Centenario George Lăzărescu, illustre italianista romeno

Nel centenario della sua nascita e a sedici anni dalla scomparsa del Professor George Lăzărescu (6 maggio 1922, Călăraşi, Romania - 30 agosto 2006, Bucarest), questo saggio rappresenta un omaggio in memoria dell'insigne italianista – letterato, storico e critico d’arte, traduttore d’importanti opere dalle letterature italiana e romena – che ha svolto la sua attività per sessantacinque anni sia nelle università e negli enti culturali come docente di italiano e di romeno, sia nell’ambito diplomatico, culturale e artistico tra Romania e Italia.
Il Professor Lăzărescu ha avviato i suoi studenti nella loro futura professione con tanto amore verso i valori imperituri della cultura e della civiltà universale, alla quale l’Italia ha portato il più gran contributo con le opere dei suoi celebri artisti sin dall’antichità romana, per proseguire con l’Umanesimo e il Rinascimento.
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Ci sono momenti che, vissuti intensamente per una forte impressione creata da un evento o da una persona, lasciano tracce nella nostra esistenza fino a cambiare il nostr modo di pensare o di agire. Un tale momento è stato l’incontro con il Professor George Lăzărescu.
«La prima volta che si vede Venezia si ha l’impressione di trovarsi in una città dell’inondazione. I pali che corrono...» e la sua voce si articolava melodicamente, facendoci penetrare in un mondo il cui fascino ricordava la musica di Vivaldi, di Bellini. L’italiano allora si parlava solo in ambito universitario [2] e da giovani principianti – studenti del primo anno della Facoltà di Filologia che conoscevamo solo qualche parola da una bella canzone o poesia, o una battuta da un film di Antonioni o di Fellini – imbevevamo quell’autunno del 1966 l’armonia di una lingua che per noi diventava da quasi morta, viva, molto viva, perché l’animava Lui, il Professore.
Quando recitava versi dalle opere dei suoi poeti prediletti – Dante, Petrarca, Tasso – apriva le braccia, e con esse, che diventavano due grandi ali, ci faceva sentire protetti e incoraggiati a imparare e a voler conoscere altri spazi…
«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte / che spandi di parlar sì largo fiume?»

Fu questo il primo verso che conoscemmo dell’opera di Dante. Gli piaceva parlare di tutte le bellezze artistiche del paese gioiello del mondo, perché nella sua memoria la storia della Roma antica era altrettanto viva come quella dell’Italia medioevale, dei Comuni e delle Signorie. Ci presentava le vite e le opere dei grandi artisti del Rinascimento, così come le aveva presentate il grande architetto, pittore e scrittore Giorgio Vasari nel suo monumentale libro [3], o lo storico e critico d’arte Carlo Argan, che conosciuto a Roma [4], gli era rimasto amico per tutta la vita, traducendo dalla sua opera centinaia di pagine, comprese nei due volumi: Salvarea şi căderea în arta modernă («Salvezza e caduta nell’arte moderna») [5] e De la Bramante la Canova («Da Bramante a Canova») [6].
Oltre alla monumentale Cultura e civiltà italiana, scritta anche in romeno [7] e alle monografie dedicate a Francesco Petrarca [8] e Galileo Galilei [9], alle moltissime pagine tradotte dalle opere degli insigni autori italiani (Torquato Tasso [10], Ippolito Nievo [11], Alberto Moravia [12], Edmondo de Amicis [13], Gabriele D´Annunzio [14], Eugenio Battisti [15]) , alle prelezioni e conferenze presentate in Romania – all’Università, alla radio [16] – e all’estero, soprattutto ai convegni internazionali (in Italia: a Roma [17], Milano [18], Firenze [19], Pisa [20], Arezzo [21], Lucca [22], Udine [23], Viterbo [24], Volterra [25], Prato [26], Scandicci [27], Trapani [28] e Sulmona [29]) o in altri paesi (ad Amsterdam [30], Cracovia [31] e Zagabria [32]), il Professore svolgeva numerose attività didattiche e pedagogiche e di ricerca. Al convegno internazionale di Amsterdam aveva rappresentato, insieme alla giovane professoressa Oana Sălișteanu, già sua studentessa, l’insegnamento dell’italiano in Romania.
Molti dei suoi studi trattarono argomenti di storia e critica letteraria delle due culture a confronto: Umanesimo italiano e umanesimo romeno, Rapporti italo-romeni lungo i secoli, Bălcescu e Garibaldi – due eroi indimenticabili, Le opere di Ovidio in lingua romena, Eminescu in Italia, Giacomo Leopardi e Mihai Eminescu, ecc. e tante «presenze romene» o «presenze transilvane» nella cultura italiana, che il Professore aveva scoperto negli archivi delle università e accademie di Roma e di Bucarest.
