Vasile Pârvan/1. Profilo di un fondatore nel 90° anniversario della Scuola Romena di Roma

Vasile Pârvan è vissuto solo 45 anni. Una vita breve a cui ha aderito con l’intensità di cui sono capaci solo gli spiriti di eccezione. È stata una vita esemplare, «plutarchiana» secondo quanto affermava George Călinescu, uno dei primi discepoli alla Scuola Romena di Roma. Di questa vita plutarchiana vorrei parlare oggi quando si compiono i 130 anni dalla sua nascita (più precisamente è il 28 settembre il giorno in cui cade l’anniversario) e i 90 anni di esistenza della Scuola Romena di Roma, una delle sue fondazioni.

A 22 anni Pârvan era già laureato, a 26 dottore in filosofia, un anno più tardi già professore universitario e a 29 membro corrispondente dell’Accademia Romena, a 31 anni membro titolare del più alto foro accademico. È stato anche il primo direttore del nostro Istituto, vicepresidente dell’Accademia Romena, professore alla Sorbona, membro di più accademie e istituzioni straniere. Conosciuto anzitutto come archeologo e storico dell’antichità, è il primo archeologo di Romania che già nel 1911 sollevava il problema di istituire un programma coerente delle ricerche archeologiche in tutto il Paese, inclusi i territori romeni che a quei tempi, alla vigilia della Prima guerra mondiale, appartenevano ad altri stati. Si è espresso contro la dispersione delle forze, perché gli archeologi a quei tempi erano ancora pochi in Romania, contro le ricerche di minore importanza, sostenendo invece le ricerche archeologiche in cantieri importanti. Sei campagne di ricerche archeologiche, tra il 1914 e il 1925, hanno trasformato l’Istria in una «Pompei della Romania». Uno dei suoi primi allievi a Bucarest e poi a Roma, Radu Vulpe, ricordava l’attività giornaliera di Pârvan in un cantiere archeologico: era in permanenza lì, a prender parte a tutti i lavori, era il primo che si impegnava ad affrontare tutte le difficoltà, dando esempio di scrupolosità e disciplina nel lavoro. La sua équipe scientifica lavorava da mattina a sera. Raccomandava la registrazione più fedele e rigorosa possibile di tutte le osservazioni che si potevano fare durante le scoperte archeologiche. È stato uno dei primi archeologi romeni che ha collaborato con gli architetti. Come direttore della Scuola Romena di Roma ha insegnato ai suoi discepoli che si specializzavano in archeologia a fare altrettanto.


Storico e fondatore di riviste

La sua opera fondamentale si intitola Getica. Vi ha profuso tutto quel che sapeva a quei tempi sulla cultura traco-dacica nell’ultimo millennio dell’era antica e nel primo secolo cristiano, fino al conflitto della Dacia con Roma. Si è occupato in egual misura anche dell’antichità classica greco-romana nelle ricerche e nelle pubblicazioni sull’Istria, su Ulmetum, sull’inizio del cristianesimo. Era interessato all’epigrafia, ai monumenti esistenti sul territorio della Dobrogia. La sua tesi di dottorato, discussa a Breslavia, trattava dei commercianti nell’Impero Romano. E all’inizio della sua attività ha scritto anche lavori di storia medievale. Si è interessato costantemente di filosofia, di sociologia, di letteratura, di etnografia. È  in tal modo che si spiega la sua ammirazione per il principe moldavo Dimitrie Cantemir, cui attribuiva come caratteristica principale «la sete di conoscenza».
Pârvan ha meditato costantemente sulla condizione dello storico, sulla teoria della storia, di seguito all’ambiente in cui si era formato, però anche alla vocazione personale. Ha pubblicato quattro lezioni inaugurali – Il dovere della nostra vita, Sui valori storici, Sul ritmo della storia e Anaxandros – riunite poi in un libro intitolato Idee e forme storiche. In tal senso Pârvan si iscrive nella serie degli storici romeni con interessi nel campo della filosofia della storia (Kogălniceanu, Bălcescu, Hasdeu, Xenopol e Iorga).

Ha fondato tre riviste. Nel 1924 apparve «Dacia. Recherches archéologiques en Roumanie». Dopo la Seconda guerra mondiale, la pubblicazione è stata sospesa e ripresa solo nel 1957. È rimasta fino ad oggi la più prestigiosa rivista di archeologia e di storia antica di tutta la Romania. Alla Scuola Romena di Roma ha fondato altre due riviste, «Ephemeris Dacoromana»e «Diplomatarium Italicum».  A esse è legato il destino della Scuola, le cui pubblicazioni cessarono alla fine della Seconda guerra mondiale. Però «Ephemeris Dacoromana» è rinata ed ecco che oggi vi possiamo presentare i suoi numeri più recenti, quelli del  2011 e del 2012.

