









|
|
Jorge Mario Bergoglio (1936-2025)
Jorge Mario Bergoglio si è spento a Roma la mattina del lunedì 21 aprile, il secondo giorno di Pasqua. Solo un mese prima era stato dimesso dal Policlinico Gemelli a seguito di un lungo ricovero, di circa quaranta giorni, a causa di una polmonite bilaterale.
Era nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, figlio di emigrati piemontesi, il padre impiegato nelle ferrovie e la madre casalinga. Diplomatosi tecnico chimico, scelse in seguito la via del sacerdozio, entrando, prima, nel seminario diocesano e, successivamente, passando al noviziato della Compagnia di Gesù. Studiò filosofia e conseguì la laurea in teologia presso il Colegio Máximo de San Miguel, dove imparò anche il francese, l’italiano, il tedesco, l’inglese e il greco. Fu ordinato sacerdote il 13 dicembre 1969 e il 22 aprile 1973 emetteva la professione perpetua nell’Ordine dei Gesuiti, divenendo maestro di novizi, professore di teologia, consultore della provincia e rettore del Collegio. Nel luglio dello stesso anno era nominato provinciale dei gesuiti dell’Argentina.
Sensibile ai temi dell’emarginazione, della povertà e della giustizia sociale, ma contrario alla politicizzazione della fede, Bergoglio condannò i metodi rivoluzionari e le posizioni espresse dai sostenitori più radicali della cosiddetta “teologia della liberazione” che aveva preso campo in America Latina sull’onda delle istanze riformatrici inaugurate dal Concilio Vaticano II (1962-1965). Nondimeno, egli si impegnò attivamente per proteggere i religiosi presi nelle maglie della repressione durante gli anni della dittatura militare (1976-1983) [1].
Nel 1986 si recò in Germania presso la Philosophisch-Theologische Hochschule Sankt Georgen di Francoforte per completare la sua tesi dottorale sul teologo italo-tedesco Romano Guardini, che però non fu mai discussa ma, a detta di molti vaticanisti e per ammissione dello stesso Bergoglio, ispirò l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (2013), documento programmatico del suo pontificato, dove enuncia i quattro postulati della sua dottrina sociale della Chiesa: il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea e il tutto è superiore alla parte [2].
Nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires nel 1992, ricevette nel giugno dello stesso anno l’ordinazione episcopale dal cardinale Quarracino, cui succederà nel 1998 in qualità di arcivescovo e primate di Argentina. Nel 2001 Giovanni Paolo II lo crea cardinale e nel 2005 Bergoglio partecipa al conclave che eleggerà papa Joseph Ratzinger (Benedetto XVI). In seguito alle dimissioni di quest’ultimo, annunciate l’11 febbraio 2013, viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013, al quinto scrutinio.
*
Il pontificato di Bergoglio si è aperto all’insegna di un triplice primato: assume per la prima volta nella storia della Chiesa il nome Francesco, in onore del «poverello d’Assisi», è il primo gesuita a diventare papa e il primo pontefice proveniente dal continente americano.
Nel corso del suo magistero, Bergoglio ha inviato alla Chiesa quattro encicliche: Lumen fidei (2013), nella quale, prioritariamente, invita a riscoprire e mettere al centro della vita ecclesiale «la luce della fede», «luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione» [3];
Laudato si’ (2015), l’enciclica «sulla cura della casa comune», in cui, sulla scorta dell’esempio «bello e motivante» di Francesco d’Assisi, il pontefice auspica l’avvento di una «ecologia integrale» che, nell’affrontate la problematica ambientale, trascenda il linguaggio delle scienze esatte per farsi stupore e meraviglia di fronte alla creazione, perché solo se recuperiamo «il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo», solo se «ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste» rinunceremo a fare della natura «un mero oggetto di uso e di dominio» [4];
In Fratelli tutti (2020) [5], la più complessa e articolata delle encicliche, se da una parte il pontefice invita, alla scuola evangelica del buon samaritano, a superare una mentalità individualistica e meschina e a promuovere l’amore universale, «senza frontiere», a costruire insieme un «mondo aperto» in cui i diritti fondamentali dell’uomo siano garantiti e tutelati a ogni latitudine, dall’altra denuncia un modello di globalizzazione “monocromatico” e avido, che alimenta lo sfruttamento economico, la sperequazione sociale, promuove l’appiattimento e l’omogeneizzazione delle culture e dei popoli, perseguendo un «falso sogno universalistico che finisce per privare il mondo della varietà dei suoi colori, della sua bellezza e della sua umanità» (III, 100).
