«Monoideale» di Vasile Leac. «Un luogo in cui hai trasferito speranze e piaceri»

Vasile Leac (1973, Năsăud) è senza dubbio una personalità sopra le righe nel panorama contemporaneo della poesia romena. Sebbene abbia debuttato nei primi anni 2000, Leac rifiuta da subito l’appartenenza alla cosiddetta generazione dei poeti douămiiști e sceglie una posizione volutamente marginale da «disturbatore» di normalità, preferendo lo scherzo e il gioco letterario, l’assurdo ludico al realismo miserabilista che caratterizzava buona parte degli autori appartenenti a quella decade poetica.
Ho sempre desiderato scrivere poemi per due, tre astronauti un po’ distratti, in cui ancora pulsa un po’ di vita: navigano così, senza una destinazione precisa. Voglio che immagini il sorriso dell’astronauta mentre se ne sta lì, accanto all’oblò, al tavolo; sta sorseggiando una bevanda – cosa potrebbe essere? Dopo la lettura hai l’impressione che il poema si alzi (dalla pagina) in punta di piedi; che ti dia un bacio sulla guancia; che poi si allontani di corsa; che si ferma; si volti e ti sorrida sotto il naso, come un ragazzino furbo, che hai l’impressione conosca il segreto della felicità (Toți sunt îngrijorați - Sono tutti preoccupati). Non si tratta però di divertimento fine a se stesso ma di un intento specifico, quello di creare una fiction quanto più credibile e in grado di superare perfino la realtà stessa, diventando così assurdo, farsa verosimile in cui, d’altra parte, nulla è lasciato al caso o alla semplice ispirazione. Accanto a quello ludico, infatti, un altro elemento che caratterizza i versi di V. Leac è una salda consapevolezza stilistica, che si trasforma in un’architettura poetica raffinata e ben messa a punto. Il lessico molto specifico, il tempo della narrazione poetica frantumato in immagini, costruito seguendo una logica quasi cinematografica di vero e proprio montaggio con flashback e flashforward, la tensione concettuale sono tutti segni distintivi di uno stile che si mostra specifico e maturo in Monoideal (Monoideale), raccolta apparsa nel 2018 e premiata come miglior libro di poesia dell’anno.

La struttura dell’opera parte dall’idea di raccontare in versi una storia personale di scoperta della poesia universale, messa in pratica adottando appunto diversi stili poetici: modernismo, poesia documentaria, strutturalista, astrattista, fino alla poesia concettuale.
All’interno di questa struttura, dopo un potente poema-manifesto di apertura, tipico appunto del modernismo (La zona dei distrutti), seguendo il cambiamento dello stile, V. Leac racconta anche un altro cambiamento, una crisi, non solo personale ma dell’individuo a un passo dal postumanesimo.
Nel procedere attraverso i differenti stili, le emozioni umane sembrano sparire per lasciare il posto alla tecnica (in un linguaggio sempre più tecnico e specifico), a uno sguardo che si fa man mano più obiettivo e documentario, a testi sempre più simili a giustapposizione di immagini, fino a diventare quasi incomprensibili. In questa progressione, i personaggi, protagonisti o comparse dei poemi, sono individui in un modo o nell’altro disadattati, schiacciati dal sistema, estranei a esso, sfruttati o alienati, privi di aspirazioni o immaginazione e che, procedendo nella lettura, spariscono del tutto come esseri umani individualmente rilevanti.
Parallelamente, questa sparizione è anche sotterranea denuncia sociale che parte dal basso e racconta in immagini il ricatto economico dell’emigrazione (Ha detto, più che altro per sé, noi possiamo andare / ovunque perché siamo invisibili / e ciò che è invisibile è privo di responsabilitàDa qualche parte, al confine con l’Olanda), dello sradicamento, dell’omogeneizzazione forzata (Noi siamo una categoria sociale che non va guardata / con compassione. Il capitalismo è un prato perfettamente falciato. / Noi siamo fili d’erba perfettamente tagliati. E chi non / sorride ed è felice quando vede un prato così / perfetto e folto Prato), fenomeni anch’essi poco umani.
A questo punto, le poesie di V. Leac diventano concettuali e tecniche, prive di sentimenti o familiarità e completamente concentrate sul contenuto, sull’idea espressa per immagini e in cui la tecnologia è un elemento di grande importanza.
Il rapporto dell’uomo con la tecnologia è un altro dei temi cui l’autore volge costantemente uno sguardo mobile: la tecnica e l’avanzamento tecnologico come strumenti di alienazione (La scienza non ci soddisfa più l’immaginazione e l’intelligenza La zona dei distrutti) ma anche, e soprattutto, di elevazione, al servizio dell’immaginazione razionale (Noi non abbiamo bisogno di Dio, abbiamo bisogno di tecnica, / non di qualcuno che ci mostri la fede nei cespugli Stracci e tecnologia), specifica dell’uomo postumanista.
«Quando e come siamo arrivati qui? / Qualcuno dice tramite la tecnologia e l’immaginazione».


