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La gradazione consonantica: una chiave samoieda per il proto-uralico
1. Il fenomeno fono-morfologico della gradazione consonantica
La gradazione consonantica, anche nota come ‘alternanza di grado’, è un mutamento fono-morfologico sistematico che si registra al confine tra due sillabe, alternando uno o più gradi forti a un grado debole (es. kon. i-bal “(essere) luminoso, chiaro” ~ mpal-ək “è chiaro” ~ wa-val-na “non sono chiari” [1]). Benché si tratti di un fenomeno registrato in varie lingue del mondo, dalle lingue celtiche, a quelle bantu, sino alle varietà austronesiane, all’ebreo moderno e alle lingue uraliche, non è mai stato possibile individuare un criterio di classificazione comune a tutte le sue occorrenze. Ciò trova spiegazione nel fatto che la gradazione consonantica non è un meccanismo condizionato solo dal punto di vista fonologico [2].
Dal momento che l’alternanza di grado si configura sempre come un indebolimento consonantico, per riferirsi a essa è stato impiegato più volte anche il termine ‘lenizione’, di cui David Odden propone una chiara definizione [3]: «Typical examples of lenition involve either the voicing of voiceless stops, or the voicing and spirantization of stops: the conditioning context is a preceding vowel, sometimes a preceding and following vowel».
In questo senso, molto efficace appare anche la rappresentazione biassiale, che vede nella lenizione un processo di sonorizzazione e/o apertura, ponendola con maggiore evidenza in relazione alla scala di forza consonantica:

Concettualizzazione grafica della lenizione (Lass 1984, 178) [4]
2. Tipologia della gradazione consonantica nelle varietà ugro-finniche
2.1. Diffusione nel finlandese
La gradazione consonantica del finlandese investe i fonemi occlusivi sordi brevi e lunghi, a condizione che essi siano seguiti da una vocale breve e che occorrano in sillaba chiusa. Poiché le occlusive lunghe subiscono degeminazione, mentre quelle brevi vanno incontro a differenziati fenomeni di lenizione, si suole riconoscere nel finlandese moderno due diversi tipi di gradazione, rispettivamente definiti come quantitativa e qualitativa [5]. Di certo, non si potrà fare a meno di evidenziare che ambedue i meccanismi esibiscono svariate modalità di realizzazione, variamente riconducibili al contesto fonotattico, alle caratteristiche proprie della singola varietà dialettale [6] e ad altri più o meno imponderabili fattori di ordine sociolinguistico. Ne consegue che, sebbene la gradazione qualitativa e la gradazione quantitativa siano da considerare storicamente come parte integrante di un più generale processo di indebolimento consonantico, ad oggi esse richiedono un trattamento separato.
Più nel dettaglio, a essere interessati dal fenomeno della gradazione sono i fonemi occlusivi /p/, /t/ e /k/ in contesto sonoro, dunque sia in posizione intervocalica, sia quando essi sono preceduti da una sonorante e seguiti da una vocale [7]. Esemplificando, al confine sillabico di una parola come seppa-Ø ['sεp.pæ] “fabbro-NOM.SG.” si rintraccia il grado forte, rappresentato dall’occlusiva bilabiale sorda geminata e causato dall’apertura della seconda sillaba; declinando il medesimo sostantivo al caso genitivo singolare, sepa-n ['sε.pæn] “fabbro-GEN.SG.”, si nota che il morfema grammaticale aggiunto determina la chiusura della seconda sillaba e conseguentemente innesca il processo di gradazione, nella forma di una degeminazione (gradazione quantitativa). In modo non dissimile, la forma katu-Ø ['ka.tu] “strada-NOM.SG.” subisce una lenizione dell’occlusiva dentale sorda breve in monovibrante alveolare quando declinata al caso genitivo singolare, kadu-n ['ka.ɾun] “strada-GEN.SG.” (gradazione qualitativa) [8].
La disamina sin qui condotta risulterebbe incompleta, o finanche fuorviante, se non si accennasse ai numerosi contesti nei quali la gradazione consonantica conduce a esiti foneticamente irregolari, giacché morfologicamente motivabili. Escludendo dal discorso la mancata azione del fenomeno in posizione iniziale di parola, attribuita da alcuni all’assenza del contesto intersonantico [9] e da altri all’accentazione intensiva protosillabica del finlandese standard [10], restano comunque cospicui e rilevanti i casi in cui l’effettivo o mancato intervento della gradazione sia spiegabile esclusivamente per via morfologico-sintattica. Tra questi sarà debito ricordare [11]:
- la presenza del grado debole nella 2a persona singolare del tempo presente del modo imperativo: kertoa “raccontare-INF.” ~ kerro! “racconta-IMP.”;
- la presenza del grado debole in sillabe apparentemente aperte, nelle quali per converso ci si attenderebbe il grado forte (tale fenomeno è talvolta definito come ‘gradazione consonantica inversa’): savuke-Ø “sigaretta-NOM.SG.” ~ savukkee-n “sigaretta-GEN.SG.”;
- il mancato innesco della gradazione consonantica da parte dei suffissi possessivi: katu-Ø “strada-NOM.SG.” ~ katu-mme “(nostra) strada-POSS.1aPERS.PL.”