Di fronte alla sfida dei fenomeni migratori, l’enciclica riprende le parole di Benedetto XVI, secondo il quale la dignità della persona passa innanzitutto dalla riaffermazione del «diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra» (I, 38). Perciò, scrive Bergoglio: «l’ideale sarebbe evitare le migrazioni non necessarie e a tale scopo la strada è creare nei Paesi di origine la possibilità concreta di vivere e di crescere con dignità, così che si possano trovare lì le condizioni per il proprio sviluppo integrale» (II, 118). Fintanto che non ci sono progressi in questa direzione, però, «è nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona» (III, 129). E aggiunge: «I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare». Integrare la parte nel tutto, non però in una universalità astratta, “in cui tutte le vacche sono nere”, avrebbe detto Hegel, ma «senza annullare l’individuo», «senza perdere l’identità di ciascuno», come accade in famiglia quando si litiga. «I litigi di famiglia dopo sono riconciliazioni» (VII, 230). E, continua così il papa “hegeliano” [6], «la vera riconciliazione, non rifugge dal conflitto, bensì si ottiene nel conflitto, superandolo attraverso il dialogo e la trattativa trasparente, sincera e paziente» (VII, 244).
L’incontro con l’altro in una società pluralista, infatti, non è possibile presupponendo il relativismo che «sotto il velo di una presunta tolleranza, finisce per favorire il fatto che i valori morali siano interpretati dai potenti secondo le convenienze del momento», ma la ricerca paziente della verità e l’adesione ai principi morali fondamentali universalmente validi e perciò non negoziabili. Ricominciare dalla verità comporta perciò anche lo smascheramento della manipolazione e della falsificazione a cui le informazioni sono soggette, oggi che, con la digitalizzazione, «tutto si più produrre, dissimulare, modificare» (I, 47). La connessione digitale, poi, lungi dal gettare ponti tra gli uomini, finisce spesso per spogliare l’individuo della propria intimità, abbandonandolo a una aggressività senza pudore.
Nell’era dell’intelligenza artificiale, di una intelligenza straordinariamente performante ma non emotiva, di una intelligenza “senza cuore”, l’ultima enciclica di Bergoglio, Dilexit nos (2024) [7], invita a tornare al cuore, il nucleo di ogni essere umano, il luogo della «sintesi», «capace di unificare e armonizzare» la storia personale di ognuno, anche quando questa «sembra frammentata in mille pezzi», e al cuore di Cristo «principio unificatore della realtà». L’enciclica, un’esortazione alla devozione e all’adorazione del Sacro Cuore di Gesù, che ripercorre come una corrente interiore le esperienze spirituali della Chiesa, insegna che per il cristiano non c’è fraternità senza mistica. Come chiarito nella sua conclusione, questa enciclica «ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune» (Conclusione, 217).
Dilexit nos getta dunque una luce retrospettiva sulle encicliche precedenti, smentendo giudizi affrettati e parziali sul pontificato bergogliano, pontificato nel corso del quale il papa ha fattivamente coltivato il dialogo ecumenico e interreligioso, dandone prova concreta nell’esercizio stesso del suo magistero. Se in Laudato si’, infatti, “dialoga” con l’arcivescovo Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, l’enciclica Fratelli tutti, invece, reca traccia dell’incontro con il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb.
