«Nuovo cinema italiano in Romania», un festival ambizioso e vincente

Ciò che mi appare chiaro sin dal primo momento guardando il programma del «Nuovo cinema italiano in Romania», rassegna presentata dal 9 al 13 marzo 2022, è l’ambizione che si è voluta dare alla kermesse. Questo elemento dell’ambizione è l’elemento chiave per comprendere le scelte dei curatori e degli organizzatori e che hanno reso possibile a «Nuovo cinema italiano in Romania» di differenziarsi per qualità e spessore da molte altre rassegne di cinema italiano all’estero. È stata una scelta pensata, voluta e strategicamente attuata, come sottolineato dal responsabile della programmazione, il critico e regista Mario Sesti, che, durante l’articolata e approfondita conferenza stampa di presentazione, ha utilizzato apertamente il termine «ambizione»: quell’ambizione che ha reso possibile distaccarsi dall’essere una mera rassegna di pellicole – come, lo ripetiamo, molte volte accade in tanti contesti esteri – ma per essere un progetto più ampio costruito attorno a un’attenta programmazione.

È qualcosa di solido e preciso ciò che i responsabili – siano essi artistici o organizzativo-istituzionali – hanno voluto creare, molto simile a quanto si può vedere in un festival, come sottolinea ancora Sesti, e non in una rassegna. Come detto, questa ambizione si percepisce e si nota dai film, dall’ospite (Daniele Luchetti, di cui parleremo a breve), ma anche dal numero e dalla qualità dei partner istituzionali e non: l’Ambasciata Italiana, l’Istituto Italiano di Cultura e l’Italian Trade Agency di Bucarest; istituzioni romene come il «Muzeul Național al Țăranului Român», il «Cinema Muzeul Țăranului», l’Università Nazionale di Cinema e Teatro «I.L. Caragiale», la facoltà di Lingue Straniere dell’Università di Bucarest e Cărturești; ma anche importanti enti italiani come Cinecittà e i due sindacati italiani di categoria (Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici e Sindacato Nazionale Critici Cinematografici) che hanno dato il loro patrocinio e che sono stati presenti alla conferenza stampa con i loro presidenti Laura Delli Colli e Cristiana Paternò. A questi si possono aggiungere i vari media partner. Si tratta di una lunga lista, quella che si è scritta, ma che è tuttavia necessaria per comprendere, anche organizzativamente, questo elemento chiave dell’ambizione.

Entrando nello specifico della qualità della programmazione, «Nuovo cinema italiano in Romania» non guarda soltanto agli ultimi lavori e agli autori di oggi, ma è anche un festival che vuole esplorare con lo sguardo di oggi il passato e la storia del cinema italiano. Si è giustamente notato, durante la conferenza stampa, come si tratti della prima manifestazione internazionale che omaggia l’autorevolezza e la personalità di Monica Vitti con la proiezione de La supertestimone (1971), così come si sofferma e rievoca l’arte di Bernardo Bertolucci con la pellicola Bernardo Bertolucci: No End Travelling (2020), diretta dallo stesso Sesti e già presentata in contesti di prestigio come Cannes.

Le pellicole presentate rendono, invece, possibile una comprensione delle tendenze odierne del cinema italiano, con la presenza di «nuovi autori», come i fratelli D’Innocenzo (America Latina, 2021), ma anche i lavori più recenti di Maestri come Marco Bellocchio (Marx può aspettare, 2021). Ed è assolutamente rilevante quanto Sesti afferma parlando della creazione di un ponte tra le tendenze cinematografiche italiane e romene. La Romania è, allo stato attuale, una delle realtà cinematografiche più rilevanti nel panorama e nello scacchiere internazionale, ormai da una ventina d’anni con la nascita e lo sviluppo della «Romanian New Wave» che può essere paragonabile alle varie «nouvelle vagues» europee degli anni ’60, ma anche al grande cinema est-europeo degli stessi anni. È molto difficile, mi piace sempre aggiungere, che un film romeno non vinca, al giorno d’oggi, uno dei premi principali ai festival che contano: si pensi a Jude, Pintilie, Netzer, Mungiu o Puiu. Parimenti l’Italia sta rivivendo un proprio sviluppo forte con una diversificazione di prodotti che non si vedeva da tempo (e personalmente sono abbastanza sospettoso con chi continua a parlare della «crisi del cinema italiano» senza vedere un rinnovamento che non è poi tanto lento).

