  
      
      
      
      
      
      
      
      
      
     | 
     | 
    «La ricchezza nomade della letteratura migrante».  
        Parla lo scrittore Ivano Mugnaini, autore de Il decreto, premiato al «Gramsci» 
       
     
     Si intitola Il decreto e ha vinto il  secondo premio della sezione lingua italiana del Premio Letterario «Antonio  Gramsci», XII edizione. Autore del racconto è Ivano Mugnaini, poeta e  scrittore, direttore della collana di narrativa dell’editrice «Puntoacapo».  Insieme al suo racconto, Mugnaini ci offre preliminarmente alcune  considerazioni sul tema della ricezione della letteratura romena in Italia, in  una prospettiva di interesse generale. «La sfida – sottolinea – è quella  dell'incontro, reale, con una civiltà complessa, multiforme, piena di  contraddizioni, giovane e allo stesso tempo antica, aperta al dialogo  autentico».  
         
        Quando Afrodita Chionchin mi ha proposto  questa intervista riguardante la letteratura romena in Italia destinata al suo  sito «Orizzonti culturali italo-romeni» ho avuto molte esitazioni. Conosco  l'argomento molto meno rispetto a quanto vorrei. Il mio settore di studi  ha riguardato e riguarda la letteratura italiana, e, per quello che concerne le  letterature straniere, soprattutto il mondo anglofono e quello francofono.  Ma, vista la cortesia della mia interlocutrice e la sua grande competenza, sia  come studiosa che come traduttrice, ho accettato questo invito  all'esplorazione, questo incitamento a ridurre, almeno in parte, quella  che con un eufemismo potrei definire socratica «coscienza del non  sapere».  
        Accanto agli scrittori ormai classici, Mircea Eliade, Emil Cioran, e la  stessa Herta Müller, ci sono molto autori romeni che stanno acquistando  sempre maggiore rilievo e che testimoniano un grande fermento,  conquistando lettori ed estimatori in tutta Europa, Italia compresa. E c'è, tra  gli scrittori provenienti dalla Romania e il nostro paese un legame profondo,  radicato, significativo. Alcuni risiedono in Italia (come Dieter Schlesak, che  vive ad Agliano, è quasi un mio vicino di casa), ed hanno eletto la  nostra penisola come patria ideale, anche della loro vena ispiratrice.  D'altronde il fil rouge, dal punto di vista linguistico e non solo, è forte ed  evidente. E lo studio della letteratura romena è attivo ed attento (anche in  questo caso mi è gradito citare, tra gli altri, Bruno Mazzoni, uno studioso che  opera a Pisa, città a me vicina e familiare). Le vicende storiche hanno  condotto Italia e Romania su direttrici divergenti, ma restano, ben salde,  radici comuni.  
        La letteratura romena attuale, inserita in un contesto di enormi  cambiamenti, sospinta dalla necessità di inventare ex novo un  presente, un futuro, un'identità condivisa, mi ricorda, per certi aspetti, quel  fenomeno fertilissimo ed effervescente chiamato «neorealismo», quel movimenti  di idee e progetti inventati tra gioia di vivere e disperazione, tragedia e  commedia, capacità di ricostruire, sul piano fisico e morale, un mondo, una  scommessa esistenziale.  
        C'è in più, nella letteratura romena, quel senso di «stabile  preciarietà», quella ricchezza nomade, che si trasporta solo nel cuore e nella  mente, mai nelle valige, costituito dalla «letteratura migrante». Mihai Mircea  Butcovan e Viorel Boldis rappresentano due possibili esempi di  questa categoria, ma molti altri scrittori, giovani e meno  giovani, sarebbero da ricordare e da incontrare attraverso la lettura. Ritengo  che, anche nelle nostre scuole di ogni ordine e grado, la lettura di  alcuni autori romeni, la percezione diretta del loro modo di sentire, loro  stessi e il mondo con cui vengono a contatto, potrebbe contribuire a far  svanire gradualmente antichi pregiudizi. Ciò vale anche per i lettori adulti,  perfino per quelli che si definiscono «progressisti». Molti scrittori  romeni mostrano nei loro libri, con ironia a volte tragica a volte  grottesca, le difficoltà dell'integrazione, sia dell'intellettuale in senso  stretto, sia, soprattutto, dello straniero, l'étranger, il forestiero. Ciò ha  un significato di documentazione sul nostro tempo, ma anche, in modo non  secondario, un notevole rilievo metaforico. 
        Ribadisco quindi il mio impegno ad esplorare con più cura il vasto e  variegato territorio della letteratura romena, e sono molto lieto che la  Romania nel 2012 sia il Paese ospite d'onore del Salone del Libro di Torino.  Sarà una sfida ed un'opportunità per molti lettori e «addetti ai lavori».  L'opportunità è quella di allargare gli orizzonti, la sfida è quella  dell'incontro, reale, con una civiltà complessa, multiforme, piena di  contraddizioni, giovane e allo stesso tempo antica, dura ma anche solare,  aperta al dialogo autentico, senza pregiudizi, senza preconcetti.  
        Spero, anche grazie ad Afrodita  Chionchin ed al suo pregevole lavoro di divulgazione, di arrivare preparato a  quel momento di incontro. Un po' meno socratico, un po' più ricco di stimoli e  di opportunità, di lettura, di scrittura, di dialogo. 
        I.M. 
        
