GavoiFest 2019 o L’Isola delle Storie: un modo vincente di fare cultura

Di tutti i festival letterari con cui l’Istituto Culturale Romeno di Venezia (l’IRCRU, Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia) ha stabilito negli anni fruttuose collaborazioni, il Festival letterario di Gavoi, borgo magico immerso nelle montagne della Barbagia di Ollolai, è senza dubbio uno fra gli eventi più ambiti e peculiari. Ambito perché fin dalla sua prima edizione, nel 2004, sedici anni fa, il festival (che fino alla terza edizione si è chiamato «Festival letterario della Sardegna in Barbagia a Gavoi») è riuscito a ritagliarsi uno spazio nel panorama degli eventi letterari, acquistando di anno in anno sempre più notorietà e prestigio, e diventando uno degli appuntamenti culturali estivi più originali a livello nazionale e internazionale; peculiare perché è un festival prodigioso, nel vero senso della parola: è il festival del miracolo organizzativo, della qualità degli ospiti, della varietà delle proposte letterarie e non, ma anche, e soprattutto, il miracolo di un piccolo centro urbano, a quasi ottocento metri sul livello del mare, sperduto fra le dolci pendici dei suoi monti, cui è abbarbicato gelosamente, un’oasi di verde e tranquillità, con le sue viuzze lastricate di pietra e le sue case e chiese antiche che sembrano quasi inchinarsi passandoci accanto, che ogni estate ferve di vita e di entusiasmo sotto un sole cocente, con il coinvolgimento della sua intera comunità e del territorio che come una sola persona, entusiasta e ospitale, si dedicano al “loro” festival. È la cultura che in tutte le sue espressioni galvanizza e cinge tutti nel suo abbraccio.

L’edizione di quest’anno, svoltasi tra il 4 e 7 luglio, ha visto passarsi di volta in volta il testimone sui suoi tre palcoscenici principali – il Giardino Comunale e le piazze di Sant’Antiocru e Mesu Bidda (solo per citare gli spazi più capienti) – scrittori, critici, giornalisti, operatori culturali, musicisti, artisti. Per limitarci all’ambito strettamente letterario hanno preso la parola, preceduti da un intermezzo musicale (eseguito dalla formazione jazz Bianca Frau Quartett) e da letture tratte da Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia), Elizabeth Arquinigo Pardo, scrittrice di origini peruviane ma italiana d’adozione, Teresa Ciabatti, Paolo Colagrande, l’anglo-canadese Rachel Cusk, il giallista Maurizio De Giovanni, l’irlandese Catherine Dunne, Fabio Geda (in veste anche di moderatore in vari eventi), lo statunitense Eli Gottlieb (e traduttore dall’italiano), Marina Mander, Wanda Marasco, Rossella Milone, Giacomo Papi (anche lui in veste di moderatore), la romena Ofelia Prodan, le austriache Susanne Scholl e Carolina Schutti, Elvira Serra, Stefano Sgambati, Simona Sparaco, il polacco Wojciech Tochman, Emanuele Trevi, Chiara Valerio e la slovacca Svetlana Žuchová. Al di fuori di questo ambito che, per ovvie ragioni, la fa da padrone durante il festival, a riprova del molteplice approccio e dell’ampio ventaglio di nomi non esclusivamente legati al mondo delle lettere offerti dal festival, si possono citare, in ordine del tutto aleatorio, i giornalisti Lirio Abbate e Marco Damilano rispettivamente vicedirettore e direttore de «L’Espresso», lo scultore e videoartista polacco Mirosław Bałka (presente con la mostra «Sweet of sin» negli spazi del Museo del Fiore Sardo), Simonetta Bitasi, promotrice, fra le altre cose, di progetti di diffusione della lettura fra i giovani, l’astronauta Paolo Nespoli, il politico Giuseppe Civati, i registi Paolo Zucca e Marco Tullio Giordana, il sociologo Stefano Laffi, le attrici Camilla Soru Agnese Fois, l’illustratrice Claudia Piras e molti molti altri ancora, finendo con le fotografe Francesca Marchi, la fotografa ufficiale del festival, e Daniela Zedda, autrice della mostra fotografica «Intintos. Il lato oscuro del festival», composta da una serie gigantografie appese per le viuzze di Gavoi con i volti degli scrittori invitati nell’edizione 2018 dipinti di nero, sorta di maschera che si rifà a una tradizione carnevalesca della Barbagia, un modo per i protagonisti di vedersi e farsi vedere ritratti in maniera insolita e straniante, ma prestati a fare così da tramite a una tradizione locale.  

Grazie alla collaborazione con l’IRCRU, a partire dal 2011 in ogni edizione del Festival di Gavoi è assicurata la partecipazione di un autore romeno. Il primo ad aver avuto questo onore è stato Lucian Dan Teodorovici, cui si sono avvicendati, da allora, in ordine cronologico, Dan Lungu, Ruxandra Cesereanu, Cezar Paul-Bădescu, Ana Blandiana, Mircea Cărtărescu, Liliana Nechita, Doina Ruști, e quest’anno, la poetessa Ofelia Prodan. Ofelia Prodan non poteva trovare riflettore migliore del festival di Gavoi, non solo per il privilegio di stare a contatto con un pubblico curioso, generoso e attento come quello che riempiva… «pînă la refuz» la piazzetta di Mesu Bidda, omonimo rione di Gavoi, sotto un’ombra ristoratrice, ai piedi di una suggestiva parete di granito, ma anche per la preziosa occasione di far conoscere la sua peculiare poesia con versi tratti, in questa occasione, dal suo primo volume tradotto in italiano (a cura di Mauro Barindi), Elegie allucinogene, uscito quest’anno per i tipi Forme Libere di Trento, che alla loro lettura hanno sortito un effetto di piacevole sorpresa in chi ascoltava per l’alchimia di “surrealismo reale” nascosto nei suoi versi, pubblico che le ha tributato generosi e sinceri applausi ed espressioni di apprezzamento, anche ore dopo l’evento, per le vie di Gavoi. L’appuntamento con Ofelia Prodan era inserito nella sezione «Altre prospettive», “in dialogo” con l’altro ospite, lo scrittore Stefano Sgambati, e il suo ultimo, e quinto, romanzo, La bambina ovunque, uscito per Mondadori. A moderare l’incontro c’era Ignazio Caruso, giovane professore di Lettere e collaboratore di festival e riviste letterarie, che ha saputo dirigere la conversazione con domande puntuali, inerenti sia a far conoscere gli autori, sia al contenuto dei rispettivi libri, aprendo finestre su due mondi, quello della poesia e della prosa, apparentemente distanti, che hanno dato vita a un vivace e dinamico duetto dialettico. Al termine è seguita la consueta sessione di autografi, occasione in cui autori e pubblico si scoprono a vicenda in frammenti di più intimo dialogo, come suggello finale di stima.  In fine, non ci resta che aspettare con impazienza l’edizione 2020 del Festival di Gavoi, che ci regalerà senz’altro altri imperdibili appuntamenti letterari e di riflessione.





Mauro Barindi

(n. 7-8 luglio-agosto 2019, anno IX)