La storia della ricezione brasiliana di Cioran: 1949-1950

Il contributo dello studioso Rodrigo Inácio R. Sá Menezes [1] traccia la storia della ricezione dell’opera di Cioran in Brasile, dalla sua prima menzione giornalistica, agli inizi del 1949. Vengono presi in esame i riferimenti a Cioran nei giornali brasiliani prima della consegna del Premio Rivarol e della pubblicazione di Précis de décomposition, presso Gallimard, e le critiche dei suoi primi commentatori brasiliani, quali il poeta Augusto Frederico Schmidt.

Cioran, urbi et orbi

È probabile che Cioran non sarebbe mai diventato uno scrittore conosciuto a livello mondiale se non fosse stato per la sua doppia decisione di espatriare in Francia e di adottare il francese come lingua ufficiale di scrittura. Questo cambiamento segnala una volontà di rottura radicale che va ben al di là della lingua: è rottura con tutto il suo passato romeno, con la sua «romenità» (sussistente e attuale compreso nella negazione).
Immaginiamo per un attimo se Cioran fosse rimasto in Romania, o se fosse vissuto in Spagna, scrivendo in castellano, o in Inghilterra, scrivendo nella lingua di Shakespeare, Byron e Shelley: avrebbe avuto la stessa ripercussione, la stessa portata, lo stesso riconoscimento se non avesse scritto nella lingua di Voltaire?
Cioran appartiene a un selezionato gruppo di intellettuali e artisti romeni esiliati o espatriati in tutto il mondo, e particolarmente nella capitale francese, dove si sarebbe formato il cosiddetto esilio romeno a Parigi. Se non fosse stato per la consacrazione letteraria in territorio linguistico straniero, per essere un autore romeno di lingua francese, e uno alquanto singolare, forse noi brasiliani non avremmo mai sentito parlare di questo enigmatico autore, almeno non così presto nella storia del XX secolo.
È a partire da Précis de décomposition, il Breviário de decomposição in portoghese (tradotto da José Thomaz Brum), pubblicato nel 1949 e insignito, l’anno successivo, del Premio Rivarol per scrittori stranieri di lingua francese, che Emil diventa E.M. Cioran, talentuoso e oscuro scrittore francese di origine romena, paragonato a Paul Valéry. Questo nuovo scrittore avrebbe presto fatto parlare di sé e del suo tenebroso Précis de décomposition, nei giornali brasiliani, che secondo il poeta modernista Augusto Frederico Schmidt (1906-1965), nato a Rio de Janeiro, e considerato il primo importante critico di Cioran sulla stampa brasiliana, è un libro «triste» e «dirompente», che «non deve essere letto». [2]
Benché, dalle prime critiche giornalistiche fino a oggi, la serietà, la profondità e l’importanza universale del suo pensiero siano messi in dubbio da diversi critici del pensatore romeno, ciò che nessuno di loro mette in discussione è la sua eccellenza come scrittore di lingua francese, l’exploit di scrivere così bene quanto i nativi, se non meglio di molti di loro. Si ammette a malincuore la perfezione dello stile di Cioran, écrivain de langue française, pur non riconoscendo nessun pensiero consistente dietro di lui. Ad esempio, Pierre-Henri Simon scrive, in un articolo intitolato O desespêro como mercadoria [La disperazione come merce], il 19/20 luglio 1952, a proposito di Cioran: «Raramente ho trovato un esempio più flagrante di questo caso funesto: quello di un giovane meglio dotato per scrivere che per pensare, e che intende l’opposto.» [3] Per quanto pensi cose assurde, scrive bene, soprattutto per uno straniero.
Il Sommario di decomposizione è un libro incendiario, abissale, tenebroso, eppure accattivante, stimolante, un libro accogliente che, per un paradosso sconcertante, rianima. Ripresenta la combinazione fortuita ed eteroclita, e proprio per questo sublime, tra un temperamento lirico e tempestoso, tipicamente balcanico, e i rigori formali della lingua di Racine. L’impatto, il turbamento causato da Précis nelle coscienze dei lettori, dapprima nei circoli letterari e intellettuali francesi, si è fatto presto sentire in Brasile, attraverso le critiche nei giornali a partire dal 1949.
Cioran è oggi studiato e discusso nelle università brasiliane, nei dipartimenti di Filosofia tra gli altri, e opere teatrali vengono montate su di lui grazie alla traduzione dei suoi libri e al lavoro di diffusione nell’ambiente accademico per opera del diligente José Thomaz Brum, filosofo e professore nella Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro (PUC-RJ). Le prime traduzioni dei libri francesi di Cioran cominciano a essere pubblicate alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Da allora viene associato, per quanto riguarda la ricezione e la divulgazione di Cioran in Brasile, a José Thomaz Brum, il suo traduttore, dimenticando oppure ignorando che la storia della ricezione dell’opera di Cioran in Brasile risale a molto tempo prima.
In questo articolo, ci soffermeremo sulla prima ricezione dell’opera di Cioran in Brasile, a partire da Précis de décomposition. Nostro obiettivo è mostrare come, all’inizio della seconda metà del XX secolo, Cioran è citato, commentato, criticato e presentato al pubblico brasiliano da vari giornalisti, scrittori e intellettuali, nelle pagine culturali dei giornali. Oggetto della nostra indagine è l’acervo storico digitalizzato di giornali brasiliani, soprattutto di Rio de Janeiro e San Paolo, che si trova sul sito della Biblioteca Nazionale del Brasile. Il primo cenno su Cioran nei giornali brasiliani risale al 1949. Sono settant’anni di una storia troppo poco conosciuta, il racconto della presenza simbolica, attraverso i suoi libri, di questo enigmatico autore di origine romena nelle terre brasiliane, in lingua portoghese, e del suo dialogo interculturale con personaggi importanti del panorama culturale brasiliano della seconda metà del XX secolo, quali il romanziere José Lins do Rego (1901-1957) e lo scrittore, critico e giornalista romeno, radicato in Brasile, Ștefan Baciu, ex alunno di Cioran nel liceo di Brașov.