Concentrando l’attenzione su quest’ultimo punto, è ben noto che il comportamento dei suffissi possessivi nel finlandese sia piuttosto problematico a livello fonetico, eppure una plausibile spiegazione deriverebbe proprio dallo status di questa classe morfologica e, soprattutto, dalla nozione di morfologia ‘analitica’ [12]. Per una migliore comprensione, si dovranno richiamare due forme già citate del termine katu “strada”, cioè quella del genitivo kadu-n “strada-GEN.SG.” e quella del possessivo katu-mme “(nostra) strada-POSS.1aPERS.PL.”. Da un rapido confronto spicca immediatamente l’intervento della gradazione nella forma flessa al caso genitivo, di contro a quanto accade nel possessivo. Ciò sarebbe da imputare al fatto che, mentre nel genitivo la radice e il morfema desinenziale appartengono allo stesso dominio morfologico, creando così le condizioni per il mutamento, il morfema flessivo deputato all’espressione del possesso si colloca su un piano differente [13]. La questione entra evidentemente in relazione coll’incoerenza tipologica del finlandese, che manifesta una tendenza fusiva nella forma del genitivo kadun e un comportamento agglutinante nell’impiego del suffisso possessivo nella forma katumme, la quale esplicita un perfetto isomorfismo tra forma e contenuto [14]. A supporto di tale tesi, il fenomeno della gradazione consonantica si ripresenta con regolarità nella forma verbale kadu-mme “(noi) rimpiangiamo” (da katua “rimpiangere”), coerentemente al fatto che il suffisso e la radice pertengono al medesimo dominio morfologico, rendendo così più labili e opachi i confini di morfema.
Considerazioni di questo tenore hanno condotto i linguisti a ritenere che la gradazione consonantica del finlandese dovesse essere spiegata e interpretata su basi esclusivamente morfologiche, ponendola in relazione con simili fenomeni frequenti anche nelle altre varietà uraliche. Già negli anni Dieci del Novecento, uno studioso del calibro di Emil Nestor Setälä, proprio in ragione della diffusione di meccanismi di indebolimento consonantico, ne aveva postulato una comune origine ugro-finnica e samoieda, retrodatandola al proto-uralico [15]. Ancora, negli anni Sessanta, Merle Leppik intervenne sulla questione, riesaminando tutte le diverse posizioni degli studiosi a lui coevi [16] e giungendo ad affermare che l’interpretazione più ‘economica’ dell’indebolimento consonantico del proto-finnico fosse quella dell’allofonia condizionata; di conseguenza, la gradazione fu da lui ritenuta un fenomeno esclusivamente fonologico [17]. A partire dagli anni Settanta, molti linguisti iniziarono a comprendere che tale meccanismo del finlandese non potesse essere spiegato solamente in relazione all’apertura o alla chiusura della sillaba interessata dal mutamento. Piuttosto, un’ipotesi ben più plausibile fu individuata nel fatto che l’aggiunta di certi suffissi, e non di altri, alterasse il grado dell’occlusiva presente nella sillaba finale della radice, ossia che solo determinati morfemi inducessero la gradazione [18]. Benché l’argomento morfologico sia da allora prevalente, esso ad oggi continua a non riscontrare un unanime consenso.
2.2. Diffusione nel lappone
Ormai da lungo tempo oggetto della riflessione linguistica sulla morfologia del lappone, la gradazione consonantica è oggi diffusa esclusivamente nelle varietà orientali e settentrionali. Nelle parlate meridionali sono comunque rintracciabili dei relitti di mutamenti fonetici assimilabili a indebolimenti consonantici, nonostante essi siano stati ampiamente sfruttati da alcuni linguisti per scoraggiare una retrodatazione del fenomeno al proto-lappone [19].
Nel lappone settentrionale [20], quasi tutte le consonanti e i gruppi consonantici sono soggetti a una sistematica alterazione fono-morfologica quando posti al confine tra una sillaba accentata e una non accentata (tipicamente la prima e la seconda della parola). Difatti, in passato, la gradazione consonantica era influenzata dalla struttura della sillaba successiva: il grado debole occorreva in sillaba chiusa, mentre il grado forte in sillaba aperta. Tuttavia, questo condizionamento, originariamente regolare, fu del tutto offuscato dalla successiva azione di mutamenti fonetici, a seguito dei quali fu però comunque mantenuta la differenziazione di quantità tipica delle lingue ugro-finniche [21]. Essa ricorre triplice in questa varietà lappone, presentando lunghezza rispettivamente breve nelle scempie, lunga o extra-lunga nelle geminate e nei nessi consonantici. Per tal ragione, attualmente la gradazione del lappone settentrionale si configura come una riduzione della lunghezza consonantica, molto spesso col passaggio da lunga a breve o da extra-lunga a lunga [22]; ben più rari sono gli indebolimenti duplici, da extra-lunga a breve, in quanto interessano esclusivamente i paradigmi di due classi nominali:
- i nomi obliqui contrattili uscenti in -is: fális “balena-NOM.SG.” ~ fál'lát [23] “balene-NOM.PL.”;
- i nomi obliqui mutanti uscenti in -u: suolu “isola-NOM.SG.” ~ sul'lot “isole-NOM.PL.”.
