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 |  | Sublime, sublimazione, sublimalismo nell'opera di Constantin Brâncuși
 
  Parlare di Constantin Brâncuși non è facile, perché la  sua opera suppone una lettura partecipativa e invita lo spettatore a  meditare... La tavola del silenzio ne  è la prova... È una tavola rotonda alla quale, se ci sediamo su una delle  dodici sedie, rotonde pure esse, non potremo pranzare o cenare, ma potremo solo  chiederci a cosa serve un tavolo al quale si può sedere, ma non si  possono appoggiare i gomiti sul bordo del piano orizzontale e non si  può nemmeno avvicinare la  sedia al tavolo, cioè fare un gesto  molto spontaneo e naturale. Soltanto dopo aver guardato e osservato a lungo  quest’opera, possiamo tentare di decifrarene il significato simbolico che ci  evoca l’Ultima cena. Poi, finalmente,  possiamo fare anche un selfie lì e partire con il sentimento di aver visto  qualcosa di speciale, pro sublime. Però quelli che vogliono  vivere intensamente l'emozione del momento dell'incontro con l'opera di Brâncuși,  dunque analizzare  un’opera brancusiana, devono prepararsi, cioè occorre, inizialmente, sapere cosa c’è da  vedere, osservare, leggere e scoprire al di là delle apparenze.  Nel testo presente  proponiamo al fruitore di non rimanere   alla  modalità  di godimento  di tipo spontaneo, ma anche  di penetrare nel significato profondo dell’universo sculptoreo del famoso  scultore romeno. Parlare ai  giovani di Brâncuși è una necessità e un dovere e allo stesso tempo una  responsabilità difficile da assumere. E io dovrò seguire l'esempio  dell'illustre E.H. Gombrich, il quale, quando scrisse la Storia del mondo, mirava a farla come il nonno che vuole raccontare  ai suoi nipoti la storia dell'umanità. E tutto questo, senza spaventare il  bambino con troppe date, anni, numeri e nomi difficilmente da ricordare.
 L'arte può  essere compresa solo analizzando il suo divenire. Quindi dovremo tornare  indietro di due millenni per capire Brâncuși... Dovremo parlare di quello che  gli antichi greci chiamavano mimesis,  cioè l'arte di copiare la natura. Ma quando apparse questo fenomeno? Tentiamo  una spiegazione, provando di ritornare nel tempo. Conformemente alle teorie del  grande filosofo greco Platone, quando vediamo un'ombra, distinguiamo  praticamente un disegno, o, come amava dire, intravediamo un'idea. Una fonte di  luce proietterà sempre un'ombra e la figura che un corpo facente ombra proietta su una superficie e che ne  riproduce, più o meno alterata, assomiglierà alla forma  della realtà... L'ombra è, praticamente, un disegno della natura. Un disegno  estroso perché si deforma sui rilievi delle pareti e ha solo due dimensioni. Tuttavia,  sappiamo che lo spazio ha tre dimensioni, quindi non sorprende che Platone  abbia visto nell'ombra non necessariamente le realtà, ma piuttosto idee sulla  realtà. L'ombra costituisce, quindi, una forma naturale di mimesis, una realtà  priva della terza dimensione. Osservando un'ombra, a condizione che questa non  sia distorta, possiamo riconoscere l'oggetto o il carattere che la genera.  Possiamo dedurre che l'ombra rappresenta, in un certo modo, la forma  primordiale del disegno che la natura ci ha regalato.
 Oltre  all'ombra, un altro fenomeno della natura che ci aiuta a comprendere il  concetto di mimesis è quello del  riflesso, oppure semplicemente il fenomeno del rispecchiamento. Quando ci  guardiamo allo specchio, crediamo che la superficie dello specchio riproduca  accuratamente la nostra stessa immagine. Ma, come ci insegna la fisica stessa,  l'immagine è, per eccellenza, virtuale, cioè si produce sul piano mentale, come  un'idea. Non esiste, quindi, in realtà, ma è una costruzione naturale la cui  comprensione si basa sulla nostra percezione e immaginazione.