I primi cenni su Cioran – pre-Rivarol – nella stampa brasiliana: 1949-1950

Se non fosse stato insignito del Premio Rivarol, cerimonia svoltasi nel salone dell’hotel Pont-Royal, a Parigi, il 24 giugno del 1950, Cioran non sarebbe entrato nel radar culturale brasiliano già nel 1950. In realtà, il primissimo cenno sull’autore di Précis de décomposition nei giornali brasiliani risale al 22 maggio del 1949, prima della pubblicazione di Précis (nella seconda metà del 1949) e più di un anno prima del Premio Rivarol. Si tratta di un articolo tradotto dal francese e pubblicato nel giornale carioca «A Manhã» [La Matina], scritto da Daniel-Rops, intitolato Irradiação da língua francesa [Irradiazione della lingua francese]. L’articolo sarebbe stato ripubblicato due giorni dopo in O Jornal (sempre di Rio de Janeiro), con la sottile variazione: Esplendor da língua francesa [Splendore della lingua francese].
Daniel-Rops, pseudonimo di Henri Petiot, scrittore e storico cattolico francese, è membro della giuria del Premio Rivarol. È probabile che il testo di Daniel-Rops fosse stato pubblicato originariamente in francese, in Francia, prima di essere tradotto in portoghese, nei giornali brasiliani. Si tratta di un ragionamento apologetico intorno al Premio Rivarol e alla cultura letteraria francese, a favore della sua importanza culturale e della ricchezza dei testi, del genere della narrativa o della non-narrativa, che vengono sottoposti a giudizio. Scrive Daniel-Rops: «In mezzo alla grande quantità di premi letterari che Parigi assegna tutti gli anni, è naturale che il pubblico di Francia e d’oltreconfine si perda un poco.» [4] Dopo aver evidenziato l’illustre presenza, tra i giurati, di André Gide, Georges Duhamel, Jules Romain, Jean Paulhan e Gabriel Marcel, sostiene che il Premio Rivarol consacra «lo splendore della lingua francese, che tante manifestazioni fornisce della sua presenza nel mondo». [5]
Dopo aver evidenziato in toni elogiativi due scrittori che trova talentuosi e meritevoli del premio, Daniel-Rops ne rileva negativamente altri due, i cui testi, nonostante siano elogiati da personalità importanti quali Jean Paulhan e Jules Supervielle (tutti giurati del premio Rivarol), non gli piacciono. Gli elogiati sono il russo Wladimir Weidlé e il libanese Farjallah Haik. I criticati sono proprio Cioran e l’ebreo palestinese Elian J. Finbert. La prima occorrenza del nome di Cioran, il primo commento al suo Précis de décomposition nei giornali brasiliani, prima ancora che ricevesse il Premio Rivarol, e prima della pubblicazione del libro stesso, è dunque di tono negativo! Presentando per la prima volta al lettore brasiliano, forse incidentalmente, per caso, questo sconosciuto di nome Cioran, Daniel-Rops afferma che il suo testo, «amaro e violento, che fa pensare sotto certi aspetti a Nietzsche», non vale la pena di essere letto, e tanto meno di guadagnare il premio.