Tra le varietà orientali, il lappone skolt [24] permette di registrare alcuni fenomeni di gradazione consonantica ormai non più motivabili foneticamente a causa della caduta di alcune consonanti finali di parola. Proprio questi mutamenti hanno conferito un ruolo morfologicamente distintivo all’alternanza tra grado debole e grado forte delle consonanti in posizione interna di parola, garantendo così la preservazione del sistema casuale della lingua [25]. Fra le consonanti che subiscono tali processi di indebolimento, appare utile distinguere tre gruppi:
- la serie x, caratterizzata da consonanti brevi al grado debole e consonanti lunghe al grado forte: ad esempio, siõrrâd “giocare-INF.” ~ siõr “gioca-IMP.2aPERS.SG.”;
- la serie xx, contraddistinta da consonanti lunghe al grado debole e consonanti extra-lunghe al grado forte: ad esempio, kuäl'l “latte acido-NOM.SG.” ~ kuäll “latte acido-ACC.SG.”;
- la serie xy, contrassegnata da nessi consonantici, brevi al grado debole e lunghi al grado forte: ad esempio, ǩeâlkk “slitta-NOM.SG.” ~ ǩeâlk “slitta-ACC.SG.” [26]
Andrà però notato che, anche se la gradazione consonantica alterna solo due gradi, vi sono alcune forme appartenenti alla serie x che mostrano una triplice opposizione quantitativa morfologicamente pertinente, interpretabile come una doppia applicazione in serie del medesimo mutamento.
2.3. Diffusione nel votiàco
Il votiàco [27] è la varietà balto-finnica in cui il fenomeno della gradazione consonantica ha conosciuto maggiore diffusione, arrivando a coinvolgere tutte le serie delle occlusive e i nessi consonantici formati da occlusiva e sibilante o da occlusiva e affricata (es. [28] šapka “cappello-NOM.SG.” ~ šabgā “cappello-GEN.SG.”; vaikko “resina-NOM.SG.” ~ vaikō “resina-GEN.SG.”).
Oltre a un’alternanza associata alla relativa apertura o chiusura di una delle sillabe della radice, il votiàco esibisce anche una forma di gradazione consonantica dei suffissi, condizionata dalla posizione del suono all’interno della parola: in tal senso, una consonante preceduta da una sillaba non accentata è sempre breve, ossia al grado debole (es. [29] ͜ettsigō “ricerca-NOM.SING.”, con nesso consonantico post-tonico geminato al grado forte e con occlusiva velare sonora al grado debole).
Ancora, si ricordi che alcuni dei prestiti di più recente acquisizione non subiscono gradazione consonantica, come nel caso della forma slava šnurka “corda-NOM.SG.” ~ šnurkalla “corda-ADESS.SG.” [30].
2.4. Diffusione nell’estone
In modo non dissimile dal livone e dai dialetti estoni meridionali, l’estone standard, basato sulle varietà settentrionali, presenta un sistema quantitativo ternario, costituitosi a seguito dell’ulteriore allungamento di suoni già originariamente lunghi. Questa forma di gradazione consonantica quantitativa, in evidente relazione di interdipendenza con quella del proto-finnico, si esplica in:
Accanto all’alternanza di carattere quantitativo, nell’estone standard sono diffusi anche dei mutamenti qualitativi, sempre concernenti i suoni occlusivi e sibilanti [32], in particolare in posizione post-tonica. In altre parole, quando tali fonemi corrispondono alla testa della seconda sillaba di parola e seguono una vocale lunga tonica, subiscono dei fenomeni di indebolimento. Tra questi, i più comuni sono:
- assimilazione: kuld “oro-NOM.SG.” ~ kulla “oro-GEN.SG.”;
- lenizione: sõda “guerra-NOM.SG.” ~ sõja “guerra-GEN.SG.”; tõbi “malattia-NOM.SG.” ~ tõve “malattia-GEN.SG.”;
- dileguo: madu “serpente-NOM.SG.” ~ mao “serpente-GEN.SG.” [33]; vägi “forza, potenza-NOM.SG.” ~ väe “forza, potenza-GEN.SG.”; vesi “acqua-NOM.SG.” ~ vee “acqua-GEN.SG.”
La caduta di una consonante intervocalica, causante la formazione di un nuovo dittongo o di una vocale lunga (per assimilazione), è spesso anche accompagnata dall’abbassamento di uno o entrambi i suoni vocalici: tuba “stanza-NOM.SG.” ~ toa “serpente-GEN.SG.”; süsi “carbone-NOM.SG.” ~ söe “carbone-GEN.SG.”.
2.5. Diffusione nel careliano
Nel careliano [34] si registrano tre distinte forme di alternanza fono-morfologica, ossia la variazione delle vocali finali nelle forme flesse, l’armonia vocalica e la gradazione consonantica; dal momento che il careliano, insieme al finlandese e all’estone, appartiene al gruppo balto-finnico, tutti e tre i fenomeni citati vengono solitamente fatti risalire alla morfologia proto-finnica [35]. Difatti, anche il careliano, come le altre varietà balto-finniche, presenta meccanismi di indebolimento consonantico di natura sia quantitativa che qualitativa.
Di grande interesse è indagare più da vicino la gradazione quantitativa, in quanto essa investe non solo i suoni occlusivi e sibilanti, ma anche quelli affricati, a condizione che essi ricorrano geminati in posizione intervocalica o post-consonantica (meččä-Ø “foresta-NOM.SG.” ~ mečä-ssä “(nella) foresta-LOC.SG.”, värčči-Ø “sacco-NOM.SG.” ~ värči-ssä “(nel) sacco-ILL.SG.”) [36]. Inoltre, nel careliano, numerose, e perciò non trascurabili, sono le eccezioni alla comune tendenza uralica ad associare il grado debole alla sillaba chiusa e il grado forte a quella aperta. Esse, però, sono storicamente motivate dall’intervento di un mutamento che ha determinato una diversa segmentazione dei confini sillabici, conducendo alla chiusura di tutte le sillabe precedentemente aperte e all’apertura di quelle dapprima chiuse. In tal senso, il grado forte in sillaba chiusa si registra:
- nel caso illativo singolare: koti-h “(in) casa-ILL.SG.”;
- nella 2a persona singolare e nella 3a persona plurale delle forme possessive: tuatto-s “(tuo) padre-POSS.2aSG.”, tuatto-h “(suo/loro) padre-POSS.3aSG./PL.”;
- nei casi indiretti dei sostantivi uscenti in -e: hete-Ø “fonte, sorgente-NOM.SG.” ~ hettie-ssä “(nella) sorgente-TERM.SG.” [37];
- nel futuro e nel passato dei cosiddetti verbi composti, ad eccezione della 3a persona plurale: kerkien “farò in tempo”, kerkein “ho fatto in tempo” < keritä “fare in tempo”;
- nella 3a persona singolare del condizionale passato di alcune voci verbali: levähtä-is “avrebbe riposato-PASS.COND. 3aPERS.SG.”