 Un ultimo fenomeno della  natura che può aiutarci a capire il mondo delle idee, questo universo che  esiste solo nella nostra mente, è l'impronta. Se scopriamo l'impronta della  zampa di un cane sulla neve, anche se non vediamo il cane, la nostra mente  visualizza l'immagine generica di un cane. Quindi nella nostra immaginazione appare  un cane che in realtà non vediamo in quel preciso momento, ma lo vediamo con la  mente in base alle nostre conoscenze ed esperienze sull'ambiente naturale.
 Partendo dal  desiderio dell'uomo di imitare la natura, animato pure dal contatto e dalla  percezione dei fenomeni naturali di cui abbiamo parlato prima, l'ombra, l'immagine specchiata e  l'impronta, i teorici hanno intuito un principio estetico, secondo il quale  l'arte è l'imitazione della realtà, cioè il concetto di mimesis. Sviluppato soprattutto nell'antichità, tra i molteplici  significati del termine, ricordiamo la concezione di Platone che considerava la  mimesi nella sua qualità di «imitazione dell'imitazione», fatto che fa scattare  la domanda: si tratta di un'imitazione della verità o di un'illusione? Nella concezione platonica dell’arte, la  mimesi è da condannare perché, imitando le cose, si allontana dal vero.  Tuttavia, nell’estetica aristotelica, mimesi acquista un significato  positivo, come imitazione della forma ideale della realtà, per cui l’operare  dell’artista diventa simile all’operare della natura [1].
 Date queste  considerazioni è spiegabile che apparvero i primi artisti che cercarono di  copiare la natura e, poiché volevano imitare la natura, i greci iniziarono a  misurare tutto, con una predilezione speciale per il corpo umano. Dunque, per  la prima volta nella storia umana, gli artisti iniziarono a studiare le  proporzioni del corpo umano. Inoltre, scoprirono che tutto in natura obbedisce  al principio della sezione aurea [2].
 Gli scienziati  antichi elaborarono, dunque, questa formula matematica che riguarda le  proporzioni ideali. Nella scultura e architettura greca si stabilirono, quindi,  per la prima volta nella storia del mondo, le misure del corpo umano da una  prospettiva matematica. Dopo più di 1500 anni, Leonardo da Vinci disegnerà l'Uomo Vitruviano e il concetto di  mimesi raggiungerà la sua prima espressione ben definita. Per il nostro  approccio, riteniamo, quindi, che la nozione di mimesi è nata nell'antica  Grecia e ha trovato la sua massima espressione nel Rinascimento, attraverso  Michelangelo e Leonardo. Dunque, per un lungo periodo storico l'imitazione divenne un concetto  diffuso nell’arte. Infatti, da un lato si sviluppa la tesi secondo cui la  natura non va imitata in particolare, ma soprattutto le opere degli antichi che  ne diventano oggetto. Si conserva invece un significato antico del concetto di  mimesis, legato all'idea di «copia fedele della realtà», che incoraggia gli  studi sulle regole per la corretta costruzione della prospettiva. Infatti, nell’ultima  frase, ho sintetizzato il parere di uno specialista, più precisamente della  professoressa Maddalena Mazzocut-Mis [3], che indaga l'immagine dal punto di  vista storico e dalla prospettiva di un ricercatore che possiede anche un'esperienza  filosofica. La cui conclusione sostiene il nostro discorso: nelle arti  figurative, mimesis significa imitazione, ma anche costruire la realtà.
