Adrian Cioroianu: È stata o non è stata rivoluzione? (dicembre 1989)

Pubblichiamo un altro racconto tratto dal volume Nu se poate evada din istorie noastră («Non si può evadere dalla nostra storia») di Adrian Cioroianu, storico, giornalista, politico e saggista, professore presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest e attualmente Ambasciatore della Romania presso l’UNESCO. Adrian Cioroianu è autore di numerosi volumi di storia, saggi storici e politici e di documentari televisivi. Inoltre collabora con prestigiose riviste culturali e con alcuni canali della televisione romena.
Nu se poate evada din istorie noastră («Non si può evadere dalla nostra storia») è il secondo volume della raccolta Cea mai frumoasă poveste («La storia più bella»), Curtea Veche, București, 2014. Una raccolta di racconti sulla storia romena, con retroscene e dettagli che affascinano il lettore, addentrandolo nel vivo della storia politica e sociale della Romania del XX secolo. I due volumi hanno ispirato anche il programma televisivo, trasmesso dal canale TVR1, 5 minute de istorie («5 minuti di storia»).


È stata o non è stata rivoluzione? (dicembre 1989)


Dopo, si badi bene, già un quarto di secolo, ogni discussione riguardo alla Rivoluzione del dicembre 1989 finisce nella rete dei misteri che quegli stessi giorni hanno generato. Alcune domande si ripetono monotone: quale è stato il ruolo degli altri Stati – soprattutto dell’Unione Sovietica – negli avvenimenti della Romania? Ci sono stati terroristi stranieri, così come si diceva all’epoca, o è stata tutta una messinscena al solo scopo di manipolare la popolazione? E la domanda più dolorosa: è stata quella del dicembre 1989 una rivoluzione reale o si è trattato solo di un colpo di Stato camuffato?
Tutte queste domande hanno ricevuto, negli ultimi 25 anni, diverse risposte, molte delle quali folgoranti e totalmente incompatibili fra loro. Ma, nella Storia, bisogna accettare che la verità è sempre vicina all’ipotesi più semplice. Gli storici sanno bene che, il più delle volte, le spiegazioni meno spettacolari sono quasi sempre quelle più vere. Credo che bisognerebbe osservare da questa prospettiva i giorni del dicembre 1989.
Senza incoraggiare le teorie complottiste che si sono sviluppate nel tempo, il determinismo storico ci porta a credere che il ruolo dell’Unione Sovietica nella caduta di Nicolae Ceaușescu sia stata più determinante di quello riconosciuto da Mikhail Gorbaciov o da gran parte dei rivoluzionari romeni, ivi compreso Ion Iliescu.
So bene che è delicato parlare di ingerenze straniere senza offendere prima di tutto i rivoluzionari, quelli veri, di Timișoara. Come deputato del Parlamento romeno eletto nella provincia di Timiș, per quattro anni, conosco molto bene questa realtà e ho provato costantemente a spiegare il fatto che l’eventuale intervento esterno non pregiudica in nessun modo il coraggio che c’era all’interno dello Stato. Oltre a ciò, la storia contemporanea ci ha mostrato col tempo due cose: 1) che era praticamente impossibile che accadesse qualcosa all’interno del blocco comunista senza che l’Unione Sovietica non ne fosse coinvolta, in modo esplicito o tacito; 2) nessuna rivolta, beninteso partita dall’esterno, riporta vittorie se all’interno dello Stato non esiste una condizione rivoluzionaria. Ebbene, questa condizione, nella Romania del 1989, c’era.
Certamente Mosca non diresse tutti i retroscena dei cambiamenti accaduti nell’est Europa o, per meglio dire, a un certo punto questi mutamenti erano sfuggiti di mano, e le conseguenze furono imprevedibili, visto che anche l’Unione Sovietica si dissolse, due anni dopo dalla morte di Nicolae Ceaușescu, nel dicembre 1991, sebbene Mikail Gorbaciov, bisogna dirlo, non avesse mai voluto che accadesse una cosa del genere. La domanda se lo spionaggio sovietico o di altri Stati vicini fossero coinvolti nella Rivoluzione Romena è una domanda (perdonatemi) infantile, perché sempre il determinismo storico ci dice che qualunque servizio segreto che si rispetti non può avere un atteggiamento passivo quando in uno Stato vicino si verificano fatti importanti. Il compito dello spionaggio è questo: il primo che apprende la notizia interviene, in base agli interessi nazionali del proprio Stato. Da tener a mente questo dettaglio, dato che è valido non solo per i fatti del dicembre 1989, ma anche per quelli accaduti in seguito (!).
Infine, non dimentichiamo un particolare fondamentale: nell’anno di grazia 1989, nonostante le metamorfosi di Nicolae Ceaușescu, la Romania faceva ancora parte del Trattato di Varsavia e quindi, Mosca, a capo di questa istituzione, non avrebbe potuto rimanere indifferente a ciò che stava accadendo a Bucarest (o nelle altre capitali dell’est Europa). Chi su ciò ha un’opinione diversa – paraventi retorici come la Dottrina Sinatra – è un idealista. Chi conosce la storia russa – precomunista, comunista e postcomunista – sa quale camuffamento efficace poteva rappresentare la dottrina Sinatra, vale a dire l’idea che ogni Stato socialista avrebbe potuto, teoricamente, gestire senza interferenze la propria riforma interna. [1] Teoricamente avrebbe potuto, ma non nella pratica. Senza il controllo dell’Unione Sovietica, il comunismo e il filo-sovietismo non sarebbero sopravvissuti da nessuna parte nell’Europa dell’est (come si è visto subito dopo il 1990). Anche se le tessere del puzzle della storia della Rivoluzione Romena del 1989-1990 sembrano ora come ora sparpagliate, sono convinto che la loro disposizione logica e realistica porterà a un ruolo significativo (compreso a livello propagandistico) dell’Unione Sovietica nei mutamenti dell’est Europa nel 1989.
Ci sono due certezze da cui non si può prescindere quando si parla di Rivoluzione del Dicembre 1989. La prima è che, dopo il 1968, la principale minaccia indirizzata a Nicolae Ceaușescu e ai suoi politici non proveniva dai paesi occidentali, ma dall’est, dall’Unione Sovietica. In termini più chiari: Nicolae Ceaușescu non ha temuto nemmeno per un secondo di essere attaccato dagli americani o dalla Germania dell’Ovest, ma ha temuto continuamente che l’Unione Sovietica potesse eliminare lui e le sue politiche comuniste autonome. La seconda certezza è che, nel dicembre 1989, Ceaușescu, era un leader totalmente isolato, senza nessun amico di fiducia in Occidente, ed era guardato con sospetto e fastidio da Mikail Gorbaciov e dagli altri leader comunisti dell’est Europa, che lo vedevano come un ostacolo per la perestroika, apparentemente una via per la salvezza del sistema comunista.