Per converso, il grado debole in sillaba aperta compare:
-
nel nominativo singolare dei sostantivi uscenti in -e: late-Ø “pavimento-NOM.SG.”;
-
nel costrutto negativo dell’indicativo e nella 2a persona singolare dell’imperativo negativo: en ota “non prenderò” ~ ottau “prenderà”, emma kuču “non chiameremo” ~ kuččuu “chiama”;
-
prima dei suffissi -toin/töin, -kas/-käs: apu “difesa, aiuto” ~ avutoin “indifeso, bisognoso di aiuto”, pelko “paura” ~ pelokas “codardo, vigliacco”.
2.6. Diffusione nell’ingrico
Insieme all’estone standard, i dialetti estoni meridionali e il livone, l’ingrico [38] mostra un altissimo grado di complessità nei mutamenti consonantici, i quali possono finanche coesistere in forme diverse di un medesimo paradigma. Nonostante siano di certo più diffusi i casi di rafforzamento e di geminazione indotta da assimilazione, la gradazione consonantica investe sia la radice che i suffissi, abbreviando, lenendo o causando la caduta della consonante iniziale di una sillaba chiusa interna alla parola.
Per quel che riguarda la radice, i fenomeni di indebolimento ricorrono in forma di:
- sonorizzazione e degeminazione di occlusive sorde lunghe: oppi “scuola-NOM.SG.” ~ obiz “scuola-IN.SG.”;
- scomparsa di occlusive sonore brevi: kodi “casa-NOM.SG.” ~ koin “casa-GEN.SG.”;
- spirantizzazione e palatalizzazione di occlusive sonore brevi: reboi “volpe-NOM.SG.” ~ revoin “volpe-GEN.SG.”, pīga “ragazza-NOM.SG.” ~ pījaks “ragazza-TRASL.SG.”;
- caduta di occlusive sorde e sonore in un nesso consonantico: sulgan “piuma-NOM.SG.” ~ sulan “piuma-GEN.SG.”;
- spirantizzazione dell’occlusiva bilabiale sonora nei nessi consonantici con laterale e vibrante: külbü “sauna-NOM.SG.” ~ külvün “sauna-GEN.SG.”, arba “lotto-NOM.SG.” ~ arvan “lotto-IN.SG.”;
- assimilazione in un nesso consonantico: kēldo “divieto-NOM.SG.” ~ kēllon “divieto-GEN.SG.”
Indipendentemente dall’accentazione della sillaba precedente, oltre alla radice, in ingrico anche i suffissi sono interessati da gradazione consonantica. Più nel dettaglio, se il morfema derivazionale o flessivo non è in postonia, esso è potenzialmente sottoponibile solo a due indebolimenti:
- abbreviazione e sonorizzazione di occlusive sorde geminate: si veda ad esempio, jamakka “latte acido-NOM.SG.” ~ jamagakse “latte acido-TRASL.SG.”;
- assimilazione o caduta di occlusive in nessi consonantici: ilvehtiä “sogghignare-INF.” ~ ilvehin “(io) sogghigno-IND.PRES.1aPERS.SG.”, avando “buco nel ghiaccio-NOM.SG.” ~ avannōst “buco nel ghiaccio-EL.SG.” [39]
3. Tipologia della gradazione consonantica nelle varietà samoiede
3.1. Diffusione nel sel'kup
Nel ramo samoiedo, la gradazione consonantica si registra esclusivamente nelle varietà nganasan, mentre in tutte le altre lingue del gruppo sono rintracciabili al più dei relitti di alternanze e lenizioni, ormai condizionati lessicalmente [40]. In effetti, l’unico caso in cui sia possibile inferire con una certa sicurezza che i meccanismi di indebolimento consonantico ancora attivi siano riconducibili a uno stato di cose precedente è quello del sel'kup [41].
Varietà samoieda meridionale, il sel'kup presenta tre ordini di fenomeni fono-morfologici: l’alternanza di nasali e occlusive, l’assimilazione in sandhi interno, la variazione vocalica e consonantica nei paradigmi; tra questi, solo i primi due sono stati a ragione individuati come eredi di un più complesso sistema di gradazione consonantica, simile a quello esibito dallo nganasan.
Senza dubbio, a suscitare grande interesse è l’alternanza delle nasali con occlusive sorde omorganiche (/m/ ~ /p/, /n/ ~ /t/, /ŋ/ ~ /k/) nelle varietà sel'kup settentrionali, sulla cui base è possibile distinguere diversi tipi di paradigmi e di suffissi. In particolare, nel dialetto del medio Taz, una più frequente occorrenza delle occlusive rispetto alle nasali è molto comune in penultima posizione; diversamente, qualora la consonante non sia immediatamente seguita da una pausa sintattica, l’alternanza dipende dalla natura del suono iniziale della parola immediatamente successiva: solitamente, la forma in nasale compare se l’attacco è vocalico o sonorante, mentre quella in occlusiva se l’attacco è ostruente [42]; d’altra parte, si registrano anche casi di caduta della nasale o dell’occlusiva in alternanza.