«Noia e decomposizione»: Augusto Frederico Schmidt, il primo commentatore e critico brasiliano di Cioran

Ancor prima della consegna del Premio Rivarol nel giugno del 1950, c’è un importante episodio attinente alla ricezione dell’opera di Cioran in Brasile. Una settimana più tardi, il poeta modernista Augusto Frederico Schmidt (1906-1965) pubblica tre testi nello stesso giornale in cui commenta, critica e, infine, sconsiglia (come Daniel-Rops, prima di lui) la lettura di Précis de décomposition appena pubblicato. Il primo di essi, dal titolo O corpo do desconhecido [Il corpo dello sconosciuto], si concentra su un testo particolare del Précis che sembra aver sconvolto il cristiano Schmidt: La croce inclinata. Il critico, fondatore della Libreria Cattolica a Rio de Janeiro ed editore di autori integralisti [6] quali Plínio Salgado (1895-1975), manifesta un miscuglio di stupita ammirazione e di riprovazione. Però diversamente da Daniel-Rops, che non perde tempo con l’oggetto del suo giudizio critico, Schmidt – sebbene con spirito critico e di attaccamento, come chi ammette che Cioran ha ragione, ma preferisce aggrapparsi alla sua fede – produce l’effetto contrario, suscitando curiosità e interesse nei suoi lettori per questo romeno sconosciuto che scrive libri così sconvolgenti in lingua francese.
Schmidt si sofferma su un passo di La croce inclinata, terrorizzato. Si prende la briga di tradurre e citare questo brano, quarant’anni prima della pubblicazione di Breviário de decomposição, tradotto da Thomaz Brum. Leggiamo ciò che scrive Schmidt: «C’è un passo nel libro di Cioran (E.M.) – Précis de décomposicion (sic) – che è una specie di breviario della disperazione, in cui questo sorprendente scrittore romeno parla di Cristo (e del cristianesimo) come qualcosa che sta volgendo al termine. «Gesù diventa ogni giorno più insipido; i suoi precetti, come la sua dolcezza, irritano; i suoi miracoli e la sua divinità fanno sorridere. La Croce pencola: da simbolo torna a essere materia... e rientra nell'ordine della decomposizione in cui periscono senza eccezione le cose indegne come quelle onorabili». [7]
La descrizione di Schmidt rimanda con la mente a qualche personaggio nichilista di Dostoevskij, oppure a un nietzschiano di pessimo umore. Nietzsche è evocato, però, per un esercizio di contrapposizione. «Non so, non conosco nessun libro così preso dalla disperazione come questo di Cioran. La risonanza di questo autore in chiunque lo legga deve assomigliare alla sorpresa provocata da Nietzsche nei suoi contemporanei, in tutti quelli che d’un tratto si trovavano davanti allo spettacolo nato dal pensiero sull’uomo di Zaratrusta (sic) e dalla Genealogia della morale.» [8] Cioran gli appare come un Nietzsche deluso dalla volontà di potenza, amaro e incredulo riguardo al «Superuomo», troppo pessimista. Secondo l’autore, «Nietzsche suscitava l’affermazione di certi valori perenni; un fremito si staccava da quello temerario. Cioran, tuttavia, invita ad abbandonare qualsiasi indignazione, alla fredda indifferenza. Invece del Superuomo, l’uomo vuoto, un uomo senza più curiosità, rassegnato al suo destino di decomporsi come i continenti e le stelle…» [9]
Schmidt sembra partire da una prospettiva esistenziale cristiana alla maniera di Kierkegaard, che afferma l’incompatibilità tra la fede cristiana e la modernità, da cui, per una retorica negativa, l’impossibilità di essere cristiano. Cattolico fervente, il critico brasiliano di Cioran si lamenta del declino della fede cristiana nella modernità, con le sue promesse di un nuovo mondo, migliore, più pacifico e prospero. Schmidt utilizza il nichilismo come strumento retorico di una critica al cristianesimo all’interno del cristianesimo: la critica di un cristiano tradizionalista, scontento degli sviluppi della sua religione e della Chiesa nella modernità secolare. Lasciamo la diatriba di Schmidt nei confronti del cristianesimo e passiamo direttamente a ciò che ci interessa: i suoi giudizi e le sue considerazioni su Cioran. Secondo lo studioso, «questa società mascherata da cristiana, che ha provocato lo stato di malattia spirituale di Cioran, è l’esatto contrario del cristianesimo. È una società in cui tutti si perdono poiché tutti vogliono salvarsi, non importa come, e sempre da soli.” [10]