Come detto, Daniele Luchetti è l’ospite in presenza del festival – preferisco non chiamarla più rassegna – che ha presentato due dei suoi recenti lavori: Momenti di trascurabile felicità (2019) e Lacci (2020), rispettivamente tratti dai romanzi di Francesco Piccolo e Domenico Starnone. Proprio il loro essere tratti da opere letterarie è il focus della masterclass di Luchetti all’Università Nazionale di Cinema e Teatro «I.L. Caragiale», dedicata al rapporto tra cinema e letteratura, in dialogo con la giornalista Angela Prudenzi (Mostra del Cinema di Venezia) e con la partecipazione dell’attrice Kristina Cepraga, consulente e madrina del festival. Durante l’incontro, che ha visto una grande e attenta partecipazione, Luchetti ha toccato diversi punti di interesse, partendo in primo luogo dalla propria esperienza. Si pensi, in risposta a una precisa domanda dei partecipanti, ai cinque passi che da un romanzo portano al film e che rappresentano il metodo di Luchetti. Sintetizzando e parafrasando: 1. leggerlo senza pensare che potrebbe diventare un film; 2. far comprare il libro al produttore promettendo che, se vi spenderà soldi, guadagnerà anche soldi; 3. smontare il romanzo in quelle sezioni che rappresentano i «motori segreti» del romanzo stesso e mettere in fila questi motori e capire se possono diventare un film e, se mancano dei pezzi, inventarli; 4. scrivere il film; 5. riaprire il libro per vedere cosa si è dimenticato, perché, se hai tenuto a distanza il libro, probabilmente «sono rimaste le cose giuste nella tua memoria».

Luchetti è sicuramente un ospite di prestigio e lo ha dimostrato durante la masterclass e rappresenta una scelta strategica precisa del festival: è, infatti, un autore di esperienza, con una cifra specifica, che maneggia con maestria i linguaggi classici del cinema ma anche quelli odierni della lunga serialità (si pensi a L’amica geniale, serialità ma anche audiovisivo e letteratura). Luchetti è, senza dubbio, una delle soggettività d’autore più avanti, più plastiche e più capaci di confrontarsi. A questa Masterclass si aggiunga la tavola rotonda sui sistemi audiovisivi italiano e romeno con operatori di entrambi i Paesi

Al di là degli incontri, ciò che colpisce è anche l’attento lavoro svolto via social media che hanno accompagnato le proiezioni in presenza. In aggiunta alle pellicole già precedentemente citate, esse hanno compreso: Le sorelle Macaluso (2020) di Emma Dante, Ariaferma (2021) di Leonardo di Costanzo, I predatori (2021) di Pietro Castellitto e Volevo nascondermi (2020) di Giorgio Diritti. Molti sono stati, infatti, i saluti dei registi, attraverso video postati sulle pagine Facebook dell’Istituto Italiano di Cultura. In alcuni casi in maniera molto rapida (Pietro Castellitto), in altri casi si è trattato di vere e proprie presentazioni, intense e argomentate, pur brevi (Damiano e Fabio D’Innocenzo, e soprattutto Leonardo di Costanzo).

Traendo le conclusioni e riprendendo quanto scritto all’inizio, «Nuovo cinema italiano in Romania» è un festival ambizioso per programma e organizzazione, nato con una strategia culturale precisa e costruito per crescere. Aspetto, e aspettiamo, con ansia la prossima edizione.






























Foto IIC Bucarest


Armando Rotondi

(n. 4, aprile 2022, anno XII)