L’assimilazione consonantica in sandhi interno, ossia al confine di morfema tra radice e suffisso, tra due suffissi, nei composti e nelle unità polirematiche univerbate, è diffusa in tutti i dialetti sel'kup e può avere carattere completo o parziale, progressivo, regressivo o bilaterale, e agire anche a distanza: nei nessi di nasale-occlusiva o di nasale-affricata, l’occlusiva è sostituita da una nasale omorganica se seguita da un nesso di vocale-nasale-occlusiva (es. sumpɨ “cantare-INF.” + -nt “EV.” + ɨ “3aPERS.SG.” > summɨ-nt-ɨ “sembra che canti, sembra che stia cantando”; il-εnt “vivrà-FUT.” + antɨ “2aPERS.SG.” > il-εnn- antɨ “tu vivrai”; ʧjaŋkɨ-Ø “trappola-NOM.SG.” + -ntɨ “ILL.” > ʧjaŋŋo-ntɨ “nella trappola”).
3.2. Diffusione nello nganasan: ‘campione’ di complessità
Nello nganasan, la gradazione consonantica assume forme ben più eterogenee e complesse di quelle sinora prese in esame nella trattazione delle altre lingue uraliche [43]. Le prime grammatiche della lingua, tra cui quella ottocentesca di M. A. Castrén e quella degli anni Ottanta del Novecento di M. Tereščenko, e le prime descrizioni fonetiche, come quelle di P. Hajdú, avevano accennato a forme di indebolimento consonantico, senza però riuscire a spiegarne le tendenze generali. Sarebbe stato per primo E. Helimski, negli anni Novanta del secolo scorso, a fornire una descrizione sistematica del fenomeno, inaugurando un dibattito scientifico ancor oggi aperto e animato.
Più nel dettaglio, sono due i processi di indebolimento consonantico caratterizzanti le varietà nganasan: la gradazione ritmica (GR) e la gradazione sillabica (GS). Esse ricorrono necessariamente in ordine, sicché la GR precede sempre la GS, ma senza mai sovrapporsi a essa, nella misura in cui un medesimo suono consonantico non può subire gradazione per due volte. Ciò trova ragione nel fatto che i nessi consonantici interessati dalla GR appaiono semplificati in superficie, ma mantengono traccia del loro stadio precedente nella struttura profonda della lingua; in tal modo, un suono consonantico semplice potrà essere sottoposto a GS solo se non sarà portatore di uno ‘spazio consonantico vuoto’ [44].
In modo non dissimile dal finlandese e dal lappone, le alternanze dello nganasan interessano le ostruenti sorde (/t/, /k/, /s/, /sʲ/, /h/) e i nessi di nasale e ostruente sorda omorganiche (/nt/, /ŋk/, /ns/, /ɲsʲ/, /ŋh/), tanto nella radice quanto nei suffissi, determinando la lenizione delle consonanti originarie.
La gradazione ritmica è influenzata dalla struttura ritmica della parola: le consonanti poste in attacco della sillaba suffissale e precedute da una sillaba dispari della radice si presentano al grado forte; per converso, le consonanti poste in attacco della sillaba suffissale e precedute da una sillaba pari della radice occorrono al grado debole [45]. In sostanza, il trattamento delle consonanti semplici corrisponde a una sonorizzazione dell’ostruente, al punto che la GR è ritenuta responsabile della fonologizzazione dei suoni ostruenti sonori all’interno della lingua [46]. Diversamente, nei nessi consonantici, la nasale diviene sempre omorganica alla consonante ostruente sorda che segue, la quale resta immutata nella sua sostanza fonetica, ma, come si è detto, porta traccia dell’intervento della GR. Si visualizzino in tabella gli effetti dell’indebolimento sui singoli fonemi:

L’impiego dell’apice ‘C’ è utile a segnalare la sede della ‘consonante vuota’ nella struttura profonda della lingua [47]
(Wagner-Nagy 2022, 758)
La GR compare non solo nei suffissi, ma anche nelle radici, solo se esse derivano etimologicamente a loro volta da forme suffissate, come nel caso del termine hütəðə “corpo”, in cui la consonante della terza sillaba è al grado debole. Ad ogni modo, tali forme sono molto rare, poiché le radici dello nganasan sono per la maggior parte bisillabiche. Si prendano in considerazione alcuni esempi:
- grado forte, dopo la prima sillaba: nɨ-tɨ “(la sua) donna-POSS.3aSG.”, ńa-tu “(il suo) amico-POSS.3aSG.”;
- grado debole, dopo la seconda sillaba: mənu-ðu “(il suo) uovo-POSS.3aSG.”;
- grado forte, dopo la terza sillaba: basənu-tu “(la sua) notifica-POSS.3aSG.”, gərədə-ntənu “(nella) città-LOC.SG.”, kətubtu-sa “pascolare-INF.”;
- grado debole, dopo la quarta sillaba: kaanaɁa-ðu “(il suo) torrente-POSS.3aSG.”, bakunu-tu “(il suo) storione- POSS.3aSG.”