*
Salutato dalle correnti progressiste e da una larga parte della società civile come il rinnovatore di cui la Chiesa aveva bisogno, e avversato dai cattolici integralisti come un anti-papa, col suo operato Bergoglio ha mostrato che, in realtà, entrambi i giudizi erano falsi, paradossalmente perché entrambi veri, ma solo in parte.
Se le aspettative di quella parte della Chiesa e della società civile che sperava in un “cambio di rotta” sono andate deluse è perché esse hanno interpretato l’apertura al dialogo come una disponibilità a derogare alla verità in materia di dottrina e di morale. Se i tradizionalisti non hanno amato Bergoglio è perché non gli hanno perdonato la colpa di non essere quel che Bergoglio non poteva essere, cioè un papa pre-Concilio Vaticano II.
In fondo, dietro la figura del papa “della porta accanto”, del “papa pop”, che dialoga con tutti, che telefona a tutti, che da tutti si lascia avvicinare, il papa dalla comunicativa calda, empatica, a tratti spiazzante – memorabile la sua apparizione al balcone in abito piano bianco in cui salutò i fedeli raccolti in piazza San Pietro per acclamare la sua elezione con un cordiale: «Fratelli e sorelle, buonasera!» – che fa la sua apparizione in rotocalchi e trasmissioni televisive, da Rolling Stones al Festival di Sanremo, il papa che legge «La Repubblica» e si fa intervistare da Fabio Fazio a «Che tempo che fa?», vediamo agire il principio dell’inculturazione, di cui i gesuiti sono stati attivi promotori fin dalla loro fondazione: «Il processo d’inculturazione può definirsi come lo sforzo della Chiesa per far penetrare il messaggio di Cristo in un determinato ambiente socioculturale» – prassi, questa, per altro, convintamente perseguita già da Giovanni Paolo II durante il suo pontificato [8].
Né a sinistra né a destra, perciò, ma in alto. Il tutto è superiore alla parte e nella verità si realizza la riconciliazione degli opposti e la divina armonia dei contrari. La Chiesa di Bergoglio è stata una chiesa in dialogo, consapevole della propria “cattolicità”, dell’universalità della propria missione apostolica ed evangelizzatrice, ma proprio per questo intransigente nel custodire la verità a cui essa è chiamata a render testimonianza, senza flessioni né compromessi, pur sempre nell’incontro con l’uomo di oggi, così com’esso è, e non già com’esso è stato un tempo o, tanto meno, come dovrebbe essere.
Il Conclave, che si apre fra pochi giorni, mercoledì 7 maggio, riunisce 252 cardinali, dei quali solo 135 sono gli elettori “attivi”, non avendo superato l’ottantesimo anno di età. Di questi, 108 sono stati nominati da Bergoglio, 22 da Benedetto XVI e 5 da Giovanni Paolo II. Pare dunque lecito attendersi che l’elezione del nuovo papa avverrà in tempi brevi e nel segno della continuità, continuità che lega, al di là delle apparenti divergenze, su cui a lungo stampa e fedeli si sono divisi, i pontefici che si sono succeduti sul soglio petrino nell’ultimo mezzo secolo, nel nome di una comune “obbedienza” alle costituzioni e ai decreti del Concilio Vaticano II.