Su quest’ultimo punto, Schmidt si mostra in sintonia con Cioran, che nel Précis scrive: «la società è un inferno di salvatori» (e di salvati, sarebbe il caso di aggiungere). Per quanto riguarda la «società mascherata da cristiana», che sarebbe la causa della malattia spirituale di Cioran, come afferma il critico, di quale società – e di quale cristianesimo – parla esattamente? Dell’Occidente cattolico? Del Brasile? Non mancano le controversie. Cioran è nato in un villaggio in Transilvania, in seno a una famiglia cristiano-ortodossa, che aveva per padre un pope, e questo cristianesimo primitivo, o almeno premoderno, che Cioran ha conosciuto fin da bambino, non sembra essere la stessa «società mascherata» denunciata da Schmidt. Se c’è una critica (scettica, cinica, nichilista) del cristianesimo nell’opera di Cioran (come c’è infatti), è tanto in virtù dell’intensa esperienza di vita e dell’enorme erudizione libresca (l’ateismo tedesco, il nichilismo russo) quanto per il fato che, alla maniera di Nietzsche prima di lui, per Cioran il cristianesimo è in sé la malattia spirituale.
L’effetto-Cioran era stato così forte che Schmidt tornerà a polemizzare con l’autore romeno di Précis de décomposition altre due volte nello stesso giornale, dopo poco tempo. Il 5 febbraio del 1950, alcuni giorni dopo O corpo do desconhecido, Schmidt pubblicherà, sempre per «Correio da Manhã», un articolo intitolato Tédio e decomposição [Noia e decomposizione], che può esser giustamente ritenuto, più del precedente, come la grande pietra miliare che segna l’inizio della critica cioraniana in Brasile. In questo testo, guidato da due registri discorsivi, critico (verso Cioran) ed edificante (attorno all’umanesimo e alla spiritualità cristiana), il critico intende precisare il proprio fastidio per Précis de décomposition e per il pensiero del suo autore, enuncia senza riserve la conclusione che Daniel-Rops aveva lasciato sospesa, suggerita: il Précis è un libro che non deve essere letto. Certamente pensando ai testi iniziali del libro, quali Genealogia del fanatismo e L’antiprofeta, Schmidt deplora il cinismo con cui Cioran fa l’elogio dell’amletismo, della velleità e della pigrizia, dell’inutilità e della corruzione: «Per questo terribile autore la colpa delle disgrazie, delle miserie, delle contorsioni del nostro tempo e di tutti i tempi trova sempre la sua origine negli uomini di fede, in quelli che affermano e in quelli che credono. Dagli scettici, dagli spiriti senza sole né ombra – non sono mai venuti mali maggiori. Sono gli ardenti, gli affermativi, quelli che generano i mali maggiori. Sono i riformatori che suscitano le demenze, il ritorno alla barbarie che sembrava superata, però ritornano con le provocazioni di quelli che Cioran chiama gli idolatri». [11]
