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 |  | «La giostra dei pellicani»: un travolgente romanzo di Ernesto Berretti
 
  Conosciamo l’autore Ernesto Berretti dal 2019, quando abbiamo scritto del  suo romanzo d’esordio Non ne sapevo niente, sulla sua esperienza di  Basco Blu in Romania e ci ha onorati con una sua intervista esclusiva. Nato a Catania, classe 1968, Ernesto vive e lavora a Civitavecchia e ama le  storie vere. Con il collettivo degli Autori Solidali scrive racconti per  sostenere chi ha bisogno; con l’associazione Book Faces promuove la lettura e  iniziative culturali. La giostra dei pellicani è il suo secondo romanzo,  pubblicato con Watson Edizioni, Roma 2022, pp. 234.
 
 Sicilia Burgio, 1946 il capostazione Angelo Nucella assiste per caso all’uccisione  della cognata Masina, colpita nell’agguato al candidato sindaco Guarisco nelle  prime elezioni del dopoguerra. L’allontanamento è l’unica via per proteggere la  famiglia. Calabria Aspromonte, 1958, Michele Cittarà è un capobastone e  vuole uccidere il sindacalista «Stalin». Per questo, sotto ricatto, costringe  all’azione Pino, il maggiore dei figli Nucella. Sul posto dell’omicidio, però,  il complice Milòrdu fa fuoco, uccidendoli, su due carabinieri in pattuglia, sottoponendo  la ‘ndrina a controlli e arresti. Duccio, il più piccolo della famiglia  Nucella, diventerà il capro espiatorio della strage. Il giornalista Biagio  Munzone è disposto a tutto per scoprire la verità, ma Citarrà non può  permettere che i giornali arrivino a conclusioni avventate. Per questo Munzone  lascia la Calabria. Anni dopo, il giornalista riceve una missiva firmata da Un  pellicano. L’assassino del sindacalista è ancora libero e in carcere c’è  solo un uomo innocente. La verità deve uscire fuori e per questo, nel 1998,  Munzone si rimette al lavoro per salvare Duccio e redimere il nome della sua  famiglia.
 Recensione
 
