Agli occhi dei suoi allievi il maestro è eterno. In ricordo di Luca Serianni

Ritengo che, negli anni di formazione di molti di coloro che scelgono la carriera accademica, ci sia stato almeno un incontro con un maestro, cioè una figura formatrice, che abbia saputo insegnarti a camminare e, allo stesso tempo, accompagnarti nella scelta della tua strada. Mi considero fortunata, perché ho fatto diversi incontri di questo tipo. La mente avida di modelli e l'animo eminentemente ottimista sapevano sempre, non capisco come, che quelle persone sarebbero diventate una sorta di guida nel mio percorso professionale e umano. Uno di questi maestri è stato il professor Luca Serianni (1947-2022), i cui corsi ho avuto il privilegio di frequentare, in una sala ampia ma non abbastanza capiente, nella sede della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università «La Sapienza» di Roma.
Luca Serianni è stato, per quasi quattro decenni, il nome più conosciuto a chi ha studiato Lettere in Italia, ma anche, grazie alla sua intensa attività di ricerca, agli italianisti dei centri universitari di tutto il mondo. Ha scritto numerosi volumi di analisi linguistica approfondita, applicata a testi antichi o più recenti, letterari o specialistici. È stato il coordinatore di uno dei dizionari esplicativi più curati nel ricco panorama lessicografico italiano, cioè il Devoto-Oli. Tuttavia, oltre a importanti contributi strettamente accademici, ha tenuto anche conferenze su temi linguistici per il grande pubblico, da cui scaturiva sempre il fascino che la lingua italiana esercita su qualunque fruitore. Intorno a lui si è coagulata una scuola, e molti dei suoi ex dottorandi sparsi in centri universitari di tutta la Penisola e all'estero, sono divenuti oggi affermati docenti di linguistica o ricercatori.
Gli studenti delle sezioni di italiano in Romania conoscono almeno un volume presente nelle bibliografie dei corsi di morfologia, ossia la Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria, scritta in collaborazione con Alberto Castelvecchi, pubblicata per la prima volta nel 1988 e ristampata più volte (tradotta in rumeno da Elena Pîrvu con il titolo Gramatica italiană. Italiana comună și limba literară e pubblicata, nel 2004, dalla casa editrice Echinox di Cluj).
I masterandi conoscono bene gli studi sul linguaggio poetico e quelli che Luca Serianni ha dedicato agli aspetti della lingua italiana contemporanea, ai quali si è sempre applicato con passione, senza lasciarsi impressionare da visioni apocalittiche sul futuro del patrimonio linguistico. Inoltre, nel corso di un evento organizzato dall'Ambasciata d'Italia e dall'Istituto Italiano di Cultura «Vito Grasso», nel marzo 2022, il professor Serianni ha tenuto una conferenza molto utile agli studenti di Bucarest sugli echi della lingua di Dante nell'italiano moderno.
Come studentessa della sezione italiana della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Bucarest, avevo imparato, sin dal primo anno, che se si ha la pazienza di leggere con attenzione i caratteri piccoli, stampati sulle 750 pagine della Grammatica italiana, diversi concetti con le etichette morfologiche cominciano a formare un insieme armonioso e, per la maggior parte, logicamente connesso, per quanto possano essere logiche le lingue naturali, nelle quali gli eventi inaspettati si verificano ugualmente.

Ecco perché, dal 2008 al 2010, mentre ero a Roma, per un progetto di ricerca, mi è sembrata un'occasione imperdibile, frequentare, per pura curiosità scientifica e pedagogica, il suo corso di Grammatica storica, cioè una storia della lingua italiana in cui davanti agli occhi degli studenti fiorivano nozioni di quasi tutti i rami della linguistica a partire dagli antichi testi, e poi, altri due corsi: l'uno dedicato alla lingua di Dante nella Divina Commedia, l'altro, ai grandi narratori italiani del Novecento.

Il professor Serianni sapeva spiegare, in una lingua incredibilmente elegante, cristallina e cadenzata, tale da facilitare la fissazione di nozioni, concetti linguistici non proprio alla portata di un pubblico variegato e numerosissimo, composto da studenti di diverse facoltà umanistiche. Gli studenti si accalcavano in una delle aule più grandi dell'edificio della Facoltà di Lettere e Filosofia, e quelli che erano in ritardo di pochi minuti, non trovando più posto nei banchi e neppure sul pavimento dell'aula, aprivano porte e finestre, e assistevano alla lezione «fuori». Nonostante l'aria soffocante, non ho mai sentito il professor Serianni lamentarsi delle condizioni in cui doveva svolgere la lezione, nonostante talvolta riuscisse a malapena a farsi strada tra gli studenti accoccolati a grappolo intorno alla cattedra; sapeva fin troppo bene che era lì per condividere con essi una piccola parte delle sue conoscenze, ma anche per dare loro speranza, infondendo in essi l’amore per la lingua italiana e i suoi grandi autori. Perché, come egli stesso affermava, nella prima parte della lezione magistrale tenuta al termine della sua carriera didattica, il 14 giugno 2017: «Chi ha scelto di fare l'insegnante non può prendersi il lusso di essere pessimista, perché ogni allievo è una risorsa preziosa».
Così, corso dopo corso, dal 1980 al 2017, si offriva come esempio: un uomo rigoroso e sempre calmo con una voce e un’intonazione rassicuranti, che lo aiutavano a raccontare in modo chiaro la storia della lingua italiana, come se si trattasse del più bell’oggetto di studio che si possa immaginare. Non gli mancava né il fine umorismo, di solito leggermente auto-sarcastico, manifestato molto raramente e appunto per questo di sicuro effetto, né il sorriso con cui terminava le conversazioni con gli studenti, in risposta a una domanda o alla fine dei colloqui durante i ricevimenti.
Credo che, il momento più toccante, al cui fascino sublime non era riuscito a diventare immune, nel corso della sua lunga carriera, era la fine dei corsi di grammatica storica, quando gli studenti applaudivano a lungo, e negli occhi del professore, visibilmente commosso, si poteva leggere un senso di profonda tenerezza nei confronti delle persone che, per un semestre, era riuscito a deliziare.
Luca Serianni si è spento il 21 luglio 2023, vittima di un incidente stradale, a Ostia, in seguito alle ferite riportate mentre attraversava un passaggio pedonale.
Poiché, come nelle lingue naturali, anche nella vita capitano eventi inaspettati, infinitamente più tragici, non possiamo guardare con il distacco critico che abbiamo imparato attraverso i libri e i corsi del professor Serianni.

La comunità accademica italiana e gli italianisti di tutto il mondo sono rimasti sorpresi e addolorati; solo agli occhi dei suoi allievi il maestro è eterno!
Quasi a conferma dell'ottimismo di Luca Serianni, i media italiani si sono fermati, nel pieno della crisi politica che attraversava il Paese, a ricordare un uomo che non ha mai ricoperto incarichi nell'apparato statale e nemmeno nelle sovrastrutture universitarie, ma si è limitato a fare il suo dovere di insegnante, ricercatore e predicatore della bellezza della lingua italiana.
E così un intero popolo ha pensato, per qualche istante, a un destino esemplare e ad altre cose più profonde, come l'importanza delle discipline umanistiche nel plasmare il carattere umano.
Per concludere, mi piace ripetere le parole che, fino a poco tempo fa, egli certamente sentiva pronunciare da coloro che avevano il privilegio di ascoltarlo: «Grazie, Professore!»


Anamaria Gebăilă
(n. 2, febbraio 2024, anno XIV)