Constantin Brâncuși: sull’utilità dell’arte o l’architettura quale scultura abitata

La scultura è, senza dubbio, una delle arti più difficili da realizzare, perché le idee, una volta nate nella mente dello scultore, hanno valore verificabile solo quando si concretizzano. Il processo di mettere in pratica il concetto richiede, oltre al talento e alla passione dell'autore, materiali adatti, tempo e mezzi economici che, spesso, costituiscono un impedimento difficile da sorpassare. Come diceva il Maestro Brâncuși: «Le cose non sono difficili da fare. È difficile trovarsi nella situazione giusta per realizzarle» [1]. Ciò significa che oltre all'idea e alla voglia di lavorare, lo scultore ha bisogno del blocco di marmo/pietra, degli attrezzi, di un tetto, del tempo e della pace interiore. E per poter afferare l'idea con la mente, l'artista ragiona come un compositore che scrive una sinfonia. Nel momento in cui il concetto prende forma tramite un disegno o un modello, l'artista-compositore deve rimboccarsi le maniche, indossare il grembiule da lavoro e diventare un artista-artigiano, in altre parole diventare lo «schiavo» o la «prigione» del proprio progetto. Dobbiamo pensare, in questo contesto, particolarmente alle celebri Prigioni fiorentine di Michelangelo, che «dal loro stato non-finito traggono una straordinaria energia, come se fossero colti nell'atto primordiale di liberarsi dal carcere della pietra grezza, in un'epica lotta contro il caos» [2]. Dunque, concretizzare, dare forma all’idea suppone un processo che richiede sacrificio, fatica e sudore, o, con un senso metaforico, anche  sangue... Lo scultore, quando colpisce lo scalpello con il martello, è uno schiavo... uno schiavo felice, perché ha il privilegio di cercare di liberarsi. E la ricerca è l'attributo della libertà.
Le fotografie che Constantin Brâncuși ha scattato durante tutta la sua vita nel laboratorio di Impasse Ronsin testimoniano l'umile condizione dello scultore. Un'umiltà presunta, complessa, vissuta con intensità. Blocchi di pietra, colonne, attrezzi e Brâncuși, sempre in abiti da lavoro... un homo faber... in una breve pausa come lo vediamo in una foto famosa. Si riesce quasi a sentire l'odore della polvere di pietra nell'aria o il profumo del legno appena scolpito. E sentiamo anche la felicità di lavorare da parte dell’artigiano, di darsi da fare con le mani e l’intelletto, come diceva Michelangelo («la man che ubbidisce all'intelletto»), la felicità di sudare, sgobbare, per creare e portare le idee al mondo... In questo ambiente, la Colonna dell'Infinito appare come l’asse centrale di un laboratorio-universo, in cui lo scultore lavora sotto il segno della gioia di essere, di esistere, di vivere. Una gioia quasi infantile, materializzata però in forme mature, perfettamente equilibrate, veri «giocattoli» per l'anima.
Come affermavo in altre occasioni, parlare di Brâncuși è una sfida, perché le sue opere invitano sempre lo spettatore/il fruitore alla meditazione. Il silenzio è l'elemento esoterico dell'arte di Brâncuși, dato che le parole, spesso, non rappresentano un aiuto, uno strumento sempre adatto per spiegare cosa si percepisce. Penso che sia più utile parlare della vocazione alla gioia nelle opere brancusiane. La gioia di essere, che diventa gioia di fare, gioia di racchiudere in forma le essenze primordiali della vita, per offrirle alla gente,  alle persone, agli eterni figli. La luce, l'aria, il volo, l'acqua, il mistero femminile sono i temi della meditazione di Constantin Brâncuși. L'artista non fa altro che accentuare il mistero che circonda questi miracoli che discendono dalla divinità, percepita come principio originario. Quasi inconsapevolmente, nella mente, faremo un'associazione con i versi di Lucian Blaga della poesia dal titolo Non schiaccio la corolla delle meraviglie del mondo. [3]

Come molti scultori nella storia dell'arte, Constantin Brâncuși comprese il profondo legame tra scultura e architettura. La sua affermazione «L'architettura è una scultura abitata» sottolinea questa realtà e diventa il fulcro del nostro contributo. Si sa che il maestro Brâncuși aveva progetti in questo campo, i quali, purtroppo, non si sono concretizzati mai. Un'eccezione è il complesso di Târgu-Jiu, che può essere considerato anche architettonico, ma solo in una certa misura. La Porta del bacio, la Colonna senza fine e Il tavolo del silenzio costituiscono anche elementi specifici dell'architettura romena che l'artista adotta e interpreta in chiave scultorea personale. In ogni caso si può notare che nessuno dei tre elementi dell'insieme ha un basamento. Il basamento è quindi la terra, realtà che nell’interpretare le opere del complesso di Târgu-Jiu, dal punto di vista dell’appartenenza a un genere d’arte visuale, ci fa oscillare nell’analisi tra scultura e architettura.
