Ioan Petru Culianu, un inedito in italiano

A trent’anni dalla morte di Ioan Petru Culianu (21 maggio 1991) diverse iniziative editoriali ricordano la figura dello studioso romeno, prematuramente scomparso. Docente di storia delle religioni presso la Divinity School a Chicago, Culianu fu attento osservatore e acuto interprete degli avvenimenti politici che portarono alla caduta della dittatura di Ceaușescu e, successivamente, all’instaurazione del regime semidemocratico di Ion Iliescu. L’articolo che viene qui pubblicato, inedito in italiano, apparve per la prima volta sulla rivista «Lumea liberă» il 3 novembre del 1990.
Il settimanale, con sede a New York e una diffusione di circa diecimila copie, rappresentava allora una delle migliori fonti indipendenti di notizie su quanto accadeva in Romania tra il 1990 e il 1991. Su «Lumea liberă» Culianu tenne regolarmente una rubrica, «Scoptophilia», dal 6 gennaio al 22 dicembre 1990. Al momento dello scoppio della rivoluzione romena, nei giorni di Natale del 1989, lo studioso romeno si trovava ad Amherst in Massachussetts, ospite della famiglia della fidanzata Hillary Wiesner, mentre a Iași la sorella Tereza e il cognato Dan Petrescu venivano posti sotto stretta sorveglianza dalla Securitate. Negli articoli pubblicati su «Lumea liberă», ma anche su altre testate dell’emigrazione romena, Culianu si è spesso accanito con feroce umorismo su Ion Iliescu e il suo governo, visti come marionette politiche manovrate dalla Securitate e dal KGB.
Anche in questo breve saggio, Culianu riprende il tema della «grande censura del fantastico» – che aveva trattato in Eros e magia nel Rinascimento – per ricondurlo all’attualità storica, mettendo radicalmente in discussione le analogie tra i tribunali dell’Inquisizione e quelli dei regimi comunisti dell’est, di fatto incommensurabili.