Le biblioteche lo avevano sempre affascinato; da studente, aveva conquistato già dal primo anno di studio la simpatia del suo maestro, l’eminente professor Alexandru Marcu [33], che lo aveva tenuto accanto a sé come bibliotecario della Facoltà di lettere dell’Università di Bucarest [34]. Qui aveva cominciato a redigere insieme al suo maestro le famose schede contenenti i dati prelevati da vari libri di storia letteraria italiana, appassionatosi a scoprire i documenti che attestavano – nello spirito delle opere dei cronisti – le origini latine della lingua e del popolo romeno, e le relazioni culturali da sempre esistite tra le due nazioni. [35] «Nella biblioteca del seminario di lingua e letteratura italiana, sotto lo sguardo caldo, ma esigente di uno scienziato come Alexandru Marcu», capo della cattedra di lingua e letteratura italiana all’Università di Bucarest, George Lăzărescu «ha imparato un metodo di lavoro che consisteva nel conoscere e riconoscere un testo letterario considerandolo come risultato di molti fattori di una determinata epoca alla quale questo apparteneva». A una tale scuola di rigore scientifico si è formato «lo studente bibliotecario» George Lăzărescu, così come accennava Alexandru Marcu allor quando lo ringraziava per «l’importante contributo avuto nel redigere il primo volume della Storia della letteratura italiana apparso in un momento in cui il mondo stava per crollare, cioè qualche mese prima del 23 agosto 1944 – il giorno della liberazione dopo la Seconda guerra mondiale – motivo per cui l’opera non ebbe il destino che meritava». [36]
Ottimo conoscitore della lingua latina [37], non perdeva occasione per parlare della storia semantica di certi vocaboli rimasti nella nostra lingua dal tempo dei conquistatori romani. Una prova molto eloquente è rappresentata dal suo articolo Ab antiquo Dacia romana fuit, pubblicato nella rivista di Reggio Calabria [38] in cui confessava che «la nostra esistenza latina era stata su una terra così lontana dalla seconda Madre Patria»: «Terra nostra, Romania, habet suas origines supra populum dacium, quem Decebalus rex illo tempore ducebat. Columna imperatoris Traianis testis est in centro Romae, et nostra lingua latina est in maxima proportionem, et est nobile decus pro nobis, sicut omnis humantas italica».
Sostenendo con prove scientifiche l’idea della latinità di lingua e di sangue del suo popolo, «la Transilvania» – «il paese al di là delle grandi foreste» – o «Servus» – il saluto degli abitanti di questa regione, che ricordava quello dei Cesari romani – diventavano argomenti prediletti nelle sue discussioni, come le vite e le opere dei principi e degli intellettuali romeni, ai quali si dovevano i duraturi rapporti di fratellanza stabiliti con l’Italia: Nicolae Olahus, Petru Cercel, Constantin Cantacuzino Stolnicul (lo Siniscalco), Nicolae Bălcescu, Vasile Alecsandri, Gheorghe Asachi, Ciprian Porumbescu. Venerava queste personalità come venerava anche i suoi ex professori dell’Università di Bucarest: Ramiro Ortiz, Alexandru Marcu e Alexandru Balaci, tutti diventati nel tempo i protagonisti del suo prestigioso volume Presenze romene in Italia [39].
Ammirava gli umanisti italiani che avevano dimostrato nelle loro importanti opere sulla storia dei paesi danubiani la nostra latinità, opere studiate dai primi cronisti romeni e che avevano rappresentato un ostacolo contro il pericolo ottomano e Poggio Bracciollini, Flavio Biondo, Enea Silvio Piccolomini, Nicodemus Macchinensis, Filippo Bonaccorsi di San Giminiano, Pomponio Letto, erano spesso evocati nei suoi scritti, come erano già stati accennati dai suoi predecessori, Claudio Isopescu [40] (in Echi di Roma in Romania) o Alexandru Marcu (in Riflessi di storia romena in opere italiane dei secoli XIV e XV [41]). Seguendo i princìpi di Nicolae Iorga, il suo maestro, Isopescu, aveva sostenuto – e altrettanto Ramiro Ortiz e Alexandru Marcu – l’idea del profondo sentimento di fierezza che i romeni sentono per Roma e per l’Italia, perché da tutti i popoli neolatini solo loro rappresentano la sintesi storica «delle due Rome» – della città eterna, e di Costantinopoli, la seconda capitale dell’Impero Romano, creata da Costantino il Grande, «sintesi che si è sviluppata e conservata fino ad oggi». [42]
Nel suo approfondito studio sulle personalità che hanno contribuito alla vera storia daco-romana del nostro popolo (Presenze romene in Italia), George Lăzărescu accenna alle osservazioni fatte da Poggio Bracciolini [43] sulla lingua latina parlata dai «sarmati del nord» che nella «colonia rimasta da Traiano» nella «barbaria» dicono «oculum, digitum, manum, panem». In questo modo, Bracciolini è stato il primo umanista italiano che ha dimostrato linguisticamente le origini latine della lingua dei romeni, dopo la conquista traiana della Dacia, anche se il bizantino Kekavmenos aveva affermato sin dal sec. XII che «i valacchi erano vecchi coloni d’Italia». [44]
Il professore parlava con tanta simpatia sui voivodi romeni che avevano lottato insieme per l’indipendenza del popolo e per la conservazione della nostra lingua neolatina. La figura di Stefano il Grande – il venerato principe moldavo che aveva opposto fortemente resistenza al pericolo ottomano, che minacciava nel Quattrocento tutta l’Europa, era stata più volte evocata da lui nei giornali romeni e italiani e nelle conferenze, come Stefano il Grande e l’Italia.
Il rigore nel comunicare esattamente il senso di una parola o il valore stilistico di un’espressione era la prova dell’onestà con la quale questo dotto letterato dell’ultima Crociata culturale in Romania, s’impegnava a indagare in ugual modo la lingua, la cultura e la civiltà dei due paesi con storie complementari. Le relazioni dei nostri paesi erano attestate da materiali documentari che hanno contribuito alla realizzazione del monumentale volume La Scuola Romena di Roma [45], che presenta l’attività svolta tra il 1922 e il 1945 dai quattro direttori di questo prestigioso centro culturale romeno nella capitale d’Italia: gli scienziati Vasile Pârvan, G. G. Mateescu, Emil Panaitescu e Scarlat Lambrino e la maggior parte degli studi elaborati da questo importantissimo centro della cultura romena all’estero. [46] La prestigiosa scuola che ha formato grandi scienziati e artisti romeni in Italia era stata chiusa dal nuovo regime comunista nel 1947 e solamente dopo vent’anni, su insistenza del professor George Lăzărescu, allora addetto culturale, l’accademico Alexandru Balaci, che era anche ministro della cultura, aveva fatto le pratiche necessarie per riaprirla con il nuovo nome di «Accademia di Romania» di Roma. Qui sono venuti e continuano a venire a studiare le opere d’arte dei maestri italiani tantissimi borsisti romeni, laureati o studenti delle facoltà di lettere e di belle arti.
