«La poesia giace un’altra volta sulle barricate». Versi di Ileana Mălăncioiu 
       
     
     In occasione della Giornata Mondiale della Poesia pubblichiamo versi di  Ileana Mălăncioiu, nata nel 1940 a Godeni, distretto di Argeș. Dopo  la laurea in Filosofia all’Università di Bucarest nel 1968, consegue il  dottorato nel 1975 con una tesi sul tragico. Debutta nel 1964 su «Luceafărul» e  in volume nel 1967 con la silloge Pasărea  tăiată, cui seguiranno altre raccolte poetiche che  culmineranno in Urcarea muntelui (1985), «il più duro atto d’accusa  contro il regime dittatoriale espresso in poesia» (cit. Marco Cugno) su cui si  abbatte la censura togliendole il diritto di pubblicare. È autrice dopo l’89  anche di «saggi politici» raccolti in volume nel 1993.  
      Tra le sue raccolte poetiche, Pasărea tăiată, Editura Tineretului, 1967, con una prefazione di Ştefan Augustin Doinaş; Către Ieronim, Editura Eminescu, 1970; Inima reginei, Editura Eminescu, 1971; Crini pentru domnişoara mireasă, Editura Cartea Românească, 1973 (Premio dell'Accademia Romena); Ardere de tot, Editura Cartea Românească, 1976; Peste zona interzisă, Editura Cartea Românească, 1979; Sora mea de dincolo, Editura Cartea Românească, 1980; Linia Vieţii, Editura Cartea Românească, 1982; Urcarea muntelui, Editura Albatros, 1985, volume ritirato dalle librerie, con divieto di commento per ordinanza  della Securitate, conservata negli archivi CNSAS. Nel 1992 il volume è stato ripubblicato  dalla Casa Editrice Litera, in un’edizione non censurata. 
      In Italia, Ileana Mălăncioiu ha partecipato a diversi  festival e incontri letterari promossi dall’Istituto Culturale Romeno di  Bucarest. Di seguito, una selezione di versi  estratti dall'antologia La poesia romena del Novecento, traduzione e a cura di Marco Cugno (Edizioni dell’Orso, Alessandria 1996). 
     
     
    Canto 
    La gente è  sempre più triste e più pressata  
      Il pane è sempre più corto e più appiattito  
      Da nessuno notata 
      La poesia è scesa  in strada.  
    Si guarda intorno smarrita  
      È sbarrata ogni via  
      Passato è il tempo della malinconia  
      Non ha vie d’uscita.  
    La poesia è scesa  in strada  
      La poesia giace un’altra volta sulle barricate  
      Ma la gente ha fretta, ma deserta è la via   
      Ma chi può adesso leggere  poesia? 
    (La salita del monte, 1985) 
      
    Un crimine compiuto  sulla via principale
    Un crimine compiuto sulla via principale  
      In pieno meriggio,  un crimine orribile 
      E nessuno piange, nessuno grida  
      Nessuno agguanta il criminale. 
    Io stessa me ne sto qui a scrivere versi  
      Come se i miei versi potessero impedire  
      Un crimine compiuto sulla via  principale  
      In pieno dì. 
    Oh quando  lascerò tutto da parte  
      Per uscire in strada e gridare a gran voce 
      Si è perpetrato un crimine, agguantate il criminale  
      Agguantate me, sono il complice. 
      
    I morti erano uguali 
       
    I morti erano uguali ai vivi 
      Nessuno avrebbe rinunciato per l’altro  
      A questa uscita miracolosa 
      Che credevano  portasse verso l’alto. 
       
      Soltanto che per ognuno di loro  
      Tutto quel che noi ora viviamo più non era  
      Né mediocre, né in alto, né in basso  
      Ma altra cosa.  
       
      Guardavano sereni a quanto ci addolora  
      E passavano oltre inconsapevoli  
      Che questa moltitudine impietrita  
      Vivesse ancora.  
       
      Mi intrufolai fra loro impaurita   
      Che fate, gridai a gran voce,  
      Non vedete che vi ha colti qui la luce  E che rischiate  una nuova vita? 
       
       
       
      L’Angelo della Morte 
         
      Ho intravisto l’Angelo  della Morte  
      Il più glorioso  degli angeli del Signore  
      Mi ha  guardato furtivo e mi ha lasciato  
      In balia del sonno. 
       
      Gli altri angeli facevano i fatti loro  
      Ognuno  custodiva qualcuno  
      Solo il mio angelo custode  
      Non sapevo dove fosse andato.  
       
      Avevo paura più che mai  
      Volevo vivere più che mai  
      E proprio allora è comparso  il mio angelo custode 
      Vestito da poliziotto.
     Ho visto bene la sua arma, luccicava nel buio  
      Mentre passeggiava nervoso davanti alla  porta  
      E mi sono svegliata  gridando impaurita:  
      Non avete visto per caso l’Angelo  della Morte? 
      
    L’arca di Noè 
       
    Si diffonde la paura come un’erbaccia  
      Si  diffonde come il fuoco in un bosco  
      Si diffonde come l’acqua su tutta la terra  
      E l’arca di  Noè non è più pronta. 
    Se non ci sono assi, se non c'è pece  
      Se non ci sono  sette coppie d’animali  
      Se i figli di  Noè non sono a casa  
      Se Noè si trova in cattive  acque.  
    Ieri l’ho visto tutto tremante  
      Stava rigido come in una vecchia armatura  
      E guardava sulle acque torbide  
      Da cui nessuno si salverà.  
    Non l’ho deciso io  così pareva dire  
      Guardando  d’improvviso da ogni parte  
      Come belva accerchiata, benché intorno a  lui  
      Non ci fosse da tempo che il diluvio.  
      
    Quiete
    Quiete. Una sola esplosione in uno scantinato  
      Una sola voce di rivolta in un mercato  
      Un solo macellaio trovato sgozzato  
      Una mattina  in un mercato coperto.  
    Un solo incendio luccicante  
      Una  sola tristezza soffocata  
      Una sola ombra senza fine  
      Su esseri e cose spuntata. 
       
      Un solo modo di caduta   
      Un solo modo di salvezza  
      Che aspettiamo il cielo ci dia  
      In un giorno di festa.           
     
       
    Traduzione a cura di Marco Cugno 
(n. 3, marzo 2024, anno XIV) 
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