 Brâncuși è cresciuto  osservando attentamente la mimesi... Ha disegnato e modellato in conformità con la filosofia di  Platone, senza tralasciare i modelli di bellezza della scultura greca antica e  rinascimentale. Si è appropriato di 2000 anni di storia dell'arte ed è  diventato un esperto della rappresentazione anatomicamente proporzionale del  corpo umano, dimostrandosi un perfetto maestro nel renderne le forme naturali e  sintetizzando le essenze del mondo nelle immagini plastiche. Per lui, l'uomo ha  la pelle, sotto la pelle ci sono i muscoli e sotto i muscoli le ossa. La prova  è l'Ecorché modellato in gioventù, in  collaborazione con il dottor Dimitrie Gerota, un'opera con la quale lo scultore  dimostra un'eminente conoscenza dell'anatomia umana. Il busto del generale Davila o Vitellius sono opere che parlano da sole di questa realtà. Come nota lo storico  dell'arte Pavel Șușară in Brâncuși, scultore dell'oriente/  levante, proprio perché ha studiato la composizione del corpo  umano, fatto di carne e ossa, Brâncuși finisce per porre la sua domanda  fantastica: l'uomo può essere ritratto solo dalla prospettiva del suo aspetto  esteriore, o può essere ritratto mettendo in risalto il suo spirito, la sua  anima? In altre parole, lo scultore si fa filosofo e si chiede: l'uomo è solo  un corpo? L'aspetto esteriore è l'unica realtà che lo caratterizza? Ci sono  modi di rappresentare il concetto di ‘uomo’ che non considerino solo ciò che è  visibile? Possiamo guardare l'uomo dall'interno verso l'esterno? Interessa solo  la forma? Come si può descrivere il contenuto, l'essenza, la sostanza? C'è una  parte invisibile che l'artista può evidenziare per catturare l'unicità di un  personaggio? Un'opera d'arte  deve innanzitutto mettere in luce lo spirito, il mistero o l'ineffabile e non  l'aspetto esteriore del personaggio, dice Brâncuși. Ecco perché proporrà una fontana  per commemorare un personaggio come Spiru Haret, con totale sconcerto di coloro  che volevano un vero Spiru Haret su un piedistallo. Poiché Brâncuși voleva  vedere in Spiru Haret l'anima unica dell'uomo e non solo il suo aspetto  esteriore. Spiru Haret, per lo scultore, era una fontana spirituale e morale,  con la cui «acqua» crebbe la scuola romena. Brâncuși guardava all'essenza e non  all'apparenza, negando in questo modo la tradizione della mimesi. Per egli  l'uomo-soggetto non è definito dalla sua condizione oggettiva, ma da quella  spirituale. E l'arte era stanca nell'epopea della resa degli aspetti esteriori,  come risulta dalle stesse affermazioni dello scultore: «La tradizione è stata  interrotta durante il Rinascimento. Ho il massimo rispetto per Giotto, dopo di  lui vennero tiranni, come Michelangelo, che dipinse senza sentimento religioso  e anche senza rispetto per la vita. Ho visto la Cappella Sistina. È come una  macelleria. Ciò che serve è fluidità, forza e adorazione della linea» (n.tr).
 Brâncuși è  quindi un ricercatore di archetipi, di antiche strutture significative che  possono essere comprese solo dalla prospettiva del mistero della condizione  umana. Solo così possiamo accettare quanto si dice della Monnalisa di Leonardo, che ha un sorriso misterioso... Ma il  mistero della donna è solo nel suo sorriso e nei suoi occhi? E ancora bisogna  fare riferimento a quanto dice Brâncuși: «La mia statua, capite, signore, è la  donna, la sintesi stessa della donna. Per cinque anni ho lavorato, e ho semplificato,  ho fatto dire alla materia ciò che non si può dire. E qual è la donna alla  fine? Un sorriso tra pizzo e fard? Questa non è la donna!» (n.tr.)