Rispetto ai casi più comuni, vi sono alcune restrizioni supplementari che regolano l’azione della GR, vanificando o inducendo il mutamento. Con estrema noncuranza del numero di sillabe che precedono la consonante interessata, la gradazione consonantica introduce sempre il grado debole nei suffissi preceduti da una sequenza vocalica (es. [48] kymɑɑ-ðu “(il suo) coltello-POSS.3aSG.” e non *kymɑɑ-tu, latəə-ðu “(il suo) osso-POSS.3aSG.” e non * latəə-tu). Differentemente, se il suffisso segue la consonante finale della radice o uno ‘spazio consonantico vuoto’, esso esibisce sempre il grado forte, in quanto la consonante precedente (o la sua traccia nella struttura profonda della lingua) inibisce il processo di gradazione (es. [49] kɑðɑr-tu “(la sua) luce-POSS.3aSG.” e non *kɑðɑr-ðu, ŋәðuC-tɨ “(il suo) aspetto-POSS.3aSG.” e non *ŋәðu-ðɨ).
Un ulteriore fenomeno fono-morfologico da tenere in considerazione è quello della ‘nunazione’ (NUN), ossia il ripristino di una consonante dapprima eliminata dalla radice o dal suffisso, a condizione che essa fosse originariamente una nasale /n/ e che l’attacco della sillaba precedente sia a sua volta una nasale. Ciò lo si può notare ponendo a confronto forme come mu.nun.tu “(egli, ella) dice”, lə.ŋɨn.tɨ “(esso, essa) brucia”, in cui il nesso consonantico di nasale e ostruente sorda è ricostruito grazie alla presenza di un’altra nasale tautosillabica posta in attacco, con altre del tipo ba.su.tu “(egli, ella) caccia”, hi.ďi.ti “(egli, ella) ride”, dove l’assenza della nasale tautosillabica non consente il recupero della nasale in coda. Il processo di nunazione trova applicazione unicamente a seguito di gradazione ritmica: gli esiti della gradazione sillabica non ne vengono investiti in quanto non caratterizzati dalla presenza di uno ‘spazio consonantico vuoto’.
Come si è detto, la GR dello nganasan è legata esclusivamente alla struttura ritmica della parola; diversamente, la gradazione sillabica (GS) dipende dall’eventuale apertura o chiusura della sillaba successiva alla consonante interessata dal mutamento. Se la sillaba è aperta, oppure da chiusa diviene aperta per suffissazione, la consonante esibisce il grado forte (es. heɲ.ɟir “tamburo-NOM.SG.” ~ heɲ.sʲi.rәɁ “tamburo-NOM.PL.”, bin.dɑr “linea-NOM.SG.” ~ bin.tɑ.rәɁ “linea-NOM.PL.”); al contrario, se la sillaba è chiusa, oppure da aperta passa a chiusa per suffissazione, la consonante si presenta al grado debole (es. bɑsɑ “ferro-NOM.SG.” ~ bɑɟɑɁ “ferro-NOM.PL.”, bɑhi “renna selvatica-NOM.SG.” ~ bɑbiɁ “renna selvatica-NOM.PL.”). La GS agisce anche sulle consonanti dei suffissi, come nel caso seguente: kun.du͡a-hu͡a.tu “(egli, ella) sta dormendo” ~ kun.du͡ahu͡a.ðuŋ “(tu) stai dormendo”.
Vi sono anche alcune forme che non vengono interessate dai fenomeni di gradazione per ragioni storiche, tra cui le geminate e i nessi consonantici riconducibili al proto-samoiedo: nonostante essi siano spesso rappresentati da consonanti brevi nelle lingue moderne, le tracce dei suoni consonantici cancellati inibiscono l’azione del mutamento (ngan. mətyɁ “sei-NOM.SG.” < PS *məktut “id.” [50], ngan. t͡ʃəetə “quattro-NOM.SG.” ~ t͡ʃəetə “quattro-GEN.SG.” < PS *tet2tə “id.” [51]).
Di certo, di grande utilità è domandarsi quali siano le possibili spiegazioni della coincidenza pressocché univoca dell’azione di questo fenomeno fono-morfologico in delle varietà linguistiche periferiche e opposte del dominio linguistico uralico, quali quelle finno-lapponi e samoiede. Così, scartando diverse ipotesi formulate dagli studiosi a partire dalla fine dell’Ottocento ad oggi, si giunge a un’inevitabile retrodatazione del fenomeno della gradazione consonantica alla comune matrice proto-uralica, sostenuto anche dalla coerenza della ricostruzione di due coppie consonantiche proto-uraliche, occorrenti in alternanza per gradazione. Più nel dettaglio, il raffronto dei dati sincronici delle diverse lingue ugro-finniche, in particolare finno-lapponi, e dello nganasan permette di postulare l’alternanza proto-uralica tra */ʃ/ al grado forte e */j/ al grado debole e tra */t/ al grado forte e */δ/ al grado debole [52].
Ernesto Di Marco
Dipartimento di Studi Letterari, Filologici e Linguistici
Università degli Studi di Milano
(n. 6, giugno 2025, anno XV)
* La trattazione è stata presentata alla prima edizione del Convegno degli studenti Italianità e latinità dell'Università dell'Ovest di Timişoara, 15 maggio 2024.
NOTE
[1] Il konyagi è una lingua del sottogruppo tenda, diffuso nell’area meridionale del Senegal e nella Guinea e corrispondente al ramo orientale del gruppo atlantic. Nell’esempio proposto, il verbo a funzione aggettivale presenta l’occlusiva, se espresso alla 3a persona singolare ha la nasale omorganica, alla 3a persona plurale ha invece la fricativa (Turchetta 2022, 523).