Fin qui, una lettura tecnicamente esatta, conforme alla lettera e allo spirito dell’autore romeno. Però, ciò che ci interessa di più sono le conclusioni e i giudizi ermeneutici di Schmidt, la sua impressione soggettiva, e affettiva, a partire della lettura di Précis de décomposition. Schmidt è il primo grande commentatore e critico dell’opera di Cioran in Brasile, il primo a dedicargli uno spazio considerevole nelle sue colonne di giornale, dal gennaio del 1950. Sono ben tre i testi nell’intervallo di una settimana dedicati a dibattere e a criticare le idee contenute nel premiato début di Cioran in lingua francese. Confermando l’opinione di Daniel-Rops, il poeta modernista brasiliano considera il Précis de décomposition «un libro orribile», «sconvolgente», in cui l’autore «distrugge tutte le stelle, i continenti e le anime, in un tono tra il lirico e il cinico. […] Tutta la storia dell’uomo sulla terra è farsa e amarezza, riassume Cioran, però nella scoperta di questo segreto fa levitare l’uomo indiscreto che ha osato togliere la maschera dell’ipocrisia che nasconde la vera fisionomia dell’uomo nel mondo.» [12] Riassumendo, il Précis de décomposition è un libro che «non deve essere letto, perché è uno dei pochi che realmente fanno male», perché si tratta di un libro insopportabilmente triste in cui «tante verità sono dette e in cui la Verità non di rado si vela e si nasconde» in una «successione di verità sulla miseria, sulla vanità, sull’inutilità di ogni sforzo, sul bene che seminato fruttifica, sull’equivoco, sulla disgrazia, sul male.» [13]
Leggendo questo libro pericoloso, vietato ai minori, Schmidt confessa di aver pensato molto di più all’essere umano che lo aveva scritto che alle cose da lui scritte, alle affermazioni, alle blasfemie, alle realtà che contiene questo trattato di decomposizione.  «Che specie d’infanzia ha avuto E.M. Cioran?», si domanda il critico brasiliano. [14] Ebbene, a giudicare dai ricordi portati alla luce nelle interviste (Entretiens) e anche da diversi aforismi della sua opera, sappiamo che specie d’infanzia ha avuto il bambino Emil, nel suo «paradiso terrestre» di Rășinari. D’altronde, è naturale che l’opera di Cioran, visceralmente legata alla sua esperienza di vita, rinvii costantemente a colui che l’ha concepito. Nessuna differenza, nessun intervallo tra ciò che si è, si concepisce, si pensa, si scrive. Leggiamo questo aforisma da Amurgul gândurilor: «Cînd un gînd te năpădeşte cu putere și violență, el izvorăște din substanța existenței tale […] Un gînditor trebuie să fie tot ce spune. Aceasta se învață de la poeți și de la voluptățile şi durerile ce le încerci trăind.» Un’opera che non susciti l’interesse e la curiosità per il suo autore, el hombre de carne y hueso, secondo Unamuno, è perfettamente poco interessante (proprio come colui che l’ha concepito).
Infine, nonostante tutto il disgusto manifestato per questo E.M. Cioran, scrittore romeno, il cui libro virulento, che non dovrebbe essere letto da nessuno, avrebbe vinto il premio Rivarol, Schmidt riconosce almeno un punto positivo: «Ciò che, tuttavia, di meno pericoloso esiste in Cioran è che nel profondo di tutta questa lotta per non lasciare altro che rovine, possiamo scoprire un’allegria feroce nell’osare di dire tutto, di vincere le limitazioni e la grande timidezza, di sentirsi liberato da tutti i sentimenti, il che riflette sempre una certa ingenuità in questo uomo che giudica sé stesso come il più lucido e disilluso degli esseri». [15]
Cioran sarà menzionato una terza volta in un testo pubblicato appena due giorni dopo Tédio e decomposição, nello stesso «Correio da Manhã», intitolato O alvo das contradições [Il bersaglio delle contradizione]. In questo caso, un breve e insostanziale riferimento, en passant, al contesto discorsivo di una predicazione cristiana. Nel medesimo tono di lamentazione nostalgica e idealista di una cristianità superata e soppiantata dal mondo moderno secolare, come nel primo dei testi («Il corpo dello sconosciuto»), qui si domanda: «Ma dov’è la vita cristiana in questo momento del mondo? Ora basta grattare un po’ e subito il colore effimero delle cose si disfa – e ciò che appare è il pallido, l’incolore di questa decomposizione che lo scrittore Cioran ha appena annunciato come se avessi scoperto un nuovo continente.» [16]