    
  
         
        «Il decreto», di Ivano Mugnaini 
       
       
    Chissà  com'è il tempo oggi – si chiese Paride, mentre ascoltava gli schiocchi sordi  delle ossa che accompagnavano gli stiracchiamenti e gli sbadigli abissali con  cui cercava di scrollarsi il sonno di dosso ogni mattina. Si alzò, annaspò a  lungo in cerca delle ciabatte, raggiunse la finestra, si chinò, è infilò la  spina del computer nella presa. Inserì un dischetto con la scritta «Meteo»,  digitò i dati relativi al giorno e all'ora su cui desiderava ricevere  informazioni, attese una frazione di secondo, poi vide scorrere sullo schermo  una lista densissima di dati, relativi alle temperature minime, massime e medie  e alle escursioni termiche giornaliere di diverse decine di città, di tutte le  latitudini. 
      Che  bestia, mi sono scordato un'altra volta di selezionare il luogo che mi  interessa! Eppure a quest'ora dovrebbe averlo capito in quale città vivo questo  arnese... No, ha ragione lui: per lui non fa nessuna differenza se lo adopero  io o un australiano... se si trova in questa casa da vent'anni o in un bungalow  in Sudafrica... per lui è assolutamente indifferente - rifletté Paride. 
      Tocca  a me ricordarglielo, ogni santo giorno. Voilà: Italia Centro Settentrionale -  Firenze - Campo di Marte. Paride si divertì a rimpinguare il computer di dati  maniacalmente dettagliati, alcuni dei quali del tutto ridondanti, concernenti  la posizione della propria casa. In premio ottenne una videata piena zeppa di  numeri relativi alla temperatura dell'aria, del suolo, e della rugiada che  bagnava i fili dell'erba del proprio giardino, nonché una proiezione con  elevato grado di attendibilità tendente a individuare la mattonella della  veranda destinata ad essere illuminata dal primo raggio di sole, che, tra sette  minuti e ventotto secondi, avrebbe perforato il velo di nuvole. 
      La  finestra di Paride era rimasta sbarrata, con la serranda meticolosamente  abbassata come prescriveva il Decreto, sin dall'anno 2014. Nell'autunno di  quell'anno la International Multimedial Society era riuscita ad ottenere  l'intero pacchetto azionario dell'ultima fabbrica indipendente di programmi per  video e computer. Lo staff dirigenziale della IMS aveva festeggiato l'evento  con la solita, proverbiale sobrietà: un brindisi rapido, poi, via tutti di  nuovo al lavoro, a preparare il testo del Decreto sulla Comunicazione che  sanciva solennemente il loro legittimo ed esclusivo diritto allo sfruttamento e  alla distribuzione di qualsiasi informazione, dato o immagine, percepibile  e  trasmettibile, a livello  planetario. 
      Il  Regolamento fu riversato simultaneamente su video, sui fax e sui terminali  presenti in tutte le abitazioni del globo, dai grattacieli alle palafitte,  tutti quanti collegati, con vincolo di interconnessione giornaliera, al Centro  di Ricezione e Smistamento Dati della Società. 
      L'obbligo  di serrare tutte le porte e le finestre, viste tali premesse, era implicito e  anche un po' scontato, ma la Ditta, onde evitare qualsiasi possibile malinteso  o tentativo di raggiro, fece comparire sui video, a più riprese, una scritta  gialla lampeggiante che invitava gli utenti a provvedere celermente alla  chiusura di tutte le imposte, gli orifìzi e le fessure di ogni forma e genere,  per non incorrere nelle severe sanzioni previste in caso di violazione delle  leggi sulla fruizione non autorizzata di materiale visivo di proprietà  esclusiva della Società. 
