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 |  | Marmo e barrique, storie di cultura e di amicizia tra Timisoara e la Sicilia
 
  Avvenimenti, anche tragici, possono, a volte,  generare delle situazioni che li illuminano con un’altra luce, dove ombre e  lati più bui soccombono al cospetto di alcuni particolari che per la loro  normalità possono apparire, a volte, eccezionali. È una questione d’interpretazione e, perché  no, di pathos, che permette ai particolari di prendere vita propria e di  diventare unici. È quello che è accaduto durante un viaggio con alcuni amici romeni,  di Timisoara, nella primavera del 2012. Tra due amici imprenditori, un  altro amico, uno scultore di fama, eclettico e sincero, amante del buon vino e  delle scarpe di classe, Stefan Calarasanu. Forse era stato proprio il  particolare delle scarpe ad attrarmi a Stefan, o forse è stato il suo essere  squisitamente, profondamente artista a trascinarmi nel vortice della sua  emozione quando, nel nostro primo viaggio in Sicilia, terra delle mie radici  materne, assorto dal tragico fascino delle rovine del sisma del lontanissimo  ’68 della Valle del Belice, mi disse che avrebbe voluto, con tutto il cuore,  lasciare una sua testimonianza in quel lontano paese siciliano, Menfi. C’è  sempre una motivazione che spinge noi uomini a scegliere ed a decidere ed io,  come tutti, ho le mie.
 
 L’idea mi è piaciuta moltissimo e, dopo aver acquistato  un blocco di puro marmo ad  agosto a Custonaci, ventre di moltissime opere, anche di ellenica memoria, e  dopo aver preso accordi con il Sindaco ed alcuni consiglieri del Comune di  Menfi, lo scorso settembre, l’amico Stefan atterrava a Palermo per iniziare la  sua opera.
 Commovente l’aiuto e la genuina curiosità di  molti concittadini che, tra un sorriso ed un discorso, hanno partecipato con la  loro forza coinvolgente al lavoro di Stefan. Ad essere sincero, senza quei  sorrisi, senza quelle curiosità sinceramente spontanee, non sarei riuscito ad  aiutare Stefan. Tra la polvere del marmo, il caldo di un’estate in  discesa, la sua opera, concedetemi di dire la nostra opera, prendeva forma. Il  parallelepipedo di marmo bianco, prelevato dalle cave di Custonaci, in poco più  di due settimane si stava trasformando in un pensiero solido di un uomo  impressionato dalle macerie, vecchie di quarant’anni, del terremoto del Belice.  Lui, artista contemporaneo, amico di un figlio di quella terra assolata  trapiantato, prima nel nord Italia e, poi, regalato alle cure di una Nazione  carica di contraddizioni e di veri talenti.
 La piazza principale di Menfi accoglierà  l’opera di Stefan, così che molti, tantissimi menfitani potranno ricordare e  dire che hanno conosciuto quel simpatico artista romeno che parlava una lingua  tutta sua, che di italiano aveva molto poco, ma che, incredibilmente, si  lasciava capire. Un po’ come i simboli che Stefan regala alle sue opere, tutte  le sue opere. Simboli che non significano nulla e che dicono tutto del suo  essere, di quello che fuoriesce dalla sua voglia di esprimersi, dalla sua  voglia di esprimere l’arte che gli cresce dentro. Così come nelle sue campane,  così come nei suoi stivali, alcuni giganteschi, possenti, talmente veri da  rendere percepibile quel calore che ne rimane all’interno dopo che sono stati  indossati.
 
          
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 |  Nel frattempo, gli altri due amici,  imprenditori di Timisoara, amanti dell’arte e del buon vino, proprietari, tra  le altre cose, di una splendida enoteca nel cuore, ferito, di Timisoara, mi  hanno permesso di maturare un’altra idea, forse ancor più  affascinante, della già incantevole attività svolta da Stefan e che, per la  cronaca, troverà il suo epilogo il 15 gennaio del 2013, anniversario del  terremoto del Belice, lì a Menfi. Loro, i miei amici, Delia ed Andrey Hertzeg,  volendo creare un gioco di emozioni che nel gioco ricerca sempre nuovi  orizzonti, hanno acquistato alcune decine di botti di  barrrique e, per un compenso simbolico che non poteva essere altro che del  genuino e sanguineo vino, hanno convinto altrettanti artisti a creare delle  opere da quelle botti che, oramai, avevano regalato il loro cuore al vino che avevano ospitato e  che, senza i miei amici, sarebbero state ridotte ad una fine poco meno che  dignitosa. L’idea che l’arte avrebbe ridato a quelle botti di barrique un  futuro degno di essere ammirato e condiviso alla luce dei flash di attenti  visitatori mi ha immediatamente reso lampante un ulteriore cammino che vorrebbe  portare queste opere, perché di capolavori si tratta, lì dove il vino è un'arte  da millenni. BarriqueArt e l’opera di Stefan a marcare un percorso tra vitigni  di un prestigioso Nero d’Avola e affascinanti cantine costruite tra mura di  Bagli antichi, sapientemente rinnovati, legate da un sottile filo conduttore  che tra l’arte, il vino e radici apparentemente lontane oltre tremila  chilometri, accomunano due popoli, due idee ed un solo spirito, quello di  rendere palese la volontà e la consapevolezza che, alcuni, in fondo, piccoli  gesti possono essere bastevoli per abbattere infrastrutture di incomprensioni e  di diversità, di false diversità.
 Cercheremo di rendere viva quest’idea e  cercheremo di farlo all'inizio del 2013. Anche se questi cammini sono difficili e,  spesso in salita, a causa della loro natura non economica, la bellezza di  queste opere, soprattutto l’idea e le motivazioni che ne hanno permesso la  creazione, ci darà, ancora una volta, la forza di concretizzare un sogno,  semmanco non fosse per accomunare, anche se per poche ore, una popolazione di  oltre ottocento romeni che per pura necessità lavorano, vivono, apprezzati e  rispettati, tra la comunità di questo Paese, Menfi, che, nel suo massimo  splendore non supera le dodicimila anime. Se qualcuno di voi, un giorno, per  caso o per programma, passerà da Menfi, fermandosi a gustare una delle migliori  granite al limone del mondo, passeggiando nella piazza principale del paese,  guardando il mare al di là della ringhiera, poserà senz’altro lo sguardo su  quella strana campana piena di altrettanto strani simboli, saprà perché si  trova lì, saprà chi l’ha generata e, forse, sentirà il  tenue, flebile profumo di quelle botti di barrique delle quali, una, appartiene  all’estro di Stefan.
 
          
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 |  Gianluca Testa(n. 1,   gennaio 2013,  anno III)
 
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