Un progetto meno noto del Maestro è il Tempio di Indore, un mausoleo progettato su richiesta del Maharajah di Indore, che doveva ospitare le ceneri della moglie defunta. Il principe indiano aveva acquistato tre uccelli scolpiti da Brâncuși nel 1935, come racconta l'ingegnere Ștefan Georgescu-Gorjan, amico e collaboratore del maestro nella costruzione dell’ensemble di Târgu-Jiu. Lo scultore viene messo nella posizione di diventare un architetto e il risultato sarebbe stato/divenuto uno dei più spettacolari nella storia dell'architettura. Purtroppo, il progetto non è stato messo in pratica, ma la testimonianza dell'ingegnere Gorjan è molto utile per una ricostruzione virtuale del tempio. Possiamo affermare senza rischi che, almeno in questo caso, Brâncuși non faceva una netta distinzione tra architettura e scultura. Lo spazio funzionale del tempio doveva avere la forma di un ovoide e l'accesso dentro era stato progettato attraverso il basamento dell'edificio, in modo da non intaccare la perfezione della forma geometrica. All'interno di questo ovoide, il progetto prevedeva una vasca quadrangolare con uno specchio d'acqua, attorno alla quale erano posizionati tre uccelli. Un buco nel soffitto avrebbe fornito una fonte di luce, luce che sarebbe caduta nel posto giusto al momento adatto dell'anno, proprio come accade nel tempio di Abu Simbel. Purtroppo, il progetto non è stato realizzato per motivi poco chiari. Se il tempio di Indore fosse diventato realtà, sarebbe stato certamente l'apoteosi dell'opera di Constantin Brâncuși, insieme all'ensemble di Târgu-Jiu.
Un altro momento in cui Brâncuși discute la possibilità di una scultura-architettura è quando le sue opere arrivano a essere esposte negli Stati Uniti d'America. Ci sono diverse testimonianze relative ad alcuni progetti irrealizzati, ma immaginati a New York e Chicago. Riguardo a questi progetti, nel 1926, in un’intervista realizzato da Flora Merrill, per il quotidiano americano New York World, il ​​maestro dichiarò: «Vorrei realizzare la mia Colonna a Central Park (New York). Sarebbe più grande di qualsiasi altra costruzione, tre volte più grande del tuo obelisco a Washington, con una base larga quanto appropriata - sessanta metri o più. Sarebbe fatta di metallo. In ogni piramide ci sarebbero degli appartamenti e delle persone ci vivrebbero e, sopra tutto, metterei il mio uccello – un enorme uccello in equilibrio sulla cima della mia colonna infinita». [4]
Comunque, a partire dal periodo 1907-1909, le sue opere cominciano ad avere indiscutibili impronte architettoniche. Cristian Robert Velescu, in uno studio pertinente, intitolato «Brâncusi e la sintesi delle arti» [5], ritiene che l'opera Doppia Cariatide (Cariatidă dublă), tramite il suo titolo parla del legame con l’architettura, così come dimostra  lo stesso aspetto anche l'opera Il bacio (Sărutul) che si trova  a Craiova, quest'ultima esposta per la prima volta in una mostra a Bucarest nel 1910, con un titolo che, ancora oggi, può sembrarci strano: Frammento di un capitello (Fragment de capitel). Doina Lemny ci dà l’informazione che questo Bacio è il primo di una lunga serie, realizzata in 40 anni, fino al 1945, ma non in molte versioni. Aggiunge che l'ha chiamato Frammento di capitello proprio perché è come un frammento di architettura. [6] Quanto alla Sapienza della Terra (Înțelepciunea pământului), un disegno dell'archivio Brâncuși presenta l’opera sempre come una cariatide. Pertanto, riprendendo le informazioni fornite da Friedrich Teja Bach [7], lo studioso Velescu, citato sopra, riproduce l'affermazione dello scultore rumeno a proposito di questo abbozzo: «La scultura è architettura».

