«Fotografare Venezia» con Paolo della Corte e Maurizio Rossi

Questo numero della rubrica «Fotografare Venezia» è dedicato a Paolo Baratta, uomo di cultura e politico italiano di spicco, Presidente della Biennale di Venezia in due mandati: dal 1998 al 2001 e dal 2008 al 2020. 

Premessa

Quando è maggio, Venezia, di solito, dà il via alla sua Biennale. È la nostra, di tutti coloro che hanno partecipato ad almeno un'edizione e/o a cui vorremmo partecipare in futuro. Alternando Arte in un anno e Architettura in quello successivo, ogni anno, a maggio, vi sono di solito due o tre giorni di opening, gli incontri tra professionisti e conferenze stampa. Un'atmosfera festosa, costruttiva, competitiva in senso positivo. Quest'anno, a causa della la pandemia mondiale da covid-19, la durata della Mostra Internazionale d'Architettura della Biennale di Venezia dal tema How we will live together? purtroppo sarà ridotta da sei a tre mesi, il che significa che l’inaugurazione sarà spostata da fine maggio a fine agosto. 
Di solito, il segnale d'allarme è sonoro. Come raccontare una fotografia a chi non può vederla? Toni caldi, toni freddi. Forse così, parlando tramite altri sensi che non sia la vista. Calda e mite, con accenti talvolta freddi e ruvidi, mi sembra la voce di Maurizio Rossi. Sentito per telefono poco dopo aver visto le sue fotografie scelte per questa rubrica. Volevo che ci raccontasse quando e come aveva scattato una delle fotografie, quella in bianco e nero con le mani che sembrano ali in volo nella luce. Le mani di una donna che Maurizio non conosceva, mi ha raccontato, incontrata nel buio di una Mostra della Biennale di Venezia un paio di anni fa. «La luce come terapia. Uno scambio di emozioni», mi ha detto Maurizio. Lui, a Venezia, io a Bucarest, parzialmente sequestrati a casa dalle restrizioni imposte della pandemia da Covid-19. «Il pescatore, la ballerina, uno che fa il pane... Mi dà e io do». Un segnale d'allarme che Maurizio Rossi ci dà (attraverso le sue fotografie) è: prendiamoci cura della Laguna di Venezia, affinché vi sia sempre domani tutto quello che definisce la sua bellezza rendendendola unica.  
Il segnale d'allarme riguardo alla necessità vitale di proteggere Venezia dal turismo caotico, un segnale fortemente visivo, ci viene da una delle mostre più personali realizzata negli ultimi anni da un fotografo veneziano. (R)esistere a Venezia - Ritratti di Veneziani Resilienti di Paolo della Corte non è solo un progetto interessante dal punto di vista dell'arte e della tecnica della fotografia. È un progetto che scaturisce dal cuore, ancorato nella vita della città e dei suoi abitanti. Al fiume invadente di persone nelle calli e soprattutto sui ponti della città lagunare si oppone la «Venezia deserta» nel periodo della quarantena. «L'idea è di far vedere le due Venezie. Ora è l'occasione per un cambiamento», mi ha scritto Paolo della Corte in alcuni messaggi che ci siamo scambiati ad aprile, proprio nel periodo fra la Pasqua cattolica e quella ortodossa. Ai tempi delle Festività della Resurrezione di Cristo.


