Il mito della pittrice Elisabetta Sirani. Un'artista da conoscere

Un francobollo della «United States Postal Service» dell’ottobre 1994, raffigurante una Madonna con il bambino, commemorava per la prima volta una pittura di un'artista donna, la bolognese Elisabetta Sirani (1638-1665). La tela, dipinta nel 1663 fa parte della collezione del «National Museum of Women in the Arts» di Washington D.C. Nello stesso anno, un cratere del diametro di 28 km sul pianeta Venere è stato battezzato con il suo nome. L'opera Virgin with Child rappresenta una Madonna come madre particolarmente umana verso il bambino che tiene in braccio. Il piccolo Gesù la guarda con amore e tenerezza porgendole una corona di fiori sul capo inturbantato, alla moda seicentesca delle donne bolognesi. Il quadro è uno fra le numerose immagini devozionali, più di cento, dipinte da Elisabetta Sirani, solitamente realizzate su commissione di privati.

(Elisabetta Sirani in atto di ritrarre il padre - incisione ottocentesca di Luigi Martelli ricavata da un autoritratto esistente nell'allora Galleria Hercolani di Bologna)

Trovarsi oggi in contemplazione di fronte alle sue tele, stampe, disegni o acquerelli lascia meravigliati per la grazia dei tratti di pennello, per la bellezza dei soggetti e per la fine armonia di chiaroscuri che l'artista bolognese esprime con un proprio stile e con un talento geniale.


1Molteplici sono gli studi, le ricerche e le mostre – tutte dedicate alla carriera brillante di Elisabetta Sirani. Soprannominata «il miglior pennello di Bologna» dai suoi contemporanei, «Maestra» e imprenditrice, ecco una donna vissuta nel Seicento che ha fatto storia nell'ambito artistico. Fondò nel 1660 la prima Accademia di Disegno per donne fuori da un convento, promuovendo un nuovo modello didattico che infrangeva quello tradizionale. Nel 1663 la pittrice si incaricò di gestire la bottega-studio della famiglia Sirani come Capo-maestro, portando avanti tutte le opere del padre malato e mantenendo con i compensi ricevuti apprendisti e assistenti. Anche se scomparsa prematuramente a soli 27 anni, per ulcera perforata oppure per avvelenamento, secondo il mito, Elisabetta Sirani ha istituito di fatto la professione della donna pittrice.
Il Museo Civico Archeologico di Bologna ha celebrato la sua «pittrice eroina» in una prima antologica fra il 2004 e il 2005, con 80 opere esposte, raccolte anche in un catalogo a cura di Jandraka Bentini e Vera Fortunati. Figlia d'arte del pittore e accademico Gian Andrea Sirani, discepolo prediletto del grande Guido Reni, Elisabetta si affermò come artista di fama già durante la sua breve vita. Artista nella Bologna della Controriforma, sede della prima università europea fondata nel 1088, e seconda città importante dello Stato Pontificio.
Le Gallerie degli Uffizi di Firenze hanno ospitato nel 2012 una mostra dal titolo, ispirato al suo primo biografo Carlo Cesare Malvasia (Bologna 1616-1693): «Dipingere e disegnare da gran maestro: il talento di Elisabetta Sirani». Malvasia era amico della famiglia Sirani, di cui frequentava la bottega, e intuì la particolare destrezza e il talento di Elisabetta fin da quando era bambina, così incoraggiò il padre a addestrarla. Nella sua Felsina Pittrice (1678), Malvasia dedicò numerose pagine alla giovane virtuosa senza risparmiarle elogi e ammirazione. Attraverso una trentina di opere, l'itinerario espositivo degli Uffizi ha fatto emergere la professionalità dell'artista bolognese, conducendo il visitatore a mettere a confronto disegni, dipinti e stampe di alto livello. Sul sito del museo fiorentino è consultabile un'esposizione online di questa mostra grafica, realizzata nell'ambito del progetto Euploos. (vedi qui)