Lo scopo del nostro intervento non è quello di indagare i motivi per cui questi progetti non si sono concretizzati, ma di sottolineare quella che possiamo chiamare «l'utilità dell'arte». Il fatto che Brâncuși considerava l'architettura come una scultura abitata è il punto di partenza delle nostre considerazioni.   L'inizio del secolo scorso ha costituito un momento di radicale evoluzione dell'arte, grazie all'eminente personalità di Constantin Brâncuși, ma anche a quella di Marcel Duchamp. I due artisti erano, come è noto, buoni amici e possiamo onestamente affermare che Brâncuși non sarebbe diventato così famoso senza il sostegno dell'amico francese. Fu proprio Duchamp a curare la sua prima mostra negli Stati Uniti d'America e a contattare gli avvocati nella famosa causa con la quale, alle opere portate in mostra, in dogana, veniva negato lo status di opere d'arte. Quando poi vinse il processo, Brâncuși aveva già assicurata la pubblicità e la fama internazionale.
Tuttavia, è interessante notare che, in un recente sondaggio, a cui hanno partecipato più di 500 specialisti, artisti, curatori e galleristi, si è concluso che l'opera più influente del periodo dell'arte moderna sarebbe stata la Fontana di Marcel Duchamp, la famosa opera che aveva alla base l’orinatoio rovesciato, con cui l'artista francese scandalizzò Parigi nel 1917. Molti avrebbero voluto che vincesse Picasso, artista che si classificò solo al 2° e 4° posto con le opere Les demoiselles d'Avignon e Guernica. Brâncuși raggiunge un posto d'onore 7 con la sua famosa Colonna dell'infinito, in questo sforzo inutile e un po' infantile da parte degli specialisti, di creare un numero uno assoluto nell'arte moderna [8]. Non dimentichiamo ciò che disse lo stesso Brâncuși quando, in età avanzata, rifiutò il premio della Biennale di Venezia, motivando: «L'arte non è una competizione!»
Il tentativo di fare una gerarchia nel mondo delle arti è alquanto arbitrario, così come bizzarre possono essere alcune affermazioni che diverse personalità del mondo artistico lanciavano nell’opinione pubblico. Possiamo quindi fare un esempio, come quello di Oscar Wilde che, nel preambolo del suo romanzo Il ritratto di Dorian Gray affermava: «all art is quite useless». [9]   L'affermazione può sorprenderci, in quanto abbiamo il diritto di credere che un mondo senza arte sia un mondo inconcepibile, almeno per alcuni specialisti ed amanti dell’arte. Ma soprattutto per quelli che credono che attraverso l'arte, come anche E. H. Gombrich aveva affermato, possano avere accesso alla storia del mondo per immagini. Cos'è la storia dell'arte se non la storia dell'umanità? Estrapolando, potremmo giungere a una domanda retorica: All history is quite usless? [10]  Sarebbe certamente un punto di vista sbagliato.
