosamente sottratte all’oblio, è un Cioran intenso e lirico, acuto osservatore delle dinamiche storico-culturali del Novecento e spietato teorico del declino dell’Occidente
Rodrigo Menezes, del Portale Cioran Brasile, ha intervistato Vincenzo Fiore a proposito di questo nuovo volume di lettere inedite di Cioran.

Caro Vincenzo, è appena uscito in Italia un volume di lettere tra Cioran e vari interlocutori, curato da lei. Come è stato concepito e preparato questo libro? Questo progetto editoriale è nato da lei?

Un libro del genere non nasce all’improvviso. Il nulla per tutti è il frutto di diversi anni di studio e di ricerche, nei quali si è tentato di ricostruire la biografia sommersa di Cioran e di tracciare il filo della sua fitta rete di conoscenze in giro per il mondo. In questo modo, oggi, è possibile comprendere i retroscena delle sue opere e sciogliere più facilmente alcuni nodi del suo pensiero. Non perché la scrittura dell’esule parigino risulti oscura, ma poiché spesso la sua filosofia – se di filosofia in senso stretto si può parlare – ha subito diversi tentativi di usurpazione e di semplificazione. Cioran sosteneva che occorreva cercare la verità su un autore non nelle sue opere, ma nella sua corrispondenza, poiché le pubblicazioni a volte potrebbero risultare delle maschere. Avere la possibilità di leggere i carteggi di un autore lungo tutto il corso della sua esistenza e poter aver a disposizione i suoi scambi privati con alcuni dei più grandi del Novecento, ci consente di toccare le vette più intime della sua disperazione e di immergersi nel suo disinganno quotidiano. Questo progetto editoriale ha rappresentato il coronamento di un desiderio che avevo in mente da tempo.


Le lettere sono state ottenute da fonti diverse? Quali sfide e difficoltà ha incontrato nel processo di elaborazione?

Le fonti sono state numerose e, talvolta, imprevedibili. Mi è persino capitato di dover far comprendere a eredi di persone che in vita avevano incontrato Cioran che fosse in loro possesso del materiale prezioso. La difficoltà di un lavoro come questo è che non esiste una mappatura delle lettere esistenti, né tantomeno confini precisi. Ho ritrovato lettere in America, in Asia e in archivi dimenticati sparsi in Europa. Non posso non citare a questo proposito Antonio Di Gennaro, che è stato un fondamentale supporto, una spalla preziosa con cui potersi interfacciare.  


Sono più di 40 lettere, che spaziano in un ampio arco temporale, non organizzate in ordine cronologico. Qual è stato il criterio di selezione e di ordinamento delle lettere?

Nel volume è presente un elevato numero di corrispondenti le cui lettere si è ritenuto opportuno collocare non in ordine cronologico, ma alfabetico, per dare al lettore la possibilità di avere a disposizione non un continuum disorganizzato, ma tanti piccoli carteggi ben delineati. Ho cercato di inserire, nei limiti del possibile e nella disponibilità dei diritti editoriali, il maggior numero di lettere. Approfitto per ringraziare tutti coloro che sono stati preziosi nel percorso di trascrizione e traduzione, a partire da Laureto Rodoni, Magda Arhip, Ionuț Marius Chelariu e Massimo Carloni.


L’Italia, più di ogni altro paese, ha visto negli ultimi decenni un'enorme quantità di pubblicazioni su Cioran. Molti di questi libri sono raccolte di lettere di Cioran. Nel nuovo volume da lei curato, qualche lettera in particolare ha attirato la sua attenzione? C'è qualcosa di particolarmente rivelatore in queste nuove lettere?

È impossibile qui riportare i numerosi passaggi lirici o ironici del testo, ma è straordinario, ad esempio, leggere di Beckett che gli scrive: «Mi sento a mio agio nelle sue rovine», dopo aver letto il Funesto demiurgo. Oppure di Cioran che scrive al suo editore Gallimard di inviare copie negli Stati Uniti per «pervertire la gioventù yankee»; o ancora quando le spiagge d’estate adombrate di gente gli fanno scrivere a Marcel della «superstizione del sole». Al di là della bellezza dello stile e della scrittura di Cioran, attraverso queste lettere è possibile colmare lacune e addentrarsi in anfratti delle opere e della vita del pensatore romeno.


Fin dagli anni ’30 in Romania, dai tempi di Al culmine della disperazione, Cioran è stato un uomo di lettere. Penso alle 12 lettere a Bucur
Țincu (pubblicate anche in Italia nel 2013). Probabilmente ha scritto più lettere che aforismi e saggi. Fino a quando, in tarda età, rinunciò del tutto a scrivere. Secondo lei, qual è l'importanza di questa bibliografia epistolare per la comprensione delle opere e del pensiero di Cioran? Rivelano un altro lato del filosofo rumeno, non visibile nei suoi libri?

È difficile rispondere in maniera sintetica a questa domanda. Questa raccolta di lettere offre la possibilità di scoprire e leggere un Cioran che non appare nelle opere. Dai suoi commenti su Ceaușescu, passando per i suoi contatti impensabili, fino agli ultimi anni della sua vita; una raccolta di lettere è uno scrigno che custodisce i segreti di un’intera esistenza, lascio a ogni lettore la possibilità e il desiderio di scoprirli tutti.



A cura di Rodrigo Menezesi
(n. 5, maggio 2025, anno XV)