 Se guardiamo Madame Pogany rimaniamo stupiti dal  mistero che esprime la scultura. Manca il sorriso, la bocca è appena abbozzata,  proprio per sottolineare uno sguardo enorme e timido che evita lo sguardo dello  spettatore. La Monnalisa è ovviamente  in posa, ci guarda quasi in modo provocatorio ed esiste perché è vista da  Leonardo in carne e ossa. Pogany evita il nostro sguardo con l'ingenuità e la  modestia della prima giovinezza. Pogany è la fanciulla che sa che diventerà una  donna. Pogany è la rappresentazione della femminilità che mette in discussione  la sua condizione. Ecco l’opinione di   Matei Stircea Crăciun, autore di un  ampio trattato di ermeneutica sulla creazione brancusiana:
 «In MademoisellePogany  II (1919) e MademoisellePogany  III (1931), le alte  sopracciglia inscrivono due enormi archi circolari che scendono vigili verso la  punta del naso appuntito, come il becco di un uccello. In quest'ultima  versione, l'artista ha posto gli occhi a clessidra su Mademoiselle Pogany I che ha il disegno puro delle palpebre chiuse, sorprendentemente ricurve verso  l'alto, convesse come uccelli – che, anche quando dormono, sembrano dialogare  con l'alto. La licenza anatomica afferma la continuazione dell'idea tra il  motivo di Mademoiselle Pogany e il motivo di Birds in the Air. Braccia fuse l'una all'altra, un sottile fuso» [6].
 Brâncuși va  inteso, quindi, come un filosofo dell'espressività plastica. È una specie di  prete laico, che non ha quale scopo di diventare un ritrattista, cioè di creare  immagini mimetiche. Per lo scultore, il corpo è ciò che potremmo chiamare il  guscio dello spirito, e solo lo spirito si dimostrerà immortale. Da qui deriva  il desiderio di Constantin Brâncuși di vedere le manifestazioni spirituali come  elementi determinanti della rappresentazione, perché il valore non risiede  nell'immagine fotografica dell'essere umano. Allo stesso modo, l'uccello non è  un uccello perché ha piume, ali, becco e artigli, ma è un uccello per la sua  capacità miracolosa di librarsi, di librarsi sopra tutto ciò che esiste.  L'uccello è un uccello perché vola più alto, e per Brâncuși proprio  il volo diventa l'oggetto della rappresentazione...
 Ora correrò il rischio di  tracciare un parallelo tra arte e chimica. Sappiamo tutti che in chimica esiste  un fenomeno che i ricercatori hanno chiamato sublimazione. Analizzare le definizioni fornite dai dizionari  esplicativi può sempre essere un buon punto di partenza per chiarire i termini.  Ecco le definizioni fornite dai lessicografi:
 sublimazióne s. f. [dal lat. tardo e mediev. sublimatio  -onis]. – 1. a. L’azione, il fatto di sublimare, di rendere o di  essere reso sublime... 2. In fisica e chimica, fenomeno consistente nel  passaggio di una sostanza dallo stato solido allo stato aeriforme direttamente,  senza passare per lo stato liquido (il fenomeno inverso prende il nome di brinamento,  sebbene nell’uso corrente si usi spesso, anche per questo,il termine sublimazione)  [7].
 sublimare (ant. soblimare) v. tr.  [dal lat. tardo sublimare, der. di sublimis «sublime»; il  significato chimico viene dal lat. mediev. degli alchimisti]. – 1. a. ant. o raro. Elevare, innalzare a grandi onori, ad alte cariche: s. al  principato, all’impero, alle supreme dignità. b. Esaltare, elevare spiritualmente, rendere sublime... 2. In fisica e  chimica, far passare una sostanza dallo stato solido allo stato aeriforme  mediante il processo detto sublimazione (v.). Con uso intr., riferito  alla sostanza che subisce tale processo. [8].