      Anche quel giorno, 14 Giugno 2022, alla fine della dettagliatissima disanima  della situazione atmosferica prevista sulla propria città nelle ventiquattr'ore  successive, Paride fu gratificato dallo schermo di un'immagine tridimensionale,  ad altissima definizione, del sole, che, in quel momento, risplendeva sopra  casa sua. Il disco giallo sfumato d'arancio brillante si stagliava netto al di  sopra del rettangolo grigio-verde del video, ed emetteva una intensa radiazione  luminosa che diffondeva il flash fosforescente sulle pareti della stanza. Gli  occhi di Paride, colpiti ripetutamente da quelle ondate straripanti di luce, ne  furono quasi ipnotizzati, e finirono per trasmettere al cervello l'immagine di  un sole vero e alla pelle una sensazione di calore reale, come quello che ti  assale con dolce prepotenza in un mattino d'estate. 
      La  mente di Paride associò immediatamente quel tepore ai lineamenti del viso di  una ragazza. Il suo nome era  Laura, anche se, per la verità, non era affatto sicuro che la giovane donna si  chiamasse realmente così. Poteva anche trattarsi di un nome fittizio, scelto ed  imposto dal Computer Centrale il giorno in cui erano stati uniti l'uno  all'altra per la vita dal Programma Speciale «Affinità» che veniva attivato al compimento del  ventesimo anno di età, per i giovani di entrambi i sessi. Paride era stato  fortunato: aveva inserito nel modulo i propri dati fisico-caratteriali, li  aveva inviati al Terminale Rapporti Personali di Media Premium, ed aveva  atteso, tenendo le dita incrociate. Dopo quarantanove interminabili secondi  aveva preso forma al di sopra della tastiera il volto di una fanciulla  decisamente carina. Una didascalia apparsa successivamente ne indicava il segno  zodiacale, e forniva informazioni su Bergamo, città natale della ragazza,  corredate da un ricco repertorio fotografico. 
      Dev'essere  proprio una bella città - si limitò a dire Paride - e anche lei... 
      Quella  mattina il desiderio di vederla era più forte che mai, ma c'era una prassi ben  precisa da rispettare, Paride lo sapeva bene. Il Regolamento parlava chiaro:  nessuna connessione interpersonale prima di aver ultimato la «Fase C». C stava  per Cibo, e comprendeva due sottocategorie, distinte e complementari: CS «Cibo  per la Sopravvivenza» e CM «Cibo per la Mente». 
      Il  CS veniva distribuito a orari prestabiliti da una macchina speciale, e  consisteva in un dischetto colorato da inserire in una centrifuga, capace di  far assumere alla sostanza ultraliofilizzata in esso contenuta un volume  sufficiente per poter essere distesa, come una specie di pellicola, su un  apposito schermo dotato di un mouse in grado di selezionare una gamma di odori  e sapori e ditrasmetterli alla  patina semivischiosa applicata sul video. Il tutto doveva essere consumato  facendo uso di una spatolina a regolazione elettronica che si bloccava  automaticamente se venivano superate le dosi consigliate all'individuo da una  speciale tabella personalizzata, o se il menu digitato dall'utente non era  compreso nella lista stabilita per quello specifico giorno dal Dipartimento  Salute, che diramava, a scadenze regolari, parametri nutrizionali basati su  criteri statistici. 
      L'assunzione  del CM, tutto sommato, era meno complicata. Si trattava di sedersi di fronte al  video a far scorrere i dischetti contenenti le «pubblicazioni multimediali»  della Società. Non era previsto un tempo di lettura fisso, preordinato.  Spettava all'utente decidere, a sua discrezione, se la fase giornaliera di  «acquisizione dati» poteva dirsi ultimata. 
