Le «Memorie italiane» di Carlo Goldoni ora anche in romeno

Escono a novembre, nella collana bilingue «Biblioteca Italiana» dell'editrice Humanitas, le Memorie italiane di Carlo Goldoni (traduzione di Miruna Bulumete). Scritte con coerenza romanzesca, le Memorie presentano al lettore non solo gustosissime scene della vita dell’autore, ma anche l’intero percorso che – con la forza travolgente di una vera e propria missione artistica insita nel proprio destino e sentita e confessata come tale – aveva portato Goldoni a diventare l’ineguagliabile commediografo riformatore del teatro italiano del Settecento.
Le Memorie erano apparse a partire dal 1761, a puntate, come prefazioni delle edizioni Pasquali. Sono dunque un’opera di maturità concepita per essere preposta alle commedie con l’intento di dilettare il lettore e, al pari di un avvincente romanzo d’appendice, di stuzzicare il suo desiderio di comprare uno dopo l’altro tutti i tomi della lussuosa edizione.
Oltre ad essere corredata di una prefazione del noto critico Carmelo Alberti e di un apparato critico costituito di note appositamente elaborate per il pubblico romeno, la presente edizione Humanitas riporta anche i frontespizi dell’editio princeps delle Memorie: le incisioni che dipingono eventi fondamentali del tragitto esistenziale e artistico goldoniano. 
I lettori familiarizzati con il grande drammaturgo, anche grazie ai tre volumi di teatro goldoniano già apparsi nella stessa collana, hanno l’occasione di conoscerlo ancora più profondamente, percorrendo l’affascinante storia della sua vita indissolubilmente intrecciata a quella del suo teatro. Gli altri lettori, invece, possono inaugurare proprio con le Memorie italiane la scoperta di questo scrittore di genio che, in una prosa limpida e di grande espressività, ci invita tanto nella pittoresca giostra dei propri ricordi quanto nel laboratorio in cui compie la riforma, fra gli attori e sui palcoscenici dell’Età dei Lumi, e che, con sottile e bonaria ironia, alza per noi il sipario sopra un intero secolo.
Di seguito, alcune pagine del volume, in anteprima nell'edizione romena.

Miruna Bulumete


Dalle «Memorie italiane» di Carlo Goldoni

«...i due libri su’ quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò mai di essermi servito, furono il Mondo, e il Teatro. Il primo mi mostra tanti, e poi tanti vari caratteri di persone, me li dipinge così al naturale, che paion fatti apposta per somministrarmi abbondantissimi argomenti di graziose, ed istruttive Commedie. Mi rappresenta i segni, la forza, gli effetti di tutte le umane passioni: mi provvede di avvenimenti curiosi, m’informa de’ correnti costumi; m’istruisce de’ vizi, e de’ difetti, che son più comuni del nostro secolo, e della nostra Nazione, i quali meritano la disapprovazione o la derisione de’ Saggi e nel tempo stesso mi addita in qualche virtuosa persona i mezzi co i quali la Virtù a codeste corruttele resiste, ond’io da questo libro raccolgo, rivolgendolo sempre, o meditandovi in qualunque circostanza, od azione della vita mi trovi, quanto è assolutamente necessario che si sappia da chi vuole con qualche lode esercitare questa mia professione. Il secondo poi, cioè il libro del Teatro, mentre io lo vo maneggiando, mi fa conoscere con quali colori si debbano rappresentare sulle Scene i caratteri, le passioni, gli avvenimenti, che nel libro del Mondo si leggono; come si debba ombreggiarli per dar loro il maggiore rilievo, e quali sieno quelle tinte, che più gli rendon grati agli occhi delicati degli Spettatori. Imparo insomma dal Teatro a distinguere ciò, ch’è più atto a far impressione sugli animi, a destar la maraviglia, o il riso, o quel tal dilettevole solletico nell’uman cuore, che nasce principalmente dal trovar nella Commedia, che ascoltasi, effigiati al naturale, e posti con buon garbo nel loro punto di vista i difetti, e ’l ridicolo che trovasi in chi continuamente si pratica, in modo però, che non urti troppo offendendo.
Ho appreso pur dal Teatro, e lo apprendo tuttavia all’occasione delle mie stesse Commedie il gusto particolare della nostra Nazione, per cui precisamente io debbo scrivere, diverso in ben molte cose da quello dell’altre. Ho osservato alle volte riscuoter grandissimi encomi alcune coserelle da me prima avute in niun conto, altre riportarne pochissima lode, e talvolta eziandio qualche critica, dalle quali non ordinario applauso io avea sperato; per la qual cosa ho imparato volendo render utili le mie Commedie, a regolar tal volta il mio gusto su quello dell’universale, a cui deggio principalmente servire, senza darmi pensiero delle dicerie di alcuni, i quali pretendono di dar la legge al gusto di tutto un Popolo, di tutta una Nazione, e forse anche di tutto il Mondo, e di tutti i secoli colla lor sola testa, non riflettendo, che in certe particolarità non integranti i gusti possono impunemente cambiarsi, e convien lasciar padrone il Popolo egualmente, che delle mode del vestire, e de’ linguaggi.»



(novembre 2016, anno VI)