Incapace di comprendere il significato dell'affermazione di Oscar Wilde, un lettore ha chiesto chiarimenti. Come può l'arte essere inutile? Citeremo quindi la risposta completa:«Art is useless because its aim is simply to create a mood. It is not meant to instruct, or to influence action in any way. It is superbly sterile, and the note of its pleasure is sterility […] A work of art is useless as a flower is useless. A flower blossoms for its own joy. We gain a moment of joy by looking at it. That is all that is to be said about our relations to flowers. Of course man may sell the flower, and so make it useful to him, but this has nothing to do with the flower. It is not part of its essence. It is accidental. It is a misuse. All this is I fear very obscure. But the subject is a long one. (Truly yours, Oscar Wilde)»[11]

Tenendo conto del fatto che la lettera è stata scritta nel 1890, possiamo immaginare che l'autore probabilmente non fosse a conoscenza del fatto che l'impollinazione è un fenomeno senza il quale la vita sulla Terra non sarebbe possibile. In effetti, un solo fiore può essere inutile... Ma la somma dei fiori rappresenta una garanzia di vita sulla terra. Senza i fiori non solo perderemmo il piacere della contemplazione della fioritura, ma anche l’esistenza stessa della natura che nutre tutti noi. Lo stesso accadrebbe se non ci fossero api impollinatrici. Quindi un fiore può essere inutile, ma la loro somma è indispensabile alla vita. Una singola ape può essere inutile, ma la somma delle api è fondamentale alla vita. Quindi, se l'arte è del tutto inutile, possiamo sperare che la somma delle arti sia fondamentale per l'umanità, che il verbo essere significhi la gioia di creare, come lo intendeva Constantin Brâncuși. Allora le parole del famoso Oscar Wilde non dovrebbero essere prese in considerazione tali e quali, perché   la realtà si presenta un po’ più complicata e il problema discusso deve essere più sfumato. Allora, sarebbe davvero un'esagerazione affermare che le sculture di Constantin Brâncuși possono essere percepite come un miracolo del fiorire dello spirito umano in un mondo in cui la singolarità non ha valore? Se conoscessimo una sola scultura del Maestro, non saremmo probabilmente così affascinati dalla sua personalità artistica. Ma la somma delle sue opere e il dialogo ontologico delle sue opere diventano sostanza essenziale della spiritualità umana. Va anche aggiunto che l'arte, all'epoca in cui Oscar Wilde scriveva, non conosceva fino in fondo l'espressione del modernismo, come si manifesterà nel XX secolo, quando Constantin Brâncuși propose una soluzione artistica, che voleva un'esacerbazione dell'essenza a discapito/svantaggio dell'apparenza e della mimesi.
La contemporaneità e il fenomeno dell'arte moderna denominato con l'espressione arte concettuale hanno riaperto la questione dell'utilità dell'arte, già messa in discussione da Oscar Wilde. La storia dell'arte ha trattato fino a poco tempo fa l'architettura come una branca delle arti e basta pensare agli scritti di Giorgio Vasari per concordare con quest’opinione, o prendere in considerazione la filosofia del Bauhaus tedesco con quell’opportuno progetto che voleva migliorare l'arte, facendo appello ai mezzi dell'industria. La contemporaneità, però, sembra vivere spesso con l'ossessione della ridefinizione e del riordino. Nel 2014, in occasione della Biennale di Architettura di Venezia, il direttore dell'ufficio progettazione del noto architetto Zaha Hadid, Patrik Scumacher, dichiarò quanto segue:
«STOP confusing architecture and art, […] Architects are in charge of the FORM of the built environment, not its content... Architecture is NOT ART although FORM is our specific contribution to the evolution of world society. We need to understand how new forms can make a difference for the progress of world civilization.» [12] Ciò che potrebbe sorprenderci è il titolo stesso dell'articolo: Why Architecture Isn't Art (And Shouldn't Be). [13]
A una lettura più attenta, però, si nota che la sua affermazione appare come frutto di dispute tra gli architetti della biennale e che le argomentazioni invocate appartengono piuttosto a una polemica condotta nei termini di una politica corretta. La conclusione sarebbe che l'opera architettonica non dovesse essere considerata l'espressione dell'io dell'architetto, che vuole esprimersi, come ogni artista, perché deve rispondere alle esigenze funzionali della società. Ci permettiamo però una domanda, che riteniamo essenziale: se in passato l'aspetto funzionale e quello artistico potevano coesistere nella stessa struttura, perché, nel presente, ciò dovrebbe essere evitato? Questo condizionamento della comprensione dell'architettura, che deve essere necessariamente solo funzionale, e quindi non un campo dell'arte, è una forma di evoluzione? Se gli architetti vogliono affrancarsi dall'arte, quasi nessuno può fermarli... Ne conseguirebbe, secondo la stessa opinione, che l'arte dovrebbe lasciare gli edifici urbani e accontentarsi di soddisfare le esigenze compensative di correttezza politica?