[2] Degli utili parametri di classificazione della gradazione consonantica nelle lingue uraliche sono stati invece introdotti da M. Bakró-Nagy in Bakró-Nagy 2022, 860. In numero di cinque, questi corrispondono a: 1) il dominio della gradazione, 2) le consonanti interessate dal fenomeno, 3) le serie consonantiche in alternanza, 4) il suono o la sequenza di suoni che induce il mutamento, 5) l’esito della gradazione.
[3] Odden 2013, 219.
[4] Lo schema in formato digitale è ripreso da Honeybone 2008, 15.
[5] Laasko 2022, 257-258.
[6] In tal senso, acuto è l’intervento di L. Duncan, vòlto ad analizzare la variazione diatopica degli esiti della gradazione consonantica nel dominio linguistico finnico. Per maggiori dettagli, v. i dati riportati in Duncan 2010, 48-74.
[7] Si precisi che la definizione riportata permette di spiegare la mancanza dei nessi di ostruente e occlusiva geminata *-spp-, *-stt- e *-skk- nella lingua finnica. Regolarmente, tali sequenze consonantiche in forma debole, ossia con occlusiva non geminata, non subiscono il processo di lenizione: ad esempio, matka-Ø “viaggio-NOM.SG.” ~ matka-n “viaggio-GEN.SG.”, piispa-Ø “vescovo-NOM.SG.” ~ piispa-n “vescovo-GEN.SG.”, hauska-Ø “divertimento-NOM.SG.” ~ hauska-n “divertimento-GEN.SG.”. Per una trattazione più sistematica di questi nessi resistenti al processo di gradazione consonantica, v. Pöchtrager 2001, 96-98.
[8] Pöchtrager 2008, 358-359.
[9] Questa tesi, già avanzata in Karlsson 1974, 92, sarebbe stata variamente ripresa in seguito, guadagnando un vasto consenso presso gli studiosi.
[10] Pöchtrager 2008, 363-364.
[11] Un’indagine esaustiva è presentata con grande efficacia riassuntiva in Pöchtrager 2001, 32.
[12] Kaye 1995, 302-310.
[13] L’opposizione tra morfologia analitica e morfologia non-analitica è ampiamente sfruttata da M. Pöchtrager per giustificare la mancata obbedienza al mutamento fonetico da parte delle forme flesse al possessivo. Ciò fornisce un valido argomento anche a sostegno di un’interpretazione della gradazione consonantica come fenomeno fortemente condizionato dal punto di vista morfologico (Pöchtrager 2008, 374-377).
[14] Comrie 1989, 50-51.
[15] Benché i primi due interventi in merito risalgano rispettivamente al 1909 e al 1912, le ipotesi di E. N. Setälä avrebbero trovato una prima solida sistemazione nel 1914 in Uber art, umfang und alter des stufenwechsels im finnisch-ugrischen und samojedischen (Kettunen 1919, 39).
[16] Sicuramente determinante per le conclusioni maturate da M. Leppik fu il saggio di L. Posti, dal titolo From Pre-Fennic to Late Proto-Fennic (1953).
[17] Leppik 1968, 11-12.
[18] Hammarberg 1974, 175-178. Di questo stesso contributo si segnala la notevole intuizione circa il contrasto tra il binarismo dei parametri fonetici e la gradazione consonantica, intesa come fenomeno ternario.
[19] Stando alle considerazioni di K. Bergsland, potrebbero essere attribuiti al lappone comune solo i prodromi della gradazione consonantica, che parrebbe piuttosto essere un fenomeno più tardo (Bergsland 1945, 50-53).
[20] Il lappone settentrionale è una varietà afferente al gruppo occidentale, nonché quella che conta il maggior numero di locutori in assoluto (Manzelli 1993, 494-496).
[21] In tal senso, si ricordino i casi del finnico (Laasko 2022, 257), dell’estone (Metslang 2022, 352-353) e dell’ungherese (Kenesei, Szécésnyi 2022, 637-640).
[22] Per una trattazione più completa sui diversi sviluppi, v. Aikio, Ylikoski 2010, 22-32.
[23] Si noti che l’adozione del diacritico “ ' ”, atto a segnalare la lunghezza extra-lunga delle consonanti geminate, è largamente condivisa dalla letteratura scientifica.
[24] Si tratta di una varietà orientale di minoranza, impiegata da circa 200-300 locutori in territorio finlandese e da pochi altri in suolo russo (Juutinen et al. 2022, 196).
[25] In tal senso, la gradazione consonantica del lappone skolt è un fenomeno ormai pienamente ‘morfologizzato’ (McRobbie-Utasi 1999, 89).
[26] Feist 2015, 94-95.
[27] Il votiàco, o udmurt, è una lingua quasi estinta, oggi non più impiegata per la comunicazione quotidiana (Markus, Rozhanskiy 2022(b), 330) e non appresa dai bambini in età scolare (Ethnologue 2023).
[28] Per un’esemplificazione esaustiva che tenga conto di qualsivoglia fenomeno di indebolimento consonantico, qualitativo e quantitativo, v. Ariste 1968, 12-14.
[29] Il votiàco presenta un accento primario tendenzialmente proto-sillabico e un accento secondario che cade generalmente sulle sillabe dispari; contravvengono a queste norme i composti e alcuni prestiti (Markus, Rozhanskiy 2022(b), 332).
[30] Ariste 1968, 14. Per comprendere appieno la potenziale pervasività della gradazione consonantica suffissale nel votiàco, sarà necessario sottolineare la complessità del suo sistema di declinazione nominale, che arriva a contare sino a dieci distinti casi: nominativo, genitivo, partitivo, illativo, inessivo, elativo, allativo o adessivo, ablativo, traslativo, essivo (Ariste 1968, 334-335).
