Per l’anniversario Eminescu, una nuova traduzione del poema «Lucifero»

Una nuova versione in italiano del celebre poema di Mihai Eminescu (15 gennaio 1850 - 15 giugno 1889) è sempre un piccolo evento, in cui ha voluto cimentarsi questa volta lo scrittore Viorel Boldiş in occasione dell’anniversario del sommo poeta di Ipotești.
Il poeta iniziò la stesura di Luceafărul nel 1873 e lo elaborò per molti anni, fino alla pubblicazione nell'aprile del 1883 su «Almanahul societăţii studenţeşti România Jună» di Vienna. Il poema è composto di 392 versi divisi in 98 quartine.
La traduzione di Viorel Boldiş è l’ultima di una non foltissima, a dire il vero, ma prestigiosa pleiade che raccoglie i nomi di Ramiro Ortiz, il primo a traslarlo in italiano (1927), Mario De Micheli/Dragoș Vrânceanu (1984), Marin Mincu/Sauro Albisani, Geo Vasile (entrambi nel 1989), Marco Cugno e Fiammetta Ricci (entrambi nel 1990).




Lucifero

C'era come nelle fiabe,
E come mai fu nulla.
Da reali stirpi trabe,
Un fiore di fanciulla.

Era la bella del castel,
Ai genitori una,
Come la vergine nel ciel,
E tra le stelle, luna.

Dall'ombra dei soffitti bui
Il suo passo tende
Alla finestra, dove lui,
Lucifero, l'attende.

Guarda l'orizzonte donde
Sui mari luce porta,
E sulle vie delle onde
Velieri neri scorta.

E giorno dopo giorno là,
Il desio affiora;
Eppure lui, guardandola,
Di lei si innamora.

Poggiando di codest’amor
Sui gomiti le tempie,
Dal suo desio il cuor
E l'alma si riempie.

E lui illumina il ciel
Di tanto avvampare,
Verso le ombre del castel
Quand'ella gli appare.

Passo a passo dietro lei
Fluisce nella stanza,
Tessendo strisce cerulei
In una strana danza.

E quando adagiata sta
Figliola, e sbadiglia,
Le sfiora blando l'anima,
Le chiude pur le ciglia;

E dallo specchio scalpita,
Sopra di lei si china,
Sull'occhio che le palpita,
Sul viso che reclina.

Lei lo guarda sorridente,
Lui, mosso dal tremore,
Nei suoi sogni, invadente,
Le ruba pur il cuore.

Lei, dai sogni interrotti
Disse tra i baleni:
- O, Signore delle notti,
Perché non vieni? Vieni!

- Scendi qua giù, Lucifero,
Sul tuo raggio slitta,
In casa e nel pensiero
Rischiarami la vita!

Lui l'ascoltava tremulo,
Più forte s'accendeva
E si buttava cerulo,
Nel mare sprofondava.

E l'acqua dov'è caduto
In cerchi si contorce,
E dal buio sconosciuto
Un bel giovane sorge.

Varca sotto il frontone
Lieve come il fiato,
Ha in mano un bastone
Di canne adornato.

Pare un giovin voivoda
Con chiome d'oro gialle,
Un vel limpido s'annoda
Sopra le nude spalle.

Il suo volto luccica
Di cereo pallore -
Eppur lo sguardo fulmina
E lancia un bagliore.

- Dal mio mondo arrivar
Mi fu assai pesante,
E come madre ho il mar,
Il cielo, come padre.

Per giungere dove stai tu,
Guardarti da vicino,
Son sceso con il cielo blu,
Dell'acqua son bambino.

Oh, vieni gioiello mio,
E lascia ogni cosa,
Sono Lucifero io,
Tu sii la mia sposa.

Nei palazzi di corallo
Starai accanto a me,
E tutti nell'oceano
Obbediranno a te.

- Oh, sei bel come nei sogni
Un angelo appare,
Sulla strada che mi sproni
Non potrò mai andare.

Da me tu sei estraneo,
E brilli senza fiato,
Io son viva e tu no,
L'occhio ti è gelato.

...

Passa un giorno, passan tre,
E ancor il buio scende,
Lucifero ancora c'è,
Con i suoi raggi splende.

Nel sonno lei di lui ancor
Dovette ricordare,
E palpita il suo cuor
Del principe del mare:

- Scendi qua giù, Lucifero,
Sul tuo raggio slitta,
In casa e nel pensiero
Rischiarami la vita!