Elisabetta, nata a Bologna nel 1638, primogenita di quattro figli, ricevette un'educazione molto vasta nella casa della famiglia e nella bottega del padre. La sua cultura era solida per quanto riguarda la storia, la letteratura, la filosofia e le scienze. Era brava anche a suonare vari strumenti e a leggere la musica. Fu esposta fin da tenera età a tutto il materiale che transitava nella bottega del padre, incluse le opere di Guido Reni, bassorilievi, incisioni, xilografie e altro ancora. Era una fanciulla erudita, virtuosa e di grande talento. La sua non era solo tecnica, ma anche capacità ingegnosa d'interpretare e sviluppare uno stile personale.
La particolarità artistica di Elisabetta Sirani stava nella sua rapidità di esecuzione dei lavori, che dapprima disegnava a penna, inchiostro e acquerello, ma anche a carboncino e grafite. Appena il committente le assegnava un lavoro, immediatamente sapeva dare forma al suo pensiero in un disegno, per poi realizzarne l'opera su tela, rame oppure incisa. Dominava il pennello con destrezza «virile» ed era capace di finire un ritratto in una sola seduta. La sua fama raggiunse velocemente altre casate nobiliari perfino all'estero. Tutti venivano a visitarla e a guardarla mentre dipingeva. Per lei era anche una forma di auto-promozione, soprattutto per convincere i più increduli, che accusavano Elisabetta di non essere la vera autrice delle opere. Oltre a essere un artista affermato, il padre era anche un grande collezionista e mecenate. Tramite Malvasia, aveva relazioni con i Medici, con l'agente Ranuzzi, con il marchese Ferdinando Cospi e con la famiglia Crespi.
Nel 1657, a soli 18 anni, Elisabetta vinse un concorso per realizzare la sua prima commissione pubblica per la Chiesa di San Girolamo della Certosa – una tela di grande dimensioni di cinque metri per tre e mezzo raffigurante il Battesimo di Cristo.

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Per capire anche l'importanza della tessitura delle tele di quell'epoca a Bologna, bisogna menzionare che questa tela era un pezzo unico, non cucito. La Sirani riuscì a finire l'opera in un anno e ricevette un compenso di mille lire. In seguito Elisabetta non si sarebbe più cimentata in scene grandiose, tuttavia questo Battesimo di Cristo, recentemente restaurato, evidenzia tutta la sua inventiva e il suo coraggio di scostarsi dalla tradizione.
La sua vita si svolse esclusivamente all'interno della città di Bologna. Elisabetta Sirani sapeva come promuoversi e come gestire le scadenze per i committenti. Iniziò a registrare le sue opere in Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, pubblicate poi da Malvasia nella Felsina Pittrice. Da questo registro oggi sappiamo che il suo lavoro coinvolse ogni rango della società bolognese: ambienti mercantili, commerciali, professionali e intellettuali, fino alle élite aristocratiche, ecclesiastiche e politiche. La lista include 195 dipinti, oltre a disegni, acquerelli e incisioni; una rete capillare di 98 committenti di cui 85 uomini metà dei quali erano rappresentanti della classe media. Se si considera che il suo successo coprì solo un decennio – dal 1655 al 1665 – Elisabetta Sirani realizzò un numero impressionante di opere, anche più di 20 all'anno.
Da quanto risulta dalle sue note, la metà dei lavori è di tipo religioso devozionale, ed Elisabetta era principalmente una pittrice storica. Negli anni diversificò il suo stile e si dedicò anche a temi allegorici, personaggi mitologici o a soggetti storici. Per esempio, ritrasse Porzia, Timoclea, Cleopatra, Giuditta, tutte eroine della storia antica, ma in un modo differente dagli altri artisti, ponendo in risalto le caratteristiche virtuose delle donne.

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Nel quadro Porzia che si ferisce alla coscia, che Elisabetta dipinse per il mercante di seta Simone Tassi nel 1664, è ritratta Porzia, moglie di Bruto, l'assassino di Giulio Cesare. La scena è ispirata alle letture di Plutarco, però l'artista non ritrae il personaggio come al solito, nell'atto del suicidio, ma solo nel momento in cui si ferisce alla coscia, dimostrando coraggio e fermezza. Porzia è vestita con un abito seicentesco, fatto di sete bellissime, una fine attenzione per includere nell'opera il suo committente. Le ancelle sullo sfondo indicano in modo chiaro che la protagonista rivendica il proprio ruolo di donna attiva, distaccata dal mondo domestico, in cui di solito erano confinate le donne di quell'epoca.