[31] Viitso 2003, 25-26.
[32] Le sibilanti sono coinvolte in questi indebolimenti consonantici in quanto sviluppi seriori di occlusive dentali sorde originarie.
[33] In alcuni casi la gradazione consonantica in estone conduce a forme di omonimia: madu “serpente-NOM.SG.”, mao “serpente-GEN.SG.” ~ magu “stomaco-NOM.SG.”, mao “stomaco-GEN.SG.” (Metslang 2022, 353).
[34] Stando all’ultimo censimento (2010), il careliano conterebbe circa 26'000 locutori nella repubblica di Karelija, a cui si dovrebbero sommare poche altre migliaia di parlanti stanziati nei territori di confine della Finlandia (Sarhimaa 2022, 269).
[35] Sarhimaa 2022, 275-277.
[36] Un’efficace rassegna di tutti i suoni consonantici che subiscono indebolimento in careliano è proposta in Zajkov 1999, 27-28.
[37] Le glosse dell’illativo (ILL.) al punto 1) e del terminativo (TERM.) al punto 3) sono dedotte dalla trattazione della morfologia nominale del careliano in Sarhimaa 2022, 278.
[38] L’ingrico è una varietà balto-finnica affine ai dialetti finnici orientali e al careliano. Un censimento del 1848 stimò il numero di locutori a circa 16'000, aumentati a quasi 22'000 sul finire del secolo. Coll’avvento delle guerre mondiali e coll’incedere della costante assimilazione russa, il numero di parlanti calò drasticamente all’ordine delle centinaia (Manzelli 1993, 508-509). Stando alle stime, non più di 20 parlanti erano attivi nel 2018, peraltro tutti di età superiore agli ottant’anni (Markus, Rozhanskiy 2022(a), 308).
[39] Saar 2014, 261.
[40] Il condizionamento lessicale degli indebolimenti consonantici, inteso come influenza su una caratteristica fonomorfologica da parte del particolare significato della forma in cui compare, si registra anche nei dialetti estoni settentrionali (Metslang 2022, 353).
[41] Bakró-Nagy 2022, 859.
[42] Kazakevič 2022, 783-785.
[43] Andrà ricordato che la gradazione consonantica è stata utilizzata a più riprese da studiosi del calibro di E. Helimski (Helimski 1998, 485-486) e T. Mikola (Mikola 2004, 71-72) per risolvere una questione centrale della fonologia nganasan, cioè la natura dei dittonghi. Sulla base degli indebolimenti consonantici, difatti, è stato concluso che l’inventario vocalico della lingua conti solo due dittonghi originari, mentre tutti gli altri sincronicamente registrabili, insieme alla maggior parte delle attuali vocali lunghe, hanno origine da nessi vocalici in iato poi divenuti tautosillabici (Várnai 2005, 116-118).
[44] Per approfondire la natura fonologica delle tracce consonantiche dello nganasan, ossia di ‘caselle’ lasciate vuote a segnalare fonemi preesistenti, v. Wagner-Nagy 2018, 67-71.
[45] Wagner-Nagy 2022, 758.
[46] Una disamina dei diversi casi di sonorizzazione in relazione al contesto fonetico dell’ostruente è proposta in Vaysman 2002, 328-331.
[47] Per un’accurata sintesi delle ragioni che conducono a postulare l’esistenza di tale ‘spazio consonantico vuoto’, v. Wagner-Nagy 2006, 154-155.
[48] Si noti che per sequenza vocalica non si intende un dittongo, bensì un nesso vocale-vocale in iato, essendo i due suoni vocalici eterosillabici (Wagner-Nagy 2018, 76).
[49] Wagner-Nagy 2022, 758.
[50] Per la forma PS, v. Helimski 1997, 310.
[51] Janhunen 1977, 159.
[52] Ciò accade per esempio in alcune forme nominali al caso illativo (fin. taivaaseen “(in) paradiso-ILL.SG.” ~ est. taevasse “id.” ~ vot. taivāsē̮ “id.”), in certi sostantivi con suffisso possessivo di terza persona singolare (car. omahaže moaha “(nel suo) paese-ILL.SG.POSS.3aSG.”, car. purteheše “(nella sua) barca-ILL.SG.POSS.3aSG.”) e nelle forme verbali riflessive (car. peškahäže “potrebbe lavarsi da solo, fallo lavare da solo” ~ vep. peskahaz “id.”) (Posti 1953, 63). In questa direzione, v. anche Wiklund 1913, 200-213; Helimski 1992.
Abbreviazioni di glottonimi
car. = “careliano”
est. = “estone”
fin. = “finlandese”
kon. = “konyagi”
lap. = “lappone”
mordv. = “mordvino”
ngan. = “nganasan”
PS = “proto-samoiedo”
PU = “proto-uralico”
vep. = “vepso”
vot. = “votiàco”
Abbreviazioni e simboli di concetti grammaticali
ACC. = “accusativo”
ADESS. = “adessivo”
COND. = “condizionale”
EL. = “elativo”
EV. = “evidenziale”
FUT. = “futuro”
GR = “gradazione ritmica”
GS = “gradazione sillabica”
ILL. = “illativo”
IMP. = “imperativo”
IN. = “inessivo”
IND. = “indicativo”
INF. = “infinito”
LOC. = “locativo”
NUN = “nunazione”
PASS. = “passato”
PERS. = “persona”
PL. = “plurale”
POSS. = “possessivo”
PRES. = “presente”
SG. = “singolare”
TERM. = “terminativo”
TRASL. = “traslativo”
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