Ma esiste anche un altro particolare della stessa importanza. Quantunque nell’autunno del 1989 ci fossero state forze esterne interessate all’allontanamento di Ceaușescu, è altrettanto vero che il dittatore era prima di tutto odiato dai suoi stessi cittadini, ovvero dalla popolazione romena. Ripeto: una regola della storia dice che nessuna rivoluzione incoraggiata dall’esterno ha successo se all’interno non vi è una reale e viva attesa di cambiamento. Pertanto il ruolo dei cittadini di Timișoara nello scoppio della Rivoluzione Romena è incontestabile. In fondo, tutti i romeni di allora, desideravano la caduta di Nicolae Ceaușescu. Allo stesso modo, il trasferimento del pastore László Tőkés e tutto ciò che ne conseguì, non avrebbe avuto alcuna conseguenza se i romeni avessero simpatizzato ancora un poco per l’allora capo dello Stato.
Fino a oggi non è stato chiarito il numero o il ruolo che hanno avuto i turisti russi che entrarono in Romania nel dicembre del 1989, ma, presupponendo che ce ne fossero, è molto probabile che alcuni di loro non figurassero solo come semplici turisti, ma come agenti disposti a sabotare il regime. Tuttavia, nemmeno questi cosiddetti turisti avrebbero potuto fare qualcosa se i cittadini della Romania non fossero stati, loro per primi, a desiderare il cambiamento.
Sicuramente, al momento della fuga dei coniugi Ceaușescu dal Comitato Centrale, nel pomeriggio del 22 dicembre 1989, c’erano, in Romania, persone – cittadini romeni – che avevano il compito di difendere il regime da un colpo di stato proveniente dall’esterno. Ma chiaramente queste persone rispondevano a un ordine militare. La tesi dei terroristi stranieri, provenienti dagli Stati arabi, è clamorosa, ma non è mai stata confermata – almeno fino a oggi. È molto più probabile che la resistenza ceauscista fosse stata affidata a cittadini romeni che agirono in virtù di un ordine militare.
Personalmente credo che, noi romeni, anche se ci piace l’autoironia, non dovremmo avere riserve parlando del dicembre 1989 come di una rivoluzione autentica. La morale del mio racconto è che, nella storia, regolarmente una rivoluzione si afferma o meno, prima di tutto, attraverso le sue conseguenze. Nel 1989, la Romania era una dittatura comunista chiusa; oggi invece, con tutti i nostri aspetti negativi e positivi, facciamo parte del mondo libero, di tipo occidentale e anche coloro che ironizzano su queste affermazioni è bene che sappiamo che anche la loro possibilità di ironizzare senza incorrere in rappresaglie è il segno della libertà.
Dobbiamo riconoscere che il cambiamento è stato enorme. Senza quel dicembre 1989, nessun programma televisivo (del tutto innocente, credo) come 5 minuti di storia (e i libri che ne sono stati ricavati) sarebbero esistiti.






A cura di Ida Libera Valicenti
(n. 12, dicembre 2020, anno X)




[1] Per approfondire l’argomento si veda il mio volume, Geopolitica Matrioşkăi. Rusia postsovietică în noua ordine mondială, Curtea Veche, Bucarest, 2009.