Il professore non si era appassionato solo alla storia; gli approcci tra la lingua e la letteratura li faceva – come gli umanisti fiorentini, con i quali ‘conviveva’ nella spiritualità – studiando le origini delle opere da cronache, leggende o miti.
Autore di antologie [47], storie letterarie [48], grammatiche [49] e dizionari (italiano-romeno e romeno-italiano [50]), fino al preziosissimo Dicţionar de mitologie („Dizionario mitologico” [51]), il Professore ci ha insegnato che per un vero filologo non esiste disgiunzione tra grammatica e poesia, tra arte e scienza. Questa lezione, appresa da Leonardo da Vinci, Giordano Bruno, Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti, ce la trasmetteva con tanta emozione. Il suo dizionario mitologico rappresenta una ricchissima fonte di dati sulle divinità e sugli eroi delle principali mitologie e sulle opere non solo letterarie, ma anche plastiche e musicali dedicate a loro. Così, Venus-Venere romana, «dea italica della vegetazione, della primavera, della bellezza, aurora e giustizia, protettrice dei giardini e della vite, è diventata sotto l’influsso dei greci dea dell’amore», fu identificata con Afrodite [52] (dea della voluttà e fecondità, figlia di Zeus e di Diana nata dalla spuma del mare) e con Anadiomene [53], protettrice dei marinai e dei porti, con le divinità della Siria e Caldera, Astharte e Militta. Evocata da Omero nella sua Illiade e da Virgilio nell’Eneide, nel romanzo Afrodita, vecchi riti di Pierre Louis, o nel romanzo Afrodita in Aulis di George Morre, essa fu scolpita da Prassitele (Afrodita di Cnidos), da Fidia, Scopas, o da Antonio Canova. Rinomate sono la Venere Capitolina di Roma, la Venus di Milo del Louvre e le pitture che la raffigurarono sotto la mano dei maestri italiani e fiamminghi: Botticelli, Raffaello, Correggio, Bronzino, Giorgione, Guercino, Rubens e altri.
Generoso nel notare gli studenti agli esami semestrali e annui con «voti non insufficienti» – nella tradizione del suo ex professore, il grande italianista Alexandru Balaci, al quale fu legato per tutta la vita da un’amicizia basata su stima e su uno speciale attaccamento intellettuale – c’incoraggiava con il suo sorriso, mentre analizzavamo un argomento letterario, o recitavamo una poesia o un «componimento a scelta», sempre riferito però alla letteratura e all’arte italiana. Tra tante cose gli piaceva insegnarci il principio che considerava fondamentale nell’etica umana: quello del «non offendere».
L’arte italiana; l’architettura, la scultura e la pittura, ma soprattutto la musica [54], quel nutrimento dell’anima, che voleva che noi studenti, amassimo come lui, gli fu l’unico sollievo nei giorni di sofferenza e tribolazione in cui non poteva ricevere più il nutrimento materiale.
All’arte italiana dedicò uno dei suoi libri più importanti, una sintesi del panorama culturale d’Italia [55], dagli albori della nuova civiltà formatasi sulle fondamenta del mondo romano, fino ai contatti col Bisanzio, che fecero nascere la nuova cultura classica di certe città con celeberrimi mosaici come Ravenna e Venezia; scrisse sull’architettura romanica, impostasi con le Chiese di Sant’Ambrogio di Milano, San Zeno di Verona, San Michele di Pavia, con il Duomo di Modena, o di San Marco, di Firenze; analizzò la scultura sempre romanica nel Duomo di Siena o soprattutto dei monumenti dalla Piazza dei Miracoli a Pisa; e presentò vari stili e correnti artistiche (gotico, umanistico, rinascimentale, barocco, manieristico, fino al rococò del Settecento, al classicismo e illuminismo, al romanticismo dell’Ottocento e al neoclassicismo, per finire con il verismo, il decadentismo, il futurismo, il realismo e  l’ermetismo e infine con il neorealismo del teatro e del cinema). L’arte fu per lui la suprema meta. Permanente nei suoi studi, questa, e la cultura in genere, gli diedero la speranza di sopravvivere in un mondo in cui si sentiva sempre più solo e isolato a causa del rovesciamento dei valori e della desacralizzazione di questi. Era deluso vedendo che la libertà ottenuta dai romeni nel dicembre 1989 non aveva aiutato, come si aspettava, la cultura.
Dopo questi eventi, il suo entusiasmo si era pienamente manifestato nel fondare a Bucarest, il 4 giugno 1991, insieme ai suoi colleghi, i professori Al. Balaci e Haritina Gherman, l’Associazione Culturale Romania – Italia (con la sentenza civile n. 381) – presidente esecutivo George Lăzărescu e presidente onorifico – Alexandru Balaci. Il principale obiettivo di quest’associazione era di consolidare i rapporti culturali già esistenti tra i due paesi, con conferenze, congressi, interviste, concerti, mostre e altre manifestazioni organizzate proprio per facilitare scambi d’idee e d’esperienze non solo nel campo filologico e artistico, ma anche in quello scientifico e mediale. Ne facevano parte, presentando conferenze su argomenti molto interessanti e originali, con la partecipazione di numerosi studenti delle università di Bucarest, insigni accademici, professori universitari, artisti e ricercatori come: Haritina Gherman (membro fondatore insieme ai Prof. Balaci e Lăzărescu), Simion Ghiţă (filosofo), Ovidiu Drimba, Vasile Tomescu (musicologo), Adriana Crainic (critica e storica dell’arte), Dan Ionescu-Siseşti (ingegnere), Geo Saizescu (regista), Maria Crişan (scrittrice e traduttrice), Modesto Gino Ferrarini (giornalista), Nelu Rotaru (ingegnere), Altobrando Chiarini (consulente e commercialista), Vito Grasso (storico, professore, ex direttore dell’Istituto italiano di Cultura di Bucarest) e molti insegnanti d’italiano, tra cui anche l’autrice di questo saggio.