Il Précis de décomposition e le ripercussioni del Premio Rivarol nella stampa brasiliana

È degno di nota che la notizia sul premio concesso a Précis de décomposition, libro sconvolgente di un enigmatico e talentuoso scrittore romeno espatriato in Francia, sia arrivata così presto in Brasile, apparsa il giorno dopo il premio, consegnato il 24 giugno del 1950 nel salone dell’hotel Pont-Royal. Il 25 giugno del 1950, quindi, il giornale carioca «Correio da Manhã», in cui A. F. Schmidt aveva pubblicato i tre testi che inaugurano la critica cioraniana in Brasile, pubblica una nota sulla consegna del Premio Rivarol a «Emilio» (sic) Cioran, romeno, per il suo saggio intitolato Tratado de decomposição [Trattato di decomposizione]. «Il premio ammonta a 50.000 franchi.» [17]
Anche altri giornali brasiliani hanno annunciato la consegna del Rivarol a Précis de décomposition, libro malamente digerito da A. F. Schmidt. Oltre al «Correio da Manhã», altri cenni sul Premio Rivarol, sull’autore romeno («Emílio», «Emile») e su Précis («Tratado») de décomposition appaiono nel Diário de Notícias (9 agosto 1950) e in O Jornal (3 settembre 1950), entrambe pubblicazioni di Rio de Janeiro, e anche (felice eccezione) in un giornale del nord-est del Brasile, il Diário de Pernambuco (19 novembre 1950). Oltre che nei giornali, ne viene fatta menzione anche nelle riviste femminili «Cigarra» [Cicala] e «A Casa» [La casa], che hanno annunciato, rispettivamente, nelle edizioni di settembre del 1950 e gennaio del 1950, la consegna del Premio Rivarol a «Emílio» Cioran, autore romeno di Précis de décomposition.
Dagli anni 1949-50, grazie al Précis de décomposition (che in Francia fu, per sua sorpresa, un successo di critica e di pubblico, conquistando il Rivarol all’unanimità) Cioran si fa conoscere presso critici, poeti, scrittori e lettori brasiliani in generale, un nome promettente, nonostante insopportabile, nell’orizzonte letterario parigino, con la sua cultura dei premi. Da quel momento, e soprattutto nei tre o quattro decenni a partire dal 1950, non c’è anno in cui non ci siano riferimenti a Cioran e a qualche suo libro nei giornali brasiliani, e tendono a diventare sempre più specializzati, consistenti, fondati, e meno pieni di equivoci sull’autore e sulla sua opera.

Conclusioni

Come abbiamo visto, la ricezione brasiliana dell’opera di Cioran risale a molto tempo prima della pubblicazione dei suoi libri francesi, tradotti da José Thomaz Brum a partire dal 1988. Già nella prima metà del 1949, c’è un parsimonioso e sprezzante cenno a Cioran, candidato al Premio Rivarol, da uno dei membri della giuria del premio, Daniel-Rops. Però il primo grande commentatore e critico dell’opera di Cioran in Brasile è il poeta modernista cattolico Augusto Frederico Schmidt, oltraggiato dal cinismo e dal nichilismo dell’autore di Précis de décomposition. Abbiamo visto anche che la prima importante critica su Cioran espressa in un giornale, in quel momento limitatamente al suo Précis de décomposition, è il testo di Schmidt, del 5 febbraio del 1950, intitolato Tédio e decomposição [Noia e decomposizione], in cui il poeta brasiliano afferma che il Précis è un libro triste e pericoloso, pieno di verità orribili sull’uomo, sul mondo e su Dio stesso, che non deve essere letto.
Dopo Schmidt, saranno il romanziere José Lins do Rego e lo scrittore e giornalista romeno trapiantato in Brasile, Ştefan Baciu (ex alunno di Cioran nel liceo di Brașov) ad assimilare e accogliere positivamente l’opera di Cioran, visto da loro non come un semplice cinico o nichilista, ma piuttosto come un pensatore di una lucidità tragica che denuncia le illusioni vitali dell’uomo moderno (e dell’uomo tout court), questo spettro automatizzato, affrettato e agitato, che non ha tempo per ammalarsi e per morire, e che nonostante viva malato senza saperlo, occulta una angoscia incosciente e permanente, repressa, latente, morendo a causa delle medicine, e non solamente delle sue malattie naturali.
«Essere moderni significa affaccendarsi nell’incurabile», scrisse l’autore dei Sillogismi dell’amarezza, il secondo libro francese di Cioran che ha attirato anche l’attenzione dei giornalisti e degli intellettuali brasiliani dopo la sua pubblicazione nel 1952. Un aforisma che piaceva a Eugène Ionesco, che lo cita in una intervista pubblicata in seguito in un giornale brasiliano. Piacendo «a greci e a troiani», [18] Cioran è uno scrittore temerario, sommamente irriverente e iconoclasta, di una lucidità luciferina (Blaga), che si ama o si odia, oppure entrambi allo stesso tempo. Ciò che si registra oggi non è differente da quando Cioran ha cominciato a diventare famoso, in Francia e nel mondo, e particolarmente in Brasile, come uno scrittore romeno di lingua francese vincitore di un premio letterario. La critica demolitrice di Pierre-Henri Simon (posteriore a questi anni iniziali, 1940-50), citata all’inizio, anticipa quella di George Steiner, in «New Yorker», trent’anni più tardi, e tutte le critiche da coloro che non vedono in Cioran null’altro che cinismo, ipocrisia e farsa, il suo pensiero come una «disperazione di merce» (Simon). Infine, a giudicare dai giudizi di Daniel-Rops e di A. F. Schmidt, nonostante i giornali brasiliani siano pieni di riferimenti a Cioran, a partire dal premiato Précis de décomposition, si può dire che la critica brasiliana non gli è stata, all’inizio, per niente favorevole.