Quando dal cielo l'ascolta,
Si spegne con dolore,
E il cielo pure rotea
Nel punto dove muore;

Purpureo baglior nel ciel
Il mondo abbellisce,
E dal caotico mister
Bel volto apparisce;

Sul capo la corona par
Che bruci con ardore,
Lui corre nel baglior solar
Di verità candore.

Si slungano dal nero vel
Marmoree le braccia,
E va assorto dal pensier
E pallido in faccia;

I suoi occhi grandi assai
Risplendono sconvolti,
Due tormenti sazi mai,
Di tenebra avvolti.

- Dal mio mondo arrivai
Per sentirti ancora,
La notte ho per madre, sai,
Il sol m'è padre ora;

Oh, vieni gioiello mio,
E lascia ogni cosa,
Sono Lucifero io,
Tu sii la mia sposa.

Nella tua chioma folta
Porrò serti di stelle,
Che tu splenda sulla volta
Ancora più di quelle.

- Oh, sei bel come nei sogni
Un demone appare,
Sulla strada che mi sproni
Non potrò mai andare.

Quest'amor così crudele
L'alma me la scucia,
Occhi, fulgide candele,
Il tuo sguardo brucia.

- Tu vuoi ch'io mi prosterna
Per esserti uguale?
La mia vita è eterna,
La tua è mortale!

- Non cerco parole scelte,
Né a spiegar ambisco,
Benché parli chiaramente,
Io non ti capisco;

Ma se vuoi con giuramento
Amarti come tale,
Discendi dal firmamento,
Sii come me, mortale.

- Mi chiedi l'immortalità
In cambio di un bacio;
Avrai la mia fedeltà,
E per l'amor lo faccio;

Sì, rinasco dal peccato,
Altra legge accolgo,
All'eterno son legato,
Ma ora me ne sciolgo.

E se ne va... Se ne andò.
D'amor per la fanciulla,
Dall'alto ciel si sradicò,
Perdendosi nel nulla.



Nel frattempo, Catalino,
Un paggio pazzerello,
Che riempie di vino
Le coppe al castello,

E che regge tra le porte
Lo strascico regale,
Trovatello senza sorte
Collo sguardo che assale,

Con le guance tutte rosse
D'astuzia divina,
Il furbetto pian si mosse
Spiando Catalina.

Ma quant'è bella, bella è,
Fiera come nessuna;
Dai, ragazzo, tocca a te
Tentare la fortuna.

La ferma nell'angolino
E la tiene là, dov'è;
- Ehi, sta buono, Catalino,
Che cosa vuoi tu da me?

- Che cosa voglio? Vorrei che
Fossi un po' più sciolta,
Che ridi e che baci me
Almeno una volta.

- Ma vai lontano pure tu,
Non so cosa vuoi dire -
Lucifero che sta là su
Mi manca da morire.

- T'insegnerei, se non lo sai,
L'amor punto per punto,
Stai calma tu, e scoprirai
Il bello inconsunto.

Come tende il cacciator
Ai passeri il laccio,
Quando col braccio ti sfior,
Avvolgimi col braccio;

E gli inermi occhi tuoi
Sotto i miei l'impunta...
E se ti alzo, più che puoi,
Alzati sulla punta;

Quando mi chino su di te,
Resta col volto fermo,
Per guardarci dolcemente
E sazi in eterno;

Che ti sia rivelato
L'amore come tale,
Se ti bacio affamato,
Tu baciami uguale.

Lei sentiva Catalino
Stupita e inconscia,
Pur timido, pur carino,
Si lascia, non si lascia.

E gli disse: - Da bambino
Ti conoscevo bene,
Chiacchierone birichino,
Potremo star insieme...

Ma l'astro risorto donde
L'oblio fa silenzio,
Mi sconfina l'orizzonte
Del mare dell'assenzio;

E le ciglia restan chine
Bagnate per il pianto,
Onde passano vicine
Per star a lui accanto;

E lui splende ancor di più
Per spegnermi il dolor,
Ma si leva ancor più su,
Lontano dal mio cuor.

Arrivan fredd'i raggi suoi
Dal mondo non umano...
Per sempre l'amerò, ma poi,
Per sempre sta lontano...

Per questo i miei giorni son
Deserti e infermi,
Le notti magiche che non
Riesco a spiegarmi

- Tu sei bambina, questo è...
Al mondo siam sortiti,
Si dimenticheranno che
Siamo esistiti,

E gioiosi pur nei cuori
Saremo per davvero,
Scorderai i genitori,
E pure Lucifero.