l a  z o n a  d e i  d i s t r u t t i

Che facciamo noi, quelli senza ambizione a cui piacciono
i monologhi interiori irrazionali?
Noi, quelli che sanno di essere colti in meschinità e stanchezza,
e ogni cosa ci sembra impossibile e lontana?

Che facciamo noi, questa gente bloccata, eternamente insoddisfatta?
Quando ci capita di passare una bella serata,
ci sembra tutto così semplice ma più tardi,
quando restiamo soli, moriamo piano e senza senso.

Noi, i delusi che non hanno voglia di azione ed ergoterapia;
noi, che desideriamo segretamente essere teletrasportati
in una riserva, dove c’è una festa con illusioni e allusioni,
da cui sappiamo che nessuno va più via.

Quelli per cui la religione non significa più niente,
la famiglia niente, la natura niente, gli animali niente, i bambini niente…
La scienza non ci soddisfa più l’immaginazione e l’intelligenza.
Noi, questi che desiderano tanto amare ma quando
succede, ci sembra impossibile e faticoso.

Che facciamo noi, che ci perdiamo in dettagli, che vediamo
defezioni ovunque, che non sopportiamo più i subdoli ma ci lasciamo
prendere a volte nella loro trappola. Noi, che viviamo per lo scroll e
il lavoro meccanico, per confusione e scarti?

Noi, questa gente senza energia o un’occasione, rimasti in attesa…
Quando otteniamo ciò che desideriamo, non desideriamo più ciò che abbiamo ottenuto.
Consumatori di pessimi film, umorismo secco e testi discutibili.
Per noi il passato non significa niente, il presente è parallelo,
il futuro impossibile.

Che facciamo noi, che ne abbiamo abbastanza di poesia e arte?
Che siamo messi male con l’orientamento, con gli skills?
Noi non desideriamo che essere lasciati in pace, a ciondolare
per bagni e corridoi bui, come zombi.

Noi, quelli che non hanno voluto raggiungere la maturità;
che non hanno mai voluto conoscere il ridicolo e la mancanza di un senso.
Che facciamo noi, che non abbiamo capito gli schemi e siamo rimasti
bloccati per sempre qui, nella zona dei distrutti?


z o n a  d i s t r u ș i l o r

Ce facem noi, cei fără ambiție, cărora ne plac
monologurile interioare iraționale?
Noi, cei care știm că suntem prinși în meschinărie și oboseală,
și orice lucru ni se pare imposibil și îndepărtat?

Ce facem noi, ăștia prinși în blocaj, veșnic nemulțumiți?
Când se întâmplă să avem o seară mișto,
ni se pare că totul e atât de ușor iar, mai târziu,
când rămânem singuri, murim încet și fără sens.