Il suo sguardo: «La scienza mi ha donato una concezione grave della vita»

Soffermiamo un momento lo sguardo sulle fotografie di Pârvan. L’impressione è, credo, simile a quella che si erano formati quelli che non lo conoscevano da vicino: una presenza rigida, un temperamento chiuso e distante. Però, questo era solo un involucro, una superficie che celava un’anima delicata e tenera. Călinescu lo descriveva con queste parole, quando lo vedeva entrare in aula: sembrava essere il pastore Brand di Ibsen, con l’abito nero, chiuso severamente fino al collo, con quel suo incedere che pareva stesse camminando su un  ghiacciaio. Però, se osservati più da vicino, i suoi occhi non avevano quella durezza nordica, mentre la tristezza gli dava l’aspetto di un attore tragico. L’eroe preferito di Pârvan era Marco Aurelio. Nel commentare l’imperatore filosofo, Pârvan commentava se stesso e dichiarava di condividere la stessa visione filosofica. È da lì che sgorga la sua solitudine, lo scetticismo, l’apologia della dottrina stoica e il senso del dovere. A una certa configurazione spirituale si è aggiunta la lezione impartitagli dalla storia. In occasione della sua nomina a membro dell’Accademia Romena Pârvan dichiarava: «La scienza che... ho amato con passione mi ha donato una concezione grave, potrei dire tragica, della vita... Mi sono abituato a vedere solo due cose che meritano i nostri sforzi e il nostro amore: il pio culto del ricordo lasciato nei reperti e nelle rovine, l’erudito entusiasta del genio umano, continuamente vinto e continuamente vincitore!»
Fino alla fine della sua vita Pârvan è rimasto fedele alla sua concezione sul dovere dell’individuo nella società. Nella lezione inaugurale del suo corso all’Università di Cluj, nel 1919, tanto suggestivamente intitolata Il dovere della nostra vita, Vasile Pârvan affermava: «Allorquando i tuoi simili ti fanno salire all’apice della piramide sociale devi bruciare con tutta la tua anima per restare lì: e non per te, perché tu sei una persona transitoria, ma per gli uomini, per i loro ideali che tu non devi lasciare decadere, per il sublime che devi far fiorire nel cuore dei tuoi contemporanei, anche se dovessi farlo crescere con tutto il sangue della tua vita che ti è data da vivere una sola volta!»
Colui che enunciava simili parole terminava la redazione della sua opera principale, Getica, con un supremo sforzo di volontà, lavorando seduto su una poltrona-letto provvista di un tavolo mobile giacché, di lì a qualche mese, avrebbe oltrepassato la vita terrena per arrivare nel nulla. La solitudine, la gravità, la torre d’avorio, la concezione tragica sulla vita erano, in fin dei conti, solo sue e per sé. Non le insegnava a nessuno. Ai suoi discepoli chiedeva solo di credere assiduamente nel lavoro quando diceva: «Lavorare in libertà, creare in libertà significa cantare l’inno più bello alla vita... Il lavoro è il ritmo della vita. Esso sì, come la libertà, è la forza, la bellezza e il carattere peculiare del nostro essere».

Un grande maestro: non temeva di essere superato dagli allievi

Il possessore dell’abito nero, chiuso rigidamente fino al collo, come un pastore protestante, aveva scatti spirituali impressionanti. La sua lezione inaugurale del corso all’Università di Bucarest, dopo la Prima guerra mondiale, si intitolava Sono caduti per la libertà ed era dedicata agli studenti caduti nella guerra che aveva portato all’unità dei romeni entro i confini della Grande Romania. Le ultime parole della sua lezione sono state: «Con i loro giovani anni hanno moltiplicato gli anni senza fine della Patria. Riposate in pace, o, miei figli, dolce riposo!»
E lo diceva proprio Pârvan, il quale aveva perso durante la guerra, durante l’epidemia di tifo, la moglie e il figlio!
L’umanità di Pârvan ci appare in tutta la sua pienezza anche nell’ambito dei rapporti con i suoi discepoli. Non un momento ha avuto timore di essere superato dai suoi stessi allievi che egli istruiva con tanto ardore Ha fatto crescere così, in uno spirito di emulazione e di amicizia, due generazioni di distintissimi archeologi e ricercatori della storia antica e medievale. Per completare la loro preparazione ha creato la Scuola Romena di Roma con le rispettive riviste. È stato uno stimolatore di vocazioni. Così si sono formate le «coorti di discepoli» – l’espressione è di Jerome Carcopino, amico di Pârvan. Tali «coorti di discepoli» hanno riservato al maestro l’intera e l’inalterata pietà che gli spetta, il che significa che ha fatto fiorire non solo la scuola archeologica, ma anche l’altra scuola rappresentata pienamente da Pârvan – la scuola etica (Alexandru Zub).
Come potete constatare, Pârvan ci sta osservando, sin dall’ingresso. Il bronzo del busto è adeguato al suo carattere. È mio auspicio che tutti quelli che varcano la soglia di questa casa portino avanti i suoi ideali.


Prof. Mihai Bărbulescu
Direttore dell’Accademia di Romania in Roma
(n. 12, dicembre 2012, anno II)