Nel 1993 fu nominato professore titolare all’Università di Belle Arti di Bucarest. La sua attività didattica e scientifica fu presentata in quest’occasione in termini molto elogiativi da alcune delle più importanti personalità della cultura romena di quegli anni:
«Un capitolo consistente nell'attività del professor George Lăzărescu è occupato dalle traduzioni in italiano. Si tratta di opere letterarie (Petrarca, Tasso, Nievo, De Amicis, Tobino, Moravia), ma anche di opere di storia dell'arte e di cultura (G. B. Alberti, i vecchi autori, G. C. Argan, Eugenio Battisti, Lina Putelli, autrice della Vita di Tiziano, tra i moderni). I quasi venti volumi tradotti in romeno contribuiscono in modo sostanziale alla bibliografia della letteratura e cultura italiana in Romania».
(Prof. Univ. Dr. Marian Papahagi, Università Babes Bolyai, Cluj-Napoca, gennaio 1992)

«Il Professor George Lăzărescu è uno dei più insigni italianisti romeni. La sua attività didattico-pedagogica e culturale-diplomatica l’ha fatto identificare con la figura del divulgatore delle due culture sorelle. Ottimo conoscitore della lingua italiana, egli ha dedicato alla storia culturale di questo paese libri di grande importanza, come Cultura e civiltà italiana (in italiano e romeno), Storia delle Arti Italiane, Reperti di cultura [56]. Oltre a questi lavori, il Professor Lăzărescu ha dedicato alle relazioni tra i nostri paesi decine di studi e articoli d'alto livello scientifico, cominciando con I Paesi Romeni e l'Italia fino al 1600), la sua tesi di dottorato di ricerca, un lavoro cospicuo elaborato in base ai documenti dagli Archivi vaticani e di Propaganda Fide».
(Accademico, Prof. univ. dr. Zoe Dumitrescu-Buşulenga, direttrice dell'Accademia di Romania a Roma - Roma, 28 gennaio 1992)

«George Lăzărescu è un autentico professore, docente universitario e uomo di scienza perché ha formato a suo volta insegnanti e uomini di scienza. Personalità di spicco della nostra cultura, come anche di quella italiana, alla quale ha dedicato numerosissime pagine di studio profondo, è una persona buonissima, aperta, sempre pronta a offrire il suo aiuto a quelli che ne hanno bisogno, perché non conosce l'egoismo e l'invidia. Amabile con i suoi studenti, che incoraggia sempre sorridendo, ha preparato e continua a preparare ottimi seguaci della sua professione e ottimi cittadini».
(Ştefan Pascu, accademico, Bucarest, gennaio 1992)

Il Professore continuò a insegnare anche nelle facoltà di lingue e letterature straniere di due università private: «Spiru Haret» e «Dimitrie Cantemir», comprendendo quanto vitale era nel nuovo sistema socio-politico instauratosi dopo il dicembre dell’89 di sostenere questa forma d’insegnamento superiore, che offriva l’occasione di studiare anche a quei giovani che non avevano potuto farlo prima, a causa dei posti limitati nelle università statali.
Ha formato noi, decine di generazioni d’insegnanti di lingua, letteratura, cultura e civiltà italiana, docenti nelle scuole e nelle università di Romania, d’Italia pure.
Non è stata organizzata nessuna commissione d’esame per l’ottenimento di un grado didattico (liceale o universitario), o di dottorato di ricerca, di cui non avesse fatto parte anche il Professore, il cui rapporto che lodava quasi sempre le qualità del candidato, non veniva scritto con la mano, ma con l’anima!
Quasi tutti i libri e manuali d’italiano per allievi, studenti, o per altre categorie di lettori pubblicati negli ultimi cinquant’anni ebbero sulla prima pagina una sua presentazione, che incoraggiava moralmente e professionalmente l’autore! [57]
Nato a Călăraşi-Ialomiţa il 6 maggio 1922 e diplomatosi al liceo Gheorghe Şincai di Bucarest, George Lăzărescu aveva studiato lingua e letteratura italiana e latina alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bucarest [58], ricevendo poi una borsa di studio all’Università di Perugia. Fu professore di liceo [59] e poi lettore, maître de conférence a Iași – dove insegnò per un anno, nel 1947, accanto al professor Ştefan Cuciureanu e al famoso critico e storico letterario Giuseppe Petronio, allora lettore d’italiano nella capitale moldava, al quale lo legò «un’amicizia spirituale» durante tutta la vita – e poi all’università di Bucarest.