 Con il suo secondo romanzo Ernesto Berretti si è tolto definitivamente la ‘veste’  di esordiente. L’editore ha messo l’etichetta del romanzo di cronaca,  però La giostra dei pellicani è molto altro, una confezione complessa di  saga familiare, inchiesta, thriller noir, ma anche un romanzo storico di  formazione. Un racconto che travolge tutti quanti in un sali e scendi di emozioni:  adatto agli amanti di misteri e delitti, agli appassionati di saghe familiari  del sud Italia, ma anche una lettura consigliatissima per i giovani lettori.  Difatti, il romanzo ha come sfondo la storia vera, con tanto di riferimenti ad  avvenimenti e personaggi noti dagli anni ’40 ai ’90, e non è il solito racconto  sulla mafia e ‘ndrangheta. Insomma, durante la lettura del romanzo c’è chi  ricorda i fatti perché letti sui giornali o visti in televisione, e c’è chi  impara la storia (perché nato dopo) e trova spunti per documentarsi  ulteriormente. In questo aspetto l’autore è stato abilissimo a rivolgersi a un  pubblico che va dai 18 ai 99 anni, chi più chi meno. Un libro che toglie dalla  zona comfort il lettore, lo mette sulla giostra e lo fa girare; e dopo, quando  tutto si ferma, arrivano le domande, i dubbi e le interpretazioni. Ecco lo  scopo principale di un libro! E la bravura dello scrittore!
 Già dal Prologo conosciamo la famiglia Nucella e la filosofia di vita del  capostazione deciso a trasferirsi dopo aver assistito all’agguato al candidato  sindaco e all’omicidio della cognata:“Che tanto, se stai con quelli,  gli altri ti ammazzano; se stai con gli altri, quelli t’arrestano! Per questo è  meglio diventare e restare invisibile!” I Nucella si trasferiscono dalla  Sicilia alla Calabria, sperando di diventare invisibili, però, come in una  profezia che si autoavvera, non sono riusciti a liberarsi di tutte le paure (forse  è per colpa del malocchio, a detta della moglie), e la loro famiglia ha  conosciuto ogni tipo di sciagure.  Il  libro è composto da tre parti, come tre giri di giostra. La lettura è  scorrevole e il ritmo incalzante; si sale, però diventa difficile scendere. È un  libro che tiene incollato il lettore, vorresti finirlo d’un fiato, ma, nello  stesso tempo, vorresti fermarti un attimo per riflettere. Nella prima parte  l’autore va a rilento, tutto viene descritto nei minimi particolari e si  alternano passaggi di suspense, momenti di tenerezza e dolcezza, fino a scene  cruente. Nella seconda e terza parte, Ernesto corre veloce: decenni di vita, di  storia, di carcere, di invisibilità, di amore o di violenza. Tutto raccontato  con salti temporali, come dei veri flashback in un film d’azione, la  trama è ricca, il finale molto atteso. Il lettore spera fino all’ultimo  paragrafo nel miracolo o nella giustizia. I personaggi avranno avuto forse tutto  quello che si meritavano?
 La giostra dei pellicani ha tre personaggi portanti: il malavitoso Don Michele Citarrà, la vittima  Duccio Nucella e il giornalista investigativo Biagio Munzone. Sono tre  personaggi che non si incontrano nel corso del libro, ma i cui i destini sono intrecciati.  Le loro decisioni sono fondamentali e le possibilità sono molteplici.
 Duccio Nucella è il classico bravo ragazzo, prossimo maturando, innamorato  di Francesca, figlia del professor Madia, studia e lavora. E vorrebbe una vita  diversa, non vuole vivere con quei ritmi spezzati dalle intrusioni delle  cosche nelle cose di tutti i giorni. Purtroppo Duccio si trova nel posto  sbagliato nel momento sbagliato, sul luogo di un delitto, viene visto e per  questo scelto come capro espiatorio da Michele Citarrà per far tacere le  indagini e la stampa. Il ragazzo diventerà maggiorenne in carcere, dove passerà  molti decenni trasferito da una prigione all’altra in tutta Italia. L’autore lo  segue e ci fa un diario dettagliato e raccapricciante di tutta la sfortuna di  Duccio.
 Il capobastone Don Michele vuole tenere tutti in pugno ed è guidato  da un suo motto «cu campa campa cu mori mori», che tradotto dal calabrese  significa «chi campa campa e chi muore muore», in altre parole, il  menefreghismo assoluto per la vita degli altri. Lui ha metodi e comportamenti  spietati nei confronti di tutti, teme solo donna Rosaria, sua moglie, che è  ossessionata dalle orme di terra lasciate sul pavimento. Dalla sua tenuta di  Settecardi, sull’Aspromonte, è rimasto al centro del tagadà finché ha potuto.  E con un ultimo colpo di coda è convinto di redimersi e di vendicarsi dei  traditori.
 Biagio Munzone è un giovane giornalista che scrive per la cronaca della  zona. Si ispira a Tomaso Besozzi ed Enzo Asciolla (nomi di veri giornalisti che  hanno cambiato la storia) e non ha paura di indagare sul delitto, essendo  convinto dell’innocenza di Duccio. Anche se viene allontanato con minacce dalla  cosca di Citarrà, lui si fa forza e giura, dovessi metterci tutta la vita,  ma quel ragazzo lo tiro fuori dal carcere e alla fine, di tutto quello che avrò  fatto, ne scriverò un libro: tutti dovranno sapere chi sono i bastardi  vigliacchi che distruggono la Calabria e il futuro dei suoi giovani.