Noi, blazații, care nu ne dorim mișcare și ergoterapii;
noi, care ne dorim în secret să fi m teleportați
în rezervație, unde e petrecerea cu amăgiri și aluzii,
de unde știm că nimeni nu mai pleacă.

Cei pentru care religia nu mai înseamnă nimic,
familia nimic, natura nimic, animalele nimic, copiii nimic...
Știința nu ne mai satisface imaginația și inteligența.
Noi, ăștia, care ne dorim atât de mult să iubim, iar când se
întâmplă, ni se pare imposibil și obositor.

Ce facem noi, cei care ne pierdem în amănunte, care vedem
defecțiuni peste tot, care nu-i suportăm pe onctuoși, dar ne lăsăm
uneori prinși în capcana lor. Noi, care trăim pentru scroll și
lucru mecanic, pentru confuzie și deșeu?

Noi, ăștia, lipsiți de energie și șansă, rămași în așteptare...
Când obținem ce dorim nu ne mai dorim ce am obținut.
Consumatori de fi lme proaste, de umor sec și texte dubioase.
Pentru noi trecutul nu înseamnă nimic, prezentul e paralel,
viitorul imposibil.

Ce facem noi, cei care ne-am săturat de poezie și artă?
Cei care stăm prost cu orientarea, cu skillurile?
Noi nu ne dorim decât să fi m lăsați în pace, să ne milogim
prin baie și holuri întunecate, ca niște zombie.

Noi, cei care n-am vrut niciodată să ne maturizăm;
care n-am vrut să cunoaștem ridicolul și lipsa de sens.
Ce facem noi, cei care n-am înțeles schemele și-am rămas
blocați pentru totdeauna, aici, în zona distrușilor?


N o n  s e m p r e  c a p i s c i  c o m e
s t a n n o  i n  e f f e t t i  l e  c o s e

Puoi isolarti perfino nel mezzo dell’evento storico.
Sviluppi un complesso psicologico che non capisci,
un balcone di osservazione per ecologie speculative e
regimi spirituali utopici.

Non immagini quanto sarei felice di rivederti.
È come quando esci in bicicletta e la vedi per
un secondo, e pensi che vorresti passare le giornate con lei,
ma lei non la incontrerai mai più.

Che significa per te provinciale?
È un’atmosfera in cui percepisci il profumo vestimentario del ridicolo?
Maniere false unite alla magia del cameriere?

Quanto ti senti liberato dalle nevrosi familiari
E dalle altre pressioni sociali.
Quando la tecnologia è a tuo vantaggio,
allora sei un estraneo per i più.
Luminoso e leggero, puro e indescrivibile.

Sei smarrito ma non puoi sparire.
Quando vuoi sapere qualcosa sulle balene,
vai dal ciclista Borduz,
te lo dice lui perché-sono-bianchi-i-pesci-sull’addome.

In comune sei baciato da qualcuno
in abiti leopardati
Attenzione al sostantivo comune moglie
Sul suo braccio destro c’è una sirena in ginocchio
L’unica tipa al mondo che prega ancora per lui.


N u  î n t o t d e a u n a  î n ț e l e ț i
c u m  s t a u  d e  f a p t  l u c r u r i l e

Te poți izola chiar în mijlocul evenimentului istoric.
Dezvolți un complex psihologic pe care nu îl înțelegi,
un balcon de observație pentru ecologii speculative și
regimuri spirituale utopice.

Nu bănui cât de mult m-aș bucura să ne revedem.
E ca atunci când ieși cu bicicleta și o vezi pentru
o secundă, și te gândești că ai vrea să-ți petreci zilele cu ea,
dar pe ea n-o mai întâlnești niciodată.

Ce înseamnă pentru tine provincial?
E o atmosferă în care simți parfumul vestimentar al ridicolului?
Maniere false în combinație cu magia chelnerului?