Il dottore in scienze filologiche, titolo ottenuto con un ampio lavoro di referenza I Paesi romeni e l’Italia fino al 1600 [60], la sua tesi di dottorato di ricerca, fu nominato nel 1965 addetto culturale all’Ambasciata Romena di Roma e tra gli anni 1974 e 1978 lettore di lingua e letteratura romena all’Università di Pisa, presso l’Istituto di Filologia romanza. Nella sua attività diplomatica svolta in quegli anni di disgelo politico europeo e mondiale, riuscì a stabilire fruttuosi rapporti d’amicizia con personalità di rilievo della cultura italiana, come i poeti e gli scrittori: Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale (entrambi insigniti con il premio Nobel), Alberto Moravia, Mario Luzi, Giuseppe Pratolini, Leonardo Sciascia, Giulio Carlo Argan, Eduardo de Filippo e Vincenzo Cappelletti, già Preside dell’Accademia Nazionale d’Italia e vicedirettore dell’Enciclopedia Treccani (con il quale preparò un numero intero della rivista «Il Veltro», dedicato alle personalità della cultura romena). Riuscì a riprendere vecchie amicizie con personalità romene che vivevano in Italia e che invitò ufficialmente in Romania, come la bravissima cantante lirica Virginia Zeani [61], la quale cantò all’Opera di Bucarest accanto ai primi solisti d’allora, in Traviata, La Bohème e Tosca. Le poesie di Nicola Rossi Lemeni, suo marito (cantante lirico – basso, che era anche poeta) furono tradotte in romeno, in due volumi, sempre dal Professore. Generoso anche nello scoprire i vari talenti letterari, artistici, il Professore aveva incoraggiato il suo ex allievo Marin Sorescu, a scrivere versi, che poi sempre per merito suo, erano stati tradotti in italiano, da Paolo Soldati e Marco Cugno.
Con una prefazione firmata dalla professoressa Zoe-Dumitrescu Buşulenga, personalità di spicco della cultura romena degli ultimi cinquant’anni, fedele amica dei coniugi Lăzărescu, è apparso un altro volume di lirica romena tradotta in italiano dal Professore: le Poesie di Ion Alexandru [62].
L’amicizia con Luigi Preti, all’epoca ministro delle Finanze e autore d’importanti libri sugli eventi europei, confermava l’instancabile attività che aveva svolto per lo sviluppo delle relazioni culturali tra la Romania e l’Italia. Quattro dei tanti libri scritti da Preti furono stampati in Romania sempre nella traduzione del Professore: Tinereţe, tinereţe («Giovinezza, giovinezza»), Bucureşti, ELU, 1967 (520 p.), Drama lui Oberdan («Un ebreo nel fascismo»), Bucureşti, Univers, 1987), Planeta Terra în pericol («Il Pianeta Terra in pericolo»), Editura Tehnică, 1991), Imigraţia în Europa («L’immigrazione in Europa»), Editura Tehnică, 1992), Dezechilibrele anului 2000 («Gli squilibri del 2000»), Editura Convexus, Bucureşti, 1999.
Il 30 agosto del 2006, dopo una grande sofferenza più morale che fisica, il Professore ci ha lasciato. Era il giorno di Sant’Alessandro ed era una strana coincidenza, perché era nato sempre in un giorno di gran festa del calendario ortodosso, quello di San Giorgio, il cui nome gli era stato dato. [63]
Se il suo ciclo biologico è cessato, le altre sue vite – di storico e critico, di ricercatore letterario, di traduttore [64] e di scrittore – membro dell’Unione degli Scrittori di Romania e di tante pregiatissime Accademie italiane – Accademia Arcadia di Roma (dal 1972), Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma (dal 1988), Accademia Internazionale per la Propaganda della Cultura, Roma (dal 1976), la Rubiconia – Accademia dei Filopatridi – Savignano (del 2002), Accademia Internazionale «Il Convivio» di Catania (2003) – continuano a esistere.
Per il suo gran contributo portato alla cultura italiana, ricevette dall’Italia i titoli di Cavaliere dell’Ordine Al merito della Repubblica Italiana e di Commendatore dell’Ordine Al merito della Repubblica Italiana, di Onorevole senatore accademico, membro del Senato dell’Accademia internazionale medicea.
Gli vennero conferiti anche altri premi e distinzioni, come il Diploma di Eccellenza di UNESCO di Romania, conferitogli nel 1999, il Merito Culturale nel grado di Commendatore – Promozione della cultura, Romania, 2004. La sua lunga e prestigiosa attività di vero filologo e d’eccezionale pedagogo lo consacrarono accanto ai grandi italianisti romeni Alexandru Marcu, Nina Façon, Alexandru Balaci, ma anche ai celebri letterati e artisti italiani che lui ha tanto amato, riuscendo a trasmettere le sue ricchissime conoscenze con la sua passione per la scienza e per il bello a tante generazioni d’insegnanti e di traduttori, che ha formato. Forse per questo veniva soprannominato per antonomasia «Giorgione», per identificarlo con uno dei più insigni pittori del Rinascimento.
Le parole per omaggiare la sua personalità non bastano, perché «George Lăzărescu, il Commendatore, il Professore, lo Scrittore, il ‘Grande’, quasi un’enciclopedia parlante per la sua profonda preparazione letteraria, artistica e linguistica», era per tutti quelli che lo avevano conosciuto «principalmente un indimenticabile e fraterno alleato, sempre disponibile, attento, premuroso», come lo caratterizzava un altro suo grande amico, il dott. Aldobrando Chiarini, consulente del lavoro, anch’egli Cavaliere dell’Ordine Al Merito della Repubblica Italiana. [65]
Siamo docenti d’italiano per merito suo, perché si è fidato delle nostre modeste forze creative. Oggi insegniamo ai nostri alunni e studenti come scoprire nuovi orizzonti. Riusciremo anche noi ad allargare le braccia e con esse, trasformate in grandi ali, proteggere e incoraggiare i nostri studenti, incitandoli a imparare come conoscere altri spazi dell’universo, come faceva il Professore?


Otilia Doroteea Borcia
(n. 9, settembre 2022, anno XII)




NOTE

1. Articolo apparso in Analele Universităţii Creştine «Dimitrie Cantemir», Facultatea De Limbi şi Literaturi Străine, Seria Ştiinţele Limbii, Literaturii şi Didactica Predării, Editura Pro Universitaria, București, 2010, p. 156-170, quattro anni dopo la morte del professore, ma ripubblicato adesso nell’anno del centenario della sua nascita (il 6 maggio, 1922).