Un'opinione simile risulta dall'affermazione del noto scultore americano Richard Serra, il quale, in un'intervista rilasciata da Charlie Rose nel 2001 [14], affermava: «…architecture in not art! Art is purposely useless…» [15] Richard Serra insiste sul fatto che l'architettura non è arte perché gli edifici hanno una funzione precisa, servono a qualcosa. A suo avviso, la funzionalità non consente di classificare l'architettura, come disciplina, in un sistema di arti. L'opinione di Richard Serra è di grande interesse per il presente lavoro, poiché è noto il rispetto dello scultore americano per il venerando Maestro Constantin Brâncusi. Immaginando una conversazione con Richard Serra, la domanda retorica che ci permettiamo di fare al famoso scultore americano sarebbe: se il progetto di Constantin Brâncuși di costruire un edificio a forma di Colonna dell'Infinito, in cui, come voleva il Maestro, le persone avrebbero vissuto e, di conseguenza, l’opera avrebbe avuto una funzionalità, se quest’idea fosse diventata realtà, la Colonna dell'Infinito avrebbe cessato di essere un'opera d'arte? Perché è così importante che l'aspetto artistico non coesista con quello funzionale? È normale pensare che l'arte sia inutile? Dobbiamo considerare salutare questa prospettiva che si avvicina così tanto al nichilismo? Quella bellezza e quella gioia di cui parlava Constantin Brâncuși hanno ancora un senso nella contemporaneità? Esiste, in verità, anche un'architettura dello spirito?
In altre parole, non si può legittimamente parlare di una dimensione spirituale dell'architettura? La nostra risposta è positiva, perché un architetto, attraverso la sua visione, dà forma a progetti unici e ci restituisce la bellezza che scopriamo incastonata negli edifici che ha immaginato. L'arte contemporanea, in un certo senso, ha preferito seguire il modello di Marcel Duchamp, che comporta più interrogativi, meno spiritualità. L'arte di Brâncuși è complessa, suggestiva ed essenzializzata, in totale antitesi all'arte di Marcel Duchamp, che predilige la provocazione, la curiosità o lo shock. Brâncuși ha cambiato radicalmente la comprensione dell'arte, senza rinunciare alla sua vena filosofica, da qui deriva l’aspetto di santuario zen della sua bottega. Il bello, ma a volte anche il brutto (vedi Charles Baudelaire, Les fleurs du mal, 1857, o Umberto Eco, Storia della bruttezza, 2007), la gioia e la spiritualità sono tratti specifici dell'arte, attributi da cui non bisogna mai separarla. Questa è la grande lezione del grande Maestro rumeno. E per quanto la contemporaneità tenti di ridefinire l'arte, sappiamo da Brâncuși che l'artistico, in quanto fenomeno, non può avere una definizione, perché le definizioni uccidono il mistero. E alcuni di noi sanno anche che l'arte è utile solo perché, attraverso di essa, il verbo «essere» acquista un significato trascendente.
L'architettura, come fenomeno, è stata infatti compromessa dalla funzionalità e dal mercantilismo. E basta allontanarsi dai centri urbani per scoprire che, nella maggior parte dei casi, gli edifici non rispettano nemmeno più il noto principio di tipo Bauhaus, che mirava a coniugare arte e industria. La nostra opinione è che l'architettura è stata, rimane e deve essere considerata ancora un'arte. E non lo affermiamo solo per nostre convinzioni, ma soprattutto per l'assimilazione delle lezioni architettoniche impartite dal nostro caro Brâncuși. Per noi che abbiamo varcato la Porta del Bacio, ci siamo seduti alla Tavola del Silenzio e siamo andati a vedere e toccare La Colonna dell'Infinito, quella che sostiene il cielo sopra la terra, questo significa vivere in un mondo dove il sacro diventa profano e il profano si sacralizza, essendo l'opera di Brâncuși la fonte dove l'uomo contemporaneo s’inspira per meditare sulla necessità e la forza maggior del sacro. Come diceva Mircea Eliade [16], l'uomo non può vivere nel caos, e questo fatto lo mette in condizione di meditare sul senso dell'essere. Il laboratorio di Constantin Brâncuși rappresenta un simile luogo di meditazione, come uno spazio in cui si sente lo sforzo di mettere ordine in un universo che può essere ordinato solo facendo appello al concetto, chiamato da Mircea Eliade, Imago Mundi. Il Pesce, la Foca, gli Uccelli, la Musa dormiente, la Coppa di Socrate, il Bacio sono materializzazioni del concetto di Imago Mundi, forme che si dispongono magneticamente attorno alla Colonna dell'Infinito, che, a sua volta, diventa l'Asse Mundi, l'anello di congiunzione tra terra e cielo, tra l'uomo e il mistero divino.