Ioana Eliad

Paolo della Corte

«Venezia, con il suo fascino, la sua luce, i tramonti, le albe, la laguna, è una città talmente difficile da fotografare, che è troppo facile scadere nel banale, nella «bella foto». Non è quello che mi interessa. Fotografi come Fulvio Roiter, con il suo «Essere Venezia», o Luca Campigotto, o Michele Alassio hanno saputo trasmettere, raccontare Venezia in maniera sublime. E solo per ricordarne alcuni.
Io mi occupo soprattutto di ritratto e quello che cerco è proprio di far vedere la mia città attraverso chi la vive: i veneziani. Una città contemporanea, afflitta dai problemi che tutti conosciamo. Pensiamo solo agli ultimi mesi: l'acqua alta che il 12 novembre 2019 ha messo in ginocchio la città e ora il confinamento per il Covid-19.
Raramente fotografo a Venezia se non ho in mente un progetto ben preciso. E proprio da un mio stato d'animo che lo scorso anno è nato (R)esistere a Venezia – Ritratti di Veneziani resilienti. Trentacinque veneziani posano immobili davanti a una folla di turisti che, con l'utilizzo di tempi di esposizione molto lunghi, muovendosi, dà l'idea di un muro, di una città sempre più ostile ai suoi abitanti. Esposta prima nella sede dell'Associazione 25 aprile a San Giovanni in Bragora e poi a Roma all'Ex Macello – Area MACRO. È un progetto ancora attuale: mai come ora abbiamo la possibilità di cambiare… di costruire una città a misura d'uomo. È per questo che mi sono lasciato trascinare dal fotografare Venezia in questo periodo, per contrapporla alla città invasa, alluvionata dai turisti. Sappiamo che nessuna delle due può essere una città viva, vivibile a lungo termine e oggi abbiamo la possibilità di ricostruirla, sia dal punto di vista sociale, che economico.
Avrei dovuto inaugurare una mostra all'Ateneo Veneto a fine aprile 2020: Venezia 2050 DC. Ho immaginato la città come potrebbe essere fra una trentina d'anni: sommersa. E i veneziani come anfibi che si muovono per le calli nuotando, galleggiando o immersi sotto acqua, diventata un liquido amniotico. Un'idea che nasce molti anni fa sul finire degli anni '80, quando Federico Fellini veniva spesso in città e si incontrava con mio padre Carlo, che aveva iniziato a scrivere la sceneggiatura di un film su Venezia.
Già parlavano di palazzi sommersi e abitanti anfibi. Erano anni quindi che cercavo un modo per rendere le loro visioni. Ho approfittato di un grande acquario che si trova nella hall dell'Hotel Aquarius, in campo San Giacomo dell'Orio, ho invitato una trentina di veneziani a immergersi e a immaginarsi come si comporterebbero in un situazione così estrema. La mostra è stata rinviata al prossimo autunno».


Paolo della Corte è nato a Venezia, città in cui attualmente vive, i numerosi suoi spostamenti da un sestiere a un altro gli danno la possibilità di riscoprirla continuamente. Dopo la Laurea in Storia dell'Arte all'Università Ca' Foscari, inizia a lavorare come fotografo, concentrandosi fin dall'inizio sui ritratti di personaggi del mondo della cultura, soprattutto letteratura e arte, cercando di contestualizzarli sempre nel loro ambiente, in rapporto con la loro vita e i loro lavori e cercando di unire ricerca estetica e naturalezza in modo da raccontare il personaggio. Louise Bourgeois, Jim Dine, Roy Lichtenstein, James Rosenquist, George Segal, Jannis Kounellis, gli italiani Luciano Fabro, Mario Merz, Emilio Vedova, Fabrizio Plessi, Tobia Ravà e Giuliano Vangi sono alcuni degli artisti che ha incontrato in questi vent'anni. Mentre tra gli scrittori ricorda Doris Lessing, Günther Grass, Luis Sepúlveda, Fulvio Tomizza, Claudio Magris e Andrea Zanzotto. Si è molto interessato anche alla fotografia di food, cibo inteso come cultura, storia, geografia. Ha realizzato una ventina di libri con Giunti Editore, Gambero Rosso e Hachette, oltre ad aver ritratto i più grandi chef internazionali degli ultimi vent'anni. Insegna Fotografia Digitale all'Accademia di Belle Arti di Venezia ed è membro del collettivo BuenaVista Photo. Pubblica su diverse testate nazionali ed estere.