Când te simți eliberat de nevrozele familiale
Și de celelalte presiuni sociale.
Când tehnologia este în avantajul tău,
atunci ești un străin pentru cei mai mulți.
Luminos și ușor, pur și indescriptibil.

Ești pierdut, dar nu poți dispărea.
Când vrei să afl i ceva despre balene,
te duci la biciclistul Borduz,
îți spune el de-ce-s-albi-peștii-p-abdomene.

La primărie ești sărutat de cineva
îmbrăcat în leopard
Atenție la substantivul comun soție
Pe brațul lui drept stă în genunchi o sirenă
Singura tipă din lume care se mai roagă pentru el.


A  v o l t e

penso che mi piacerebbe
essere tuo vicino
abitare nella stessa strada
a qualche casa di distanza
non troppo vicino
ma nemmeno troppo lontano

non voglio stressarti
se chiudi gli occhi senti il suono
dei passi per il corridoio della facoltà
mi senti canticchiare
senti la macchina del caffè
senti la musica

quello che in effetti voglio
dirti dall’inizio
è che sono estenuante come
un luna-park

 

U n e o r i

mă gândesc că mi-ar plăcea
să fi u vecinul tău
să locuiesc pe aceeași stradă
la câteva case depărtare
nu foarte aproape
dar nici foarte departe

nu vreau să te stresez
dacă închizi ochii auzi sunetul
pașilor prin holul facultății
auzi cum fredonez
auzi aparatul de cafea
auzi muzica

ce vreau eu de fapt
să-ți spun de la început
e că sunt la fel de obositor
ca un parc de distracții


G l i  a l b e r i  d e l  p a r a d i s o

Vedi come ciò che sei sia meno di
un’impressione negativa in una congiuntura scontata.
Quando ci capita di essere schivati dall’inverno
Rafforziamo i nostri tronchi in attesa.
Questo non ci rende per niente speciali.

Ci sforziamo di essere visibili e vulnerabili;
Imploriamo riconoscimento nei luoghi pubblici.
La MAFIA lo dice meglio quando si tratta di prendere posizione.
Siamo solo una specie detestata a causa dell’ambizione
di alcuni orientalisti abituati alla ripetizione.

II
L’eccesso ecologico e settario è noioso.
Noi muoviamo nel tempo eventi di contenuto economico.
Senza appartenenza – cresciamo lì dov’è impossibile.
Abbiamo bisogno solo di un piccolo nascondiglio nella
archeologia industriale.
Che sempre noi rendiamo invisibile e più facile da sopportare.
Non contate su di noi se non in caso d’apocalisse.
Abbiamo bellissime orecchie.

III
Li vedo dall’autobus accalcati lungo il muro
della casa, dove la crisi ha investito fantasmi.
Non dicono niente ma i loro movimenti, quando il vento soffia caldo,
parlano al nostro posto: - A noi piace ballare
fino al tardo autunno. Poveri e concilianti come voi.
Stretti gli uni agli altri. Oppure solitari.
Abituati all’oscurità.
Teniamo lontane le zanzare vampiro.

IV
Come tutti i disordinati, non siamo un pericolo.
Cerchiamo di convincervi ogni giorno
di non essere altro che alberi amichevoli.
L’inverno ci veste di ghiaccio e sonno.
È una città grande e non siamo tutti fortunati.

V
I parchi e gli spazi verdi amministrativi
non fanno per noi.
Noi amiamo le rovine e la scomparsa della civiltà.
Qualcuno dice che siamo soltanto parassiti aggressivi,
resistenti all’inquinamento, indifferenti al futuro.

L’autunno ci trasforma nei disegni di un bambino incompreso.
È rischioso mostrarti vivo e quasi frantumabile.
Rimpiazziamo la mancanza senza pretese, adattabili e resistenti
come un movimento clandestino, occupiamo territori e
Istituzioni morte.