 Nel libro di Berretti non mancano le voci dei personaggi femminili. Ci sono  donna Gianna Nucella, donna Rosaria, Mara la figlia di Citarrà, Francesca Madia  la fidanzata di Duccio, la moglie dell’appuntato Nisso, tutte molto ben  definite anche se non protagoniste del loro destino. Sono donne che amano,  sperano e subiscono.
 Una menzione va fatta anche per lo stile del linguaggio. Ernesto Berretti  costruisce dialoghi bellissimi pieni di repliche in dialetto siciliano e  sopratutto calabrese. Si nota subito una ricerca personale sullo stile del  tempo, quando l’italiano non era una lingua parlata ovunque. E non solo la  parlata, ma anche il vocabolario. Tutto è studiato per far immergere il lettore  nella dimensione temporale di questo spaccato del sud Italia.
 In conclusione, consigliamo vivamente la lettura del romanzo La giostra  dei pellicani di Ernesto Berretti, che ci ha onorati di nuovo della sua  disponibilità rispondendo a qualche domanda.
 Intervista  all’autore
 Mentre  si legge il tuo libro sembra di guardare un film thriller del tipo «tratto da  una storia vera». La domanda: quanto c’è di vero nella tua storia?  Irina, prima di rispondere alla tua domanda, vorrei ringraziarti per questa  attenzione e salutare tutti i lettori di «Orizzonti Culturali Italo-Romeni» e la sua direttrice, Afrodita Cionchin: avervi avuto a fianco nel cammino  con Non ne sapevo niente mi ha fatto comprendere quanto ascoltare sia  importante, e conoscere fondamentale. Ho conosciuto centinaia di persone, anche  di nazionalità rumena, con molte delle quali si è formata una vera amicizia.  Quando ho scritto La giostra dei pellicani ho pensato anche a loro, ho  creduto potesse piacere, appassionare ed emozionare. Spero possa essere così. Adesso rispondo: la trama primaria è assolutamente vera ed è costruita  sulla storia incredibile e inquietante che mi ha raccontato un clochard durante  tre domeniche d’autunno, mentre allenavo canottieri. Era il 2012 e quell’uomo  non l’avevo mai visto. E per fortuna non ero solo, altrimenti avrei pensato  spesso di aver sognato. Perché? Perché, quando ha ultimato il suo racconto, e  gli ho detto che una storia del genere sarebbe stata degna di un film o di un  libro, lui ci ha salutato e non l’abbiamo mai più rivisto in zona.
 Da allora, approfondimenti e ricerche su quanto ho ascoltato mi hanno  permesso di modellare la trama su episodi storici, luoghi iconici e riferimenti  a personaggi evocativi: ho mischiato la sua storia a fatti di cronaca e di  costume dal 1946 a fine anni ’90. Questo sia per preservare il clochard e sia  per fornire spunti di curiosità ai lettori: ogni richiamo alla realtà è stato  curato nei minimi particolari e offre il vero.
 I tuoi personaggi sono molto ben delineati. Dove  hai tratto l'ispirazione per costruirli?  Per questo mi sento di ringraziare il maestro Leo Gullotta: è stato lui a  suggerirmi di concentrarmi il più possibile sui personaggi perché loro mi  avrebbero indicato la strada giusta, quella più emozionante. Ciascuno di loro  ha caratteristiche diverse dagli altri, contrapposizioni che si spingono agli  estremi fino a toccarsi, talvolta. Voci diverse e storie diverse. Tutti  subiscono qualcosa, soprattutto le donne, mi ha fatto osservare qualcuno; io  rispondo che è solo perché hanno la forza necessaria per reagire e diventano un  esempio. Rosaria mi ha assimilato a Manzoni, per la capacità di trasmettere  verità con i personaggi del romanzo; Franco e Rita a Verga, per il dramma che  li ammanta tutti; Maria Laura a Pirandello, per l’intreccio che li lega. Ma «l’ispirazione  per costruirli», come dici tu, è tratta dalle persone che vedo ogni giorno,  reali o immaginarie che siano.  Dalla sua pubblicazione, hai fatto molte  presentazioni in giro per l'Italia. Qual è stata la più bella presentazione che  hai fatto? E dove andrai quest'estate?  Ogni presentazione è l’occasione per fare nuove conoscenze, per ascoltare e  per scoprire cosa incuriosisce i presenti e lasciarmi stupire da loro. Ho  aneddoti da raccontare per ciascuna. Ad Allumiere (Rm), si è presentato un  parente del candidato sindaco Guarisco scampato all’agguato dei sicari in cui  rimase uccisa Masina Perricone: succedeva a Burgio nel 1946 e con questo  episodio apro il romanzo. Proprio a Burgio (Ag), dopo essere stato accolto con  un affetto inatteso e portato in giro per la cittadina nei luoghi narrati,  eccomi davanti ai familiari del vedovo di Masina. A Caserta, nella «Giornata  della memoria», prima il benvenuto della Banda giovanile di Maddaloni e poi le  domande degli studenti dell’IIS F. Giordani: meraviglia! Vorrei citare ogni cittadina, ciascuna delle persone che hanno voluto  conoscermi e ascoltare questa storia. E vorrei abbracciare ancora chi ha  dialogato con me, chi ha letto brani e chi mi ha accompagnato in musica.  Insomma, emozioni indimenticabili. E quest’estate sarò a Cesana Torinese, a  Tarquinia, a Villafranca Sicula e, dopo, a Ladispoli e Civitavecchia, in attesa  delle conferme di altre località. Seguitemi sui social e chissà che non  riusciamo a incontrarci da qualche parte.
  
 
 
 
  A cura di Irina Niculescu(n. 7-8, luglio-agosto 2024, anno XIV)
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