2. Dopo l’instaurazione del regime comunista, tranne il russo, incluso tra le discipline previste già dalle classi elementari, nelle scuole medie e nei licei si studiava come seconda lingua straniera, solo il francese, o il tedesco, o l’inglese, ma con uno spiccato senso d'ideologia socialista nella scelta dei testi. La rivoluzione culturale aveva cacciato via dalla cultura romena e universale, quasi tutti i grandi scrittori e poeti che non avevano simpatizzato con la causa del proletariato. Solo dopo il 1967, l’anno dell’invasione della Cecoslovacchia, con l’apertura delle frontiere romene per i paesi occidentali, oltre ai turisti dei «paesi che erano dell’Est» in Romania cominciavano a venire anche persone d’altre nazionalità, tra le quali molti italiani. In questo contesto anche lo studio delle lingue straniere, in particolar modo delle lingue romanze e i contatti culturali con le relative nazioni, furono ripresi con buon esito.
3. Vita dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, citato più volte in Italia – cultura e civiltà, che godette più di sei edizioni, tra le quali quelle delle case editrici Fundaţia România de mâine (Fondazione la Romania di domani), Bucarest, 2001 e di Pro Universitaria, Bucureşti, 2007.
4. Mentre era addetto culturale presso l’Ambasciata di Romania.
5. Editura Meridiane, Bucureşti, 1975.
6. Editura Meridiane, Bucureşti, 1976.
7.  Cultură şi civilizaţie italiană, editura Oscarprint, Bucureşti, 2001.
8. Petrarca prozator, contemporanul nostru («Petrarcaprosatore, nostro contemporaneo»), Editura Albatros, Bucureşti, 1975.
9. Galileo Galilei. Dialog cu planetele («Galileo Galilei. Dialogo con i pianeti»), Bucureşti, Editura Albatros, 1982.
10. Epistolarul («Epistolario»), ESPLA, Bucureşti, 1956.
11. Mărturiile unui italian («Le confessioni di un italiano»), ELU, Bucureşti, 1968.
12.  Povestiri din Roma” («Racconti romani»), ESPLA, Bucureşti, 1957; Ciociara, ESPLA, Bucureşti, 1962.
13. Cuore – Inimă de copil, tradotto insieme ad Adriana Lăzărescu, per la prima volta nel 1956, e che godette una ventina di ripubblicazioni, dal 1965 (Editura didactică şi pedagogică) fino al 2009 (Editura Agna).
14. La mitologia nell’opera di Gabriele D´Annunzio, Bucarest (la sua tesi di laurea sostenuta nel 1945); dall’opera dannunziana tradusse insieme ad Adriana Lăzărescu Inocentul («L’innocente»), Editura Univers, Bucarest, 1983 e Focul («Il fuoco»), Editura Leda, Bucarest, 2004.
15. Antirenașterea («L’Antirinascimento»), Editura Meridiane, Bucureşti, 1982.
16. Tra i più di 300 titoli sono da ricordare i capitoli del famoso Dizionario di letteratura universale o da L’atlante geografico sulle personalità dei poeti e scrittori latini e italiani Virgilio, Ovidio, San Francesco d’Assisi, Dante, Petrarca e Boccaccio, Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci, Lorenzo il Magnifico, Michelangelo, Carlo Goldoni, Vittorio Alfieri, Giovanni Pascoli, Giacomo Leopardi, Luigi Capuana, Cesare Pavese, Luigi Pirandello, Giuseppe Ungaretti, e altri, ma anche sulle correnti e sui movimenti artistici letterari, come classicismo, umanesimo e rinascimento, sul verismo e sul realismo italiano.
17.  Umanismul românesc și umanismul italian («L’umanesimo romeno e l’umanesimo italiano»), 1975, «George Călinescu, studioso appassionato della cultura e civiltà italiana», 1976.
18. A Roma e Milano, in occasione del Convegno internazionale organizzato dall’Enciclopedia Treccani su Eminescu: La facoltà pittorica nell’opera di Mihai Eminescu, 1988.
19. La cultura italiana in Romania, 1977, Palazzo Medici-Riccardi, e Constantin Brâncuşi, creatore della scultura moderna, stesso anno, Palazzo Strozzi.
20. Rapporti italo-romeni lungo i secoli, 1975 e Il Centenario dell’Indipendenza italiana e la creazione dello Stato romeno, 1977, sala del Teatro Comunale.
21. Petrarca, nostro contemporaneo e Lineamenti storico-culturali della civiltà e cultura romena, 1977, Palazzo Comunale.
22. Contatti diretti fra la cultura italiana e la cultura romena, 1977, sala del Teatro Comunale.
23. L’etica, una condizione essenziale di vita nell’opera dello scrittore Nievo, al Convegno «Ippolito Nievo» organizzato nel 1973.
24. La Romania e l’Italia e le loro lotte comuni per l’indipendenza nazionale, 1977, Palazzo Comunale.
25. Paesaggi romeni, 1978, Palazzo dei Priori.
26. Constantin Brâncuși e il senso della sua arte, 1978, Palazzo della gioventù.
27. Pagine di storia romena, 1978, Palazzo Comunale.
28. Dove ha partecipato con lavori sulle opere dei poeti Ovidio ed Eminescu, ai convegni organizzati dall’Associazione ovidiana nel 1989 e 1991.
29. Ovidio, precursore dell’Umanesimo rinascimentale, che verrà pubblicato postume col titolo: Ovidiu, precursor al umanismului renascentist in Italia – Portrete ilustre («L’Italia – ritratti illustri»), editura Niculescu, București, 2008, edizione curata da Adriana Lăzărescu. A Sulmona, la città natia del grande poeta latino, il professore aveva presentato il 12 luglio del 1978 alla televisione locale, la conferenza Giovanni di Capestrano – personaggio insigne nella storia dei principati romeni del Seicento.