*
All’insegna di un apostolato itinerante, già proprio di Giovani Paolo II, Francesco ha intrapreso numerosi e significativi viaggi, sui quali non possiamo soffermarci in questa sede. Riteniamo, invece, opportuno far memoria qui del viaggio apostolico in Romania, del 2019. Nel corso del viaggio, svoltosi tra il 31 maggio e il 2 giugno di quell’anno, papa Bergoglio ha incontrato, al suo arrivo a Bucarest, il Patriarca Daniel della Chiesa ortodossa, il Sinodo permanente della Chiesa Ortodossa Romena e, sempre nella capitale, ha celebrato la Santa Messa presso la Cattedrale cattolica di Sfântul Iosif. Durante il suo secondo giorno di permanenza, Francesco si è recato in visita in due regioni con forti tradizioni cattoliche latine: il Santuario mariano di Șumuleu-Ciuc, luogo di pellegrinaggio cattolico nel distretto di Harghita (Transilvania orientale) e nella Cattedrale di Santa Maria a Iași. Infine, il terzo giorno, sul prato della Câmpia Libertății, a Blaj – antico centro di cultura greco-cattolica, nella Transilvania centrale – il papa ha celebrato la Divina Liturgia, nel corso della quale ha beatificato i sette vescovi greco-cattolici martiri della persecuzione comunista: Vasile Aftenie (1899-1950), Valeriu Traian Frenţiu (1875-1952), Ioan Suciu (1907-1953), Iuliu Hossu (1885-1970), Tit Liviu Chinezu (1904-1955), Ioan Bălan (1880-1959) e Alexandru Rusu (1884-1963) [9].

Igor Tavilla
(n. 5, maggio 2025, anno XV)
NOTE
[1] Il 24 marzo 1976 le forze armate argentine, col supporto esterno degli USA, attuano un colpo di stato e instaurano una giunta militare, presieduta dal generale Jorge Rafael Videla. Il processo di riorganizzazione nazionale destinato a concludersi soltanto il 10 dicembre 1983 è tristemente noto per le 30.000 sparizioni di cittadini (operai, studenti, docenti universitari, sindacalisti, giornalisti, etc.) rapiti, torturati e assassinati per motivi politici o perché accusati di attività “anti-governative” e le 50.000 reclusioni nei campi di detenzione clandestina.
[2] Bergoglio ha dichiarato «Anche se non riuscii a completare la mia tesi, lo studio che feci allora mi aiutò molto per tutto quello che venne dopo, compresa l'esortazione apostolica Evangelii gaudium, visto che in essa tutta la parte sui criteri sociali è tratta dalla mia tesi su Guardini». Cf. Camara, S. Pfaffen, Gli anni oscuri di Bergoglio. Una storia sorprendente, Ancora, Milano 2016, p. 185.
[3] Lettera Enciclica Lumen Fidei del sommo pontefice Francesco ai vescovi ai presbiteri ai diaconi alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici sulla fede, tipografia vaticana, Città del Vaticano 2013, p. 6.
[4] Lettera Enciclica Laudato si’ del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, p. 11 e pp. 12-13.
[5] Lettera Enciclica Fratelli Tutti del Santo Padre Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale.
[6] «Cresciuto a pane e Hegel, allievo di Guardini, Bergoglio ha sempre teorizzato il superamento delle “polarità opposte”. Ossessionato dalla “armonia” del “popolo mitico” delle origini, dal “tutto superiore alla parte”, sogna la “sintesi”». Loris Zanatta, Bergoglio e Milei, coppia improbabile ma tutt'altro che impossibile, in «Il Foglio», 19 febbraio 2024.
[7] Lettera Enciclica Dilexit nos del Santo Padre Francesco sull’amore umano e divino del Sacro Cuore di Gesù Cristo.
[8] Fede e inculturazione (1989), documento a cura della Commissione teologica internazionale, I, 11.
[9] Di Iuliu Hossu il lettore italiano può leggere al momento il libro di memorie La nostra fede è la nostra vita, a cura di Marco Dalla Torre, traduzione di Giuseppe Munarini, Cristian Florin Sabău e Iana Mărginean-Cociș (Dehoniane, Bologna 2016). Segnaliamo inoltre il romanzo di Tatiana Niculescu, Sfântul Nr. 6 (Humanitas, București 2025), di cui è in preparazione la traduzione italiana (Castelvecchi Editore), che alle memorie del prelato greco-cattolico si ispira.
|
|