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Venere castiga Cupido, olio su tela, Modena

           

Nel 1660 Elisabetta è menzionata come professoressa a pieno titolo dell'Accademia di San Luca a Roma, perciò era considerata una professionista in grado di dirigere il proprio studio. Difatti fondò l'Accademia del Disegno di sole donne, la prima scuola europea in assoluto per donne fuori da un convento. Successivamente nel 1662 iniziò a gestire anche la bottega del padre Gian Andrea, malato di gotta artritica che gli aveva distorto le mani, impedendogli di dipingere. Elisabetta diventò a tutti gli effetti capofamiglia, nonostante fosse rimasta nubile. Con i compensi ricevuti per le opere realizzate riuscì a mantenere la sua famiglia composta di nove membri, la servitù, gli apprendisti e gli assistenti di bottega. Si spense a soli 27 anni, all'apice della sua fama. Elisabetta fu sepolta il 4 novembre 1665 con pubblico tributo di onori nella chiesa di San Domenico di Bologna, sepolta accanto a Guido Reni.
Un'altra particolarità di Elisabetta Sirani è stata l'adozione e l'uso della firma, come mezzo per l'identificazione delle sue opere e come «marchio di fabbrica». Elaborò un tipo di firma molto originale, presente sui ricami delle stoffe rappresentate nelle opere, ricamata sulle passamanerie, sugli abiti, sulle sedie, sui polsini, nascoste su conchiglie, ripiani o strumenti musicali. In un periodo storico in cui le donne erano economicamente «invisibili» e non avevano diritto di firma sui documenti, Elisabetta volle sottolineare la validità del suo talento, in una professione ufficiale, riservata fino allora solo agli uomini.



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Allegoria alla Pittura,
Elisabetta Sirani (autoritratto?), 1658

 

L'Accademia di pittura di Elisabetta Sirani fu la prima in assoluto a livello europeo dedicata a istruire le donne per diventare artiste professioniste della pratica pittorica, preparandole a realizzare affreschi, pale d'altare, incisioni, intagli o acqueforti. Fu la prima Accademia fondata fuori da un convento e con un «Maestro» di sesso femminile. Questo ha segnato una tappa importante nell'istruzione artistica delle donne, un mestiere dedicato esclusivamente agli uomini, fino ad allora considerati gli unici veri detentori del genio artistico.
Finalmente le donne potevano ritrarsi a vicenda nude, tecnica riservata solo agli artisti uomini nelle accademie. Elisabetta Sirani era anche poetessa, perciò la sua Accademia era anche uno spazio per la letteratura e il canto. Le sue allieve provenivano dall’élite nobiliare e intellettuale bolognese, alcune anche da famiglie di artisti.
Malvasia ha annotato le frequenze delle allieve della Sirani nella Felsina Pittrice. Fra loro le due sorelle di Elisabetta, Barbara e Anna Maria, Ginevra Cantofoli, Veronica Fontana, Lucrezia Bianchi, Lucrezia Scarfaglia e Teresa Coriolano.
Barbara e Anna Maria Sirani seguirono le tracce della sorella, anche se non riuscirono mai a uguagliare Elisabetta. Dopo la morte precoce della sorella continuarono nella bottega del padre provando a portare a termine le commissioni di Elisabetta.
Ginevra Cantofoli (1618-1672) era la discepola prediletta di Elisabetta e la sua assistente. Secondo Massimo Pullini, che le dedicò un libro in cui ne ricostruiva la vita (Ginevra Cantofoli. La nuova nascita di una pittrice nella Bologna del seicento, Editrice Compositori), quando Elisabetta Sirani aprì la sua Accademia, Ginevra dipingeva già da molti anni ed era madre di due figli. Quindi si presume che Ginevra frequentasse già lo studio di Sirani padre, prima dell'ascesa della figlia Elisabetta nel campo della pittura. Purtroppo la Cantofoli è rimasta all'ombra della sua maestra e negli anni si sono perse molte tracce sulla sua figura pubblica.
Veronica Fontana (Parma, 1651 – Bologna, 1690) è stata l'allieva che si è specializzata nell'incisione, xilografia e decorazione di libri. Era figlia dell'incisore Domenico Maria Fontana, dal quale imparò fin da bambina le tecniche dell'intaglio su legno. Ultimò poi la sua formazione nell'Accademia per donne della Sirani dove imparò a dipingere e a disegnare. Era un'artista molto stimata e realizzò numerosi frontespizi, stemmi di famiglia e illustrazioni per testi scientifici e religiosi.
Lucrezia Bianchi, figlia del pittore bolognese Baldassarre Bianchi, frequentò la scuola Sirani e dipinse per la duchessa di Modena.
Molte delle donne artiste vissute nel XVII secolo avevano frequentato l'Accademia di Elisabetta Sirani. Oltre a quelle descritte sopra si possono menzionare anche Camilla Lauteri e Caternia Mongardi.