...

Partì Lucifero. Allor
Che ali'l tempo scuce,
Svanivano in un baglior
Migliaia d'anni luce.

Un ciel di stelle in basso,
Di sopra ciel di stelle -
Pareva un lampo squasso,
Ramingo sol tra quelle.

Vedeva a sé intorno,
Dal caos che traluce,
Come nel primo giorno
Uno zampillar di luce;

E avvolto dalle sfere
Come dal mar, a nuoto,
Si invola fin che pere
Nel vuoto di quel vuoto;

Non c'è una frontiera,
Né occhio sapiente,
Invano il tempo spera.
A nascere dal niente.

E nulla c'è, eppure c'è
La sete del restio,
È un abisso simile
Al più cieco oblio.

- Dal peso dell'eternità,
Oh, Padre, mi disciolga,
E per l'eterno che verrà
Lode a te si volga;

Chiedimi, Padre, quel che vuoi
In cambio d'altra sorte,
Che tu dai vita, e tu puoi
Dar altrettanta morte;

Toglimi l'immortalità,
E tutto quest'ardore,
Dammi la possibilità
D'un ora di amore...

Signore, nel caos giacqui,
Ritornerei voglioso,
Eppur dal riposo nacqui,
Ho sete di riposo.

- Iperione, che agogni
E sorgi con le sfere,
Non chieder segni e sogni
Che son solo chimere;

Vuoi essere come tanti,
Uguale ai mortali?
Periscano tutti quanti,
Nasceranno uguali.

Son nel vento che incombe
Foglie moribonde –
Quando onde trovan tombe,
Sorgono dietro onde;

Agli astri pagan dazio,
Son schiavi della sorte,
Noi, né tempo e né spazio
Non conosciam, né morte.

Sempre dallo stesso ieri
Vive l'oggi morente,
Se pere un sol nei cieli,
Un altro sol s'accende;

Pur che par etern fiorire,
La morte gli intasca,
Tutto nasce per morire
E muore perché nasca.

Ma tu, Iperione, resti
Dovunque a ponente...
Chiedimi i primi gesti -
Vuoi esser sapiente?

Vuoi sentire quella voce
Che pure fa sposare
Le foreste con le rocce,
Le isole nel mare?

Vuoi forse mostrar coi fatti
Che sei giusto e fiero?
Ti do il mondo a fratti
A fartelo impero.

Ti do barche e velieri
Ed eserciti ti do,
Per varcar terre e mari,
Ma la morte non si può...

E per chi vuoi tu morire?
Rivolgiti e scruta
Quella terra, per capire
Che cosa ti aspetta.



Il suo posto nei cieli
Iperion riprende,
E ancora come ieri
Illumina e splende.

Poiché il tramonto scende
Con i suoi luminari;
La luna pian risplende
E tremola sui mari

E riempie di grovigli
Lustri i vialetti.
Sotto un filar di tigli
Stan due, sol soletti:

- Oh, lascia ch'io appoggi
La testa sui tuoi seni,
Sotto i tuoi occhi dolci,
Ancora più sereni;

E allor con quella luce
Pervad'i miei dilemmi,
E versa eterna pace
Sul buio dei patemi.

Leniscimi il dolore,
Rimanimi affine,
Che sei il primo amore
E'l sogno della fine.

Iperione dal ciel scorge
L'amor faccia a faccia:
Se il braccio lui le porge,
Lei, dolce lo abbraccia...

Profumo di fior d'argento
Discende, dolce pioggia,
Su bionde teste al vento
Le chiome le irraggia.

Lei, ebbra ancor d'amore,
Alza gli occhi. Vede
Lucifero. E il cuore
Sussult'ancor e crede:

- Scendi qua giù, Lucifero,
Come le altre volte,
Nei boschi e nel pensiero
Rischiarami la sorte!

Lui ancora sta tremando
Sui colli e foreste,
Solitudini scortando
Su tumultuose creste;

Però, non è più caduto
Nel mar dal ciel stellato:
- Che t'importa, pover luto,
Se io son o l'altro?

Là, nel vostro cerchio stretto,
Sol la fortuna vale,
Mentre io, qui, mi sento
Freddo e immortale.


Mihai Eminescu
Traduzione di Viorel Boldiş
(n. 1, gennaio 2020, anno X)