 Ecco ora  anche le definizioni dei lessicografi romeni:
 SUBLIMÁ, sublimez, vb. I. 1. Intranz. (Despre corpuri  chimice) A trece (prin încălzire) din starea solidă direct în stare gazoasă,  fără a mai trece prin starea lichidă. ♦ A trece dintr-o stare cristalină în stare de vapori și apoi din nou în  stare de cristale, prin condensarea vaporilor. 2. Refl., tranz. și intranz. A  (se) transpune pe un plan superior, în sentimente superioare. ♦ Fig. A (se) purifica, a (se) rafina. – Din fr. sublimer. [9]
 SUBLIMARE, substantiv  feminin. Acțiunea de a sublima și  rezultatul ei. ♦ Deplasare  a energiei izvorâte din porniri instinctuale și egoiste spre atingerea unor  scopuri altruiste și spirituale. [< sublima].  [10]
 Dal Vocabolario Treccani riteniamo per il  verbo sublimare l’origine dal latino tardo sublimare,  derivato di sublimis, aggettivo  che nel latino significava: 1. sublime, elevato; 2. alto, aereo;  sollevato in aria; 3. (figurato) illustre, nobile, glorioso; 4. di alta  statura; sollevato in aria. Il significato che appartiene alla chimica proviene  dal latino medievale ed è creato, probabilmente, dagli alchimisti.
 Come si vede, il significato etimologico è di  ordine morale e filosofico e si riferisce alla natura dell'uomo che oscilla tra  l'istinto egoistico e l'ideale altruistico, di tipo spirituale, aspetto che  viene sfumato nella definizione del lemma in romeno: spostamento di energia originato da  partenze istintive ed egoistiche verso obiettivi altruistici e spirituali.
 Brâncuși fu  l'artista che intuì il fatto che rappresentare ciò che non si vede è molto più  importante che riprodurre una realtà ridotta all'epidermide. Se l'uccello ha come tratto pertinente il  suo volo, nell'uomo, prima di tutto,  si combinano le misteriose valenze della capacità di «essere», di vivere e  sentire l'amore, la sofferenza, il silenzio, la speranza di ascensione al  cielo. L'essenza della vita sta nel miracolo della creazione, dell'uovo, un  uovo che non solo deve essere visto, ma anche toccato per comprenderne la sua  miracolosa perfezione.
 Brâncuși sublima la realtà, purificandola da  tutto ciò che non è essenziale, proprio come un chimico quando vuole raffinare  una sostanza e ricorre al fenomeno della sublimazione. Attraverso la  sublimazione, le impurità si separano dalla pura sostanza. Il fuoco, in fisica  e chimica, è il principio attivo del processo di sublimazione. Ed è quello che  ha fatto Constantin Brâncuși! Ha sublimato! Ha pulito la materia, l'ha  spogliata dalle apparenze per rivelare il mistero sostanziale. Proprio per  questo si ribella davanti alla Cappella Sistina: gli artisti, 500 anni dopo  Michelangelo, volevano ancora eguagliarlo al livello mimetico! In realtà,  Brâncuși apprezzava Michelangelo, così come stimava Rodin. Ma sapeva già che  non avrebbe fatto come loro, perché il nostro vero valore di esseri umani sta  in ciò che sentiamo e pensiamo, così come sapeva che all'ombra dei grandi  alberi cresce solo l'erba piccola.
 Possiamo pure  parlare, in conclusione, delle correnti artistiche a cui Brâncuși era  imparentato. Basti citarne alcuni: Impressionismo, Cubismo, Surrealismo,  Dadaismo, ecc., e l'elenco potrebbe andare avanti per un'intera pagina. Per il  nostro percorso argomentativo, dobbiamo anche ricordare ciò che dicevano i  dadaisti: l'arte di essere dada non è  essere dada. Brâncuși non ha mai fatto parte di una corrente artistica,  anche se ha frequentato l'avanguardia. Mi permetterei di immaginare una corrente  artistica che abbia Brâncuși come unico rappresentante, perché l'unicità  dell'artista lo rende possibile. E chiamerei questo orientamento sublimalismo, non per il desiderio di  inserire l'artista in una tendenza, ma piuttosto per il desiderio di spiegare  ai giovani chi era Brâncuși e come dovremmo intendere la sua opera. Per me Brâncuși  è SUBLIME nella scultura che ha realizzato, una scultura che invita alla  meditazione, così come è sublime nel modo in cui spiega le sue sculture: «Chi  dice delle mie opere che sono astratte è un imbecille; quello che chiamano  astratto è il realismo più puro, perché la realtà non è rappresentata dalla  forma esterna, ma dall'idea che sta dietro, dall'essenza delle cose.» (n.tr.) [11]
 Sublime, sublimazione, sublimalismo sono parole che  possono metterci in condizione di avvicinarci all'opera dello scultore rumeno  da una nuova prospettiva, che può essere compresa più facilmente a partire da  quella che i greci chiamavano mimesi, per poi appellarsi alla teoria  dell'illusione di illusioni di Platone e, più tardi, agli illustri  rappresentanti del Rinascimento italiano. Questo è, secondo il mio parere,  l'unico modo per comprendere e spiegare il fenomeno della sublimazione nell'opera di Brâncuși, che fa delle sculture e della  bottega del grande scultore qualcosa di prettamente romeno, ma universalmente  riconosciuto.