VI
Ma anche tra noi ci sono scapoli isolati che bussano
a finestre vuote, implorando l’inverno di essere più comprensivo.
Loro rappresentano noi, quelli che non ce l’hanno fatta,
loro giustificano le nostre frustrazioni.
Loro coprono con foglie lunghe, mobili, l’abbandono.
La loro unica preoccupazione è proteggere la rovina,
dicendo agli altri: Andate via! Qui non c’è niente d’interessante.
Andatevene e lasciateci alle cure del vento.
La nostra unica gioia è portare il fondo delle buche
in superficie.

 

O ț e t a r i i

Vezi că ceea ce ești e mai puțin decât
o impresie negativă într-o conjunctură obișnuită.
Când se întâmplă să fi m ocoliți de iarnă
Ne întărim trunchiul în așteptare.
Asta nu ne face cu nimic mai speciali.

Ne chinuim să fi m vizibili și vulnerabili;
Implorăm recunoaștere în locuri publice.
MAFIA o spune mai bine când e vorba de poziționare.
Suntem doar o specie detestată din cauza ambiției
unor orientaliști obișnuiți cu repetiția.

II
Excesul ecologic și exclusivist e plictisitor.
Noi deplasăm în timp evenimente cu conținut economic.
Fără apartenență – creștem acolo unde este imposibil.
Avem nevoie doar de o mică ascunzătoare în
arheologia industrială.
Pe care tot noi o facem invizibilă și mai ușor de suportat.
Pe noi să nu contați decât în cazul unei apocalipse.
Avem niște urechi foarte frumoase.

III
Îi văd din autobuz cum s-au înghesuit lângă zidul
casei, unde criza a investit fantome.
Nu spun nimic, dar mișcările lor, când bate vântul cald,
vorbesc în locul nostru: – Nouă ne place să dansăm
până toamna târziu. Săraci și adaptabili ca voi.
Strânși unii în alții. Sau singuratici.
Obișnuiți cu obscuritatea.
Ținem la distanță țânțarii vampir.

IV
Ca toți dezordonații, nu suntem un pericol.
Încercăm în fi ecare zi să vă convingem
că nu suntem decât niște copaci prietenoși.
Iarna ne îmbracă în gheață și somn.
E un oraș mare și nu toți suntem norocoși.

V
Parcurile și zonele verzi administrative
nu sunt pentru noi.
Noi iubim ruina și dispariția civilizației.
Unii spun că nu suntem decât niște paraziți agresivi,
rezistenți la poluare, indiferenți față de viitor.

Toamna ne transformă în desenele unui copil neînțeles.
E riscant să te arăți că ești viu și aproape casant.
Înlocuim absența fără pretenții, adaptabili și rezistenți
ca o mișcare clandestină, ocupăm teritorii și
Instituții moarte.

VI
Dar și printre noi sunt burlaci izolați, care bat
în geamuri goale, implorând iarna să fi e mai înțelegătoare.
Ei ne reprezintă pe noi, cei care nu reușim,
ei ne justifi că frustrările.
Ei acoperă cu frunze lungi, mișcătoare, abandonul.
Singura lor preocupare e să apere ruina,
spunându-le celorlalți: Plecați! Aici nu e nimic interesant.
Plecați și lăsați-ne în grija vântului.
Singura noastră bucurie e să aducem fundul gropilor
la suprafață.


m o n o i d e a l e

Quando sei al limite e non hai forza
che per constatare. Il residuo crea
una disfunzione consolante nella coscienza;
è come stare al finestrino di un treno
regionale che non ferma da nessuna parte.

Erbacce – una sensazione indifferente di fronte alla campagna,
di fronte allo stato naturale e selvatico dei cardi,
di fronte ai viaggiatori che ti diventano insopportabili.

È probabile esista una contemplazione incosciente
che ci precipita tutti in uno stato di stupida fantasia,
senza controllo, senza destinazione.

Non esiste in pratica questo stato di coscienza
quando diciamo di non pensare a niente.
Ogni volta pensiamo a qualcosa senza poter
spiegare esattamente a cosa.
Questa per me è la fine.

