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Antonio Spagnuolo con «Ricami dalle frane», premio all’«Iris Fashion Show»
Il bravissimo poeta Antonio Spagnuolo ha ricevuto una targa-premio a Palma Campania, durante la manifestazione «Iris Fashion Show», che ha suscitato vivissimo interesse, pilotata da Rosa Ferrante, Presidente dell’Associazione Culturale Naturae (vedi foto in allegato con Antonio Spagnuolo e Rosa Ferrante).
Prosegue la sua lunga attività poetica nello studio di Napoli. Elabora poesie dal ritmo musicale e con una squisita e persuasiva dinamicità. È fortemente interessato alle complessità contemporanee e, quindi, sviluppa una poesia capace di suscitare fortissime emozioni. Le sue qualificatissime stesure poetiche sono rivolte all'analisi della conoscenza dell’assenza.
Da segnalare l’ultima raccolta, prodotta da Oèdipus edizioni, pubblicata nell’agosto 2021, Ricami dalle frane, davvero intensa, ricca e con esplodenti vertigini. Antonio Spagnuolo, progressivamente, misura verso su verso e propone a ogni suo libro una graduale evoluzione.
Il ‘plafond’ poetico di Antonio Spagnuolo è vasto e questo gli permette di ricavare dalle sedimentazioni del tempo sempre nuovi spunti e nuovi allargamenti.
Dal plauso di Umberto Saba sino alle attuali raccolte, che ‘a cascata’ richiamano il suo fervore sui temi doppi, quali eros-thanatos e gioventù-vecchiaia, costanti nel suo procedere letterario, riesce a distinguersi in campo internazionale, grazie a numerose traduzioni.
Pause, silenzi, testimonianze, razionalità convinte e passaggi emotivi inestinguibili dettano cadenze stringenti per arrivare a un ristoro dell’anima.
Antonio Spagnuolo è un finissimo poeta, che non dimentica, però, la lingua napoletana.
Maurizio Vitiello
Antonio Spagnuolo e Rosa Ferrante
Da «Ricami dalle frane» di Antonio Spagnuolo
Parola
Come l’esplosione di un fiore la parola
ha un lungo laccio che ricama passati,
come un fossile rimane traccia di echi,
più non è canto nei riverberi del giorno,
nel rosso di ferite, ma stormire variegato.
Cerchiamo la parola che da sé non si presenta,
annodata al germoglio di un fecondo schermire.
Immergersi per un cambio mutilante
di un rendiconto che ammicca nel silenzio.
Innocenti
Ancora una volta le innocenti parole
che avevi per quegli anni scanditi,
quando altre proibite vorticavano al ciglio.
Anche se adesso tutto tace,
tutto fermo allo sguardo,
le braccia sollevate da lontano
segnano lievissima brezza ai nostri volti:
per rinascere fanciulli
e ripetere i giochi dell’amore.
Sorriso
Il componimento che inanella giorni
uno dietro l’altro nella flebile impronta del sorriso
è l’ultimo nostro percorso nel blocco del tempo.
La parola che cancella la speranza
è il tremore che ci aggancia
in questo ritornare da bambino donato alle carezze
Da qualche parte la passione è nel vuoto,
urlo sospeso alla certezza che un’ultima
sorpresa possa riaccendere il sogno interrotto
correndo nelle sere all’invito di un canto.
Oblio
Anche l'oblio è stralcio di memoria
altro versante che cancella colori,
solitudini e canti misteriosi,
tra forme vaghe e luminose.
Tempo nella penombra lenta
somiglia a un labirinto incantato
dove il centro segreto ha echi e passioni.
Non saprò mai chi sono, allo specchio
recondito e fragile riflesso di un pericolo
che ostacola fantasmi.
Nell'azzardo impallidisce e tace
anche la storia in un saluto rapido,
accennato ad un rancore antico,
e si ferma se c'è un fiore di cardo.
Senza fare rumore, con la fermezza
che fu già la sua illusione, abbandono
mine vaganti.
Maschera
Con la maschera impressa nel volto
cerco nuove menzogne:
fiume tranquillo, tra le nebbie
a scongiurare agonie, perché purtroppo
non si ha età sino alla morte.
Le tue pupille erano mare in tempesta,
le tue labbra sogno e rugiada,
tutta la follia del ritmo incalzante.
Ora è riflesso di luce spettrale.
Sento l’inganno rapprendersi al mattino
che si inebria col vento.
Avevi l’aroma del glicine, leggenda
di croce e di luna.
La tua figura dormiente e muta
è l’ombra del sonno eterno.
Attimi
Attimo quel raggio di sole che acceca.
La fulminante immagine del tuo sorriso,
ammutolita nell'aria, folgora l'unico aggancio
alla mia irrealtà.
Il fardello delle ore monotone
urla nei visceri, tra quei segreti
che resero incandescenti anche le coronarie.
Invoco l'offerta di un declino
bussando alla memoria.
Il gioco delle mele
Quello che adesso stringi fra le coltri
è soltanto il ricordo di follie
che rincorresti al tempo delle mele:
fantasmi che ripetono gesti allucinanti.
Null’altro che illusioni aggrappate ad un sogno
rimasto indiscreto.
Lo spazio che le dita riuscivano a comporre
sgualciva l’orlo dei quaderni segreti.
Nel lampo che lo sguardo franava al passo
e ricamava le fantasie dell’orizzonte
tu eri la carne da mordere,
colorata per vaneggiamenti tutto svaniva inesorabilmente
tra le carte ed il video, in abbandono,
trattenendo le mani su bordo delle vene
che scorrevano tra i minuti dell’ignoto.
Ecco i miei sogni radunati alla sera
pronti a sconvolgere il vuoto dei muscoli.
Pronti a rigare i margini del cielo
con le vocali di fuoco che disgregano il senso.
A volte torna, a volte riprende le parole
ed una luce forsennata
come il pensiero di colpa o di fuga
rinverdisce la pelle, nel passo liquefatto.
Non ha più senso la bocca inaridita
dove parlava il petalo a confondere
lo sciogliersi dell’onda.
All’improvviso ti svegli e chiedi una carezza
crogiolo di future inesattezze
punto e daccapo nel rombo di un naufragio.
(n. 11, novembre 2021, anno XI)
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