Oggi, con l'aiuto delle fonti storiche, possiamo per un attimo immaginare gli incontri artistici delle donne nello studio Sirani in via Urbana a Bologna. In un periodo in cui le donne non potevano viaggiare liberamente per istruirsi, alla pari degli uomini, a Bologna c'era uno spazio artistico dedicato a loro, il cenacolo della Sirani. Elisabetta aveva aperto la strada a un nuovo capitolo nell'emancipazione femminile e lo ha fatto con grande stile e virtuosismo. La Bologna controriformista del Seicento non era dominata da una sola famiglia, ma da più nobili, patrocinatori e imprenditori che erano interessati all'acquisto di opere d'arte. Era una città vivace, animata anche da intellettuali (basti pensare che in quel periodo a Bologna viveva anche l'astronomo Cassini invitato proprio da Malvasia nel suo osservatorio), docenti e mecenati. In questo ambiente culturale distinto, le donne hanno trovato spazio nell'Università, nell'arte o nella letteratura. Si potrebbe affermare che la Bologna della metà del Seicento è stato l’«incubatore» culturale artistico che ha favorito l’apertura di un varco nell'istruzione delle donne. Nel 1665 l'attività della scuola Elisabetta Sirani, una volta scomparsa la sua Maestra, si interruppe bruscamente. Date la sua vasta produzione artistica e la sua prolifica attività come docente, chissà verso quali cieli sarebbe potuta volare Elisabetta, se solo avesse potuto vivere più a lungo. La sua vicenda rimarrà per sempre un mito e la sua morte un mistero. E oggi non possiamo che ammirarne le opere e conoscerne la storia.



Irina Niculescu
(n. 9, settembre 2020, anno X)





Bibliografia

Frattolilo Angela, Elisabetta Sirani, Il genio e la grazia nel Seicento Bolognese, editrice Persiani, Bologna, novembre 2018
Toselli Mazzoni Ottavio, Di Elisabetta Sirani e del supposto veneficio ode credesi morta..., 1833, e-book

Sgarbi Vittorio, Papetti Stefano - catalogo a cura di, Le stanze del Cardinale. Caravaggio, Guido Reni, Guercino, Mattia Pretti, Silvana Editoriale, 2009

Mostra Elisabetta Sirani - Firenze - Gallerie degli Uffizi 2018
Imagines - Il magazine della Gallerie degli Uffizi, 2 agosto 2018, p. 84 Adelina Modesti: Maestra Elisabetta Sirani, Virtuosa del pennello consultabile a questo link

Percorso digitale della Mostra visuale a questo link

PER APPROFONDIRE

Prof. Diana Tura
http://www.archiviodistatobologna.it/it/bologna/servizi/didattica/17-caso-sirani-storia-mito
https://www.youtube.com/watch?v=gYdK232YR5I
https://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/I/libri/pdf/inchiostro/08_Tura.pdf
http://www.archiginnasio.it/mostre/bolognaneilibridarte.pdf

About Art
https://www.aboutartonline.com/gianandrea-sirani-una-storia-da-riscrivere-la-pittura-da-camera-e-daltare-novita-e-aggiornamenti/https://www.aboutartonline.com/pulini/
https://journals.openedition.org/italique/415

Conferenza prof. Adelina Modesti 24 maggio 2017
https://www.youtube.com/watch?time_continue=20&v=BwvEPQPf34I&feature=emb_logo
https://www.finestresullarte.info/recensioni-mostre/elisabetta-sirani-recensione-mostra-uffizi