30. La Cultura italiana in Romania, in occasione del Convegno internazionale del 1988 con il tema: La cultura italiana in Europa.
31. La cultura polacca in Romania, al convegno internazionale del 1989.
32. Petrarca, umanista moderno, 1978.
33. Questo famoso italianista, studioso e traduttore dalla letteratura italiana, è stato membro corrispondente dell’Accademia Romena (dal 1940), prima del cambiamento del regime di Ion Antonescu; nato il 31 dicembre 1894 a Burdujeni-Suceava, diplomato del Collegio nazionale Carol I di Craiova e laureato dell’Università di Bucarest, fu durante la Seconda guerra mondiale professore universitario e preside della Facoltà di Lettere; entrato in politica - Sottosegretario di Stato del Ministero di Propaganda nel Governo condotto da Ion Antonescu, fu condannato dal nuovo regime a dodici anni di reclusione e morì il 27 febbraio 1955 nelle prigioni comuniste di Văcărești (presso Bucarest). Ottimo pedagogo e scienziato, aveva formato due generazioni di professori tra cui i docenti universitari Alexandru Balaci e George Lăzărescu. Ha tradotto dalla letteratura italiana: Vita di Gesù e Un uomo finito di Giovanni Papini, Mirra di Vittorio Alfieri e La ragazza di Jorio di Gabriele D’Annunzio.
34. Dall’ultimo anno di studio, 1944-1945.
35. Nel 1969 ottenne da parte dello Stato italiano una borsa di studio per la ricerca e così consultò i documenti degli Archivi del Vaticano, delle Biblioteche Alessandrina dell’Istituto di Propaganda Fide, Nazionale, e gli Archivi di Stato di Venezia.
36. Valeriu Râpeanu, Prefață (Premessa), in George Lăzărescu, Italia – portrete ilustre («Italia – ritratti illustri»), Editura Niculescu, Bucarest, 2008, edizione curata da Adriana Lăzărescu, p. II.
37. Che aveva studiato a scuola e all’Università di Bucarest (1941-1945), come seconda specialità dopo l’italiano, appassionatosi ai poeti latini come Virgilio e soprattutto a Ovidio, per la cui opera aveva stabilito contatti molto vivi con l’Associazione «Ludi di Enea» di Trapani, e con la città abruzzese di Sulmona, gemellata con la romena Tomis. Qui partecipò più volte ai convegni tematici internazionali, che venivano organizzati anche a Costanza – l’odierna Tomis – dove l’autore delle Tristae e Pontichae, morì, esiliatovi da Augusto.
38. Parallelo 38, marzo-aprile 2006.
39. In Prezențe românești în Italia – sinteze, documente, esecri, Editura 100+1 Gramar, Bucureşti, 2004.
40. nato il 5/18 aprile 1894 in Bucovina, ha studiato a Cernăuți e Bucarest, sostenendo un dottorato di ricerca in lettere a Napoli nel 1919. Tra il 1923 e il 1925 è stato membro della Scuola Romena di Roma e conferenziere di lingua romena all’Università di Roma. In «Notizie intorno ai romeni nella letteratura geografica italiana del 500»questo discepolo di Nicolae Iorga, apprezzato da Luigi Tonelli per i suoi studi approfonditi sulla latinità del romeno e sui rapporti continui tra i nostri popoli, ha presentato come testimonianze storiche le osservazioni fatte a questo riguardo da ambasciatori, negozianti e missionari italiani (specialmente genovesi e veneziani) venuti nei principati danubiani, sulle quali si fondarono le affermazioni dei cronisti romeni Grigore Ureche, Miron Costin, Milescu Spătaru (comandante supremo delle truppe in Valacchia), Stolnicul (siniscalco, maestro di cerimonia del principe) Constantin Cantacuzino e Dimitrie Cantemir (principe della Moldavia) – tutti vissuti tra il Cinquecento e il Seicento.
41. In Ephemeris Dacoromana, 1, 1923, pp. 338-386.
42. Cl. Isopescu, Echi di Roma in Romania, Reale Istituto di studi romani, 1942.
43. Pogii fiorentini oratorius carissimi ac secretarii apostolici, istoriae convivales disceptativae Orationes invectivae, Epistolae Descriptiones Quaedam Facetiarum liber, venundantur Parrhissis a Ioanne Parvo sub ligno libri aurei («Discussioni opportune sulla storia, di Poggio, il brillante oratore e segretario apostolico fiorentino, Orazioni polemiche, Libro con epistole descrittive, con alcuni scherzi, offerte ai parigini da Giovanni il Piccolo, con una stampa dorata»), in G. Lăzărescu, Prezenţe românești in Italia, p. 139.
44. Prezenţe românești în Italia, op. cit., p. 140.
45. Școala Română din Roma, Editura Fundației culturale române, București, 2002, libro fondamentale per la documentazione degli specialisti romeni studiosi dei rapporti culturali storici, letterari ed artistici tra la Romania e l’Italia nel periodo antebellico e poi intorno agli anni 1970.
46. I risultati del lavoro di questi ricercatori sono stati pubblicati in due grandi Annuali della Scuola: nove numeri di Ephemeris Dacoromana (tra 1923 e 1945) e quattro gran volumi del Diplomatarium italicum (tra 1925 e 1939).
47. Breve antologia della letteratura italiana, Editura Didactică și pedagogică, București, 1973.
48. Istoria literaturii italiane, vol. I, II, III, Tipografia Universității București, 1985-1988, in collaborazione con i docenti della cattedra d’italiano.