      L'unico  obbligo consisteva nella compilazione di un questionario, da riempire e inviare  a scadenze settimanali, contenente una serie di quesiti atti ad accertare se  l'assimilazione dei dati era avvenuta in modo soddisfacente. Il risultato di  tali questionari influiva, con criterio di proporzionalità diretta, sulla  durata dei dischetti riservati alle «comunicazioni interpersonali». Un test  senza errori valeva cinquanta secondi in più, un modulo disseminato di  inesattezze poteva anche costare la sospensione momentanea dell'invio dei  sospiratissimi dischetti. 
      La  fornitura dei due tipi di «Cibo» era del tutto gratuita. Il solo impegno degli  utenti era stabilito da una piccola clausola, semplice ma inderogabile: ogni  tre mesi l'abbonato doveva restituire debitamente firmato un documento  inviatogli via fax nel quale ribadiva la propria libera accettazione del  principio della «non sovrapponibilità delle informazioni», regola cardine della  Società. Tale principio prescriveva il divieto assoluto di appropriarsi con  mezzi propri di dati o immagini già presenti nell'Archivio della Ditta, e  ottenibili, a richiesta, attraverso la rete di distribuzione. Sanciva inoltre  l'impossibilità, ovvia e conseguente, di ottenere tale materiale attraverso  interscambi, diretti o telematici, con altri utenti non autorizzati. 
      Non  sarebbe stato un onere particolarmente eccessivo, dopo tutto, se non fosse  stato necessario tener conto che detto Archivio comprendeva tutto ciò che era  visibile e conoscibile, e che la categoria degli utenti non autorizzati  abbracciava l'intera umanità, esclusi i burocrati e gli impiegati di primo  livello della Ditta. 
      Una volta terminata la salutare assunzione giornaliera di nutrimento, Paride  inserì, con le mani sudaticce e lievemente tremolanti, il dischetto che lo  avrebbe messo in contatto con Laura, finalmente. Si infilò l'apposita cuffia e  vide la ragazza dall'altro lato del video che si apprestava a compiere la  medesima operazione. «Come stai?» - digitò Paride. 
      «Io  bene, e tu?», fu la risposta. 
      Paride  abbassò una protuberanza metallica della cuffia e vi applicò le labbra,  socchiudendo gli occhi. La cuffia di Laura si mosse automaticamente e le  cosparse una porzione della guancia di un sottilissimo strato di vapore umido,  tiepido. Gli occhi della ragazza si accesero di un riflesso istantaneo,  luminoso, generoso e paziente. 
      Le dita di Paride sfiorarono delicatamente il volto armonioso riprodotto dallo  schermo colorato che aveva di fronte. Un nuovo braccetto metallico, più vasto e  appiattito del precedente, si mosse all'istante, e percorse con una traiettoria  arcuata il volto di Laura, dalla fronte alle labbra, trasmettendole una  variazione di calore che fu recepita dall'epidermide. Un lieve rossore colorò  due guance che fiorirono per un ineffabile istante del rosso di un sorriso. 
      Paride  sentì il proprio sangue farsi più lieve e volare attraverso le vene fino a  raggiungere il cervello, inondandolo di un magma caldo, vivificante. 
      Io  ti amo – pensò Paride – e le mani si agitarono febbrilmente sopra la cuffia,  alla ricerca dell'apposito pulsante attivatore. 
      Un  sibilo acuto e prolungato accompagnò la comparsa del messaggio fluorescente, a  caratteri cubitali, che invase lo schermo: «DATO NON TRASFERIBILE». 
      Ha  ragione. Ha ragione di nuovo, l'aggeggio – riflette Paride. Sono proprio  cocciuto. Sono più cocciuto di lui, io. 
        
      Ivano Mugnaini 
      (n. 2,   febbraio 2012,  anno II) 
  
  | 
     |