 George Dan Istrate
 (n. 4,   aprile 2023,  anno XII)
 
 
 
 NOTE
 
 [1] https://www.treccani.it/vocabolario/mimesi
 [2] La sezione aurea o rapporto aureo o numero  aureo o costante di Fidia o proporzione divina, nell'ambito  delle arti  figurative e della matematica,  indica il numero  irrazionale 1,6180339887... ,ottenuto effettuando il rapporto fra due lunghezze disuguali, che può essere incontrato nelle circostanze più sorprendenti;  La sezione aurea viene  indicata dalla lettera  greca Φ (phi maiuscolo) o anche φ (phi minuscolo), che si leggono "fi  Cf.  https://it.wikipedia.org/wiki/Sezione_aurea
 [3] Maddalena  Mazzocut-Mis, Mimesis.  Imitazione e costruzione della realtà nelle arti figurative in Breve  storia dell’estetica, Milano, Mondadori, 2003, pp. 2-4 (https://www.fondazionesancarlo.it/conferenza/mimesis/ )
 [4] Pavel Șușară, Brâncuși, un sculptor de la Răsărit, București, Editura Monitorul Oficial R.A., 2020.
 [4]https://historia.ro/sectiune/portret/viata-infinitulu-constantin-brancusi-dupa-ce-ai-574604.html
 [5] Si veda anche  Elizabeth Bouleanu, „Prinţesa X“, controversata operă în formă de falus a lui  Brâncuşi, a fost inspirată de o celebră prinţesă frigidă, înAdevărul,25/02/2017, accesat în 06/12/2022
 [6] Matei  Stircea Crăciun, Brâncuși – Domnișoara Pogany, 1912 Rodin – Je suis belle, 1882: «La Domnișoara Pogany II (1919) și Domnișoara  Pogany III (1931), sprâncenele înalte înscriu două enorme arce de  cerc  ce descind alert spre vârful nasului ascuțit, aidoma unui cioc de  pasăre. În variantele ultime, artistul înlocuiește ochii clepsidrici ai Domnișoarei  Pogany I cu desenul pur al unor pleoape închise, uimitor de curbate în  sus, convexe ca la păsări – care, și atunci când dorm, par să dialogheze cu  înaltul. Licența anatomică afirmă continuitatea ideatică între motivul Domnișoarei  Pogany și motivul Păsărilor în văzduh. Braţele  contopite unul cu altul, un fus zvelt.» https://www.contributors.ro/brancusi-domnisoara-pogany-1912-rodin-je-suis-belle-1882/,  consultato il 06/12/2022
 [7] https://www.treccani.it/vocabolario/sublimazione, consultato il 06/12/2022
 [8] https://www.treccani.it/vocabolario/sublimare/, consultato il 06/12/2022
 [9] https://dexonline.ro/definitie/sublima, consultato il  06/12/2022
 [10] https://dexonline.ro/definitie/sublimare, consultato il 06/12/2022
 [11] https://ro.pinterest.com/pin/206039751672250553/, consultato il 06/12/2022
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