Venezia deserta. Piazzetta San Marco 2020



Venezia deserta. Ponte della Paglia 2020



Piazza San Marco 2018




Ponte della Paglia 2018




Nuria e Serena Nono. Ponte della Paglia 2018




Marco Reale. Ponte dell'Arsenale 2019



Paolo della Corte
Instagram: @paolo.dellacorte
www.paolodellacorte.eu



Maurizio Rossi

«Che la fotografia sia un fatto di luce, ne siamo più che mai consapevoli data la grande diffusione che sta avendo negli ultimi anni questo medium, sempre più a portata di mano. Ma per saper trasformare la fotografia in arte, bisogna innanzitutto avere il senso della luce oltre al talento di saper immortalare l'immagine nel momento giusto. L'attitudine dell'occhio a saper cogliere la luce viene per lo più dall'esperienza di vivere in un contesto di luce. Per utilizzare una metafora di Platone nel settimo libro della Repubblica, gli uomini nati e vissuti prigionieri in una caverna, legati da catene di fronte a un muro e illuminati dalla fievole luce di un fuoco, non potrebbero conoscere il mondo se non attraverso il suo riflesso su quel muro. Se un giorno finalmente liberi quegli uomini uscissero dalla caverna, rimanendo accecati dalla luce naturale, non sarebbero più in grado di ri-conoscere la realtà a tutto tondo di cui hanno sempre visto solo il suo riflesso sul muro. Al di là del significato metaforico, questo mito non solo anticipa le future scoperte tecnologiche più importanti dell'era moderna, la fotografia e il cinema, ma mette in evidenza come il fondamentale rapporto con la luce, che ci permette di cogliere la realtà da tutte le sue angolature, non possa prescindere dall'esperienza di vivere nella luce naturale. 
Ed è qui che s'innesta la storia del fotografo Maurizio Rossi, classe '69, nato e cresciuto nell'isola di Burano, figlio di un pescatore della laguna, tre volte campione di voga nella Regata Storica e qualificatosi per diciannove volte nella Regata Storica dei gondolini. Alla laguna si devono tutte le sue risorse e i suoi successi sportivi, e all'acqua che riflette nel suo specchio la laguna, la sua scoperta della luce. 
Ma come ha raccontato Rossi, la consapevolezza di questo senso della luce è venuta molti anni dopo la voga, quando ha cominciato a muoversi per la laguna con la sua barca e senza motivo, in compagnia della sua macchina fotografica. È stato quello il momento in cui ha cominciato a scolpire le figure utilizzando la luce come se fosse un martello. La particolarità che rende uniche le sue fotografie è dovuta agli artifici di servirsi di particolari grandangoli e di enfatizzare il contrasto tra i neri e i bianchi, modellando i volumi delle figure e incidendo le superfici dell'immagine. Ed è per questo che le sue figure sembrano avere la forza monumentale delle sculture. Rossi, che si è formato nella competizione, mette alla prova il mezzo tecnico manipolandolo a suo piacimento. 
Vissuto da sempre tra gli antichi mestieri di un'isola e preavvertendo la loro prossima fine, scolpisce con la luce, immagini che sembrano sculture o bassorilievi, dove le mani rugose di un pescatore, le reti, le anguille e i pesci della laguna rimarranno immortalati e celebrati per sempre.

Il fotografo quasi autodidatta, considerando che i suoi studi di fotografia sono limitati ad un breve corso organizzato nel 2014 dal Fotoclub Obiettivo di Burano, ritrova nel linguaggio dell'arte la possibilità di ricostruire quella dimensione eroica che ha vissuto nella laguna, dove l'uomo e la natura si sfidano giorno per giorno. 
Il sacrificio del lavoro lascia i suoi segni sul corpo dell'uomo. Rossi, che conosce quei segni che ha imparato ad amare sul volto, sulle mani, sulle braccia di suo padre, li cerca negli anziani dell'isola. Così nasce l'indimenticabile ritratto di Emma Vidal, la filatrice di merletti di 103 anni recentemente scomparsa. Ma è suo padre il protagonista assoluto dei suoi scatti, fotografato in immagini emblematiche, come quella in cui sta seduto intento a districare le reti da pesca, avvolto completamente dal buio, che potrebbe sembrare un quadro di Rembrandt o una scena drammatica che si svolge sul palcoscenico di un teatro.
Tutta l'energia fisica di Rossi va a potenziare le sue immagini, rendendole maestose e inchiodando lo sguardo di chi le guarda.
Il riconoscimento che ha ricevuto dalla critica per l'alta qualità del suo lavoro e il soggetto di questo progetto fotografico dedicato ai mestieri della laguna, sono valsi a Maurizio Rossi la straordinaria partecipazione all'apertura dello Spazio Espositivo dell'Associazione Culturale Squero di San Trovaso. L'Associazione, che intende promuovere e tutelare la tradizione della gondola, è impegnata allo stesso modo a proteggere e tutelare l'ecosistema lagunare di Venezia che è uno dei più importanti di Europa.
La Mostra delle opere fotografiche del «maestro di Burano» stimola «il pubblico a riflettere sull'importanza di preservare l'immenso patrimonio storico e ambientale della Laguna».
L'augurio è che questi bellissimi scatti, così com'è stato per il poeta e scrittore Bruno Passetto che ha scritto i suoi versi partendo dalle fotografie di Rossi, possano ispirare il pubblico e nel contempo accrescere le sue capacità di resilienza, ritrovandosi in quella dimensione eroica e insieme poetica della nostra splendida Laguna di Venezia».

(Dalla presentazione Il Patrimonio della Laguna di Venezia Maurizio Rossi. Sculture di Luce, di Roberta Semeraro, storica e critica d'arte)

























Maurizio Rossi
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Collana curata da Ioana Eliad
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(n. 5, maggio 2020, anno X)