Rodrigo Inácio R. Sá Menezes
(n. 6, giugno 2020, anno X)



NOTE

[1] Brasiliano, dottore in Filosofia presso la Pontificia Università Cattolica di San Paolo (PUC-SP), è studioso e traduttore dell’opera di Cioran. Ha tradotto alcuni dei suoi testi inediti in portoghese sulla rivista (n.t.) «Revista Literária em Tradução». Nell’ultimo numero, «Portrait du civilisé» da La chute dans le temps, e «Les nouveaux dieux» da Le mauvais démiurge. Editore del portale E.M. Cioran/Brasile, ora in un nuovo indirizzo elettronico e anche su YouTube.
[2] SCHMIDT, Augusto Frederico, Tédio e decomposição, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, anno XLIX, no 17453, 5 febbraio 1950.
[3] SIMON, Pierre-Henri, O desespêro como mercadoria, «Tribuna da Imprensa», Rio de Janeiro, ano IV, no 785, 19-20 luglio 1952.
[4] DANIEL-ROPS, Irradiação da língua francesa, «A Manhã», Rio de Janeiro, anno III, no 126, 22 maggio 1949.
[5] DANIEL-ROPS, Irradiação da língua francesa, «A Manhã», Rio de Janeiro, anno III, no 126, 22 maggio 1949.
[6] Azione Integralista Brasiliana fu un’organizzazione politico-religiosa d’ispirazione fascista e cattolica, fondata dallo scrittore e teologo Plínio Salgado nel 1932.
[7] SCHMIDT, Augusto Frederico, O corpo do desconhecido, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, ano XLIX, no 17448, 31 gennaio 1950.
[8]SCHMIDT, Augusto Frederico, O corpo do desconhecido, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, ano XLIX, no 17448, 31 gennaio 1950.
[9] SCHMIDT, Augusto Frederico, O corpo do desconhecido, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, ano XLIX, no 17448, 31 gennaio 1950.
[10] SCHMIDT, Augusto Frederico, O corpo do desconhecido, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, ano XLIX, no 17448, 31 gennaio 1950.
[11] SCHMIDT, Augusto Frederico, Tédio e decomposição, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, anno XLIX, no 17453, 5 febbraio 1950.
[12] SCHMIDT, Augusto Frederico, Tédio e decomposição, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, anno XLIX, no 17453, 5 febbraio 1950.
[13] SCHMIDT, Augusto Frederico, Tédio e decomposição, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, anno XLIX, no 17453, 5 febbraio 1950.
[14] SCHMIDT, Augusto Frederico, Tédio e decomposição, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, anno XLIX, no 17453, 5 febbraio 1950.
[15] SCHMIDT, Augusto Frederico, Tédio e decomposição, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, anno XLIX, no 17453, 5 febbraio 1950.
[16] SCHMIDT, Augusto Frederico, O alvo das contradições, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, XLIX, no 17454, 7 febbraio 1950.
[17]  Concedido o prêmio Rivarol, «Correio da Manhã», Rio de Janeiro, anno L, no 17569, 25 giugno 1950.
[18] Espressione portoghese che vuole dire piacere a due persone o a due gruppi i cui gusti sono o sembrano incompatibile, reciprocamente escludenti.