Inedito. «Non si può evadere dalla nostra storia» di Adrian Cioroianu (II)

Pubblichiamo un altro racconto tratto dal volume Nu se poate evada din istorie noastră («Non si può evadere dalla nostra storia») di Adrian Cioroianu, storico, giornalista, politico e saggista, professore presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest e attualmente Ambasciatore della Romania presso l’UNESCO. Adrian Cioroianu è autore di numerosi volumi di storia, saggi storici e politici e di documentari televisivi. Inoltre collabora con prestigiose riviste culturali e con alcuni canali della televisione romena.
Nu se poate evada din istorie noastră («Non si può evadere dalla nostra storia») è il secondo volume della raccolta Cea mai frumoasă poveste («La storia più bella»), Curtea Veche, București, 2014. Una raccolta di racconti sulla storia romena, con retroscene e dettagli che affascinano il lettore, addentrandolo nel vivo della storia politica e sociale della Romania del XX secolo. I due volumi hanno ispirato anche il programma televisivo, trasmesso dal canale TVR1, 5 minute de istorie («5 minuti di storia»).


L’Operazione “Rosa” – il film horror della Rivoluzione
(17/18 dicembre 1989)


Cari amici della Storia, nell’episodio che segue parliamo di una rosa. Probabilmente non vi è chiaro il legame tra una rosa e il mese di dicembre del 1989. Infatti, non parliamo del fiore chiamato rosa (che diventerà un simbolo politico in Romania solo dopo il 1990), ma della macabra Operazione che porta questo nome, un autentico frammento horror della Rivoluzione romena: l’Operazione «Rosa» (così battezzata dal comando della Securitate a quel tempo), ovvero la cremazione sbrigativa e segreta dei cadaveri dei rivoluzionari uccisi a Timişoara, a metà dicembre del 1989.
Domenica 17 dicembre 1989: la Rivoluzione Romena iniziata a Timişoara raggiunse un punto di non ritorno. Per nulla spaventati dalle unità dell’esercito che sfilavano fin dalla mattina per la città, intorno all’ora di pranzo i rivoluzionari assaltarono il Comitato Provinciale del Partito Comunista, urlando «Abbasso Ceauşescu», «Abbasso il governo» e «Libertà». Proprio allora venne ritagliato per la prima volta lo stemma comunista al centro della bandiera romena. E sempre allora, il 17 dicembre, ci fu la prima vittima della Rivoluzione Romena, una donna, colpita a morte.
Lupa Bărbat fu la prima vittima della repressione; fino alla sera del 17 dicembre (proprio mentre si svolgeva la seduta del Comitato Politico Esecutivo) il numero dei morti e dei feriti crebbe rapidamente. Le unità militari di Timişoara ricevettero il messaggio in codice «Radu il Bello», ovvero allarme di lotta parziale. Giustamente, l’esercito aprì il fuoco in diverse zone di Timişoara, inclusa l’area della Cattedrale – solo qui si contarono almeno sette morti. Di fronte a questo inizio di massacro e dato che Ceauşescu avrebbe dovuto partire la mattina del 18 per una visita di Stato in Iran, nella notte tra il 17 e il 18 dicembre 1989, Elena Ceauşescu, Emil Bobu e il ministro degli interni Tudor Postelnicu (senza dubbio, con il consenso di Nicolae Ceauşescu, anche se non sappiamo con certezza da chi sia partita l’idea) decisero di cancellare le tracce di quei 40 cadaveri registrati a Timişoara. In seguito a un ordine emesso (questo è quello che si sa) dal Gabinetto 2, le prime vittime della rivoluzione sono state prelevate dall’obitorio dell’Ospedale Provinciale di Timişoara e traportate a Bucarest per essere cremate. In modo bislacco, questa Operazione – che doveva svolgersi in totale segreto – ricevette, come detto prima, il nome in codice «Rosa». Tra l’una e le quattro della notte del 18 dicembre, quei 40 corpi furono prelevati dall’Ospedale Provinciale di Timişoara con un furgone isotermico.
L’Operazione «Rosa» iniziò come un film del terrore, perché in effetti tale è stata. Mentre il furgone sostava davanti all’obitorio di Timişoara, le luci dell’intero ospedale rimasero spente, e ai pazienti non fu permesso di allontanarsi dai loro letti o di camminare per i corridoi. Questo, sicuramente, per evitare che qualcuno potesse essere testimone di quanto stava accadendo nel piazzale dell’ospedale. I sorveglianti abituali dell’obitorio erano stati allontanati e sostituiti da sorveglianti disarmati dell’Esercito e della Securitate.
Intorno alle cinque e mezzo della mattina del 18 dicembre, il furgone con i 40 cadaveri partì per Bucarest. Secondo le testimonianze, sembra che nemmeno l’autista del furgone sapesse cosa stesse trasportando (!), ma era chiaro che quel trasporto segreto era speciale, dal momento che il furgone era scortato da due macchine Dacia della Securitate. Il furgone percorse il tragitto Sibiu-Râmnicu Vâlcea-Piteşti e stranamente giunse tardi a Bucarest (nel pomeriggio del 18 dicembre), dopo che sull’autostrada Piteşti-Bucarest il convoglio era stato intercettato da una squadra dell’Ispettorato Generale dell’Esercito che sostituì gli autisti assumendo da quel momento il controllo del trasporto. Nella serata del 18 dicembre, i cadaveri furono lasciati nel furgone per poi essere cremati, la sera del 19 dicembre. La cremazione, avvenuta presso il Crematorio Cenere di Bucarest, è durata tutta la notte. La spiegazione, al tempo, era che si stavano bruciando dei pacchi sospetti arrivati dall’estero. Personalmente, credo che queste ore andrebbero indagate più a fondo (alcuni hanno provato a farlo, ma non esistono dati storici documentati). Poi come si sa, ancora oggi circola l’ipotesi (infondata, a parer mio) che quelle vittime non fossero, in realtà, cittadini romeni. Le vittime erano state schedate a Bucarest, prima di essere bruciate? Qualcuno vicino a Ceauşescu (o Ceauşescu stesso) sperava di poter dimostrare che i morti erano agenti infiltrati dall’estero? O è stata proprio la cremazione un’ammissione implicita del fatto che i morti erano romeni, di cui il regime voleva sbarazzarsi?
L’Operazione di cremazione dei cadaveri di Timişoara rappresenta una delle ultime azioni grottesche della politica romena dell’epoca. La responsabilità fu dei coniugi Ceauşescu, ma anche degli altri membri del governo e/o degli ufficiali dell’Esercito e della Securitate, di cui oggi si conoscono i nomi. L’Operazione «Rosa» si concluse la mattina del 20 dicembre, quando le ceneri di quei veri eroi furono gettate, pare, in un canale del comune di Popeşti-Leordeni.
È difficile capire oggi cosa passò per la testa ai Ceauşescu e ai loro complici quando decisero di bruciare i corpi delle persone trucidate a Timişoara. Probabilmente, la disperazione.
Oppure pensarono di eliminare così ogni traccia dei crimini commessi dalla repressione. Forse speravano che tutto si fermasse lì. La morale della nostra storia è che l’ultima rosa di Elena Ceauşescu è stato un fiore mortale le cui spine, dopo qualche giorno, punsero anche lei.







A cura di Ida Libera Valicenti
(n. 9, settembre 2020, anno X)