«Rime contro la guerra» di Otilia Dor

Dopo aver pubblicato in varie riviste letterarie dei poemi in italiano e francese – A Leopardi, dopo duecento anni, Epistola alla Calabria («Parallelo 38», Reggio Calabria), À mon semblable, à mes semblables («Esquisses de l’âme, La Bibliothèque Internationale De Poésie», Paris), Eram tânără - Ero giovane - J’étais jeune («Il Convivio», Castiglione di Sicilia), oppure dei volumi di poesie presso prestigiose case editrici romene – Nor de searã (VIMAR), Daruri vechi și versuri noi (Oscar Print), che le ha portato il I premio per la poesia in lingua straniera in Italia – a Giardini Naxos - 2019), Cu fața la soare (Oscar Print), la poetessa Otilia DOR (prof. Otilia Doroteea Borcia) offre al suo pubblico un nuovo regalo, tanto benedetto in questi tempi particolarmente provanti che stiamo percorrendo, nei quali i disvalori si ricollocano al centro della società europea, ricordandoci così che solo la bellezza può salvare il mondo e che basta solo un verso per far ripartire il dialogo.
Sotto il titolo Rime contro la guerra / Rime împotriva războiului, un volume bilingue pubblicato da Eikon (Bucarest, 2022) del quale la poetessa è anche la propria traduttrice, con delle fotografie di Ana Solari molto suggestive e ben scelte per evidenziare il messaggio poetico, Otilia DOR racchiude 22 poesie che svelano al lettore la vera personalità complessa dell’autrice, la sua poliedricità che le consente di esprimere, allo stesso tempo, diversi argomenti che vanno dai temi religiosi, alla filosofia, alla letteratura italiana o alla civiltà italiana o semplicemente si aprono davanti agli sguardi di chi la riconosce.
Casuale o no, l’ordine delle poesie, mi rimanda a un’interpretazione che vede l’autrice all’inizio fragile, come una goccia negli oceani del mondo, aperta a riflessioni su identità e spiritualità, dopodiché da una parte chiede perdono di non parlargli nella lingua del seno di mia madre lingua che tu non conosci, ma nella tua che è la seconda del mio cuore, riconosce i brividi d’amore associandoli con l’arrivo della primavera un’altra primavera che ricompensa le mie tristi stagioni di taciuto dolore, dall’altra parteprende coraggio e si svela al lettore parlando del primo bacio, ringraziando al suo amore di averle riempito il vuoto esistenziale con parole d’amore, per fa uscire quello che è – un vulcano che una volta risvegliata vive la gioia, la tenerezza, i desideri e i sogni; per un momento abbassa lo sguardo sotto il peso dei troppi ricordi da portare lassù per ri-innalzarsi in gloria attraverso un inno rivolto alla sua bella Italia, ma non prima di invitarci alla Ricerca della felicità.