II

Un gruppo di turisti amanti della natura,
degli alberi esotici, con l’immaginazione ridotta
a un’impressione, mentre moltiplica le stesse inquadrature.
Ora sono tutti a casa, scaricano le immagini,
inventano nature chiuse, sole, fino a quando non
accenderanno altri apparati che gliele faranno
dimenticare.

I paesaggi hanno creato in un momento impreciso sensazioni
vaghe di felicità, consumate in gruppo,
accanto a degli sconosciuti.

Le fotografie non salvano, ti rendono consapevole,
lì nel tuo profondo, di quanto triste e infelice tu sia.
Da qui non te ne vai dalla porta su retro del magazzino.

III

Cosa ti dice adesso la natura?
Quasi tutto ciò che non capisco.
Di fronte a me vedo quello che di solito tutti vedono.
Verde – e niente di più.

Consapevole che lì c’è un mondo
misterioso e affamato;
straniero, reale e senza rimorsi.
Quando e come siamo arrivati qui?
Qualcuno dice tramite la tecnologia e l’immaginazione.

 

m o n o i d e a l

Când ești la limită și nu ai putere
decât pentru a constata. Reziduul crează
o disfuncție confortabilă în conștiință;
e ca și cum ai sta la geam într-un tren
personal care nu oprește nicăieri.

Bălării – o senzație indiferentă față de câmpie,
față de starea naturală și sălbatică a ciulinilor,
față de călătorii care îți devin insuportabili.

Probabil că există o contemplație inconștientă
care ne aruncă pe toți într-o stare de tâmpă reverie,
fără control, fără destinație.

Nu există practic această stare a conștiinței
când spunem că nu ne gândim la nimic.
Întotdeauna ne gândim la ceva fără să putem
explica exact la ce.
Acesta este pentru mine sfârșitul.

II
Un grup de turiști iubitori de natură,
de arbori exotici, cu imaginația redusă
la impresie, multiplicând aceleași cadre.
Acum sunt toți acasă, descarcă imagini,
inventează naturi închise, sigure, până când
vor deschide alte aparate, care îi vor face să
uite.

Peisajele au creat cândva senzații
vagi de fericire, consumate în grup,
alături de niște necunoscuți.

Fotografi ile nu salvează, te fac conștient,
acolo, în adâncul tău, cât de trist și nefericit ești.
De aici nu pleci prin ușa din spate a magazinului.

III
Ce-ți spune ție acum natura?
Aproape tot din ceea ce nu înțeleg.
Văd în față ceea ce de obicei toți văd.
Verde – și nimic mai mult.

Conștient că acolo-i o lume
misterioasă și înfometată;
străină, reală și fără remușcări.
Când și cum s-a ajuns aici?
Unii spun că prin tehnologie și imaginație.

 


Vasile Leac
Traduzione di Clara Mitola
(n. 6, giugno 2019, anno IX)




Nota bio-bibliografica
V. Leac ha debuttato ufficialmente nel 2005 con la raccolta Seymour: sonată pentru un cornet de hârtie (Seymour: sonata per una cornetta di carta, Ed. Hartmann, Arad). Nel 2007 ha pubblicato Dicționar de vise (Dizionario di sogni, Ed. Cartea Românească, Bucarest), con cui si aggiudica il premio letterario Euridice. Seguono Lucian (Ed. NinPress, 2009), Toți sunt îngrijorați (Sono tutti preoccupati Ed. TracusArte, Bucarest 2010), Unchiul este încântat (Lo zio è incantato, Ed. Charmides, Bistrița 2013) e infine Monoideal (Monoideale, Ed. Nemira 2018), opera vincitrice del premio Radio România Cultural e Observator Cultural come miglior libro di poesia del 2018). V. Leac è stato inoltre membro del gruppo letterario Il celebre animale e tra i fondatori della rivista Ca și cum