L’inquisizione?
Il migliore tribunale al mondo


Nel secolo scorso e in buona parte nel nostro secolo ha prevalso l’idea che il tribunale dell’Inquisizione fosse il più odioso della storia. La celebre opera dello studioso americano Henry Charles Lea [1] ha immortalato questa teoria in una serie di indimenticabili invettive. A suo dire, l’Inquisizione spagnola avrebbe agito con durezza contro gli ebrei e i musulmani rimasti nella Penisola Iberica dopo la caduta dell’emirato di Granada nel 1492. Inoltre, sempre l’Inquisizione sarebbe stata responsabile dell’uccisione di un numero incalcolabile di cosiddette streghe, nella grande caccia alle streghe che ebbe luogo nei secoli XVI e XVII.
Alla fine degli anni ’60, l’Inquisizione spagnola ha iniziato a sollevare il velo del segreto da dossier vecchi di trecento anni, e successivamente l’intero archivio inquisitoriale è diventato accessibile. La sorpresa è stata enorme.
In primo luogo è emerso che l’Inquisizione spagnola non aveva mai dato la caccia alle streghe. Al contrario, in un processo rimasto celebre all’inizio del XVII secolo, le autorità locali avevano arrestato 1800 persone accusate di stregoneria. I documenti dell’Inchiesta mostrano che gli inquisitori stessi non credevano affatto nella stregoneria. Credevano che nella maggior parte dei casi la stregoneria fosse una allucinazione provocata dal consumo di droghe estratte da piante. Nella circostanza sopra ricordata, l’Inquisizione ha inviato un commissario che, con molta prudenza riesce in due anni ad appianare la situazione in modo che quasi tutti i 1800 bambini e donne sono rimandati a casa, e all’incirca solo quattro-cinque ricevono condanne leggere.
Recentemente, Gustav Henningsen e John Tedeschi hanno pubblicato i risultati di un’inchiesta ancor più interessante [2]. L’Inquisizione spagnola non era crudele, ma era estremamente organizzata. Ha lasciato un archivio quasi computerizzato di 40.000 casi di autodafé, i processi di triste memoria intentati a persone accusate di eresia o di conversione formale al cattolicesimo. La grande sorpresa che è seguita allo studio di questi processi è stata che soltanto relativamente pochi di essi si concludevano con la morte dell’accusato: più precisamente l’1,8%. La tesi di Lea, secondo il quale migliaia di vittime innocenti sarebbero state uccise anno dopo anno, appare ridicola.
Ma se l’Inquisizione non dava la caccia alle streghe in Spagna, lo faceva forse in altre parti dell’Europa?
Già da oltre vent’anni gli studiosi hanno dimostrato che la grande caccia ebbe luogo non in Spagna, e quasi per nulla in Italia, ma in anzitutto in Germania, nei Paesi Bassi e in Francia (compreso il nord dell’Italia, sotto il dominio francese). A eccezione della Francia, si tratta di territori in gran parte protestanti. Inoltre, nella parte cattolica della Germania, l’Inquisizione si era ritirata da tempo quando iniziarono i processi (1589), e in Francia non ha giocato assolutamente alcun ruolo. Ma se è dimostrato che l’Inquisizione non poteva nemmeno bruciare le streghe sul rogo, chi le bruciava?
In tutti i casi, le autorità locali, su richiesta della popolazione. Nel corso di tutto il XVII secolo, il Parlamento di Parigi, ovvero il Tribunale Supremo del regno, invia emissari nelle province non per accusare, ma per difendere le cosiddette streghe dalla popolazione imbestialita. Alla fine, Ludovico XVI decide si bruciare i giudici locali al posto delle streghe, come volevano loro, e le acque si calmano. Inoltre, nel 1682 Ludovico emette una celebre ordinanza con la quale dichiara che la stregoneria non esiste. In conseguenza di ciò, le streghe non possono più essere accusate di… stregoneria, perché questo crimine non è riconosciuto dalla giustizia. I processi cessano dopo questa data.
Nei paesi protestanti, la stregoneria ha prodotto le vittime più numerose. Il record spetta senza dubbio ai Paesi Bassi, ma nemmeno la Germania è stata da meno. I protestanti erano cattolici fondamentalisti e tenevano moltissimo a che le donne avessero una morale immacolata. Per questo bruciavano sul rogo le donne finanche se il marito le scopriva la notte con la camicia da notte sbottonata. Si supponeva che, essendo streghe, avessero avuto rapporti sessuali con un demone, e soltanto così si spiegava perché gli indumenti non fossero in ordine.
D’ora in poi dovremo guardarci (come dal fuoco!) dal paragonare ancora i tribunali comunisti e il terrore dei servizi segreti dell’Est all’Inquisizione.
Uno degli ultimi numeri della rivista «Church History», che ho messo accanto alla collezione completa delle opere di Henry Charles Lea affinché si combattano tra loro la notte, quando non sorveglio la biblioteca, afferma nientemeno che l’Inquisizione è stato il migliore e il più equo tribunale che l’umanità abbia mai avuto da sempre [3].
Questo, senza dubbio, non si può dire dei tribunali comunisti. Non lo si potrà dire mai.


(«Lumea liberă», nr. 109, 3 novembre 1990) [4]



Traduzione, presentazione e note di Igor Tavilla

(n. 6, giugno 2021, anno XI)





NOTE

[1] Henry Charles Lea (1825-1909), storico della chiesa medievale, autore di A History of the Inquisition of the Middle Ages, voll. I-III, Harper & Brothers, New York 1888, e A History of Inquisition of Spain, voll. I-V, The Macmillan Company, New York 1906-1907, da taluni accusato di pregiudizi anti-cattolici e anti-spagnoli.
[2] Gustav Henningsen, John Tedeschi, The Inquisition in Early Modern Europe: Studies on Sources and Methods, Northern Illinois University Press, DeKalb 1986.
[3] Cfr. Henry Ansgar Kelly, Inquisition and the Prosecution of Heresy: Misconceptions and Abuses, in «Church History», n. 4, December 1989, pp, 439-451.
[4] Inchiziția? Cel mai bun tribunal din lume, ora in I.P. Culianu, Păcatul împotriva spiritului. Scrieri politice, Polirom, Iași 2005, pp. 159-161.


Illustrazione dell'articolo: Ioan Petru Culianu ad Arezzo, maggio 1990 (fotografia di Emanuela Guano).