Approfondendo il percorso interpretativo prima menzionato, scopriamo la complessità delle poesie di Otilia Dor. Nella Dio-uomo L’uomo-dio la poetessa si rivolge a Dio in una maniera artistica eccezionale Sei l’uomo/ dalle vene e dalle arterie/ della terra/ e della luna,/ dei grandi fiumi, che tra due partite a scacchi pensa alle guerre e che purtroppo – verso la casa dell’autrice – rallenta e ritarda i passi; Identità salvatrice svela un dialogo con un interlocutore solo da lei conosciuto, con il quale si incontra nei sogni dell’infanzia o della vecchiaia con la speranza dopo una vita provata di un domani meno triste; negli Gli elementi essenziali, l’aria respira con i nostri polmoni e parla con le nostre bocche riempite di miele e sale, la terra si sveglia per offrire dei fiori in occasione del matrimonio, il fuoco riscalda il cuore della casa e l’acqua benedetta dai giovani e tramontati ci dà la forza di vivere; Imponderabilità non fa riferimento allo spazio, ma al nostro cammino di pastori erranti tra il nascere e non più respirare, cammino sancito di un ‘primultimo’ bacio su qualche lungomare; Identità parla del pane benedetto e delle mani che l’hanno condiviso, e che hanno cresciuto i figli sullo sfondo di una civiltà qualche volta bloccata dalle guerre; Ecco le mie mani passa in rivista il pane quotidiano, il figlio cullato, i panni lavati dei vivi e dei partiti, i compiti di geografia, le lacrime asciugate, il vento accarezzato, la bambole vestite, le delusioni cacciate, le stesse mani con le quali ha sfornato dolci e poesie condite con delle fanciullesche follie, che in prosa o in versi, con rime belle o meno, Otilia le ama, in quanto sue.
A ritmo con  I miei versi la sua anima d’artista se ne accorge che la forza della musica è maggiore in quanto incanta gli angeli, ma la forza della poesia è interiore e arriva pure laddove le orecchie non sentono, e si conclude definendo la mistica beatitudine sull’ascolto di Bach, Scarlatti e Vivaldi con Dio, Bellezza, Amore.
Universalità è la poesia in cui si identifica con noi tutti e chiede ogni tanto qualche lettura del suo sguardo che potrebbe cambiare i piani universali.
E come tutti siamo universali, e veniamo dalla stessa Torre di Babele, anche le nostre lingue sono sorelle, perché ormai la personalità di Otilia è biunivoca dal punto di vista delle culture che incarna.
Interstoricità ha come simbolo la Colonna Traiana che parla dei Carpazi e dei daci e di lei donna daco-romana erede e missionaria delle due culture.
La presenza dell’Italia o della cultura e letteratura italiana è inseparabile nella poesia di Otilia; Scilla si presenta con figure stilistiche di grande valore e di eccezionale sensibilità invogliandoci alla sua scoperta Un capo del mondo, una roccia di tufo baciata dal mareLa canzone delle canzoni non è rivolta alle creature mai ai creati – è il grido dei prigionieri di Castel Sant’Angelo, dei primi cristiani sbranati dalle belve nel Colosseo, memorizzato dai leoni alati e dai piccioni delle piazze di San Marco e del Duomo di Milano; invece, con Questa volta non andremo all’inferno, la poetessa ci garantisce che dobbiamo osare a veleggiare oltre le Colonne d’Ercole perché  la nostra nave, non più sottomessa al castigo dopo il girovagare, sarà risparmiata dalla volontà di Colui che per colpe meno gravi delle nostre, la fece nel Poema del sommo poeta naufragare.
Riprendendo il titolo del volume, la parola guerra s’incontra nell’Identità tra due guerre di conquista o di liberazione dalle nostre inutili sfide, (…) che interrompono per lunghi secoli il progresso naturale della civiltà, ma anche nella Cognizione che riprende il tema delle guerre d’oggi, delle vittime donne e bambini, dei palazzi, di scuole, ospedali e teatri crollati e tutto quanto dipende dall’orientamento politico dei governanti e da dove soffia il vento – dall’Oriente o dall’Occidente.
Sottolineando il carattere ermetico dell’ultima poesia del volume, la cui chiave sta nella parola finale: DIVERSITÀ, un invito chiaro da parte della poetessa Alla ricerca della felicità, con Italia mia bella un inno dedicato al Belpaese che racchiude la cultura e la civiltà italiana e che giustamente riconferma la sua missione d’italianista insignita nel 2019 dell’Ordine la stella d’Italia nel grado di Cavaliere:
Italia mia bella

Da te, / Italia mia bella,
aspetto solo/ la primavera dei boccioli di rose
e l’estate/ del Ferragosto
quando nelle tue Cattedrali
riempite delle immagini dei santi/ e degli angeli
risuona il pianto dell’organo/ e dell’Ave Maria,
cantata con tanta/ devozione/e dolce pietà.
Il giglio, /Italia mia bella,
è rimasto il simbolo/del tuo meraviglioso/Rinascimento,
che ha legato/ i tuoi artisti/ con le terre
dell’Arno, del Tevere/del Po
in un giuramento/scolpito nei templi/per l’eternità.
Queste sono/le sole certezze
che fanno sparire le nuvole
quando si sentono suonare/il violino e la chitarra
in ogni tua/straordinariamente bella/città.
Le mie poesie/si devono solo/alla frenesia
con la quale/i tuoi maestri/hanno coperto/chiese e palazzi
con le immagini del Paradiso/di questo mondo/e di quello/dell’aldilà.
E questo/ perché nei tuoi musei/e in quelli di altre nazioni
dove sorridono/le tue Madonne, /
le Muse/non parlano/né l’ebraico, / né l’ellenico, /né il latino o l’arabo,
ma solo/ la tua lingua/coniata su tutte queste
dall’Antichità.







Nicoleta Silvia Ioana
(n. 7+8, luglio-agosto 2022, anno XII)