49. La Morfologia della lingua italiana, Editura Didactică, Bucureşti, 1962, altri cinque manuali per l’insegnamento liceale, pubblicati tra gli anni 1960 – 1970, Învață singur limba italiană – gramatică, exerciții, lectură («Impara da solo la lingua italiana - grammatica, esercizi, lettura»), (co-autrice Adriana Lăzărescu), editura Niculescu, 2004, con più edizioni.
50. Il grande Dizionario italiano-romeno insieme ai co-autori: Alexandru Balaci, Mariana Cuza e Haritina Gherman, Editura Gramar, Bucureşti, 2008, alla terza edizione, e i dizionari romeno-italiano e italiano-romeno (medio e piccolo), stampati in numerose edizioni dalla casa editrice Niculescu, Bucarest.
51. Editura Niculescu București, 1998, ristampato più volte.
52. Dal gr. afrós, spuma del mare.
53. Quella «nata dal mare».
54. Negli ultimi anni d’insegnamento, il professore spesse volte preferiva usare come sfondo musicale per le sue lezioni sull’arte e civiltà italiana, la musica classica. Questo metodo aiutava gli studenti a conoscere, riconoscere e amare l’arte il cui linguaggio resta sempre il più universale. Molti giovani ascoltavano forse per la prima volta il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra di Čajkovskij, o il Concerto n.1 di Chopin, la Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss, la V Sinfonia di Mahler o la IV Sinfonia di Brahms, perché i compositori scelti non erano solo italiani.
55. Italia – Cultura e civiltà, op. cit., che godette più di cinque edizioni.
56. Repere culturale, Editura Eminescu, Bucarest, 1982.
57. Specialmente manuali d’italiano, d’uso universitario ma anche scolastico, le cui autrici furono: prof. univ. dr. Rodica Locusteanu, lett. Geta Popescu, Mădălina Chelemen, Ileana Tănase, Mariana Adămeşteanu e tantissime altre, tra le quali anche l’autrice di questa relazione, conf. univ. dr. Otilia Doroteea Borcia.
58. 1941-1945.
59. Tra il 1945 e il 1946: ha insegnato lingua e letteratura italiana nei licei «Spiru Haret» ed «Eminescu» di Bucarest, poi dal 1946 al 1954, al Collegio Filipescu – Mănăstirea Dealu e al Liceo «Dimitrie Cantemir» di Predeal.
60. Țările Române și Italia până la 1600, București, Editura Științifică, 1972.
61. Ex compagna di scuola di sua moglie, Adriana, sposata con il famosissimo basso Nicola Rossi Lemeni.
62. Editura Eminescu, București, 1981, II-a edizione Fundația Culturală Română, 2001.
63. Il 6 maggio è il giorno di nascita ufficialmente dichiarato dalla famiglia.
64. Anche insieme alla sua distinta moglie, Adriana Lăzărescu, fedele compagna di vita e di professione, ha tradotto una gran parte dei capolavori della letteratura italiana
65. Înfruntând uitarea – In memoriam George Lăzărescu («Affrontando l’oblio – In memoriam George Lăzărescu), casa editrice Odeon, Bucarest, 2006, edizione curata da Adriana Lăzărescu e Andrei Radulian, p. 62.

 

BIBLIOGRAFIA E REFERENZE BIBLIOGRAFICHE

Înfruntând uitarea – In memoriam George Lăzărescu, Editura Odeon, Bucureşti, 2006, edizione curata da Adriana Lăzărescu e Andrei Radulian George Lăzărescu – Italia, portrete ilustre, Editura Niculescu, Bucureşti, 2008, edizione curata da Adriana Lăzărescu
George Lăzărescu, La mitologia nell’opera di Gabriele D´Annunzio, București (tesi di laurea sostenuta nel 1945)
George Lăzărescu, Țările Române și Italia până la 1600, București, Editura Științifică, 1972
George Lăzărescu, Repere culturale, Editura Eminescu, București, 1982
George Lăzărescu, Dicționar mitologic, Editura Niculescu, București, 1998
George Lăzărescu, Școala Română din Roma, Editura Fundației culturale române, București, 2002
George Lăzărescu, Prezenţe românești în Italia – sinteze, documente, esecri, Editura 100+1 Gramar, Bucureşti, 2004
Eugenio Battisti, Antirenașterea, Editura Meridiane, Bucureşti, 1982, traducere George Lăzărescu
George Lăzărescu, Cultură și civilizație italiană, editura Oscar Print, Bucureşti, 2001
George Lăzărescu, Petrarca prozator, contemporanul nostru, Editura Albatros, Bucureşti, 1975
George Lăzărescu, Galileo Galilei. Dialog cu planetele, București, Editura Albatros, 1982
Francesco Petrarca, Epistolarul, ESPLA, București, 1956, traduzione di George Lăzărescu
Ion Alexandru, Poesie di Ion Alexandru, Editura Eminescu, București, 1981, traduzione di George Lăzărescu
Ippolito Nievo, Mărturiile unui italian, ELU, Bucureşti, 1968, traduzione di George Lăzărescu
Alberto Moravia, Povestiri din Roma, ESPLA, Bucureşti, 1957, George Lăzărescu
Alberto Moravia, Ciociara, ESPLA, București, 1962, traduzione di George Lăzărescu, Adriana Lăzărescu
Edmondo de Amicis, Cuore – Inimă de copil, Ed. didactică și pedagogică, București, 1965, trad. di George Lăzărescu, Adriana Lăzărescu
Gabriele D’Annunzio, Inocentul, Editura Univers, București, 1983, traduzione di George Lăzărescu e Adriana Lăzărescu
Gabriele D’Annunzio, Focul, Editura Leda, București, 2004, traduzione di George Lăzărescu, Adriana Lăzărescu
*** Academia Română, Dicționarul general al literaturii române, Editura Univers Enciclopedic, București, 2006