Per Brâncuși la meditazione e, per estensione, la sua trasposizione in opere d'arte, rappresenta una manifestazione della gioia di vivere, un sentimento inteso come possibilità di indagare il mistero dell'esistenza e, implicitamente, di dare forma a quel mistero, a quel principio che, attraverso una ierofania, trasfigura la vita quale forza attiva propria degli esseri umani. Vita concepita come una gioia necessaria, utile, miracolosa, creativa poiché, attraverso la gratitudine, acquista forma e significato senza i quali non ha senso il tentativo dell'uomo di mettere ordine nel caos. Cioè la forza necessaria, utile e miracolosa della creazione, nascosta nell'Uovo primordiale, da cui è sorto il mondo, o, nella concezione degli ermetici, la vita in forma pura. Attraverso la creazione, la vita acquista la forma e il significato senza i quali non può esistere il tentativo dell'uomo di mettere ordine nel caos. Le parole di Brâncuși rimangono la prova indubbia della finalità dell'arte: «Volevo elevare tutto oltre la terra. Ho fatto cantare la pietra per l'umanità. Le mie sculture sono anche per i non vedenti. Quello che posso offrirvi è gioia pura». [17]


George Dan Istrate
(n. 2, febbraio 2023, anno XII)




NOTE

[1] https://cuvintecelebre.ro/citate/autori/constantin-brancusi/  
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Prigioni
[3] http://www.orizzonticulturali.it/it_poesia_Lucian-Blaga.html
[4] https://historia.ro/sectiune/actualitate/planul-maret-cu-care-brancusi-ar-fi-cucerit-583444.html
[5] Cristian Robert Velescu, STUDII ŞI CERCET. IST. ART., ARTĂ PLASTICĂ, serie nouă, tom 2 (46), p. 53–73, Bucureşti, 2012, p.56. http://www.istoria-artei.ro/resources/files/scia.ap2012%20-%20art.02.pdf
[6]https://www.icr.ro/pagini/doina-lemny-a-prezentat-povestea-operelor-lui-brancusi-jurnalistilor-romani-si-straini-aflati-la-bruxelles
[7] Friedrich Teja Bach, Constantin Brancusi, la réalité de la sculpture, în Constantin Brancusi (catalog), Paris, Centre Georges Pompidou, 1995, p. 36.
[8] https://www.theguardian.com/uk/2004/dec/02/arts.artsnews1
[9] «tutta l'arte è del tutto inutile».
[10] «Tutta la storia è completamente inutile?»
[11] «L'arte è inutile perché il suo scopo è semplicemente quello di creare uno stato d'animo. Non ha lo scopo di istruire o influenzare l'azione in alcun modo. È superbamente sterile e la nota del suo piacere è la sterilità. […] Un'opera d'arte è inutile come un fiore è inutile. Un fiore sboccia per la propria gioia. Guadagniamo un momento di gioia guardandolo. Questo è tutto ciò che c'è da dire sui nostri rapporti con i fiori. Naturalmente l'uomo può vendere il fiore, e quindi renderlo utile a lui, ma questo non ha niente a che fare con il fiore. Non fa parte della sua essenza. È accidentale. È un uso improprio. Tutto questo temo sia molto oscuro. Ma l'argomento è lungo.» (Veramente tuo, Oscar Wilde) (n,tr.)https://flashbak.com/oscar-wilde-explains-his-comment-that-all-art-is-quite-useless-12176/
[12] «Basta confondere architettura e arte […] Gli architetti sono responsabili della FORMA dell'ambiente costruito, non del suo contenuto... L'architettura NON è ARTE anche se la FORMA è il nostro specifico contributo all'evoluzione della società mondiale. Dobbiamo capire come nuove forme possono fare la differenza per il progresso della civiltà mondiale».
https://www.archdaily.com/783412/why-architecture-isnt-art-and-shouldnt-be
[13] «L'architettura non è arte (e non dovrebbe esserlo)».
[14] https://www.youtube.com/watch?v=KEvklGKd6uE&t=4s    Richard Serra - Talk with Charlie Rose (2001) (min 43.23)
[15] «L'architettura non è arte! L'arte è volutamente inutile...».
[16] Mircea Eliade, Sacrul și profanul, București, Editura Humanitas, 2019
[17] https://www.crestinortodox.ro/editoriale/constantin-brancusi-sculptor-crestin-139944.html